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Calorosi saluti da Massaua

di Marino Miccoli

Per il 10 giugno, festa della Marina, ho scritto questo mio modesto contributo; esso vuole anche ravvivare nella memoria di chi lo leggerà il ricordo di tutti quei Marinai che servendola onorevolmente l’hanno resa grande. A tutti loro, in questo giorno, va il nostro riverente pensiero.

95° anniversario dell'impresa di Premuda - www.la vocedelmarinaio.com - Copia

Ai lettori chiedo di provare a immaginare di trovarsi in una Terra assai lontana e affascinante, caratterizzata da un clima tropicale caldissimo, torrido anzi rovente; un caldo tale che: “…appoggiando una fettina di carne cruda sulla lamiera della carrozzeria di un camion parcheggiato al sole questa cominciava a cuocere… un caldo così forte da farti mancare il fiato, un sole da rendere impossibile la circolazione delle persone… senza indossare un copricapo a A.O.I. - Copiaprotezione della testa, rischiavi la pelle per una pericolosa insolazione…”.
C
osì definiva la canicola opprimente che caratterizzava il clima del bassopiano costiero dell’Eritrea mio zio Giuseppe Polimeno, classe 1920, originario di Spongano (Le). Il quarto di nove fratelli, dotato di costituzione fisica robusta, instancabile lavoratore dal carattere schietto, affabile e gioviale, egli era un Marinaio con la qualifica di Furiere Sussistenza. All’inizio dell’ultimo conflitto mondiale (10 giugno 1940) prestava servizio a Massaua, la base che la Regia Marina aveva sulla costa della nostra Colonia Eritrea. Il porto, il più bello e vasto del Mar Rosso, è di facile accesso, ampio e sicuro, con fondali profondi dai 6 ai 9 metri, provvisto di lunga banchina e, grazie anche ai suoi raccordi ferroviarii, ai suoi depositi di merci, gru e altre infrastrutture serve un vasto retroterra.
massaua - www.lavocedelmarinaio.com -  Copia
Questa bella cittadina costiera, centro commerciale che oggi conta circa 25.000 abitanti, fu capitale dell’Eritrea dal 1885 al 1900 (quando la capitale fu trasferita all’interno, sull’altopiano, ad Asmara). La città vecchia di Massaua, dopo il disastroso terremoto del 14 agosto 1921, fu quasi completamente ricostruita con criteri urbanistici moderni dagli italiani che negli anni della colonizzazione realizzarono importanti opere pubbliche e infrastrutture come nuove strade, ponti, ferrovie etc. In particolare voglio evidenziare la realizzazione, dal 1935 al 1937, della teleferica Massaua-Asmara, che aveva una lunghezza di circa 72 Km.; dalla stazione di Campo di Marte di Massaua, dopo un percorso effettuato quasi in linea retta, giungeva alla stazione di Godaif, a sud di Asmara, superando un dislivello di 2340 metri. Era questa un’opera teleferica di Massaua - www.lavocedelmarinaio.com -  Copiaveramente grandiosa, da più parti definita la più lunga teleferica del mondo.
“Partendo da Taranto in piroscafo, occorrevano otto giorni per arrivare al porto di Massaua, una vera e propria fornace sulle coste dell’Eritrea…”
mi narrava sorridendo il mio carissimo e amato zio Pippi. Egli, a causa della sua esperienza nella macellazione degli animali (acquisita lavorando sin da giovanissimo nella macelleria di famiglia) all’atto dell’arruolamento nel C.R.E.M.M. era stato assegnato alla Sussistenza.
Giova precisare che all’epoca, probabilmente anche per problemi logistici connessi alla conservazione, la carne nelle mense militari era servita fresca, ovvero gli animali erano macellati e consumati sul posto, in breve tempo; pertanto la Regia Marina aveva bisogno anche di esperti macellai ai quali far prestare il servizio militare di leva nei propri ranghi, indossando la divisa col solino e le stellette. Ma torniamo all’oggetto di questo mio modesto scritto, ovvero a quella che fu la sorte di mio zio e degli altri militari italiani presenti a Massaua a seguito dell’evoluzione sfavorevole del conflitto nell’Africa Orientale Italiana (A.O.I.) che nemmeno dopo un anno dall’inizio della guerra cadde nelle mani degl’inglesi.Dal 1937 tutta l’A.O.I., composta da Eritrea, Etiopia e Somalia ovvero quelle bellissime e ammalianti Terre orientali africane che costituivano il cosiddetto “Corno d’Africa”, abitate da fiere popolazioni con meravigliosi usi, costumi e tradizioni, erano governate dal Vicere’ Amedeo duca d’Aosta (congiunto del re Vittorio Emanuele III) che per le sue doti umane e militari godeva del rispetto e della stima di tutti i suoi subordinati. Vicerè Amedeo d'Aosta - www.lavocedelmarinaio.com - CopiaDesidero ricordare qui il duca d’Aosta, il quale si mostrò sempre contrarissimo ad un’alleanza dell’Italia con la Germania, che con i suoi soldati durante il conflitto ebbero modo di distinguersi per il coraggio ed il valore dimostrati nella estrema quanto disperata difesa della nostra Colonia; infatti per la strenua resistenza opposta al nemico viene ricordato come l’Eroe dell’Amba Alagi, un monte dell’Etiopia situato nella regione del Tigrai.  