Marinai

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    I marinai del Colosseo e le Naumachie

    di Antonio Cimmino e Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Le naumachie
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Le naumachie erano simulazioni di battaglie navali svolti, in appositi bacini naturali o allagati per la circostanza, a scopo di divertimento, dove si rievocavano famose battaglie storiche.
    naumacharii erano in genere prigionieri di guerra o condannati a morte che dovevano guerreggiare indossando le tipiche armature del paese rappresentato, incitati alla lotta dai pretoriani. I combattimenti così diventavano irruenti e davano agli spettatori quell’acre piacere del sangue, come nei ludi gladiatori.
    Il termine naumachiae deriva dal greco e indica sia il sito che lo spettacolo, mentre i romani chiamavano queste rappresentazioni “navalia proelia”.
    La prima naumachia di cui si ha memoria si tenne a Roma nel 46 a.C. in un lago artificiale creato nel Campo Marzio ad opera di Cesare per celebrare il suo trionfo. In quell’occasione venne simulata la battaglia tra la flotta fenicia e quella egiziana. Parteciparono circa 6.000 figuranti ed una folla enorme giunta dalle vicine colonie accampata nelle strade e nelle piazze, così numerosa come racconta Svetonio, da provocare nella ressa la morte di diverse persone.
    Il pubblico si esaltava alla vista delle navi e delle varie fasi della battaglia proprio perché erano così rare e facevano sfoggio della più raffinata evoluzione tecnica molto più di quella utilizzata negli altri ludi romani.
    Lo scopo dei ludi romani e del loro vasto consenso popolare era quello di tenere il popolo ben nutrito (attraverso la distribuzione gratuita di derrate alimentari a volte integrate con somme di denaro) e ben occupato con sempre maggiori divertimenti e spettacoli per evitare ribellioni e rivolte.
    In origine i giochi erano gestiti dai sacerdoti per questioni di culto e duravano, come le famose corse dei cavalli, solo un giorno. Dai 77 giorni di ludi proclamati ufficiali tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero si arrivò nel quarto secolo a ben 177 giorni all’anno dedicati agli spettacoli.
    Pane et circenses” (pane e divertimento come oppio di massa per gettare interi popoli nell’impotenza politica) era la formula coniata dal poeta satirico Giovenale che se ne servì per stigmatizzare la politica degli imperatori romani nei confronti dei loro sudditi.
    La naumachia di Cesare in effetti aveva stravolto il senso delle proporzioni dello spettacolo per la sua maestosità, per il contenuto storico e soprattutto per l’onerosità dei costi ma ai romani piacque così tanto lo spettacolo che nel corso degli anni si tennero altre di queste rappresentazioni.
    Lo stesso Augusto, attento conoscitore delle vicende politiche e del suo popolo, organizzò altre naumachie facendo costruire un grande complesso monumentale circondato da portici ed arricchito da opere d’arte, per lo più bottini di guerra, per celebrare la potenza della flotta romana di suo genero Agrippa (ammiraglio della flotta e costruttore del Pantheon).
    Per la prima volta dai tempi di Gaio Duilio, vincitore contro Cartagine, un ammiraglio veniva celebrato più di un generale di terra e per questo motivo l’orgoglio dei romani per la loro flotta veniva raffigurato nella naumachia di Augusto.
    Per avere un senso dello proporzioni Augusto e Domiziano fecero scavare un bacino artificiale vicino alla riva del Tevere (nella zona di Trastevere nei pressi della Chiesa di San Cosimato a Roma) lungo circa 550 metri e largo 360; un acquedotto costruito per portare l’acqua dal lago di Martignano (vicino al lago di Bracciano) lungo 33 Km capace di scaricare 180 litri di acqua al secondo per un ammontare di circa 200.000 metri cubi utili per riempire in 15 giorni la naumachia; un canale di collegamento tra il Tevere e la naumachia per permettere l’accesso delle navi impegnate nella battaglia; 30 navi rostrate biremi e trireme; 3.000 raffiguranti più i rematori ed un imponente servizio di guardia in ogni laddove per evitare che i ladri approfittassero dell’assenza dei romani per compiere saccheggi.
    Tutto questo nel 2 a.C. per celebrare la festa per l’inaugurazione del Tempio di Marte Ultore e simulare la battaglia di Salamina tra persiani ed ateniesi.
    Lo spettacolo aveva stravolto il senso delle proporzioni ma il popolo non piangeva le vittime ne tanto meno criticava l’incredibile costo della naumachia. I romani erano entusiasti di Augusto nonostante avesse sperperato più denaro del suo padre adottivo: Cesare.
    Oltre alle naumachie citate si ricordano nel Campo Marzio la naumachia di Caligola e Domiziano e nelle vicinanze del mausoleo di Adriano la naumachia vaticana e quella fatta tenere da Filippo l’Arabo per le feste commemorative del millenario di Roma (questa sembra sia stata l’ultima naumachia eseguita). Nerone fece riempire con acqua di mare un anfiteatro in legno immettendo anche pesci e animali marini. Dopo la rappresentazione della naumachia  venne fatta defluire l’acqua e nell’arena ormai asciutta si fronteggiarono gruppi di gladiatori.
    Anche Tito volle ulteriormente perfezionare l’arte della naumachia in occasione dell’inaugurazione del Colosseo e ne fece allestire due: la prima dentro il Colosseo stesso con cavalli, tori e altri animali equipaggiati sia per il movimento nell’acqua che sulla terra per ricordare la battaglia tra Corfù e Corinto; nella seconda, sul lago artificiale di Augusto, per ricordare la vittoria degli ateniesi sui siracusani venne allestita una piccola isola dove i naumacharii vi sbarcarono e successivamente la espugnarono. Particolarmente famosa è rimasta la naumachia fatta organizzare da Claudio nel 53 d.C. sul lago Fucino per celebrare il termine dei lavori della costruzione dell’emissario del Liri fatto costruire per la grande bonifica del luogo. Sebbene lontano oltre 100 Km da Roma l’evento richiamò un foltissimo pubblico dalle città vicine e da tutta la capitale. Sul lago Fucino era stata organizzata la più maestosa delle battaglie navali mai organizzata tra la flotta rodiese e la flotta siciliana. Si affrontavano su 100 navi 19.000 guerrieri, probabilmente criminali, che come racconta Tacito “combatterono con un coraggio degno di soldati valorosi non risparmiando né se stessi né gli avversari”, mentre sulle rive erano appostati i pretoriani pronti ad intervenire contro quei combattenti che si mostravano incerti o riottosi. Un tritone d’argento appariva in mezzo al lago al momento opportuno per dare con la tromba il segnale della battaglia.
    Queste battaglie dovevano costare ingenti somme sia per l’organizzazione della battaglia stessa, sia per l’allestimento dello specchio d’acqua in cui si dovevano svolgere questi combattimenti. Per le enormi spese, per difficoltà tecniche e per motivi igienici a causa dei miasmi provocati dalle acque stagnanti, le naumachie non venivano rappresentate frequentemente come le altre forme di spettacolo ma soltanto per celebrazioni eccezionali. In seguito le naumachie non vennero quasi più organizzate forse perché era diventato impossibile competere con la maestosità di quelle precedenti ma, molto più probabilmente, a causa delle voragini aperte da queste stravaganti rappresentazioni nelle casse statali e nelle casse private di ricchi e imperatori.

