Per Grazia Ricevuta

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    Egidio Bullesi (24.8.1905 – 25.4.1929)

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra




    (24.8.1905 – 25.4.1929)

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Egidio nasce a Pola il 24 agosto 1905, terzo di nove fratelli di una famiglia originaria di un piccolo paese all’interno dell’Istria. Il padre, Francesco Bullessich (il cognome verrà italianizzato giusto un mese prima della morte di Egidio) era dunque cittadino austro ungarico, disegnatore tecnico presso l’Arsenale di Pola. Durante la Prima Guerra Mondiale, la famiglia sfolla prima a Rovigno poi in Ungheria (Szeghedin) e poi in Austria (Wagna e Graz).Qui Egidio , sempre assieme all’adorata sorella Maria, si adopera per alleviare la miseria della famiglia percorrendo a piedi monti e valli alla ricerca di cibo, legna ed indumenti, ottenuti col baratto delle poche cose che il padre riusciva a portare da Pola.
    Terminata la guerra e rientrata la famiglia a Pola, divenuta italiana, Egidio comincia a lavorare come apprendista carpentiere a soli 13 anni nei locali cantieri navali e vi rimane fino al compimento del 20° anno. I compagni lo definiscono di carattere aperto e gioviale, estroverso e cordiale con tutti. In quegli anni frequenta anche la Regia scuola professionale e la termina eseguendo un modello di nave che ricevette anche un premio (oggi è conservato nel convento di Barbana). Fonda anche la sezione Scout cattolico di Pola, cui dedica tutto il suo tempo libero dal lavoro (diceva: è questa una strada provvidenziale, capace di portare gioiosamente i giovani al Padre). Conosce anche una brava giovane, di nome Italia , dalla quale però i genitori lo terranno lontano soprattutto per la sua giovane età. Risale a quel periodo l’incontro con alcuni frati francescani , incontro e frequentazione che segnarono la sua vita: si dedicò infatti allo studio delle opere del Santo e decise quindi, nel 1920, ad entrare nel Terz’Ordine Francescano. Durante uno sciopero “rosso”, sale su una gru e vi innalza il tricolore.
    Nel 1921, in occasione del 50° congresso della Gioventù Cattolica, Egidio è designato a rappresentarvi la sua città natale. Nel 1925, chiamato, come tutti i giovani sani e robusti della sua età (era alto più di 1,80 mt.) a prestare servizio militare, fu ovviamente arruolato nella Marina Militare e, dopo il periodo di reclutamento ed addestramento, destinato a bordo della corazzata “Dante Alighieri”. A bordo si distinse non solo per la sua capacità , disciplina e serenità ma per la capacità di aggregare intorno a sé un sempre crescente numero di marinai, raccolti quotidianamente in gruppi di riflessione e di preghiera: fra essi anche Guido Foghin che, dopo la sua morte, diverrà missionario francescano in Tibet. Terminato il 15 marzo 1927 il periodo di leva: scrisse alla madre:” lascio il servizio militare felice ed orgoglioso di avere dato alla Patria nostra, coscientemente, l’opera mia per oltre due anni e di avere servito con fedeltà ed onore”. Gli rimase la passione per il nuoto e la voga, che continuò a praticare con assiduità . Fu assunto come disegnatore tecnico , per opera del fratello Giovanni, dai cantieri navali di Monfalcone, città nella quale operò in favore delle famiglie povere ed emarginate ,curando in particolare l’educazione dei bambini e ragazzi analfabeti. Ala fine del 1927 si ammalò di tubercolosi e nel marzo successivo fu costretto a rientrare a Pola per ricevere assistenza dalla famiglia. Costretto a periodi di ricovero in ospedale sempre più lunghi, accettò la malattia con straordinaria serenità, trasfondendo a medici ed infermieri la sua gioia e la bellezza anche nella sofferenza. Morì la mattina del 25 aprile 1929 e le esequie furono celebrate nella cattedrale di Pola da don Antonio Santin , il futuro vescovo di Trieste, suo amico e confidente fin dalla più tenera età. Fu sepolto nell’isola di Barbana, vicino a Grado. Il processo della sua beatificazione è stato avviato nel 1974 a Trieste e la causa inviata a Roma nel 1977. Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato Egidio ufficialmente “venerabile” nel 1997. Nel 2000 il vescovo di Trieste ha trasmesso alla Congregazione per le cause dei Santi i risultati dell’indagine sul presunto miracolo, a lui attribuito, avvenuto nel 1929 sulla motonave “Vulcania”.
    Il 26 aprile 2009 nel Santuario della Madonna di Barbana (Grado – Gorizia) il padre Superiore, Frà Marciano Fontana (tel. 0431 – 80.453), ha espresso il desiderio di celebrare solennemente la ricorrenza nell’anniversario della morte.

