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    1.4.1943, affondamento della regia nave Folgore

    di Antonio Cimmino

    IN MEMORIA DI MARINO BELLO E DEI MARINAI CHE PERSERO CON LUI LA VITA

    Marino Bello nasce il 30 giugno 1919 ad Alessano (Lecce) di Orazio e di Colaci Pasqualina.
    Arruolato giovanissimo nella Regia Marina è nominato Sergente con la qualifica di Furiere.
    La sua storia si intreccia con il regio cacciatorpediniere Folgore.
    Questa unità fu varata a Napoli il 26 aprile 191 dalla Società Cini & Scali Napoletani. Dopo 155 missioni di guerra fu affondata dall’incrociatore inglese Sirius appartenente alla Forza Q della Royal Navy (3 incrociatori e 2 cacciatorpediniere) mentre, unitamente ai cacciatorpediniere Da Recco e Camicia Nera e alle torpediniere Procione e Clio scortava, diretto a Biserta, il Convoglio H, formato dalle navi trasporto truppe Aventino e Puccini, dalla nave tedesca K7 e dal traghetto Aspromonte.

    Il regio cacciatorpediniere Folgore si difese con le armi di bordo fino all’ultimo ma, colpito da ben 9 cannonate, immobilizzato ed in fiamme, si capovolse ed affondò alle ore 1-16 del 2 dicembre 1942.
    Perirono con la nave 123 uomini su 165 componenti l’equipaggio.
    Il comandante, Capitano di Corvetta Ener Bettica, si inabissò volontariamente con la sua nave.
    Il corpo del sergente furiere Marino Bello fu rinvenuto, in avanzato stato di decomposizione, il 1° aprile 1943 sulla spiaggia di Centola.

    (Alessano, 30.6.1919 – Mare, 1.4.1943)

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    1.4.1917, entra in servizio il regio monitore Faà di Bruno

    di Carlo Di Nitto

    Il regio monitore “Faà di Bruno” fu un grosso pontone armato semovente. Dislocava 2854 tonnellate e derivava dalla modifica di un ex pontone gru della Regia Marina (il G.A. 43).
    Impostato il 10.10.1915, presso i Cantieri dell’Arsenale Marina Militare di Venezia, fu varato il 30.3.1916 ed entrò in servizio il 01.4.1917.
    Potentemente armato con due cannoni da 381/40, quattro da 76/40 e due mitragliere da 40 mm., aveva un equipaggio composto di 45 uomini tra ufficiali, sottufficiali e marinai. Due motrici alternative gli consentivano una velocità di tre nodi. Come altre unità similari, era stato realizzato per affiancare l’esercito appoggiando, per quanto possibile, le operazioni sul fronte terrestre e le difese costiere.
    Il suo primo impiego operativo avvenne il 18 agosto 1917 bombardando le posizione austriache durante l’undicesima battaglia dell’Isonzo.
    A seguito dei fatti di Caporetto si dispose il suo trasferimento ad Ancona insieme al quasi gemello “Cappellini”. Purtroppo, il 18 novembre 1917, furono sorpresi da una violenta tempesta. Il “Cappellini” si capovolse ed affondò con la perdita di oltre 60 uomini mentre il “Faà di Bruno”, spezzati anch’esso i cavi di rimorchio, grazie all’azione del suo comandante, Capitano di Corvetta Ildebrando Goiran, fu portato ad incagliare nei pressi del borgo di Marotta (Pesaro). L’equipaggio rimasto a bordo fu aiutato in quel frangente, nonostante la tempesta in corso, da undici coraggiose ragazze che postesi ai remi di un palischermo raggiunsero l’unità e la rifornirono di viveri, frutta e alcune damigiane accompagnate da un biglietto che diceva:
    – “Le spose di Marotta offrono ai Marinai d’Italia un bicchiere di vino”.
    Una di esse poi, gettatasi arditamente a nuoto, riuscì a svolgere fino alla riva una sagola che consenti di filare dei cavi d’ormeggio per impedire che l’unità venisse trascinata nuovamente al largo.
    Dopo la guerra, il 24 agosto 1919, le undici eroiche ragazze furono decorate con la Medaglia di bronzo al Valor Marina. I loro nomi: ai remi Giustina Francesconi, Silvia Ginestra, Teresa Isotti, Edda Paolini, Arduina Portavia, Emilia Portavia, Emilia Portavia di Nicola, Maria Portavia, Nella Portavia, Erinna Simoncelli, e l’undicesima, la giovanissima sposa Zampa Maria, alla barra del timone.

    Riclassificato “Cannoniera” l’1/7/1921, Il “Faà di Bruno” venne radiato il 13/1/1924 ma fu rimesso in servizio all’inizio della seconda guerra mondiale come batteria galleggiante GM 194 a difesa delle città di Genova e Savona dove fu affondato nel 1945 dai tedeschi in ritirata. Fu recuperato a pezzi negli anni successivi.


    Il suo motto fu: “ Nec ferro nec igne” (né ferro né fuoco possono offendermi).
    ONORE AI CADUTI E ALLE “RAGAZZE DI MAROTTA”.
    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/11/18-11-1917-marotta-e-le-undici-eroine-del-faa-di-bruno/

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    24.3.1943, affonda la regia nave Ascari e la regia nave Maolocello

    di Carlo Di Nitto

    Il regio cacciatorpediniere “Ascari” classe “Soldati” (prima serie) dislocava 2460 tonnellate a pieno carico. Impostato nei Cantieri Navali O.T.O di Livorno l’11 dicembre 1937, fu varato il 31 luglio 1938 ed entrò in servizio il 6 maggio 1939.
    La sua attività nel periodo prebellico si limitò soltanto a compiti addestrativi e ad alcune crociere nelle acque del Dodecaneso e dell’Africa Settentrionale.
    Partecipò intensamente alle operazioni belliche del secondo conflitto mondiale totalizzando 152 missioni per scorta forze navali, scorta convogli, ricerca e caccia antisommergibile, percorrendo 59.000 miglia.
    Numerosi furono gli episodi significativi della sua attività bellica. Tra questi: nel 1940, partecipazione alla Battaglie di Punta Stilo e di Capo Teulada; nel 1941,  partecipazione alla Prima Battaglia della Sirte; nel 1942, partecipazione alla Seconda Battaglia della Sirte, alla Battaglia di Pantelleria e all’Operazione Mezz’Agosto.


    Nella notte del 24 marzo 1943 era partito da Palermo per trasportare a Tunisi un reparto di soldati tedeschi e si era riunito con i cacciatorpediniere “Malocello”, “Pancaldo” e “Camicia Nera” impegnati in analoga missione. Verso le 07.30 il “Malocello”urtò contro un mina; l’ ”Ascari” accorse per prestargli assistenza ma investì anch’esso due mine dello stesso sbarramento che gli asportarono prima la prora e poi la poppa. Danneggiato così gravemente, affondò alle ore 13.20 a circa 28 miglia a nord di Capo Bon (Tunisia).
    Nell’evento persero la vita 193 suoi Marinai ed oltre 270 militari tedeschi.
    ONORE AI CADUTI.