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    16.5.1927, impostazione regia nave Ugolino Vivaldi

    di Carlo Di Nitto

    Cacciatorpediniere dal 1938

    Il regio esploratore “Ugolino Vivaldi”, classe “Navigatori”, dislocava 2600 tonnellate a pieno carico. Costruito nei Cantieri Navali Odero di Genova Sestri, fu impostato il 16 maggio 1927 e varato il 09 gennaio 1929. Fu consegnato ed entrò in servizio nella Regia Marina il 06 marzo 1930. Il 5 settembre 1938 venne declassato a cacciatorpediniere e gli fu attribuita la sigla VI .
    Come altre unità della sua classe, pochi mesi dopo la consegna, venne sottoposto a grandi lavori di modifica delle sovrastrutture. Successivamente partecipò alla Crociera Atlantica e, come componente del 1° Gruppo della Divisione Esploratori, prese parte alle cerimonie per il cinquantenario dell’Accademia Navale di Livorno.
    Negli anni che seguirono svolse intensa attività di squadra culminata con la partecipazione alle operazioni della guerra civile spagnola.
    Sottoposto ad un secondo ciclo di grandi lavori che ne modificarono ulteriormente linea ed aspetto, fu declassato a cacciatorpediniere e gli fu attribuita la sigla VI.
    Rientrato in squadra, partecipò alle operazioni per l’occupazione dell’Albania svolgendo compiti di scorta convogli fra l’Italia e i porti albanesi.
    Dopo lo scoppio delle ostilità operò intensamente e la sua attività bellica fu fra le più gloriose e brillanti.

