Storia

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    Alberto Banfi (Pinerolo, 18.3.1903 – Roma, 28.1.1958)

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Pinerolo, 18.3.1903 – Roma,  28.1.1958)

    Nacque a Pinerolo (Torino) il 18 marzo 1903. Orfano di Ufficiale Superiore degli Alpini caduto alla testa del Battaglione “Val Varaita” durante il primo conflitto mondiale, nell’immediato dopoguerra entrò Allievo all’Accademia Navale di Livorno e nel 1923, al termine dei regolari corsi, conseguì la nomina a Guardiamarina, prendendo imbarco su unità siluranti di superficie.
    Promosso Sottotenente di Vascello nel gennaio 1925, Tenente di Vascello nel marzo 1928 e Capitano di Corvetta nel maggio 1936, ebbe il comando del cacciatorpediniere Borea e, dal gennaio 1940, il comando della 1^ Squadriglia Torpediniere ad Augusta, con insegna sull’Airone. L’11 ottobre 1940, durante una missione di intercettazione di forze navali nemiche nelle acque del Canale di Sicilia, sostenne un intenso ed aspro combattimento contro soverchianti forze navali nemiche e l’Airone al suo comando, inesorabilmente centrato dalle batterie dell’incrociatore inglese Ajax, affondò a circa tre miglia a Sud Est di Capo Passero.Trascinato nei gorghi e riportato a galla da una grossa bolla d’aria, gravemente ferito, fu tratto in salvo e poi ricoverato in un ospedale nazionale.
    Ripreso il servizio attivo nell’ottobre 1941, nel 1947 venne collocato, a domanda, nell’ausiliaria e nel marzo 1953 promosso Capitano di Vascello.
    Mori a Roma il 28 gennaio 1958.

    Fu insegno della  Medaglia d’oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Comandante di una squadriglia di torpediniere, nel corso di una ricerca notturna nei pressi di una base avversaria, riuscito a conseguire l’agognato contatto col nemico, con pronta, abile, audacissima manovra portò la squadriglia all’attacco spingendo con cosciente aggressività la propria torpediniera a ravvicinatissima distanza da un incrociatore inglese contro il quale lanciava tutti i siluri, aprì il tiro dei suoi cannoni ed infine quello delle mitragliere.
    Inflisse così al nemico danni considerevoli mentre la sua silurante, fatta segno alla preponderante reazione del fuoco avversario, veniva ripetutamente colpita. Gravemente ferito e visto vano ogni tentativo inteso a provvedere alla salvezza della torpediniera, dispose il salvataggio dei superstiti. Dopo aver con essi inneggiato al Re non li seguì sulla silurante accorsa per raccoglierli, ma volle dividere con i moribondi e con i feriti più gravi l’estrema sorte della sua nave che si inabissava.
    Riportato alla superficie del mare dall’onda stessa che lo aveva sommerso, in uno sforzo sovrumano delle sue già provate energie, riusciva a riunire i superstiti rifugiatisi su zattere. Sopravvenute condizioni di tempo avverse guidò i naufraghi inspirando in tutti, con la sua esemplare forza d’animo, calma e serenità. Ricuperato infine dopo 36 ore da unità nazionali, egli volle e seppe ancora essere di aiuto alla sua gente dando le direttive opportune perché tutti potessero essere salvati.
    Luminoso esempio di eroico ardimento, di elevatissime virtù militari e di ammirevole spirito di abnegazione”.
    Canale di Sicilia, 12 ottobre 1940.
    Fonte Marina Militare.

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    18.3.1993, viene consegnata nave Luigi Durand de la Penne

    a cura Pancrazio “Ezio “ Vinciguerra


    Nave Luigi Durand de la Penne
    Varata il 20 ottobre 1989, consegnata alla Marina Militare il 18 marzo 1993. Il Porto di assegnazione è Taranto e la dipendenza gerarchica è COMFORAL – CINCNAV. Motto: “Utique vince”.
    Nata inizialmente con il nome Animoso, nel 1992 il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare decise di intitolare l’Unità all’Eroe della seconda guerra mondiale Luigi Durand de la Penne e scomparso il 17 gennaio dello stesso anno, diventando la prima Unità con questo nome.
    Terminati i lavori di fine garanzia, il 19 settembre 1994, l’Unità cambiava la sede di assegnazione da La Spezia a Taranto.