    Morirono il comandante Capitano di Fregata Mario Gerini e  193 uomini dell’equipaggio su un totale di 325, più un centinaio di soldati tedeschi imbarcati sull’unità.

    Storia
    Nella notte tra il 23 ed il 24 marzo 1943, al comando del capitano di fregata Mario Gerini partì da Palermo come capo formazione di un gruppo di cacciatorpediniere (Malocello, Pancaldo e Camicia Nera) che avrebbero dovuto trasportare truppe tedesche a Tunisi; le altre tre navi, partite da Pozzuoli, si congiunsero con l’Ascari nella mattinata del 24 Alle 7.18 del 24 marzo, mentre navigava a 27 nodi con rotta a zig zag poco distante da Capo Bon, il Malocello urtò una mina e si fermò con gravi danni, sbandando. Il comandante Gerini ordinò a Pancaldo e Camicia Nera di proseguire per la destinazione (ove giunsero indenni), mentre l’Ascari si fermò per soccorrere il Malocello; la nave affiancò l’unità danneggiata ed iniziò a trasbordarne equipaggio e truppe, ma il sistema «TAG» rilevò un siluro obbligando l’Ascari ad accelerare ed allontanarsi dal Malocello; dopo aver gettato otto bombe di profondità, la nave tornò verso il cacciatorpediniere agonizzante, ma urtò una mina che provocò il distacco della zona prodiera. Nel frattempo, alle 8.45, il Malocello s’inabissò rovesciandosi e spezzandosi in due. L’Ascari resse il danno e poté restare in zona: per cinque ore, mentre le motolance del cacciatorpediniere facevano la spola recuperando i naufraghi della nave affondata, a bordo dell’Ascari si lavorò per rafforzare le paratie, liberare gli uomini rimasti intrappolati nelle lamiere della prora, tenere in funzione le macchine, rifocillare feriti e naufraghi, trovare la posizione dei campi minati; molti intonarono inni patriottici. Poi, mentre il cacciatorpediniere andava a marcia indietro per portarsi nelle vicinanze di altri zatterini, urtò una mina che gli asportò la poppa sino all’altezza del quadrato ufficiali. Con l’unità ormai ridotta ad un relitto alla deriva, tutti gli uomini furono radunati in coperta; alcuni aerei gettarono degli zatterini, che vennero trascinati via dal vento. All’una del pomeriggio l’Ascari urtò una terza mina a centro nave e, abbandonato dall’equipaggio, affondò rapidamente spezzato in due: l’unità s’inabissò alle 13.12, circa 25 miglia a settentrione di Zambretta (Tunisia) e 28 nord di Capo Bon.
    Quattro ore dopo l’affondamento alcuni MAS partiti da Biserta e Pantelleria recuperarono i sopravvissuti delle due navi: 96 ufficiali e marinai degli equipaggi (su 489) ed un centinaio di militari tedeschi (su 650).
    Dell’Ascari scomparvero in mare il comandante Gerini e 193 tra ufficiali, sottufficiali e marinai (i sopravvissuti furono invece 53), oltre a qualche centinaio di militari tedeschi.

    Il regio cacciatorpediniere Ascari – Risposte ai familiari
    di Claudio Confessore
    Riceviamo e con immenso orgoglio ed infinito ringraziamento pubblichiamo in risposta all’articolo in data 24.4.2013:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/03/24-3-1943-regio-cacciatorpediniere-ascari/
    Per quanto riguarda le notizie richieste dai parenti dei marinai imbarcati sul regio cacciatorpediniere Ascari, incrociando i dati del sito di ONORCADUTI con l’Albo d’Oro della Marina Militare, emergono i seguenti dati:
    – per la signora Maria Grazia confermo che il Capo 1^ Classe telegrafista Sollai Plinio nato a Suelli il 5 giugno 1907 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Corpo recuperato e tumulato nel cimitero di Cefalù.
    -Per il signor Angelo segnalo che il Marò Papa Annunziato nato a Bonifati il 28 marzo 1922 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Corpo recuperato. Secondo la banca dati di ONORCADUTI risulta deceduto a Trabia e sono indicati due luoghi di sepoltura una presso l’Ossario dei P.P. Cappuccini di Catania e l’altro presso il Sacrario Militare “Cristo Rè” di Messina. Non è una novità trovare due luoghi di sepoltura diversi poiché è possibile che sia stato sepolto prima in un cimitero comunale, in questo caso Catania, e poi la salma traslata al Sacrario di Messina. E’ possibile anche viceversa, ovvero la salma era al Sacrario e poi i parenti hanno voluto la sepoltura in un altro luogo. Inoltre, per definire con precisione il luogo di morte occorre vedere cosa è scritto nel registro del luogo di sepoltura. Se la data è il 24 marzo del 1943 la morte è avvenuta in mare (dato di ONORCADUTI errato) se la data è diversa può essere stato recuperato ferito e morto successivamente (dato Albo d’Oro errato). Consiglio il Sig. Angelo di telefonare prima al Sacrario di Messina ed in caso negativo al cimitero di Catania. In caso di ricerca negativa porre il quesito a ONORCADUTI che potrebbe avere dei documenti all’argomento.

    – Per il sig. Alberto evidenzio che nell’Albo d’Oro della Marina risulta che il Marò Nocchiere Pelletti Giacinto nato a Lecce il 11 febbraio 1923 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Nell’ultima colonna dell’Albo è indicata la nota generale “2” che significa “disperso” per cui la salma non è stata trovata. Non si può escludere che sia all’interno della nave che giace su un fondale superiore ai 2000 metri. A conferma evidenzio che nella Banca Dati di ONORCADUTI è riportata la morte ma non è indicato né il luogo di morte né quello di sepoltura.
    – Per il sig. Agostino segnalo che il Marò Cannoniere Fenaroli Alessandro nato a Tavernola Bergamasca il 15 gennaio 1923 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). La salma è stata recuperata e tumulata inizialmente presso il cimitero di Lipari e successivamente traslata presso il cimitero di Tavernola Bergamasca.
    – Per tutti, riporto di seguito qualche dettaglio in più su nave Ascari.
    Il 23 marzo 1943 iniziò un’operazione di trasferimento di truppe tedesche dall’Italia a Tunisi. Il Cacciatorpediniere Malocello partì da Pozzuoli la sera del 23 con le navi Camicia Nera e Pancaldo ed il mattino del 24 il gruppo di navi si riunì con nave Ascari, anch’essa intenta a trasportare dei tedeschi, proveniente da Palermo. Il Comandante di nave Ascari, il Capitano di Fregata Mario Gerini, assunse il Comando della formazione. Alle 07.30 il Malocello urtò contro una mina posata alcuni giorni prima dal posamine britannico Abdiel, che scoppiò al centro nave. Il Comandante dell’Ascari dopo aver ordinato al Pancaldo e al Camicia Nera di proseguire per la destinazione, ove giunsero indenni, rimase in zona per soccorrere il CT Malocello su cui alle 08.35 fu dato l’ordine di abbandonare la nave che alle 08.45 affondò spezzandosi in due. Anche l’Ascari, mentre soccorreva i naufraghi del Malocello, investì alcune mine che scoppiando asportarono prima la prora, poi la poppa ed infine provocarono l’affondamento completo della nave alle 13,20.
    Quattro ore dopo l’affondamento dell’Ascari (e quasi nove dopo quello del Malocello) alcuni MAS partiti da Biserta e Pantelleria recuperarono i sopravvissuti delle due navi: 96 ufficiali e marinai degli equipaggi (su 489) ed un centinaio di militari tedeschi (su 650).
    Notizie dettagliate sulla storia e sulla attività del RCT Ascari si trovano su Wikipedia all’indirizzo:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Ascari_%28cacciatorpediniere%29
    Il punto di affondamento è a circa 28 miglia a nord di Capo BON su fondali tra 2000 e 3000 metri.