    Nel luglio 1940 si distinse durante lo scontro di Punta Stilo. Nei successivi due mesi, facendo base ad Augusta, eseguì diverse missioni di ricerca e caccia antisommergibile. In una di queste, il 1° agosto 1940 affondò, speronandolo, il sommergibile inglese “Oswald” salvandone poi la maggior parte dell’equipaggio.
    Dopo i lavori, conseguenti ai danni derivati dal suddetto speronamento, svolse efficacemente numerose scorte ai convogli tra la Libia, la Grecia e le acque nazionali.
    Nel giugno 1942 partecipò eroicamente alla Battaglia di Pantelleria (o di Mezzo Giugno), durante la quale venne pesantemente colpito da un colpo da 120 mm. nemico. Le vittime furono numerose (24 Caduti) e i danni gravi, ma con l’aiuto dell’unità gemella “Malocello” riuscì fortunosamente a raggiungere Pantelleria e poi le acque nazionali.
    Rimasto ai lavori fino alla primavera del 1943, fu revisionato completamente e dotato di nuove apparecchiature per la ricerca del nemico. Rientrato in armamento, svolse missioni di posa mine nelle acque della Sardegna durante le quali subì numerosi attacchi aerei, sempre respinti, che causarono però diverse vittime fra gli uomini dell’equipaggio.
    Dopo la proclamazione dell’armistizio, ottemperando agli ordini ricevuti, diresse da Genova per le Bocche di Bonifacio per attaccare il traffico di motozattere tedesche verso la Corsica. Verso le ore 16 del 9 settembre 1943, unitamente al gemello “Da Noli”, ingaggiò combattimento con le unità germaniche riuscendo ad affondarne alcune. Purtroppo venne colpito dal fuoco di batterie costiere e, sia pur rallentato, diresse verso le Baleari. Attaccato da aerei, venne nuovamente colpito da una bomba. Nonostante gli sforzi dell’equipaggio, il “Vivaldi”, alle ore 11.30 del mattino del 10 settembre, affondò trascinando con sé 58 Marinai.
    Si chiudeva così la vita di questa gloriosa Unità che, per il valore dimostrato, era stata decorata con Medaglia d’Argento al Valor Militare. Durante il Secondo conflitto mondiale aveva effettuato 155 missioni di guerra, fra cui 54 di scorte a convogli, percorrendo 59.991 miglia.
    Il suo motto fu: “Con la prora diritta a gloria e a morte”.
    ONORE AI CADUTI !

    Ciro Faella
    di Antonio Cimmino e Claudio Confessore

    (Teano, 28.8.1920 – 7.5.1983)

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Ciro Faella nasce a a Teano il 28.8.1920, marinaio di carriera, all’inizio della guerra fu imbarcato come Sottocapo Furiere sul regio cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi partecipando alla “Battaglia di Pantelleria” il 9.5.1943 contro formazioni della Mediterranean Fleet, guadagnandosi una onorificenza per essersi comportato “con onore”. 
Era imbarcato sulla stessa unità quando, dopo la proclamazione dell’armistizio, il cacciatorpediniere ricevette l’ordine di dirigersi a Civitavecchia per imbarcare Vittorio Emanuele II.

    Scappando da Roma il Re decise però di imbarcarsi a Pescara per Brindisi, per cui il 9 settembre 1943 al cacciatorpediniere fu ordinato di dirigersi verso La Maddalena per unirsi alla Squadra Navale.
Nelle Bocche di Bonifacio, unitamente al cacciatorpediniere Da Noli, si scontrarono con motovedette e motozattere tedesche affondandone alcune, ma furono cannoneggiati da batterie tedesche presenti sulle coste della Corsica.
Il Da Noli, dopo essere stato colpito, affondò urtando contro una mina (218 morti e 39 sopravvissuti), mentre il Vivaldi fu ripetutamente colpito e danneggiato da bombardieri tedeschi, alcuni dei quali usavano bombe radioguidate tipo Henschel Hs 293. Navigando in precarie condizioni, nei pressi dell’Asinara, fu dato l’ordine di abbandonare la nave ormai appruata per i danni subiti.