Si asserragliò dal 17 aprile 1941 con 7.000 uomini: una forza composta da Carabinieri, Avieri, Marinai della base di Assab, 500 soldati della sanità e circa 3.000 tra Ascari e truppe indigene. E’ doveroso ricordare che questi Soldati Eritrei in combattimento diedero prova di grande valore e coraggio. Gli Italiani resistettero per un mese all’assedio dei 39.000 soldati britannici del generale Alan Cunningham,  fino all’inevitabile capitolazione, avvenuta il 19 maggio 1941. L’indimenticabile Vicerè, glorioso esponente di Casa Savoia durante la II guerra mondiale, alla resa dell’Amba Alagi ricevette dagl’inglesi l’onore delle armi. Fu internato in Kenya, in una località vicino Nairobi infestata dalla malaria, che lo colpì insieme alla tubercolosi. Morì il 3 marzo 1942.
smg. Perla a Bordeaux - www.lavocedelmarinaio.com - CopiaAnche un altro fatto, tra i tanti avvenuti, voglio qui ricordare. Durante l’inarrestabile avanzata degl’inglesi, ovvero ai primi giorni di marzo 1941, agli ultimi 4 sommergibili italiani superstiti del Gruppo di base a Massaua venne ordinato di raggiungere la lontanissima Bordeaux, sulle coste atlantiche della Francia, dov’era la base di Betasom. In questa vicenda e’ doveroso ricordare l’ardua impresa compiuta da uno di questi, il Regio Sommergibile PERLA, che a differenza delle altre tre grandi unità “oceaniche” (i sommergibili ARCHIMEDE, GUGLIELMOTTI e FERRARIS) era un battello da piccola crociera, di ridotte dimensioni, definito anche “sommergibile costiero”, appartenente alla serie 600, malridotto, usurato ma dotato di un formidabile equipaggio comandato dal valoroso T.V. Bruno Napp.
Comandante del r. smg. Perla Bruno Napp - www.lavocedelmarinaio.com - CopiaEbbene dopo 81 giorni di navigazione nell’oceano Indiano prima e nell’oceano Atlantico poi, con solo due rifornimenti di viveri e di carburante in mare aperto, superando abilmente le numerose insidie tese dalla potente flotta britannica, il “piccoletto” come lo chiamavano gli equipaggi degli altri tre sommergibili italiani, riuscì a percorrere le 13.000 (ripeto: tredicimila) miglia marine raggiungendo alfine la base dei sommergibili italiani di Bordeaux. E in seguito (ottobre 1941) beffando nuovamente la vigilanza britannica attraversò lo stretto di Gibilterra riuscendo a rientrare in Mediterraneo. Nel ricordarli, rendiamo onore al grande valore di questi Sommergibilisti d’Italia, che con le loro imprese hanno scritto pagine di vero eroismo durante l’ultima guerra. In Africa Orientale essi hanno operato in condizioni ambientali molto difficili, al limite dell’impossibilità. Poiché per l’impianto di condizionamento dell’aria dei sommergibili era utilizzato un pericoloso gas refrigerante, il cloruro di metile, le frequenti fughe di questo gas erano causa di intossicazione per gli equipaggi. Depressione, stato di incoscienza, smania, euforia, allucinazioni fino a giungere alla pazzia, questi erano i sintomi dell’intossicazione di quei bravi Marinai imbarcati sui sommergibili italiani in servizio nelle acque dell’A.O.I. Possiamo affermare che questo gas costituiva un altro pericoloso nemico che i nostri Sommergibilisti dovevano fronteggiare.
FERROVIA ASMARA-MASSAUA - www.lavocedelmarinaio.com CopiaQuando gl’inglesi presero il porto di Massaua, l’8 aprile 1941, come accadde alla gran parte dei militari italiani colà in servizio, anche Giuseppe Polimeno fu catturato e internato in Sud-Africa, nel grande capo di concentramento di Zonderwater (che arrivo`a raccogliere ben 100.000 prigionieri). Vi ritrovò il suo conterraneo Antonio Miccoli (mio padre) che, sopravvissuto al tragico scontro navale di Capo Matapan del 28 marzo 1941, fu preso prigioniero dagl’inglesi.  In sua compagnia trascorse 5 anni di prigionia, ovvero fino al termine del conflitto quando furono finalmente liberati e rimpatriati. Poi mio padre continuò la sua carriera di sottufficiale nella neonata Marina Militare; lo zio Pippi (che era un Marinaio di leva) riprese la sua attività in ambito civile.
Quell’amarissima quanto atroce esperienza della guerra, che speriamo mai più debba ripetersi, le sofferenze e i sacrifici patiti durante la lunga prigionia segneranno profondamente, accomuneranno e legheranno i due in una sincera amicizia, un rapporto fraterno, leale e di grande rispetto reciproco che durerà per tutta la vita.