    Gino Battaglioli
    a cura Carlo Di Nitto


    
2° Capo Silurista Gino Battaglioli, caduto nell’affondamento del Regio Cacciatorpediniere “Malocello”.
    Mare Mediterraneo (a Nord di Capo Bon – Tunisia), 24 marzo 1943.

    A tal proposito,
    Ricevemmo e con immenso orgoglio ed infinito ringraziamento pubblicammo in risposta all’articolo in data 24.4.2013:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/03/24-3-1943-regio-cacciatorpediniere-ascari/

    Per quanto riguarda le notizie richieste dai parenti dei marinai imbarcati sul regio cacciatorpediniere Ascari, incrociando i dati del sito di ONORCADUTI con l’Albo d’Oro della Marina Militare, emergono i seguenti dati:
    –  per la signora Maria Grazia confermo che il Capo 1^ Classe telegrafista Sollai Plinio nato a Suelli il 5 giugno 1907 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Corpo recuperato e tumulato nel cimitero di Cefalù.

    –  per il signor Angelo segnalo che il Marò Papa Annunziato nato a Bonifati il 28 marzo 1922 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Corpo recuperato. Secondo la banca dati di ONORCADUTI risulta deceduto a Trabia e sono indicati due luoghi di sepoltura una presso l’Ossario dei P.P. Cappuccini di Catania e l’altro presso il Sacrario Militare “Cristo Rè” di Messina. Non è una novità trovare due luoghi di sepoltura diversi poiché è possibile che sia stato sepolto prima in un cimitero comunale, in questo caso Catania, e poi la salma traslata al Sacrario di Messina. E’ possibile anche viceversa, ovvero la salma era al Sacrario e poi i parenti hanno voluto la sepoltura in un altro luogo. Inoltre, per definire con precisione il luogo di morte occorre vedere cosa è scritto nel registro del luogo di sepoltura. Se la data è il 24 marzo del 1943 la morte è avvenuta in mare (dato di ONORCADUTI errato) se la data è diversa può essere stato recuperato ferito e morto successivamente (dato Albo d’Oro errato). Consiglio il Sig. Angelo di telefonare prima al Sacrario di Messina ed in caso negativo al cimitero di Catania. In caso di ricerca negativa porre il quesito a ONORCADUTI che potrebbe avere dei documenti all’argomento.

     per il sig. Alberto evidenzio che nell’Albo d’Oro della Marina risulta che il Marò Nocchiere Pelletti Giacinto nato a Lecce il 11 febbraio 1923 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). Nell’ultima colonna dell’Albo è indicata la nota generale “2” che significa “disperso” per cui la salma non è stata trovata. Non si può escludere che sia all’interno della nave che giace su un fondale superiore ai 2000 metri. A conferma evidenzio che nella Banca Dati di ONORCADUTI è riportata la morte ma non è indicato né il luogo di morte né quello di sepoltura.

    – Per il sig. Agostino segnalo che il Marò Cannoniere Fenaroli Alessandro nato a Tavernola Bergamasca il 15 gennaio 1923 è morto il 24 marzo 1943 nell’affondamento del CT Ascari a circa 28 miglia a Nord di Capo Bon (Tunisia). La salma è stata recuperata e tumulata inizialmente presso il cimitero di Lipari e successivamente traslata presso il cimitero di Tavernola Bergamasca.

    Per tutti, riporto di seguito qualche dettaglio in più su nave Ascari.
    Il 23 marzo 1943 iniziò un’operazione di trasferimento di truppe tedesche dall’Italia a Tunisi. Il Cacciatorpediniere Malocello partì da Pozzuoli la sera del 23 con le navi Camicia Nera e Pancaldo ed il mattino del 24 il gruppo di navi si riunì con nave Ascari, anch’essa intenta a trasportare dei tedeschi, proveniente da Palermo. Il Comandante di nave Ascari, il Capitano di Fregata Mario Gerini, assunse il Comando della formazione. Alle 07.30 il Malocello urtò contro una mina posata alcuni giorni prima dal posamine britannico Abdiel, che scoppiò al centro nave. Il Comandante dell’Ascari dopo aver ordinato al Pancaldo e al Camicia Nera di proseguire per la destinazione, ove giunsero indenni, rimase in zona per soccorrere il CT Malocello su cui alle 08.35 fu dato l’ordine di abbandonare la nave che alle 08.45 affondò spezzandosi in due. Anche l’Ascari, mentre soccorreva i naufraghi del Malocello, investì alcune mine che scoppiando asportarono prima la prora, poi la poppa ed infine provocarono l’affondamento completo della nave alle 13,20.
    Quattro ore dopo l’affondamento dell’Ascari (e quasi nove dopo quello del Malocello) alcuni MAS partiti da Biserta e Pantelleria recuperarono i sopravvissuti delle due navi: 96 ufficiali e marinai degli equipaggi (su 489) ed un centinaio di militari tedeschi (su 650).
    Notizie dettagliate sulla storia e sulla attività del RCT Ascari si trovano su Wikipedia all’indirizzo:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Ascari_%28cacciatorpediniere%29
    Il punto di affondamento è a circa 28 miglia a nord di Capo BON su fondali tra 2000 e 3000 metri.

    Giovanni Frangipane
    di Michele Frangipane

    (Misilmeri (PA), 7.6.1914 – Mare, 24.3.1943)

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Buongiorno Ezio,
    ti invio due foto di mio zio Giovanni Frangipane nato a Misilmeri il 7 giugno 1914. Era imbarcato sul regio cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello ed è deceduto il 24.3. 1943 nel Mar Mediterraneo Centrale. Era Ufficiale Medico.
    Onorato di aver servito la Marina Militare.

