La disfatta di Matapan

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    7.4.1941, la regia nave Gradisca va in soccorso e recupero dei naufraghi di Capo Matapan

    di Claudio Confessore

    In ricordo di coloro non più tornati dagli orrori della guerra combattuta sul mare contro la più forte Marina del mondo, per difendere le rotte dei nostri convogli nel Mediterraneo.

    L’Italia entrò in guerra con sette grandi unità ospedaliere, esse erano le Regie Navi Aquileia, Arno, California, Città di Trapani, Gradisca, Po, Principessa Giovanna, Rambo IV, Sicilia, Tevere, Toscana, Virgilio, attrezzate per il trasporto dei malati e dei feriti. Ad esse si devono aggiungere le navi soccorso adibite al recupero naufraghi di navi affondate o di aerei quali il Capri, l’Epomeo, il Laurana, il Meta, il Giuseppe Orlando, il San Giusto ed il Sorrento. Tranne l’Epomeo, il Gradisca ed il Sorrento tutte le altre subirono ben 39 attacchi da parte del nemico. Prima dell’8 settembre 1943 ben 8 furono affondate, 2 catturate e le altre danneggiate più o meno gravemente. Effettuarono complessivamente 467 missioni di trasporto feriti e 156 di soccorso, trasportando 65.567 feriti e naufraghi e 215.693 ammalati.

    Il Gradisca fu coinvolto nel recupero dei naufraghi della battaglia di Capo Matapan. Era un piroscafo passeggeri costruito tra il 1912 ed il 1913 con il nome di Gelria nei cantieri A. Stephens & Co. Di Glasgow per conto del Royal Holland Lloyd di Amsterdam. Sino al 1929 fu impiegata sulle rotte tra Amsterdam ed il Sud America. Fallito il tentativo di farla acquistare dal Governo Argentino, in seguito alla crisi economica del 1929, fu posta in disarmo nel 1931. Nel 1935 fu acquistata dal Lloyd Triestino che la ribattezzò con il nome di Gradisca. Fu noleggiata dalla Regia Marina per le guerre di Etiopia, Spagna ed Albania ed impiegata prima come trasporto truppe e poi come nave ospedale. Anche nella Seconda Guerra Mondiale venne noleggiata ed impiegata come nave ospedale. Nell’ultimo conflitto ha svolto 74 missioni di trasporto e 3 di soccorso trasportando 15.662 feriti e naufraghi e 43.676 ammalati. Come già accennato, la sua missione più nota fu quella del marzo 1941, di soccorso ai superstiti della Battaglia di Capo Matapan dove l’unità riuscì a recuperare 161 naufraghi mentre i britannici ne salvarono 1163. Scomparvero in mare 2303 uomini. In particolare, durante la missione dal Gradisca furono recuperati 8 cadaveri e 161 militari fra naufraghi e feriti così ripartiti:
    • 13 ufficiali
    • 28 sottufficiali
    • 119 sottocapi e comuni
    • 1 cuoco (civile) di nave Fiume
    Un naufrago di nave Fiume morì poco dopo il salvataggio portando da 8 a 9 i cadaveri trasportati. All’arrivo a Messina 55 naufraghi furono ricoverati in ospedale e gli altri 105 furono inviati al deposito CREM. Le 9 salme furono tumulate nel Sacrario di Cristo Re a Messina.

    Si riporta la sintesi degli eventi dell’attività di recupero effettuata dall’unità:

    Nave Gradisca arriva a Messina. 55 naufraghi furono ricoverati in ospedale e gli altri 105 furono inviati al deposito CREM. Le 9 salme furono tumulate nel Sacrario di Cristo Re a Messina.