    Il Crest dell’Unità intende rappresentare quale richiamo al significato del motto (UTIQUE VINCE), l’ideale connubio tra la Nave e la vittoria alata, raffigurata in posizione di difesa, a simbolo del ruolo che caratterizza l’impiego nel settore Antiaereo. Alla base del disegno è stato stilizzato il Blasone della famiglia dei Marchesi de la Penne. Il Motto “Utique Vince” (Dovunque Vince), sta a significare che l’Unità raggiungerà la vittoria ovunque andrà.

    (Fonte Marina Militare)

    (Genova, 11.2.1914 – Genova, 17.1.1992)

    Nacque a Genova l’11 febbraio 1914. Dopo aver conseguito il diploma di Capitano Marittimo presso l’Istituto Nautico San Giorgio di Genova, nell’ottobre 1934 frequentò, presso l’Accademia Navale di Livorno, il Corso Ufficiali di complemento, al termine del quale, nel grado di Guardiamarina, imbarcò sul cacciatorpediniere Fulmine.Nel 1935 passò ad operare nell’ambito della 6a Squadriglia MAS di La Spezia e, trattenuto in servizio per esigenze eccezionali, connesse al conflitto italo-etiopico, nel 1938 conseguì la promozione a Sottotenente di Vascello.Nel secondo conflitto mondiale partecipò a numerose missioni con i MAS nel Mediterraneo e nell’ottobre 1940 conseguì la promozione a Tenente di Vascello.
    Passato ad operare con il Gruppo mezzi d’assalto, partecipò alla missione di Gibilterra (30 ottobre 1940) e all’impresa di forzamento della base inglese di Alessandria – Capogruppo dei “maiali” 221, 222 e 223 condotti rispettivamente dallo stesso Luigi Durand de la Penne, da Vincenzo Martellotta, e Antonio Marceglia, coadiuvati dai capi palombari Emilio Bianchie Mario Marino e dal sottocapo Spartaco Schergat che portò, all’alba del 19 dicembre 1941 all’affondamento delle navi da battaglia inglesi Valiant e Queen Elizabeth, della petroliera Sagona e al danneggiamento del cacciatorpediniere Jervis.

    De la Penne, dopo aver superato con notevoli difficoltà le ostruzioni del porto, da solo collocò la carica esplosiva sotto le torri di prora della Valiant e, risalito in superficie, venne scoperto e fatto prigioniero.
    Portato a bordo con il 2° capo Emilio Bianchi, secondo operatore del suo mezzo, fu rinchiuso in un locale adiacente al deposito munizioni e vi fu tenuto anche dopo che ebbe informato il comandante dell’unità inglese, Capitano di Vascello Morgan, dell’imminenza dello scoppio della carica, al fine di far porre in salvo l’equipaggio.Uscito indenne dall’esplosione che affondò la nave, tradotto prigioniero in India, nel febbraio 1944 rimpatriò a partecipò alla guerra di liberazione nel Gruppo Mezzi d’Assalto.Tutti gli operatori vennero poi decorati di Medaglia d’Oro al Valore Militare e promossi per merito di guerra. La consegna della decorazione a Luigi Durand de la Penne avvenne a Taranto nel marzo 1945 e fu l’occasione di uno storico episodio: fu infatti lo stesso comandante della Valiant nel 1941, Capitano di Vascello Sir Charles Morgan, divenuto ammiraglio, che decorò Luigi Durand de la Penne, su invito del luogotenente del Regno Umberto di Savoia che presiedeva la cerimonia.
    Promosso Capitano di Corvetta in data 31 dicembre 1941, Capitano di Fregata nel 1950 e Capitano di Vascello a scelta eccezionale nel 1954, nell’ottobre 1956 fu Addetto Navale in Brasile quindi, per mandato politico a seguito della sua elezione a Deputato al Parlamento (2a, 3a , 4a, 5a e 6a legislatura), fu collocato in aspettativa ed iscritto nel Ruolo d’Onore, dove raggiunse il grado di Ammiraglio di Squadra.
    L’Ammiraglio di Squadra (R.O.) Luigi Durand de la Penne morì a Genova il 17 gennaio 1992.