     

    Dante Madonna
    di Carlo Di Nitto

    (Gaeta, 24.6.1921 – Mare, 24.3.1943)

    Il Guardiamarina Dante Madonna nasce a Gaeta il 24 giugno 1921, di Salvatore e di Buonaugurio Elisabetta, disperso nell’affondamento del regio cacciatorpediniere “Lanzerotto Malocello” il 24 marzo 1943.
    Il mattino del 24 marzo 1943 il “Malocello”, partito il giorno prima da Pozzuoli, era in navigazione per trasportare a Tunisi reparti di soldati tedeschi unitamente ai CC.TT. “Camicia Nera”, “Pancaldo” e “Ascari.  Purtroppo alle ore 07.30 urtò contro una mina nemica che esplose al centro della nave. Assistito inutilmente dall’ “Ascari” alle ore 08.45, spezzato in due, affondò a circa 28 miglia a nord di Capo Bon.
    Sull’unità erano presenti 520 uomini (199 membri dell’equipaggio e 321 tedeschi). All’affondamento sopravvissero soltanto 42 marinai italiani e 38 militari germanici.
    Lo ricordiamo insieme al fratello Marciano, ufficiale di macchina,  disperso il 2 dicembre 1942 nel Canale di Sicilia nell’affondamento della Motonave trasporto truppe “Puccini”.
    ONORE AI CADUTI!
    (foto p.g.c. della Famiglia Madonna)

    Antonio Da Grada (Corsico, 2.8.1923 – Mare, 24.3.1943)
    a cura Roberto Tento (*)

    (Corsico, 2.8.1923 – Mare, 24.3.1943)


    Nasce a Corsico (MI) il 2 agosto 1923, iscritto nelle liste di leva di mare del Compartimento marittimo di Genova, durante il 2° conflitto mondiale imbarcato sul regio cacciatorpediniere Ascari, fu insignito di Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Imbarcato su cacciatorpediniere durante missione di guerra in acque fortemente insidiate, colpita l’unità da offesa subacquea, con elevato sentimento del dovere e sprezzo del pericolo si prodigava per mantenere i servizi in efficienza e in seguito incessantemente per tre ore nell’opera di salvataggio dei naufraghi in mare molto agitato traendone molti ormai esausti a salvezza” (Mediterraneo Occidentale) 24.3.1943.

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    Nicola Colonna (Campomarino, 18.8.1921 – Mare, 24.3.1943)
    a cura Vincenzo Campese (*)

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    Adolfo Gregoretti
    di Umberto Barzaghi

    (Carrara, 25.02.1915 – Mare, 24.3.1943)


    Fra gli innumerevoli atti di valore compiuti dai Marinai d’Italia, durante il corso della II guerra mondiale, desidero ricordare l’eroico comportamento di un mio Concittadino: il Tenente di Vascello Adolfo Gregoretti, nato a Carrara il 25.02.1915 e scomparso a bordo del cacciatorpediniere “Lanzerotto Maloncello” il 24.03.1943 nelle acque del Mediterraneo Occidentale.
    Allievo dell’Accademia Navale di Livorno, conseguì la Nomina a Guardiamarina nel 1936 e la promozione a Sottotenente di Vascello nel 1937. Dopo imbarco sull’Incrociatore pesante “Fiume” venne assegnato all’Incrociatore leggero “Alberto da Giussano”, affondato durante un combattimento notturno nel canale di Sicilia la notte del 13.12.1941. Durante le operazioni di abbandono nave, Adolfo Gregoretti si era talmente prodigato per disciplinare il salvataggio del personale, gettandosi anche in mare per soccorrere i naufraghi più bisognosi, da meritare il conferimento ”sul campo”, con R.D. del 26.09.1942, dietro proposta del Capo del Governo e Ministro della Marina, la medaglia di Bronzo al Valor Militare. In seguito, chiedeva di tornare a combattere ed otteneva l’imbarco prima sulla Corazzata “Roma” in qualità di Direttore del Tiro dei piccoli calibri e successivamente a bordo del Cacciatorpediniere “Lanzerotto Maloncello”, della Classe Navigatori, con l’incarico di I Direttore del Tiro.
    Il giorno 23.03.1943 il CT Maloncello (capo scorta), al comando del Capitano di Fregata Carlo Rossi, il similare CT Leone Pancaldo e il CT Camicia Nera,della Classe Soldati, lasciavano Pozzuoli con direzione Tunisi, carichi di truppe Tedesche destinate all’Afrika Korps comandata dal Feldmaresciallo Erwin Rommel. In un secondo tempo si aggiungeva alla formazione anche il CT Ascari proveniente da Palermo. Alle ore 07.28 del 24.03.1943, nei pressi di Capo Bon, il Maloncello urtava una mina che scoppiando al centro dello scafo causava, alle ore 08.45, l’affondamento dell’Unità che si spezzava in due tronconi.
    Riassumerò l’Eroico e Nobile comportamento, tenuto dal TV Adolfo Gregoretti, attraverso alcune delle commoventi testimonianze che i marinai superstiti portarono al Padre Ammiraglio.

     

    S.C.Elettr. Girobussolista Calogero Raia:
    “Senza un momento di esitazione il I D.T. Sig. Gregoretti (che era sceso allora dalla controplancia in plancia) si è occupato con grande slancio ed altruismo di tutto quanto poteva fare da un animo generoso, eroico ed altruista come il suo in un momento così tragico. Calmo, sereno, deciso, infondeva fiducia anche negli altri. Anche per l’enorme quantità di gente che c’era a bordo era difficile mantenere ordine e lui si prodigava per tutto e per tutti. Provvedeva alla distruzione delle carte segrete mettendole in cassette speciali che poi gettava a mare. Si calava, sprezzante di ogni pericolo, nel locale munizioni da dove traeva in salvo un suo cannoniere. Da un boccaporto si calava pure nel locale macchine colpito che tutti giudicavano pericolosissimo per il vapore surriscaldato che vi si sprigionava. Da li poi usciva portando sulle spalle un fuochista gravemente ferito e sanguinante mentre in quel locale tutti gli altri erano morti per lo scoppio e per il vapore. Instancabilmente si occupava di far sistemare sulle zattere i feriti perché avessero la precedenza nel salvataggio e si interessava per l’equipaggio. Poiché parecchia gente era ancora a bordo, non si è sentito di abbandonare la nave e come a testimoniare il suo attaccamento e la sua solidarietà, risaliva in plancia e rimaneva calmo e sereno a braccia incrociate sull’aletta di sinistra. Così è stato visto da moltissimi fino al momento che la nave è affondata lentamente e senza gorgo. Questo lascia adito alla speranza che nell’ultimo istante abbia potuto gettarsi a mare”.

    Fuoch. Stefano Giacobone:
    “Sul CT Maloncello tutti ammiravano Vostro figlio e gli volevano bene sia per la sua grande genialità di Direttore del Tiro e per l’affetto e la familiarità con cui trattava l’equipaggio sia per il suo coraggio. Egli si è comportato più che da Eroe”.

    Elettr. Francesco Maggiano:
    “Alle 08.35 il Comandante dette ordine di abbandonare la nave, vicino a lui c’era il Sig.Gregoretti calmo, sereno e pieno di energia. Con il suo comportamento esemplare e con il suo indomito coraggio animava tutti coloro che lo avvicinavano”.

    Fuoch. Francesco Urbani:
    “Il Sig. Direttore del Tiro TV Gregoretti godeva la simpatia e la benevolenza di tutto l’equipaggio del Maloncello per la sua bontà, per il suo coraggio e per le sue speciali doti militari. Il Vostro Glorioso, Eroico figlio molte volte si è distinto sfidando con sprezzo ogni pericolo”.