    In seguito alla relazione di fine missione fatta dal Gradisca furono migliorate le dotazioni delle navi ospedale, fu imbarcato un maggior numero di proiettori di maggiore potenza ed incrementate le attrezzature ed i materiali per i soccorsi ai naufraghi.
    L’unità continuò le sue attività ma il 27 maggio 1941, nel porto del Pireo (Grecia) rimase danneggiata dall’urto contro un relitto sommerso. Mentre era ormeggiata in porto, il 30 maggio venne investita e danneggiata dalle onde d’urto di una serie di esplosioni a catena che coinvolsero inizialmente il piroscafo francese, requisito dai tedeschi, Marie Louise Le Borgne, il cui scoppio fece successivamente esplodere il piroscafo romeno Juli, il motoveliero italiano Albatros ed infine il piroscafo tedesco Alikante.
    Dopo due mesi, ad attività quasi ultimate, le riparazioni furono allungate di un’altra settimana a seguito dei danni causati da un incendio che scoppiò in un deposito di bordo contenente tabacco.
    Ritornata operativa il 17 luglio 1941, dopo aver imbarcato a Salamina 129 feriti della Wehrmacht, a causa di un errore del pilota tedesco, s’incagliò su un banco di sabbia nelle acque di Capo Kara (Egeo). Il 23 luglio, dopo lunghe operazioni per alleggerirla, con l’aiuto di rimorchiatori greci e tedeschi, la nave fu disincagliata e dopo aver fatto un breve scalo a Rodi per imbarcare altri infermi, giunse a Bari sbarcando 294 feriti. Subito trasferita a Trieste entrò ai lavori tornando in attività nell’ottobre 1941 e finite le riparazioni continuò la sua attività di trasporto feriti, recupero naufraghi di navi e di aerei ed anche scambio di prigionieri invalidi con i britannici.
    Alla data dell’armistizio l’unità fu catturata dai Tedeschi ma nel 1944 fu ripresa dagli Inglesi e l’anno seguente tornò alla Compagnia proprietaria. Il 23 gennaio 1946 si incagliò sull’isolotto di Gaudo. Recuperata nel 1947 fu trasportata a Venezia dove nel 1950 venne demolita.

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    Nota 1
    Uno viene identificato per l’elettricista Lombardo Aldo (Nave Fiume) e del secondo che indossava una tuta di macchina viene rilevata solo la matricola 90435.
    Nota 2
    M El Fiorani Luigino (Nave Fiume), militare con matricola 39560, militare senza alcun identificativo, 2° Capo SDT Barbato Francesco (Nave Fiume), Sc Segnalatore Pepe Leonardo (Nave Zara), C° 3^ Cl. Furiere Infante Francesco (Nave Fiume).
    Nota 3
    Nave Alfieri: TV Bimbi Italo, STV Mascini Francesco, M. Bovolente Alfredo, M. Lisi Pasquale, tutti di nave Alfieri.
    Nota 4
    Nave Zara: Cannonieri Ordinari Bani Ernesto, Petrazzuolo Sabatino, Balanzoni Vittorio, Allievo Meccanico Mezzetti Vincenzo, Marinai Perdomini Onorato, Semoli Miroslao, Bobicchio Giuliano, Venosa Vincenzo.
    Nota 5 – Nave Fiume