    Il capitano di corvetta Alessandro Cavriani ed il capo meccanico Virginio Fasan, tornarono a bordo per accelerarne la fine, ma scomparvero entrambi con la nave che colava a picco. 
Era il 10 settembre 1943. I naufraghi rimasero diversi giorni in mare (alcuni fino al 16), recuperati da idrovolanti e motovedette tedesche e dal sommergibile britannico HMS Sportman.
    I morti del Vivaldi furono 58 e 240 i sopravvissuti.

    Ciro Faella fu testimone di quella tragedia e, alla fine della guerra, fu destinato presso la Capitaneria di Porto di Castellammare di Stabia dove raggiunse il grado apicale di Capo di 1^classe.

    Salpò per l’ultima missione il 7.5.1983 e adesso riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo.

    Secondo l’Albo d’Oro della Marina Militare i morti del Vivaldi durante tutto il conflitto furono 64 così suddivisi:
    – 1 il 13/12/42 Mediterraneo centrale;
    – 9 il 15/06/42 Mediterraneo centrale (battaglia di mezzo giugno)
    – 1 il 16/06/42 Mediterraneo centrale (è il 10° morto della battaglia di mezzo giugno)
    – 1 il 20/02/43 Territorio metropolitano
    – 1 il 21/02/43(coinvolto in incidente insieme a quello deceduto il 20?)
    – 1 l’11/07/43 Mediterraneo centrale
    – 2 il 12/07/43 Mediterraneo centrale (coinvolti in incidente a bordo insieme a quello deceduto dell’11?)
    – 1 il 23/08/43 Mediterraneo centrale
    – 28 il 09/09/43 Mediterraneo centrale (azione Vivaldi – Da noli)
    – 16 il 10/09/43 Mediterraneo centrale (azione Vivaldi – Da noli)
    – 1 il 15/09/43 Mediterraneo centrale (azione Vivaldi – Da noli)
    – 1 il 22/02/44 Territorio metropolitano (forse uno dei superstiti o era rimasto a terra per licenza nell’azione Vivaldi- Da Noli)
    – 1 il 15/01/45 fronte tedesco in prigionia (forse fatto prigioniero nell’azione Vivaldi – Da Noli)
    Per quanto sopra nell’azione dell’affondamento, secondo il nostro parere, si devono contare 45 caduti (quelli del 9 del 10 ed il ferito morto il 15). Noi comprenderemo anche quello morto in prigionia.
    Purtroppo dopo tanti  anni ancora non c’è nessuna chiarezza sui nostri caduti.
    Claudio Confessore

    
di Antonio Cimmino



    Gaetano Eliano, Marinaio Fuochista Meccanico Armaiolo di San Giuseppe Vesuviano, decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare per essersi prodigato, a rischio della vita, per allontanare dal Regio Cacciatorpediniere Vivaldi delle bettoline cariche di esplosivo dopo un incendio nel porto di Napoli.
    …concorreva tra i primi a spegnere un incendio su piroscafo quasi completamente circondato da nafta infiammata. Per combattere le fiamme che minacciavano da vicino il cacciatorpediniere sul quale era imbarcato” (Napoli 20 marzo 1943).
    Eliano è stato il fondatore del Gruppo Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Pompei.
    Per comprendere il vero significato della parola Fuochista si consiglia la lettura del seguente link scritto da Bruno V. Bardelli marinaio telegrafista della Marina Militare imbarcato su Nave Po (in tempo di pace):
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/03/ai-miei-amici-fochisti-di-nave-po/

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    Dino Dondi

    di Gian Luigi Dondi

    L’Orologio del Mediterraneo 1942 (Dino)

    Nel marzo1942 il regio cacciatorpediniere Lanciere, al comando del Capitano Casana, nello scontro della seconda battaglia della Sirte, fu prima colpito e poi a causa di una tempesta imponente si mise alla “cappa“ e affondò con tutto l’equipaggio.
    Su 241 o 242 marinai, soltanto una ventina circa, furono i sopravvissuti: invano fu il cercare di trainarlo per tentare un salvataggio.  Pochi i superstiti, quasi tutti annegarono o preda degli squali. Diversi furono recuperati in altri momenti, ma una zattera rimase in mare quasi due giorni o forse più (…); sopra vi erano un giovane ufficiale e due marinai, sembra anche un terzo (…) uno dei due o tre era mio fratello Dino. Essi vagarono per molto tempo in condizioni disperate fino a che un idrovolante italiano riuscì a trovarli e portarli in salvo. La stessa sorte toccò all’altro cacciatorpediniere  Scirocco.