 

marinaio Polimeno Giuseppe - www.lavocedelmarinaio.com - Copia

33 commenti

  • Gerardo Faggiano

    Da molto tempo il nostro Paese e’ sotto “scacco”, per manifesta incompetenza, sulla gestione della liberazione dei due Maro’ trattenuti illegalmente in India, marò che rischiano la pena capitale qualora venissero riconosciuti colpevoli. Con un tremendo dubbio da parte nostra: saranno giudicati colpevoli poiche’ devono dare al loro Paese due colpevoli o ci sara’ un’inchiesta trasparente e aperta a tutte le soluzioni, anche di innocenza?
    Mi dite che c’è da festeggiare?

  • RICCARDO CHEN LAZZERI

    GRAZIE EZIO, I TUOI ARTICOLI MI SONO PARTICOLARMENTE CARI IN UN GIORNO IN CUI NON HO VOLUTO FESTEGGIARE PERCHE’ HO RICEVUTO PESSIME NOTIZIE
    … QUINDI GLI AUGURI DI UN ALTRO UOMO DI MARE MI SONO PARTICOLARMENTE CARI, GRAZIE DI NUOVO, RICCARDO

  • Giorgio Sornicola

    in merito ai due colleghi prigionieri in India ho scritto quanto segue spero tu condivida: si deve vergognare il Capo di Stato Maggiore della Difesa, il Capo di Stato Maggiore della Marina per non aver ritirato la forza navale nell’oceano indiano. Si deve vergognare il Presidente Nazionale ANMI che avevo invitato a non far sfilare il gonfalone ANMI alla festa della Repubblica e non si è degnato nemmeno di rispondermi. Del resto io sono un sottufficiale in congedo e noi non abbiamo mai avuto risposte. Invito tutti gli associati ad associazioni combattentistiche a non partecipare più a nessuna pubblica manifestazione tipo 2 giugno, 10 giugno e vari di unità. Invito i soci ANMI a restituire le tessere ad una associazione che fa solo chiacchiere; invito inoltre ai decorati del Libano e altri a darsi appuntamento davanti al Ministero Marina per restituire le medaglie insomma fatti concreti tutto il resto è conversazione.

  • EZIO VINCIGUERRA

    Carissimi amici, ma sarebbe meglio chiamarci frà…
    c’è chi celebra in tono minore perchè non ci sono soldi (almeno così dicono da 20 anni a questa parte) e c’è chi come noi non celebra e festeggia perchè non c’è niente da festeggiare fin quando i due fratelli “prigionieri in tempo di pace” non faranno rientro.
    L’articolo di Marino Miccoli sintetizza benissimo due epoche e due mondi diversi di concepire la Patria.
    Un concetto che forse oggi è desueto per qualcuno (non certo per i marinai di una volta come noi che sono cresciuti a Patria e Onore) che ormai considera questo un mestiere e non una vocazione.
    Anche in un altro articolo del Comandante Piero Giunchiglia ci sono evidenti contrasti tra il modo di pensare dei Signori dei mari di una volta e quelli di oggi.

  • Giuseppe Orifici

    Ezio, sei gentile e come sempre molto diplomatico e ti ringrazio di cuore. Complimenti a Marino Miccoli per riportare alla luce fatti e personaggi di una Marina che non c’è più…purtroppo!