    Mag Com Pugliesi Vincenzo, TV Busacchi Raffaele, Ten CREM Mazzorani Renato, Asp. GM Onori Vincenzo, Asp GM Oletti Luigi, Capo Cl 1^ Cannoniere Roccon Aurelio, Capo 2^ Cl Cannoniere Avanzolini Giuseppe, Capo 3^ Cl Cannoniere Murciano Michele, 2° Capo PS Giunti Costantino, 2° Capo A Perotto Leonello, 2° Capo PS Cimino Armando, Capo 3^ Cl SDT Pellati Luigi, Capo 3^ CL SDT Mantovani Bruno, Sgt SDT Lucchetti Giovanni, Capo 1^ Cl Meccanico Coppola Alfredo, Capo 3^ Cl Meccanico Barile Romeo, 2° Capo Meccanico Carparelli Donato, 2° Capo Meccanico Zaccarelli Fernando, 2° Capo Meccanico Bortoletto Giuseppe, 2° Capo RT Brandoli Mario, 2° Capo RT Tiella Luigi, 2° Capo RT Trio Giuseppe, 2° capo S Dragone Damiano, 2° Capo N Vaglini Angelo, 2° Capo Aiutante Di Donato Aquilino, Sc N Bianchi Rizzieri, Sc N Landi Ermes, Sc N Soddi Luigi, Sc SDT Aiazzi Nello, Sc Mec De Pianto Mario, Sc Pal Carrao Enzo, Sc Can PS Alessio Antonio, Sc S Feliù Giuseppe, Sc El Chiappini Luigi, Sc El Palla Iader, Sc Inf Tondini Giordano, M Scapoli Mario, M Pprosperi Giovanni, M Perrini Fernando, M. Veri Antonio, M Columbo Antonio, M Calcagno Luciano, M Giarrizzo Tindaro, M Cazzato Vito, M Pedich Antonio, M Pasquali Emilio, M Rubini Venceslao, M Pansini Ignazio, M Altamura Raffaele, M Marconi Rino, M Barbagelata Luigi, M Flegar Giuseppe, M Cappelli Giuseppe, M Vianello Vincenzo, M Cesarini Enzo, M Lo Noce Cosimo, M Esposito Vincenzo, M Stamaglia Francesco, M Mazzeo Pietro, M Di Dato Luigi, M Ruzza Quitilio, M Natale Andrea, M D’Addelfio Antonio, M Zurolò Nicola, M Pisani Domenico, S Grienti Francesco, Inf Cerreto Sebastiano, Inf Palandri Enzo, All. Fur S Russo Edoardo, Can Ord Costa Battista, Can Ord Deiana Aurelio, Can Ord Creciach Mario, Can Ord Decotto Mario, Can Ord De Santis Antonio, Can Ord Cuscito Giuseppe, Can Ord Maresciano Francesco, Can Ord Veneraso Beniamino, Can Ord Lombardi Giuseppe, Can Ord Teresi Francesco, Can Ord Travaglia Luigi, Can Ord D’Angelo Gennaro, Can Ord Mian Edoardo, Can Ord Micalizzi Tommaso, Can A Cosina Mario, Can A Sartori Pietro, Can A Cecchetti Pietro, Can A Moretti Angelo, Can PM Giaggini Mario, Can PM De Luca Armando, Can S D’Aquino Giovanni, Can S Funaro Antonio, Can S Simonini Giovanni, SDT Pinceti Rinaldo, SDT Bosco Mario, Fuochista A Finocchi Giuseppe, Fuochista A Budei Pietro, Fuochista A Aiello Nicola, Fuochista O Gilardi Francesco, Fuochista O Consigli Marino, All. Fuochista A Bufalini Giuseppe, All. Fuochista A Missaia Andrea, All. Fuochista O Annunziato Vincenzo, All. Fuochista O Neri Attilio, Civile (cuoco) Percario Alberigo.
    Nota 6 – Nave Alfieri
    Tv Zancardi Pietro, Sgt Can PS Corneri Dino, Sgt Can PS Rossetti Renzo, M Perrazzi Antonio, M Bucceri Francesco, Can O Fossenigo Antonio, Can PS Minoletti Giuseppe, Can PS Elemosinieri Renato.
    Nota 7 – Nave Carducci
    C.F. Ginocchio Alberto (Comandante), TV Ninni Vito, STV Cimaglia Michele, STV Fontana Michele, S.T. di Macchina Sponza Antonio, 2° Capo RT Massa Regileno, 2° SDT Mazzei Andrea, 2° Capo Solaro Giuseppe, Sgt Mec Turco Romano, Sc N Bonaielli Mario, Sc Torp De Maio Francesco, Sc Fur Di Terlizzi Mario, Sc PS Raffaghelli Vittorio, Sc SDT Raschioni Umberto, M Arcuri Alvaro, M Arena Giuseppe e Sil Baroni Aldo.