    Medaglia d’oro al valor Militare con la seguente motivazione:
    Ufficiale coraggioso e tenace, temprato nello spirito e nel fisico da un duro e pericoloso addestramento, dopo aver mostrato, in due generosi tentativi, alto senso del dovere e di iniziativa, forzava, al comando di una spedizione di mezzi d’assalto subacquei, una delle più potenti e difese basi navali avversarie, con una azione in cui concezione operativa ed esecuzione pratica si armonizzavano splendidamente col freddo coraggio e con l’abnegazione degli uomini.
    Dopo aver avanzato per più miglia sott’acqua e superando difficoltà ed ostacoli di ogni genere fino all’esaurimento di tutte le sue forze, disponeva la carica sotto una nave da battaglia nemica a bordo della quale veniva poi tratto esausto. Conscio di dover condividere l’immancabile sorte di coloro che lo tenevano prigioniero, si rifiutava di dare ogni indicazione sul pericolo imminente e serenamente attendeva la fine, deciso a non compromettere l’esito della dura missione.
    Rimasto miracolosamente illeso, vedeva, dalla nave ferita a morte, compiersi il destino delle altre unità attaccate dai suoi compagni. Col diritto alla riconoscenza della Patria conquistava il rispetto e la cavalleresca ammirazione degli avversari; ma non pago di ciò, una volta restituito alla Marina dopo l’armistizio, offriva nuovamente se stesso per la preparazione e l’esecuzione di altre operazioni, sublime esempio di spirito di sacrificio, di strenuo coraggio e di illuminato amor di Patria.
    Alessandria d’Egitto, 18 – 19 dicembre 1941.

    Altre decorazioni e riconoscimenti
    – Medaglia d’Argento al Valore Militare sul Campo (Gibilterra, 1940);
    – Trasferimento in s.p.e. nel grado di Tenente di Vascello (1941);
    – Promozione al grado di Capitano di Corvetta (1941).

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    18.3.1922, varo della regia nave Generale Antonino Cascino

    di Carlo Di Nitto

    Varato il 18 marzo 1922 nei Cantieri Odero di Sestri Ponente,  era entrato in servizio l’8 maggio successivo.
    Nel 1929 fu riclassificato Torpediniera.
    Svolse intensa attività di squadra e bellica di scorta convogli e protezione al traffico.
    Svolse complessivamente 228 missioni di guerra (158 di scorta, 9 di caccia antisommergibile, una di posa mine, 68 di altro tipo) percorrendo circa 69.000 miglia nautiche.
    Nave “Cascino” risulta essere stata la terza tra le più attive torpediniere italiane della Seconda Guerra Mondiale.
    Alla proclamazione dell’armistizio l’unità si trovava a La Spezia per lavori. Non essendo in grado di muovere, per evitare la cattura, il 9 settembre 1943 la nave si auto affondò nel porto della città.
    Il relitto venne recuperato nel 1947 e demolito.

    Il regio cacciatorpediniere “Generale Antonino Cascino” fotografato con le unità gemelle della 1^ Squadriglia CC.TT. nel porto militare di Gaeta durante il mese di dicembre 1922.

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    Angelo Barbuto (Gaeta, 18.3.1913 – Mare, 19.7.1940)

    di Carlo Di Nitto

    (Gaeta, 18.3.1913 – Mare, 19.7.1940)

    Il Sottocapo infermiere Angelo Barbuto, risultò disperso nell’affondamento del regio incrociatore “Bartolomeo Colleoni” il 19 luglio 1940.
    Il mattino del 19 luglio 1940, il “Colleoni”, unitamente al gemello “Bande Nere”, dirigeva da Tripoli a Lero, quando, a circa 6,4 miglia da Capo Spada (Creta) si scontrò con una formazione britannica composta da un incrociatore e cinque CC.TT. Il “Colleoni”, fu ripetutamente colpito in parti vitali dal tiro nemico. Immobilizzato e con un vasto incendio a bordo, alle ore 09.00, venne affondato con siluri lanciati da due CC.TT nemici.
    Nello scontro di Capo Spada persero la vita 121 Marinai del “Colleoni”.
    Angelo era nato il 18 marzo 1913 a Gaeta.

    (foto p.g.c. della Famiglia)

    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/07/19-7-1940-affonda-la-regia-nave-colleoni/

  • Attualità,  Recensioni,  Sociale e Solidarietà,  Storia

    18.3.1968, Robert Kennedy e il Prodotto Interno Lordo (P.I.L.)

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    “Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero conseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo. Il P.I.L. comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il P.I.L. mette nel conto le serrature speciali delle nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle, comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini, cresce con la produzione di Napalm e missili a testate nucleari e con gli equipaggiamenti… che la polizia usa per sedare le rivolte e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il P.I.L. non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago, non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari o l’intelligenza del nostro dibattere, il P.I.L. non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese …misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta, può dirci tutto sull’America ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.”