    2°C.R.T. Carlo De Paoli:
    “Al momento del sinistro Vostro figlio era in ottime condizioni fisiche e morali, già si è sempre distinto per la sua prontezza e spirito di iniziativa. L’ho visto accanto al Comandante Rossi, in plancia vicino a me, calmo in condizioni normali sebbene avesse fatto tanto per salvare parte del personale di macchina. Nella lancia che si è capovolta lui non c’era”.

    Cann. Antonio Angiolini:
    “Vi scrivo con quel sentimento di devozione sincera quale si addice a chi ha conosciuto Vostro figlio e ne è stato dipendente. L’ho visto nella plancia della nave fino all’ultimo momento. E’ rimasto al suo posto senza agitazione né si è preoccupato di prendere posto nelle zattere sulle quali aveva spinto i suoi marinai”.

    S.C.Cann. Silvio Busico:
    “Vidi il Vostro magnanimo figlio, il D.T. Tenente di Vascello Sig. Adolfo Gregoretti che, calmo e con animo sereno, gridava di soccorrere i feriti rifiutando di essere aiutato. Io lo guardavo spesso senza poterlo dimenticare perche ci amava avendo un cuore nobile e generoso. Vi posso giurare che Vostro figlio non si è mai allontanato dal suo posto di combattimento in quell’ora così tremenda e terribile per tutti noi. Egli vedendo un mio caro amico che non aveva il salvagente si levò il suo e glielo diede rimanendo impassibile di fronte ad un grande pericolo. In questi suoi mesi di imbarco sul Maloncello aiutava tutti,era molto buono e tutti gli volevano bene, specie noi puntatori che dipendevamo da lui”.

    Cann. Cosimo Zazzera:

    “Dopo il disastro, Vostro figlio ha sempre mantenuto una condotta calma dando coraggio a tutti e prestando opera di soccorso ai feriti. Vostro figlio è rimasto sulla plancia fino al momento in cui il Comandante ha dato l’ordine di abbandonare la nave, mantenendo ordine, calma e coraggio. era sprovvisto di salvagente in quanto l’aveva consegnato ad un ferito”.

    Con Decreto in data 18.03.1947 il Capo Provvisorio dello Stato ha conferito la Medaglia d’Oro alla Memoria a Gregoretti Adolfo di Giuseppe e Lea Lazzoni, nato ad Apuania Carrara il 25 Febbraio 1915 – Tenente di Vascello, con la seguente motivazione:
    Direttore del Tiro di cacciatorpediniere irrimediabilmente colpito da offesa subacquea,si prodigava con calma e perizia nelle operazioni di abbandono della Nave. Nel nobile intento di assistere i propri marinai si calava coraggiosamente in locali allagati ed invasi dal vapore, portando in salvo personale ferito. Distrutti i documenti segreti e le carte nautiche, dimentico di sé, si dedicava al salvataggio della gente, reso difficoltoso dall’infuriare del mare, e generosamente passava la propria cintura di salvataggio a marinaio che ne era sprovvisto. Nell’imminenza dell’affondamento, rifiutava di abbandonare il proprio posto prima di avere la certezza che tutto l’equipaggio lo avesse preceduto e spariva con la Nave tenendo fede fino all’ultimo all’ideale che aveva costantemente animato la sua vita di uomo d’arme e di mare, quello di essere sempre il primo nel dovere e nel sacrificio”.
    (Mediterraneo Occidentale, 24 Marzo 1943).

    Il regio cacciatorpediniere Lanzerotto Maloncello
    (Classe “Navigatori già classificato Esploratore Leggero)

    La Storia
    Il Malocello ha preso nome dal navigatore genovese Lanzerotto Malocello, nato a Varazze nel XIII secolo, scopritore delle isole Canarie. Da lui prese nome l’isola di Lanzarote.
    Il Malocello, pur essendo stato impostato in cantiere per primo, fu la quinta unità della classe ad entrare in servizio all’inizio del 1930 come esploratore leggero. Dopo pochi mesi di attività addestrativa rientrò in cantiere per essere sottoposto al primo ciclo di modifiche per il miglioramento della stabilità (alleggerimento e abbassamento delle sovrastrutture).
    Le Unità della classe “Navigatori”, al loro apparire suscitarono entusiasmi, critiche e polemiche accese in quanto racchiudevano in se pregi e difetti. Comunque i difetti, una volta ovviati, non furono tali da impedire a queste dodici Unità di compere un’attività brillantissima sia in pace che in guerra. Furono infatti fra le unità che ebbero al loro attivo il maggior numero di miglia percorse.
    Esploratore leggero della classe “Navigatori” (composta da 12 Unità: Tarigo – Malocello – Pancaldo – Da Noli – Vivaldi – Usodimare – Pessagno – Da Recco – Zeno – Da Verrazzano – Da Mosto – Pigafetta). Dal 1938 venne classificato, con i gemelli di classe, cacciatorpediniere.
    Costruito nei Cantieri Ansaldo di Sestri, venne impostato il 5/10/1926, varato il 14/3/1929 e consegnato il 18/1/1930.