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    25 aprile e 1° maggio – lettera al signor Presidente della Repubblica Italiana

    di Don Gino Delogu

    Signor Presidente della Repubblica Italiana, una premessa e una domanda.

    Il 25 aprile, festa della Liberazione e il 1° maggio festa del Lavoro, tutti le attività lavorative sospese e tutti gli esercizi commerciali chiusi con severe Ordinanze sindacali; mentre il 2 Giugno festa della Repubblica Italiana, viene considerato giorno feriale e lavorativo. La domanda è:

    – questa nostra Repubblica non merita proprio niente?

    – Come mai si continua a sostenere il disamore per quello che rappresenta la conquista più importante del nostro popolo?

    Nel 1961 abbiamo celebrato i 100 anni dell’unità d’Italia, adesso ci apprestiamo a celebrare i 150 anni, giusto anzi giustissimo, ma, come mai tanta passione per questa celebrazione che comunque è stata realizzata da un Re di Casa Savoia e non per la nostra amata Repubblica?
    Che significato ha, avere una Italia unita e repubblicana se poi ci lascia tanto indifferenti?

    Con riverente gratitudineDon Gino Delogu

    PER GRAZIA RICEVUTA
    Ciao Don Gino,
 molti di noi, come me, ti conoscevano come uomo di mare e di Dio.

    Mi sento di affermare, a nome di tutta la grande famiglia dei marinai che occuperai, per sempre, un posto speciale nei nostri cuori. Hai vissuto intensamente e fuori dal comune questa vita straordinaria che Lui ci ha donato e adesso, in questo giorno particolare e in questo anno misericordioso straordinario, Lui ti ha voluto nel suo Regno per continuare la navigazione nella Gerusalemme divina in supporto di chi prima di noi è salpato per l’ultima missione…


    Don-Gino-Delogu-e-gli-inseparabili-amici-marinai
    Riporto le parole che Riccardo scrisse quando diventasti Diacono

    Articolo

    Trovare me stesso.
    Sapere chi sono.
    Non è un fine, non è la meta.
    Non esiste il traguardo di aver raggiunto la consapevolezza di se stessi.
    Essere coscienti di sé è un continuo divenire.
    Una continua scoperta.
    Una sorprendente avventura che dura tutta una vita.
    Ogni giorno io cambio, perché lo stesso universo dentro e fuori di me che muta.
    Perché il mutamento è l’unico punto fermo dell’esistenza.
    Dunque scelgo di guardare davanti a me con gli occhi di un bambino.
    Scelgo di riflettere su quello che vedo con lo sguardo dell’esperienza.
    E poi decido di agire, sentendo e valutando la pesantezza o la leggerezza di tale scelta, prima che venga compiuta.
    E poi vivo.
    Vivo le mie scelte in piena responsabilità.
    Ed è questo che mi fa sentire libero.
    Libero di vivere appieno ogni secondo che il Creatore mi ha donato.
    Libero di cambiare.
    Libero di scoprire un nuovo me stesso in ogni istante che vivo.
    Libero di sorprendere me stesso e ancora e ancora…
    (Lirica di Riccardo Fioravanti)

    Don Gino Delogu - www.lavocedelmarinaio.com

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    Tutti i giorni Dio concede

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra (2010)

    Tutti i giorni Dio ci concede
    (Pancrazio “Ezio” Vinciguerra – 2010)
    – insieme con il sole –
    un momento in cui è possibile
    cambiare tutto ciò
    che ci rende infelici.
    Tutti i giorni
    noi cerchiamo di fingere
    che non ci accorgiamo
    di questo momento,
    che esso non esiste,
    che oggi è uguale a ieri
    e sarà uguale a domani.
    Ma chi presta attenzione
    scopre l’istante magico.
    Esso può essere nascosto
    nel momento in cui
    la mattina infiliamo
    la chiave nella porta,
    nel silenzio dopo la cena,
    nelle mille e una cosa
    che ci sembrano uguali.
    Questo momento esiste,
    un momento in cui
    tutta la forza delle stelle
    ci passa accanto,
    e ci permette di fare miracoli.