    (Robert Kennedy il 18.03.1968 a Los Angeles tre mesi prima di essere assassinato).

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    18.3.1945, affonda la regia nave Arturo

    a cura Antonio Cimmino


    Il regio torpediniere Arturo, classe Ariete, fu varato a Sestri e fu catturato dai tedeschi il 9.9.1943 mentre si trovava in allestimento a Genova.
    Fu completato come TA-24 (Torpedoboote Ausland, torpediniere straniera).

    Fu successivamente affondata dai cacciatorpediniere inglesi Meteor e Looknout nel Golfo di Genova il 18.3.1945.

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    18.3.2015, Mario De Luca

    di Mario De Luca

    Quelli di seguito sono i link dove Mario De Luca ha lasciato una scia del suo passaggio in questo diario di bordo. Mario carissimo, adesso riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo, sono certo che questo nuovo mondo è ancora più bello di quello di un marinaio, emigrante di poppa, con il cuore rivolto a Napule.
    (Pancrazio “Ezio” Vinciguerra)

    https://www.lavocedelmarinaio.com/2014/03/sabotaggio-e-incendio-del-fella-30-marzo-1941/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/06/paolo-emilio-thaon-di-rivel-il-duca-del-mare/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/02/a-proposito-dei-18-000-prigionieri-italiani-in-australia/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/05/il-conte-rosso/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/01/i-mercantili-in-guerra/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/12/tu-puoi-diventare-uomo-di-mare/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/06/napoli-10-giugno-1940-2/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2010/11/era-napoli-la-mia-citta-4-dicembre-1942/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/02/le-promesse-da-marinaio/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2015/03/18-3-2015-addio-mario-de-luca/

    Era Napoli, la mia città (4 dicembre 1942)
    Pubblicato il 29 novembre 2010
    di Mario De Luca (*)

    “Caro Ezio,
    sono molto commosso. La mia storia e molto lunga e complicata, penso che non c’è abbastanza spazio per raccontarla nei dettagli. Qualcuno potrebbe ricordare, sentirsi male, ed io non voglio.
    Posso però riassumerti a grandi linee quello che accadde quel giorno per noi indimenticabile…purtroppo!…
    Si fu una brutta esperienza da quel lontano 10 giugno 1940, io avevo solo 12 anni.
    Come ogni giorno, ormai da troppo tempo, verso le ore 16.00 e per sei o sette ore, andavamo giù al ricovero. Il ricovero era un posto squallido, puzzolente, dove già da tempo si rifugiavano i più poveri della città anche quando non c’era la guerra.
    Io abitavo al primo piano del palazzo con la mia famiglia.
    La RAF, sorvolava tutta Napoli per cercare bersagli da bombardare e le incursioni aeree continuarono per circa due anni. Anche gli americani, due anni più tardi, incominciarono con le loro incursioni aeree a bombardare quello che era rimasto della mia città.
    Mi ricordo quel giorno per ché mi trovavo al porto e l’incrociatore Nunzio ATTENDOLO fu affondato proprio li, ed io vidi tutto.
    Loro, gli americani, si stabilirono nella mia città fino alla fine della guerra,mentre i “germanesi” cercavano di bombardare il porto pieno di navi alleate. E’ una lunga storia. La città era in rovine ed io abitavo fuori al porto al centro dell’azione.”
    Oggi non abito più lì …vivo in Florida.
    P.s. QUEL GIORNO 4 DICEMBRE 1942 ERA LA FESTA DI “SANTA BARBARA”. Mario

    Tu puoi diventare uomo di mare
    Con ciò non voglio dire che i ragazzi nati e vissuti nei paesi del retroterra non possono, al pari, dedicarsi alle arti marittime. Solamente intendo far risaltare la tua posizione di privilegio rispetto a quelli a tale riguardo, in quanto tutti gli elementi materiali e spirituali necessari ad infondere nei giovani l’amore per il mare, se per te sono a portata di mano, sono forse sconosciuti o quasi ai ragazzi che vivono, per esempio, nel cuore del Piemonte o della Lombardia.