    Attività
    Dopo la consegna alla Marina Militare eseguì un breve periodo di addestramento al termine del quale dovette ritornare in cantiere per lavori di alleggerimento e modifica delle sovrastrutture. Al termine, passò a far parte del 2° gruppo della Divisione Leggera.
    Partecipò (1931) alla lunga crociera atlantica in appoggio alla prima trasvolata Italia-Brasile e l’8 dicembre dello stesso anno ricevette a Genova la Bandiera di Combattimento offerta dal Comune di Varazze.
    Effettuò quindi intensa attività di squadra partecipando alle principali esercitazioni ed effettuando diverse crociere in porti esteri del Mediterraneo.
    Il 28 giugno 1935 nel corso di una manovra notturna di simulato attacco, avvenne una collisione fra o Zeno ed il Malocello; si ebbero gravi avarie alle due unità con cinque morti e sei feriti sul Malocello ed un morto e due feriti sullo Zeno.
    Dal 1936 al 1938 partecipò alle operazioni militari durante la guerra civile spagnola.
    Nel 1938 venne declassato a cacciatorpediniere ed assegnato al gruppo Ct di riserva della IV Divisione, rimanendo dislocato alla Spezia fino al 5 luglio 1939, quando partì per Tangeri in qualità di stazionario.
    Rientrato in Italia, a Livorno, venne sottoposto a grandi lavori di trasformazione e ammodernamento nel periodo 2 gennaio/31 marzo 1940.
    Il 10 giugno 1940, si trovava a Taranto come unità della 14a. Squadriglia Ct. della IV Div., 2a. Squadra.
    Partecipò inizialmente come Ct di squadra alle uscite delle navi maggiori; fu presente allo scontro di Punta Stilo, ma ben presto venne impiegato alla scorta dei convogli.
    La sua attività fu lunga e brillante; durante la scorta ai convogli attaccò più volte con bombe da getto sommergibili nemici; fu sottoposto ad attacchi aerei riuscendo sempre a disimpegnarsi senza gravi danni ed abbattendo anche alcuni velivoli inglesi; salvò numerose vite umane fra i naufraghi dei mercantili affondati.
    Nel giugno 1942 partecipò allo scontro di Pantelleria, insieme agli incrociatori Eugenio di Savoia Montecuccoli, impegnando decisamente l’avversario. Essendo stato il sezionario Vivaldi colpito dal fuoco nemico, immobilizzato ed incendiato, rimase nelle sue acque per proteggerlo; lo scortò poi in porto difendendolo anche da attacchi aerei. Per questa azione lo stendardo dell’Unità venne decorato di medaglia d’argento al V.M.
    Nell’agosto 1942 passò in riserva alla Spezia per eseguire grandi lavori. Rimase in arsenale quattro mesi, durante il corso dei quali venne dotato, unico della classe Navigatori, del radar tedesco “Dete”.
    Rientrato in armamento nel gennaio 1943, operò attivamente sulla rotta fra Trapani e Tunisi, come trasporto veloce di truppe tedesche.
    L’ultima uscita avvenne il 23 marzo 1943 da Pozzuoli, insieme al Pancaldo ed al Camicia Nera. Riunitosi il mattino seguente con l’ Ascari, il gruppo della quattro Unità cariche di truppe germaniche proseguì per Tunisi. Purtroppo alle ore 7,30 del 24 marzo, ventotto miglia a Nord di Capo Bon, il Malocello urtò contro una mina nemica che scoppiò al centro della nave. Assistito dall’Ascari, affondò poco dopo spezzato in due.
    In guerra aveva percorso 61.709 miglia per un totale di 3737 ore di moto effettuando 149 missioni di guerra fra cui 6 per ricerca nemico, 6 per posa sbarramenti torpedini, 2 per caccia antisom, 68 per scorta convogli.
    Venne ufficialmente radiato dai ruoli del Naviglio Militare il 18 ottobre1946.

    Caratteristiche tecniche
    La classe “Navigatori” aveva le seguenti caratteristiche iniziali :
    Dislocamento: 2605 tonn. (a pieno carico);
    Lunghezza: 107,7 mt.;
    Larghezza: 10,2 mt.;
    Immersione: 4,2 mt (a pieno carico);
    Apparato generatore: 4 caldaie Tipo Odero (il Malocello) con una scorta di combustibile di 630 tonn. di nafta;
    Apparato motore: 2 Turbine Parsons da 55.000 HP di potenza e n° 2 eliche a tre pale;
    Velocità massima: 38 nodi;
    Autonomia: 3800 miglia a 18 nodi;
    Armamento:
    n° 6 cannoni da 120/50 in tre impianti binati;
    n° 6 Lancia siluri da 533 in due impianti trinati;
    n° 2 mitragliere da 40/39 a.a.
    n° 4 mitragliere da 13,2 a.a. in due impianti binati
    sistemazioni per la posa di campi minati.
    L’equipaggio era formato da 173 uomini (dei quali 9 ufficiali).

    Sigla distintiva dipinta sulla prora era: MC;

    Motto: “Impedimento no mi piega”
    (secondo altre fonti “A tutti i costi”).

    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2021/03/24-3-1943-affondamento-regie-navi-malocello-e-ascari/

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    Francesco Serra Maninchedda (Porto Torres, 5.3.1892 – Roma, 14.4.1959)

    a cura Pancrazio “Ezio Vinciguerra

    (Porto Torres, 5.3.1892 – Roma, 14.4.1959)

    Nasce a Porto Torres il 5 marzo 1892. Al termine degli studi liceali nel 1911 entra a far parte dell’amministrazione delle Capitanerie di porto rivestendo il grado di Applicato di porto di 2^ classe.
    La sua prima destinazione di servizio è Genova, dove si metterà in luce per avere salvato la vita ad un diportista in pericolo. Seguirà il trasferimento per Taranto.
    Trascorre gli anni della Prima Guerra Mondiale in Libia quando, militarizzato con il grado di Tenente, ha la reggenza della Capitaneria di Bengasi. Anche a Bengasi si mette in luce allorquando, in occasione di una tempesta, mette in salvo 22 naufraghi del piroscafo Alba M.. Per questo gesto gli viene conferita la Medaglia d’Argento al Valor di Marina. Successivamente verrà insignito di una ulteriore decorazione per avere recuperato un passeggero caduto in mare da un piroscafo.
    Promosso Capitano, fa rientro in Italia nel 1921 dopo un breve periodo trascorso a Tripoli.
    Problemi di salute, dovuti a malattie contratte nel continente nero, lo terranno lontano dal servizio attivo per due anni.
    Nel 1923 rientra in Libia e dopo un breve periodo trascorso a Tripoli nel 1924, ritorna operativo, per due anni, al Comando degli Uffici Circondariali di Misurata e della Sirte.
    Rientra a Tripoli con l’incarico di Comandante in 2^.
    Dal 1929 al 1941 alterna periodi di destinazioni fra Genova e l’Africa Orientale (sede di Massaua e Direzione Marittima di Mogadiscio). A Mogadiscio viene catturato e fatto prigioniero dagli inglesi fino al 1944.
    Riammesso in servizio nel 1945, viene impiegato al comando della Direzione Marittima di Ancona e successivamente di Venezia.
    Nel 1951 è nominato Tenente Colonnello e destinato presso l’Ispettorato Generale del Corpo sino al 31 dicembre 1954, giorno del suo congedo.
    Muore a Roma il 14 aprile 1959.

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    Lucio Dalla (Lucio Dalla, 4 marzo 1943 – 1 marzo 2012)



    di Vincenzo Campese (*)

    (Lucio Dalla, 4 marzo 1943 – 1 marzo 2012)



    …i miei ricordi, la tua Termoli e le tue Isole Tremiti.

    I miei ricordi del cantautore Lucio Dalla partono dal lontano 1978, quando giovane appena diplomato all’Istituto Tecnico Nautico Statale “Ugo Tiberio”, partii per la fatidica chiamata alle armi in quel di Taranto, dove arrivai nella caserma Maridepocar, al lato dell’Arsenale.Svolsi li il periodo di addestramento insieme ad altri amici Termolesi, nel periodo più caldo dell’estate, il mese di Agosto, e poi dopo il giuramento ebbi la destinazione a bordo del mitico Incrociatore Lanciamissili Caio Duilio.
    Imbarcai i primi di Settembre, la nave era ai lavori di trasformazione a nave scuola per gli allievi ufficiali, e per alcuni mesi si fece avanti e dietro da bordo di Nave Duilio alla Nave Bafile, dove si trascorrevano le ore libere, si mangiava e si dormiva.
    Si dormiva per modo di dire, visto che il caldo asfissiante nei locali equipaggi, ti portava a trascorrere le prime ore della notte sul ponte all’aperto, almeno fin quando la temperatura all’esterno lo permetteva.
    Nel trascorrere quelle ore all’aperto si ascoltava una piccola radio, che ancora oggi conservo a ricordo di quei tempi, e le canzoni più gettonate all’epoca, venivano a volte cantate in coro a squarciagola dai marinai presenti sotto le stelle del Mar Piccolo dove eravamo ormeggiati.