  • Pasquale Mastrangelo

    Oggi 10 Giugno, si festeggia la MARINA MILITARE nel 95° anniversario dell’impresa di Premuda. In altri tempi avrei inviato auguri a tutti i marinai, agli ex marinai, ma oggi voglio chiudermi in un riserbo totale senza alcuna voglia di festeggiare per due motivi:
    – Mi sento in lutto per la morte del Capitano dei Bersaglieri Giuseppe LA ROSA, caduto eroicamente in Afghanistan mentre con onore e grande sacrificio compiva il suo dovere di uomo, di sodato e di italiano!!
    – Sono triste perché i due colleghi Fucilieri del Reggimento SAN MARCO sono ancora in India, abbandonati e dimenticati dai nostri governanti che li hanno barattati in nome del dio denaro, in cambio di qualche commessa! Massima solidarietà a loro ed alle loro famiglie. I festeggiamenti riprenderanno solo quanto avranno riabbracciato le loro famiglie in Patria! E non sarebbe male se la Marina Militare tutta si astenesse di festeggiare solidarizzando pienamente con i suoi due Sottufficiali ancora illegalmente trattenuti in India!!

  • Salvatore Spoto

    Un po’ di storia non fa mai male, soprattutto per riscoprire lo spirito e l’abnegazione degli italiani, non i politici e gli industriali, ma la gente semplice, decisa, che riesce a fare qualcosa di buono e utile.
    Voglio ricordare la data del 10 giugno 1918. L’Italia era impegnata nella prima guerra mondiale. Era stata costretta a chiamare in guerra anche i ragazzini perchè gli austriaci avevano ammazzato oltre 600 mila uomini sulle aspre pietraie del Carso e sui ghiacciai alpini. L’Italia, ormai, non aveva più lacrime per piangere.
    All’alba del 10 giugno 1918, la flotta navale dell’impero asburgico, con a capo la corazzata “Santo Stefano”, salpò diretta verso la costa italiana per assestare il colpo di grazia al Paese già segnato dalla sconfitta di Caporetto. Quella stessa mattina, partiva dall’Italia un motoscafo con due siluri a bordo. Lo comandava Luigi Rizzo, di Milazzo (Me). L’impresa sembrava impossibile, eppure quei siluri affondarono la “Santo Stefano”, bloccando l’armata austriaca. Per l’Austria fu un brutto colpo. Per l’Italia, invece, fu uno scatto d’orgoglio che la portò a risollevarsi fino alla vittoria. In ricordo dell’episodio, oggi ricorre la “Festa della Marina”, ma è anche una occasione per riscoprire la storia “maestra di vita” per una Italia con sempre minori valori e sempre più guai che ha bisogno di una sferzata di energia e pulizia morale. La storia è utile.

  • Antonio Furio

    W la Marina anche se un giorno come uno stupido la lasciai ma Marniaio una volta Marinaio per sempre Auguri.

  • Carlo Andaloro

    Un Commosso Pensiero ed un Caloroso AUGURIO nella giornata della Festa della Marina Militare ai Nostri Marò ingiustamente PRIGIONIERI in “india” Carlo Andaloro pirata

  • Francesco Montanariello

    Ciao a tutti, un augurio per questo 10 giugno, e questo giorno dedichiamolo pieno di onore al rientrato oggi in Patria. Ciao Ezio, complimenti.-

  • Antonio Morrone

    W la Marina Italiana’ un augurio va ai nostri marò e a tutti i marinai D’Italia con onore e cuore x la nostra PATRIA .

  • Rosario Gullace

    Sia sempre più grande,il vostro Orgoglio.Nel’indossare,quella Divisa. Mio padre,la onorò, con la MORTE…..Auguri a tutti i marinai d’Italia.

  • Giuseppe Magazzù

    Grazie Marino. Perciò credo che oggi sia una giornata da dedicare alla riflessione e onorare quanti hanno sacrificato la loro vita per farla sempre garrire al vento: quella Bandiera è fatta di pelle ‘ umana ‘ e son tanti coloro che non lo sanno …

  • Antonio Polimeno

    ringrazio sentitamente mio cugino Marino Miccoli per il suo bel articolo in cui mio padre e stato meritatamente descritto. Non conosco bene la Marina Militare ma conoscendo mio padre e mio zio (papà di Marino) debbo riconoscere che avevano valori morali altissimi. Credo che la Marina di allora fosse tutta forgiata da tali uomini e penso che anche adesso la MM ci faccia sempre onore.

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