    Poiché tu, ragazzo del litorale, di qualunque punto del litorale, sei circondato indubbiamente da una infinità di segni, piccoli e grandi, che ti parlano delle nostre glorie marinare antichissime, antiche e recenti. Lo stesso porto o porticciolo a pochi passi dalla tua abitazione o dalla tua scuola, può essere stato, un tempo, famoso per approdi o partenze. Può essere stato sede di arsenali marittimi importantissimi. Può avere ispirato a qualche tuo lontano concittadino ardimenti ed audacie navali che sono passate alla storia.
    Dimmi, di quale paese se tu della costa? Di quale paese che non sia uno di quelli come Genova, Venezia, Napoli, Amalfi e tanti altri la cui tradizione marittima è fin troppo nota in tutto il mondo? Sei di Rimini, di Fano, di Molfetta, di Civitavecchia, di Messina, di Sorrento? Ebbene, sappi che Rimini fu una importantissima base di operazioni navali durante la seconda guerra punica; che Fano fece parte della Pentapoli marittima ai tempi dell’Impero d’Occidente; che Molfetta ha posseduto e possiede i più audaci pescatori
    …il volere è potere, nulla è difficile volendo, non chi comincia ma chi persevera, sono motti di celebri italiani del passato.
    Tu puoi diventare uomo di mare.
    Una piccola storia della mia gioventù trascorsa a Napoli durante la Seconda Guerra Mondiale. Allo scoppio della guerra, il 10 giugno 1940, avevo solo 12 anni e abitavo in un appartamento locato fuori al porto. Per sei mesi la RAF faceva incursioni aeree sulla città quasi ogni giorno. Solo di notte non bombardavano alcun bersaglio. Ogni incursione durava circa sei o sette ore alla volta io andavo giù al primo piano che si usava come ricovero.
    Sei mesi più tardi la RAF incominciò a bombardare il porto e le fattorie industriali. Queste incursioni aeree sono durate per quasi due anni. Napoli era diventata la base della Regia Marina Militare dove scortavano i convogli delle navi mercantile dirette in Nord Africa. Quel tragico giorno, 4 Dicembre 1942, il giorno della festa di Santa Barbara, parecchie navi erano in porto con tutti i marinai a bordo per festeggiare la Santa protettrice di tutti noi.
    Era quasi mezzogiorno; tutto d’un tratto, senza nessun preavviso di sirene, circa 90 aerei americani cosiddetti “liberator” lanciavano i loro siluri in un incursione sul porto e nelle vicinanze della città.
    L’incrociatore Nuzio Attendolo insieme ad altre navi furono colpite ed affondate, circa 900 i morti tra marinai e civili.
    Io stavo a casa le bombe cadevano a destra e sinistra non so come non sono morto anch’io quel giorno, la mano di Dio…
    Quando arrivarono gli alleati a Napoli la RAF faceva solo sporadiche incursioni ed il porto era pieno di navi americane da guerra e da carico. Le successive settimane i tedeschi effettuarono anche loro le incursioni aeree sulla città ormai ridotta in rovine.
    La mia città era ferita in ogni angolo solo macerie, morte e fame.
    Sono rimasto fino alla fine della guerra poi sono emigrato in Florida dove sono ritornato a vivere in pace ma mi manca Napoli, la mia città.

    Per saperne di più
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    Mentre si trovava nella città partenopea il 4 dicembre 1942, giorno di Santa barbara, vi fu un bombardamento da parte dei B-24 americani partiti dall’Egitto che arrivarono indisturbati sulla città in quanto scambiati per una formazione di Ju 52 tedeschi, sganciando le loro bombe da oltre 6000 metri di altitudine, nel tentativo di colpire le navi da battaglia presenti in porto.
    Le bombe mancarono il bersaglio principale, ma vennero colpite altre navi militari presenti.
    L’Eugenio di Savoia ebbe 17 morti e 46 feriti e danni alla parte posteriore dello scafo in 40 giorni. Il Montecuccoli venne colpito da una bomba al centro nave proprio dentro il fumaiolo che venne disintegrato lasciando al suo posto un cratere, ma la protezione della corazzatura riuscì a salvare la nave che ebbe 44 morti e 36 feriti ed ebbe bisogno di ben sette mesi di lavori.
    Il Muzio Attendolo venne colpito al centro da una o due bombe e venne danneggiato sotto la linea di galleggiamento, mentre diversi incendi scoppiarono nella parte posteriore della nave. Quando gli incendi vennero domati la nave non era stata ancora messa in salvo, ma un allarme di un nuovo attacco aereo, rivelatosi poi falso, fece sospendere le operazioni di soccorso che quando ripresero era ormai troppo tardi, in quanto la nave si era inclinata affondando. Alla fine tra l’equipaggio si contarono 188 morti e 46 feriti. Anche tra l’equipaggio della corazzata Littorio vi fu un morto, mentre tra le 150 e le 250 vittime vi furono tra la popolazione.