    Tra le canzoni che più ci davano conforto a quei tempi, tra cui “Generale” di Francesco De Gregori, “Classe 58” dei Pooh, 4 Marzo 1943 di Dalla ed infine “Ma come fanno i marinai” di Dalla-De Gregori.
    Immaginate un gruppetto di marinai, di leva e non, sul ponte di nave Bafile, a lume di luna, cantare le canzoni che riguardavano la nostra vita di militari, lontani da casa, lontani dagli affetti, lontani dai primi amori, che effetto potevano avere su di noi, effetto emozionale e nostalgico.
    Si cantava con trasporto ed emozione, anche perché, all’epoca il telefono più vicino era la cabina “SIP” fuori dall’Arsenale, e si a quel tempo cellulari e smarthphone non esistevano.

    Ma torniamo a Lucio Dalla che nel frattempo era diventato un mito, si continuava a seguire ed a sentire, negli anni a seguire prima su stereotto, le famose cassettone, poi su musicassette ed LP, poi su CD ed ora su internet (YouTube).
    I miei ricordi più recenti, prima della sua scomparsa, risalgono al 5 Agosto 2004, quando a chiusura delle festività patronali di Termoli, Lucio Dalla chiuse con il suo concerto al porto. Circa quindicimila persone affollavano il piazzale del porto ed all’unisono cantavano le canzoni più belle che il cantautore proponeva mano mano, inutile elencarle, le conosciamo tutti.

    Ma immaginate alla canzone “Ma come fanno i marinai”, in un paese che è l’unico porto molisano, in cui risiedono quasi tutti i pescatori della marineria termolese, accompagnati anche da una piccola schiera di militari della Marina Militare di stanza alla Capitaneria di Termoli, la potevi ascoltare a chilometri di distanza dal porto.
    Tra l’altro Lucio Dalla era un assiduo frequentatore della costa termolese e, soprattutto delle sue amate Isole Tremiti dove Dalla aveva una villa immersa nel verde a San Domino, una delle tre isole dell’arcipelago.
    Era molto legato anche a Termoli, dove si vedeva spesso in giro a fare spese, a passeggio per il  Corso Nazionale ed il paese vecchio e dove aveva una casa per trascorrere gran parte dell’anno con i suoi amici termolesi e come base di partenza per la villa a Tremiti.
    Altro evento in cui Lucio Dalla si espose in prima persona fu nel 2011, e precisamente il 7 Maggio, nella battaglia contro le trivelle nel mare Adriatico, dove arringò la popolazione a ribellarsi a coloro che volevano rendere l’Adriatico una postazione per trivelle alla ricerca di risorse di idrocarburi, con il rischio di inquinare quello che lui definiva un lago chiuso e quindi con scarse possibilità di sopravvivenza in caso di fuoriuscite incontrollate di petrolio.
    Dalla in quell’occasione rivolse al popolo Termolese una frase che resto memorabile:

    “Non vengo come un cantante; ma come un cittadino del mare”.

    Sappiamo tutti che egli  dedicava al mare, le sue più belle canzoni, inneggiando alla sua eterea bellezza, ricordo per esempio “Come è profondo il mare” un pezzo del suo repertorio.
    Un grande artista; piccolo solo di statura, che con i suoi grandi occhiali tondi, lo zucchetto di lana a nascondere la sua calvizie, la barba spesso incolta e la sua mimica facciale durante i concerti, ha insegnato a tutti noi cosa significhi essere umani.
    Il mio ricordo più triste è quando il primo marzo del 2012, otto anni or sono, ascoltando le notizie, sento, prima alla radio e poi al telegiornale, che Lucio Dalla se n“è andato, stroncato da un infarto mentre era a Montreaux, in Svizzera. Pensando ad uno scherzo di cattivo gusto, di quelli che allungano la vita, mi dissi tra me e me: vedrai ora smentiscono, ora dicono che si è trattato di uno scherzo…. immaginando lui che con il suo solito piglio bolognese, con il suo faccino birichino, in televisione smentisce di persona le cattive novelle sul suo conto e lascia tutti con un sorriso in volto per l’allegria della sua smentita….
    Purtroppo non è così, i telegiornali rilanciano la notizia e le smentite non arrivano, anzi i big della canzone a lui vicino confermano le brutte notizie in arrivo dalla costa francese.

    Cala un gelo sul mio viso, ripensando a tutti i momenti belli e divertenti, in compagnia delle sue canzoni, cantate in qualsiasi occasione, quando ci  ritrovavamo con gli amici ed una chitarra, in spiaggia, al porto, o quando si andava a Tremiti, a passare una giornata diversa dalle altre con la speranza di vederlo, di poterlo avvicinare e magari cantare insieme a lui qualche suo pezzo. A vederlo era facile, ad avvicinarlo un po’ meno, perché era solito salire sul suo motoscafo senza fermarsi sulla spiaggia, anzi attraversandola velocemente, per non essere disturbato dai fans che lo avevano riconosciuto.
    Ok bando ai ricordi, è da poco passato l’anniversario della sua dipartita e tra poco sarà l’anniversario della sua nascita, 4 Marzo 1943, un’altro dei suoi pezzi memorabili, lo immagino lassù su qualche nuvola, incantato a guardare il blu, non dei mari, ma del cielo che lo circonda, pensando che tra poco lancerà il suo ultimo CD, con un pezzo dedicato all’infinito blu del cielo.
    Termoli, la mia città natale, non dimenticherà mai un suo concittadino, anche se condiviso con le Isole Tremiti, poiché la naturale essenza di questa cittadina era, è e sarà sempre il mare, i marinai e la gente di mare, di cui Dalla ne cantava  l’infinita bellezza.

    Ciao Lucio, questo è il mio modo per non dimenticarti.

    Arrivederci in “Piazza Grande” Marinaio
    …dove è profondo il mare tra la gente del porto, i ladri e le puttane.
    (Lucio Dalla, 4 marzo 1943 – 1 marzo 2012)



    Se io fossi un angelo, non starei nelle processioni nelle scatole dei presepi, starei seduto fumando una Marlboro al dolce fresco delle siepi, sarei un buon angelo, parlerei con Dio, gli ubbidirei, e amandolo a modo mio gli parlerei, a modo mio, e gli direi:

    – ” Cosa vuoi tu da me?”…
    …“Lo so che Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è sulle panchine in Piazza Grande, ma quando ho fame di “mercanti” come me …qui non ce n’è.

    A modo mio avrei bisogno di carezze anch’io. Avrei bisogno di pregare Dio, ma la mia vita non la cambierò mai, mai, mai. A modo mio quel che sono l’ho voluto io e, se non ci sarà più gente come me voglio morire in Piazza Grande, tra i gatti che non han padrone come me, attorno a me, tra la gente del porto, ladri e puttane che mi chiamano “Gesù Bambino”.