    <<Da un frammento del diario molto sbiadito, di mio Fratello >>, trovato nel suo zaino blu scuro, l’ultima volta che venne a trovarci a Riccione, nella sua ultima licenza, lasciando lo stesso zaino e il suo contenuto. In seguito, non so se vero, l’ufficiale si smarrì con la testa e fu ricoverato in un ospedale credo in Liguria, degli altri marinai non si seppe più nulla nonostante le ricerche fatte da mio fratello.
    Qualche anno dopo mio fratello, che per me era un mito (aveva dodici anni più di me); raccontandomi i fatti e la sua storia di volere andare in marina, come volontario, anche contro il parere dei miei genitori; mi regalò il suo orologio, compagno fedele di quei particolari momenti e che vide sparire i suoi camerati uno a uno, nella tempesta del mediterraneo dopo la battaglia. Purtroppo anche lui non visse molto, ma quel cacciatorpediniere, con il suo equipaggio, dovrebbe essere ricordato …
    A Dino il mio fratellone.

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    16.5.1942, entra in servizio la regia nave Corsaro

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Breve storia (desunte da conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com)
    Il regio cacciatorpediniere Corsaro (seconda serie della classe Soldati 1850 tonnellate di dislocamento standard, 2153 in carico normale, 2475 a pieno carico), fu impiegato principalmente in compiti di scorta a convogli da e per l’Africa Settentrionale.
    Fu impostato il 23 gennaio 1941 nei cantieri Odero Terni Orlando di Livorno, varato il 16 novembre dello stesso anno ed entrò in servizio il 16 maggio 1942.
    Il 9 gennaio 1943 l’unità, al comando del capitano di fregata Ferruccio Ferrini, salpò da Napoli unitamente al cacciatorpediniere Maestrale (capitano di vascello Nicola Bedeschi, capocorda), la moderna motonave da carico Ines Corrado, carica di rifornimenti per approdare a Biserta.
    Fu affondata da mine posate dalla nave inglese Abdiel a nord del Golfo di Tunisi ed a nordest di Biserta.
    I sopravvissuti del regio cacciatorpediniere Corsaro furono in tutto 48. Persero la vita 187 uomini che risultarono morti o dispersi in mare.