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    Battaglia di Capo Matapan (28-29.3.1941): due strani, misteriosi e inquietanti episodi

    di Salvatore Amodio
    segnalato da Carlo Di Nittto

    Ciao Ezio, 
    ti inoltro un articolo a firma Salvatore Amodio, pubblicato sul notiziario dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia del Mese di Marzo 1996, in occasione del 55° anniversario della tragica battaglia navale di capo Matapan. In quel luttuoso evento, accaduto il 29 marzo 1941, la Regia Marina Italiana perse cinque splendide unità: gli incrociatori pesanti “Fiume”, “Pola”, “Zara” e i Cacciatorpediniere “Alfieri” e “Carducci”. Nello scontro e nei giorni successivi trovarono la morte 2331 Marinai italiani. 
    Nell’articolo sono riportati due strani ed inquietanti episodi, già noti agli studiosi di storia navale, ai quali ancora oggi non si riesce a dare una spiegazione razionale.

    ACCADDE ALL’ALBA PRIMA DELLO SPUNTAR DEL SOLE
    “… Durante l’ultima guerra il marinaio Giovanni Pinta era imbarcato sul “Fiume” quando l’incrociatore fu mortalmente colpito dal fuoco delle corazzate inglesi nel corso della battaglia di Capo Matapan. Il comandante Giorgi aveva dato l’ordine di abbandonare la nave, quand’erano risultati inutili tutti i tentativi di spegnere gli incendi divampati a bordo, e si era lasciato affondare con essa.
    Un gruppo di superstiti, vagando alla deriva su una zattera, senz’acqua e senza viveri, fu raccolto dopo cinque giorni; ma all’alba del secondo giorno…
    All’alba del secondo giorno vissero un’esperienza, che Giovanni Pinta una volta a terra narrò ad un suo ex comandante, l’ammiraglio Aldo Cocchia (noto storico navale n.d.r), il quale ne fece oggetto di un articolo pubblicato da “Il Tirreno” dell’’11 febbraio 1951.
    “Fu all’alba, poco prima che spuntasse il sole, (cito dall’articolo del com.te Cocchia) – mi disse Pinta. Mare, soltanto mare, un mare calmo, oleoso. Non avevamo da bere né da mangiare e qualcuno di noi già smaniava per la disperazione, ma la nave la scorgemmo tutti, un quattro – cinque miglia lontano da noi. Spuntava dal mare: lo capimmo subito. Prima gli alberi, il fumaiolo, il torrione. Chi di noi non avrebbe riconosciuto il “Fiume”?

    “Venne fuori il ponte di comando, poi spuntarono i cannoni. Affiorò fin quasi alla coperta, ma con una lentezza che ci pareva di morire. Qualcuno urlò, ma in quello scafo apparso su dal mare c’era qualcosa che non dava gioia, qualcosa che agghiacciava, invece di rallegrarci.
    “Per un lungo istante fummo convinti che il “Fiume” si sarebbe avvicinato, che sarebbe venuto a prenderci, che ci avrebbe tolto dall’agonia nella quale vivevamo… La nave rimase ferma lì, per un po’ di tempo, senza riuscire a venir fuori tutta, poi, poco a poco, quasi insensibilmente, scomparve”.
    Questo fu l’episodio narrato da Giovanni Pinta al suo superiore; alcuni uomini, sperduti sul mare, “rivedono” la loro nave affondata due notti prima col suo comandante. Fu un episodio vissuto in uno stato particolare, di disagio e di angoscia, ma vissuto da più uomini i quali, in seguito, confermarono il racconto di Pinta.
    Ma questo non fu il solo fenomeno fuori dell’ordinario verificatosi in occasione della tragedia di Capo Matapan; nello stesso scritto del comandante Cocchia viene riferito un altro fatto inspiegabile.
    In quella battaglia primo ad essere colpito fu il nostro incrociatore “Pola” che, in preda alle fiamme, rimase immobilizzato in mezzo al mare. In suo soccorso mossero gli incrociatori “Fiume” e “Zara” scortati da quattro caccia. Purtroppo anch’essi erano destinati a subire la stessa sorte del “Pola”, come s’è visto dall’episodio precedente a proposito del “Fiume”.
    Le nostre navi, dunque, navigavano in soccorso del “Pola” ignare di essere state, a loro volta, già rilevate dai radar avversari. Questa nuova apparecchiatura, della quale gli italiani erano privi, ebbe peso determinante sull’esito di quella sfortunata battaglia.
    Gli inglesi rilevarono le nostre navi e poi individuarono “prima attraverso i radar e poi direttamente, un incrociatore tipo “Colleoni” a proravia delle due maggiori “Fiume” e “Zara”, quasi battistrada della formazione italiana.

    “Lo videro tutti dalle navi britanniche, lo videro e ci spararono contro, finché quello, incendiato, non si allontanò dal campo di battaglia…”
    L’avvistamento e l’azione che ne seguì furono annotate dall’ammiraglio Cunningham, comandante della formazione avversaria, nel suo rapporto ufficialeAnche i superstiti del “Pola”, che assisté inerte allo scontro, affermarono di aver visto un “Colleoni” abbandonare in fiamme il campo.
    Ebbene risulta con assoluta certezza, da varie fonti storiche che esaminarono minuziosamente, minuto per minuto, tutto quanto avvenne durante quella battaglia, che “nessun’altra nave italiana” si trovava in quelle acque quella notte, oltre quelle che navigavano in soccorso del “Pola”.
    Non solo, ma “lo strano è che proprio in quelle acque dell’Egeo – prosegue in comandante Cocchia – circa otto mesi prima di Matapan, l’incrociatore “Colleoni” era affondato combattendo valorosamente contro il “Sidney” britannico”.
    Dunque il “Colleoni” non poteva essere. Nessuna altra unità navale italiana si trovava in quelle acque.
    Contro chi spararono gli inglesi?
    Anche questo fu un fenomeno di allucinazione collettiva?
    Si noti che anche l’apparecchiatura radar rilevò il presunto battistrada in testa alla nostra piccola formazione.
    Questi interrogativi rimasero senza risposta”.