    Com’è profondo il mare
    Lucio Dalla
    Ci nascondiamo di notte per paura degli automobilisti degli ipnotisti.
    Siamo i gatti neri, siamo i pessimisti, siamo i cattivi pensieri e non abbiamo da mangiare… com’è profondo il mare, com’è profondo il mare
    Babbo, che eri un gran cacciatore di quaglie e di fagiani caccia via queste mosche che non mi fanno dormire, che mi fanno arrabbiare…com’è profondo il mare, com’è profondo il mare.
    E’ inutile, non c’è più lavoro, non c’è più decoro, Dio o chi per lui sta cercando di dividerci, di farci del male, di farci annegare … com’è profondo il mare, com’è profondo il mare.
    Con la forza di un ricatto l’uomo diventò qualcuno, resuscitò anche i morti, spalancò prigioni, bloccò sei treni con relativi vagoni, innalzò per un attimo il povero ad un ruolo difficile da mantenere, poi lo lasciò cadere a piangere e a urlare solo in mezzo al mare …com’è profondo il mare
    Poi da solo l’urlo diventò un tamburo e il povero come un lampo nel cielo sicuro cominciò una guerra  per conquistare quello scherzo di terra che il suo grande cuore doveva coltivare …com’è profondo il mare, com’è profondo il mare.
    Ma la terra gli fu portata via, compresa quella rimasta addosso, fu scaraventato in un palazzo,in un fosso, non ricordo bene. Poi una storia di catene, bastonate e chirurgia sperimentale …com’è profondo il mare, com’è profondo il mare.
    Intanto un mistico, forse un aviatore, inventò la commozione e rimise d’accordo tutti, i belli con i brutti, con qualche danno per i brutti  che si videro consegnare nn pezzo di specchio così da potersi guardare …com’è profondo il mare, com’è profondo il mare.
    Frattanto i pesci, dai quali discendiamo tutti, assistettero curiosi al dramma collettivo di questo mondo che a loro indubbiamente doveva sembrar cattivo e cominciarono a pensare nel loro grande mare…com’è profondo il mare, nel loro grande mare, com’è profondo il mare.
    E’ chiaro che il pensiero dà fastidio anche se chi pensa é muto come un pesce anzi, un pesce è come pesce, è difficile da bloccare perché lo protegge il mare …com’è profondo il mare.
    Certo, chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche: “il pensiero come l’oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare”… così stanno bruciando il mare, così stanno uccidendo il mare, così stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare.

    Si consiglia la lettura “Lucio Dalla e Padre Pio” digitando fra i titoli del blog oppure su www.pierolaporta.it

    (*) digita il sul nome e cognome sul motore di ricerca del blog per conoscere gli altri suoi articoli.

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    15.1.1936, impostazione del regio sommergibile Foca

    di Carlo Di Nitto


    Il regio sommergibile “Foca” (2°), classe omonima, dislocava 1333/1659 tonnellate (emersione/immersione). Era stato impostato il 15 gennaio 1936 presso i Cantieri Navali “Tosi” di Taranto. Fu varato il 27 giugno 1937 e consegnato alla Regia Marina il 6 novembre 1937.
    I sommergibili di questa classe, di grande dislocamento, costituirono la migliore realizzazione italiana nel settore dei sommergibili posamine.
    Quando scoppiò il secondo conflitto mondiale, il “Foca” (2°), era diventato operativo da poco tempo. Il 27 agosto 1940 partì da Taranto per una missione di trasporto materiali a Lero. Rientrò in Italia, a Taranto, il 15 settembre successivo.

    L’8 ottobre partì da Taranto per effettuare la posa di uno sbarramento di mine nelle acque dinanzi al porto di Haifa. Il suo rientro era previsto  per il giorno 15. L’ultima comunicazione con la base avvenne il 12 ottobre; dopo non diede più sue notizie.
    Informazioni ufficiali di fonte inglese avanzano l’ipotesi che il battello sia affondato dopo essere saltato su mine britanniche al largo della costa palestinese nel periodo 12 – 15 ottobre 1940. Alcune fonti avanzano anche l’ipotesi che sia affondato per lo scoppio di una delle mine che stava posando. Comunque la spiegazione della perdita fornita dagli inglesi, anche se non accertata, è da ritenere la più probabile.
    Con la perdita del battello andò disperso l’intero equipaggio (8 ufficiali e 61 tra sottufficiali, sottocapi e comuni).
    Nella foto, l’unità è ripresa subito dopo il varo.
    ONORE AI CADUTI!

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    Emilio Solari (Genova, 3.4.1864 – Roma, 29.11.1954)

    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Genova, 3.4.1864 – Roma, 29.11.1954)

    Nacque a Genova il 3 aprile 1864. Entrò in servizio nella Regia Marina il 1° novembre 1878 seguendo  i corsi alla Regia Scuola di Marina di Genova.
    Carriera
    – Guardiamarina nel 1883;
    – Sottotenente di Vascello nel 1886;
    – Tenente di Vascello nel 1889;
    – Capitano di Corvetta nel 1900;
    – Capitano di Fregata nel 1904;
    – Capitano di vascello nel 1910;
    – Contrammiraglio nel 1915;
    – Viceammiraglio nel 1918;
    – Viceammiraglio d’Armata nel 1923;
    – Ammiraglio d’Armata il 30 luglio 1926.
    Prese parte alla campagna d’Africa (1889) e alla guerra italo-turca (1911-1912), nella quale conseguì la commenda dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro per l’occupazione di Lero. Partecipò alla guerra 1915-1918, durante la quale comandò una divisione navale, la Regia Accademia Navale, la piazza marittima di Taranto e la squadra da battaglia, conseguendo la croce di ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia e la croce al merito di guerra. Fu comandante in capo del dipartimento marittimo della Spezia dall’aprile 1920 al luglio 1921, segretario generale al Ministero della marina dall’agosto 1921 al novembre 1922 e comandante in capo delle forze navali del Mediterraneo dal dicembre 1922 al dicembre 1923. Coprì la carica di presidente del Comitato ammiragli dal dicembre 1923 al luglio 1925 e quella di presidente del Consiglio superiore di Marina dall’agosto 1925 al dicembre 1926. Lasciò il servizio attivo nel 1926. Fu creato senatore del regno dal 2 marzo 1929.
    E’ deceduto a Roma il 29 novembre 1954.

    Onorificenze
    – Cavaliere dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro;
    – Ufficiale dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro;
    – Commendatore dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro;
    – Grande Ufficiale dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro decorato di Gran Cordone;
    – Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia;
    – Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia;
    – Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia;
    – Grande Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia decorato di Gran Cordone;
    – Ufficiale dell’Ordine militare di Savoia;
    – Croce al merito di guerra;
    – Medaglia commemorativa della guerra italo-turca 1911-1912;
    – Croce d’oro per anzianità di servizio;
    – Medaglia mauriziana al merito militare di dieci lustri;
    – Medaglia d’onore di lunga navigazione marittima.

    (*) per conoscere le altre sue ricerche digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.