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    Chi siamo

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Bisogna iniziare ad investire sul serio su quei semi che veramente possono portare frutto.
    I semi più importanti sono nella nostra natura umana, cioè nelle energie e nelle potenzialità uniche di ciascuna persona. Nessuna crisi può intaccare questi semi capaci di portare una vera rinascita.
    Non parlo di etica, ma molto di più: energia personale inconscia.
    Dentro di noi abbiamo risorse straordinarie, il più delle volte rimangono lì perché non abbiamo l’urgenza di tirarle fuori. Spesso non ne abbiamo neanche la cognizione perché questa cultura in cui viviamo non aiuta a farle emergere. Anzi, spesso le impedisce perché le ignora.
    Occorre avere una cultura che sappia vedere le persone per quello che sono veramente, e che ne sostenga lo sviluppo completo, senza più impedirlo e ridurlo.
    Questa cultura, oggi, esiste ed è capace di sviscerare e inchiodare al muro tutti gli impedimenti che asfissiano il nostro germoglio interiore. Sofferenza, senso di vuoto, solitudine, rabbia, delusione, timore sono tutti segnali che questo sviluppo ostacola.
    Felicità, forza, creatività sono connaturate alla nostra essenza profonda e una nuova visione dell’inconscio ne scova i blocchi e sa risolverli.

    Non parlerei di questo, se non avessi sperimentato in me e in tante altre persone la portata sconvolgente di queste verità. Non è indolore partorire, non è indolore tirare fuori il meglio di noi. Occorre un superamento di sé, l’uscita da condizionamenti inconsci e presunzioni varie che riducono infinitamente la nostra vita. Ma vale più di qualunque tesoro, perché è il nostro potenziale.
    Parleremo molto, cercando di essere all’altezza di tanto onore perché siamo un popolo di santi, poeti e navigatori (reali e virtuali) che mettiamo la faccia in tutte le cose che facciamo. E Voi?

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    Don Tonino Bello (Alessano, 18.3.1935 – Molfetta, 20.4.1993)

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Cambiare la storia (don Tonino Bello)

    Chi spera cammina,
    non fugge!
    Si incarna nella storia!
    Costruisce il futuro,
    non lo attende soltanto!
    Ha la grinta del lottatore,
    non la rassegnazione che disarma!
    Ha la passione del veggente,
    non l’aria avvilita di chi si lascia andare.
    Cambia la storia, non la subisce!

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    La preghiera cura della coscienza

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    C’è chi ritiene che la preghiera sia stata creata dall’uomo per trovare qualcosa che gli dia motivo di avvicinare il proprio spirito al Supremo e trovare conforto nei momenti di maggior disagio della vita. In tali momenti la ricerca di Dio è una necessità per la coscienza. Ogni luogo perciò è buono per rivolgersi al Signore. Si dice che nelle sofferenze più cocenti anche l’ateo più ostinato rivolga richiesta di aiuto, sotto forma di preghiera, al Supremo, ma nonostante queste suppliche il male continua, senza qualche buona dose di medicinale egli resterebbe a lungo con le sue angosce e magari senza scampo.


    La preghiera può essere di aiuto nel pentimento per liberare l’animo da peso di cattive azioni, ed allora l’individuo, dopo aver confessato segretamente il proprio peccato a qualcuno, si sente sollevato e con l’animo libero. La preghiera quindi è la cura della coscienza. In questo mondo ogni civiltà ha i suoi valori, usanze e tradizioni, così diverse da apparire talvolta contrastanti. L’umanità trova sempre motivo di appellarsi a qualcuno. C’è chi crede in un solo Dio, chi in molti dei e chi in nessuno. A noi la scelta.

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    13.4.1852, il Capitano Giacomo Razeto e il brigantino Annetta

    a cura Sergio Pagni

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Questo ex voto è conservato al museo civico marinaro Gio Bono Ferrari di Camogli (*).
    Sul quadro si legge: “Brigantino Annetta”. Capitano Giacomo Razeto. Grazia ricevuta da Emanuele, figlio del capitano, mentre è caduto di sopra l’albero fino sul ponte, il 13 aprile 1852”.
    Il quadro, dipinto da Domenico Gavarone, è datato maggio 1852.

    (*) Si consiglia vivamente la visita al museo.