    Sebastiano Abela, sottocapo radiotelegrafista, disperso
    Manlio Aime, capo radiotelegrafista di prima classe, disperso
    Aristodemo Ala, marinaio cannoniere, disperso
    Innocenzo Amoroso Alborè, marinaio S. D. T., disperso
    Angelo Allatta, sottocapo cannoniere, disperso
    Ernesto Antonioli, marinaio fuochista, disperso
    Virgilio Atzori, marinaio fuochista, disperso
    Francesco Aversa, marinaio fuochista, disperso
    Renato Baffigi, capo S. D. T. di terza classe, disperso
    Ottavio Badi, marinaio fuochista, disperso
    Enrico Ballinari, marinaio fuochista, deceduto
    Francesco Barbi, marinaio, deceduto
    Paolo Basile, marinaio cannoniere, disperso
    Andrea Basti, sottocapo nocchiere, disperso
    Angelo Battaini, marinaio fuochista, deceduto
    Davide Becco, secondo capo cannoniere, disperso
    Valdo Bazzicchi, sottocapo S. D. T., disperso
    Giovanni Bellussi (Belusic), marinaio, disperso
    Gualtiero Benocci, marinaio motorista, disperso
    Pietro Berruti, guardiamarina, disperso
    Udino Bertoncello, marinaio silurista, disperso
    Gastone Bigazzi, sottocapo silurista, disperso
    Giovanni Boffito, sottotenente di vascello, disperso
    Francesco Bonomi, marinaio cannoniere, disperso
    Egidio Borelli, sottocapo cannoniere, disperso
    Nedo Brandi, sottocapo cannoniere, deceduto
    Giuseppe Brunetti, marinaio, disperso
    Marino Brusati, marinaio cannoniere, deceduto
    Ermanno Brunone, marinaio cannoniere, disperso
    Gaetano Bucceri, sottocapo cannoniere, disperso
    Luigi Bullo, marinaio, disperso
    Luigi Buondonno, marinaio, deceduto
    Giuseppe Calise, marinaio, disperso
    Attilio Campagnola, secondo capo furiere, disperso
    Romolo Campana, marinaio fuochista, deceduto
    Vincenzo Campanale, secondo capo meccanico, deceduto
    Vincenzo Cane, marinaio cannoniere, disperso
    Leopoldo Cantamessa, sottocapo cannoniere, disperso
    Pasquale Caon, sergente segnalatore, deceduto
    Pietro Capelli, sergente silurista, disperso
    Sveno Caretti, marinaio cannoniere, disperso
    Giorgio Casartelli, sottotenente di vascello, disperso
    Antonio Castellano, capo meccanico di prima classe, disperso
    Pio Cerini, marinaio silurista, disperso
    Emilio Cesani, marinaio cannoniere, deceduto
    Giuseppe Chessa, marinaio meccanico, disperso
    Alfonso Chiappella, secondo capo cannoniere, disperso
    Winter Chielli, sottocapo cannoniere, disperso
    Domenico Chieracchia, marinaio, disperso
    Gaetano Ciampa, marinaio meccanico, disperso
    Armando Ciminari, marinaio, disperso
    Raoul Cinti, marinaio fuochista, disperso
    Antonio Ciriaci, marinaio fuochista, disperso
    Giovanni Ciricugno, sottocapo cannoniere, disperso
    Marcello Collini, marinaio, disperso
    Andrea Cominelli, marinaio fuochista, disperso
    Agostino Conte, marinaio cannoniere, disperso
    Luigi Covelli, marinaio, disperso
    Antonio Creti, marinaio silurista, disperso
    Emiliano Cuman, marinaio, disperso
    Giuseppe Curreri, marinaio, disperso
    Luigi D’Amato, sergente cannoniere, disperso
    Rosvaldo D’Orazio, sottocapo meccanico, disperso
    Angliolino Dagnino, marinaio fuochista, disperso
    Leo Damiani, capo segnalatore di terza classe, disperso
    Francesco De Benedectis, sergente cannoniere, disperso
    Luigi De Novelli, sottocapo cannoniere, deceduto
    Giovanni Degani, marinaio cannoniere, disperso
    Pasquale Degno, marinaio, disperso
    Nicola Dentamaro, marinaio cannoniere, disperso
    Raffaele Di Brindisi, marinaio fuochista, disperso
    Vincenzo Di Carluccio, sergente cannoniere, disperso
    Gino Diotallevi, sottocapo nocchiere, disperso
    Carmine Donisi, sottocapo cannoniere, disperso
    Nicola Duca, marinaio, disperso
    Fiorenza Duccini, marinaio torpediniere, disperso
    Michele Fama, marinaio fuochista, disperso
    Giulio Felici, marinaio cannoniere, disperso
    Salvatore Ferrante, marinaio cannoniere, disperso
    Angelo Ferraro, marinaio silurista, disperso
    Remigio Ferrarotti, capo silurista di seconda classe, deceduto
    Carmine Ferro, marinaio elettricista, disperso
    Vincenzo Fioretto, sottocapo cannoniere, disperso
    Armando Fogli, marinaio, disperso
    Angelo Fontana, sottocapo cannoniere, disperso
    Luciano Foti, marinaio fuochista, disperso
    Attilio Galiardi, marinaio motorista, disperso
    Desiderio Gallina, marinaio fuochista, disperso
    Giuseppe Gandolfo, sottotenente medico, disperso
    Giuseppe Gatti, marinaio, disperso
    Giorgio Giogli, marinaio cannoniere, disperso
    Salvatore Giorcelli, sottocapo cannoniere, deceduto
    Alfredo Gortan, marinaio, disperso
    Rosario Graci, marinaio, disperso
    Stefano Greco, sottotenente CREM, disperso
    Giovanbattista Grieco, marinaio, disperso
    Eugenio Grisoni, marinaio, disperso
    Riccardo Guglielmi, sottocapo meccanico, disperso
    Vico Guidotti, sottocapo elettricista, disperso
    Antonino Gullotto, marinaio cannoniere, disperso
    Antonio Landi, sottocapo cannoniere, disperso
    Paolo Giovanni Langella, sottocapo furiere, deceduto
    Mariano Lardara, marinaio fuochista, disperso
    Pietro Laterza, marinaio fuochista, disperso
    Giuseppe Lenares, secondo capo meccanico, disperso
    Andrea Lettieri, marinaio cannoniere, disperso
    Giuseppe Lisi, capo meccanico di seconda classe, disperso
    Aleardo Lo Iacono, sottocapo S. D. T., disperso
    Vincenzo Luongo, marinaio fuochista, disperso
    Giuseppe Lupi, marinaio nocchiere, disperso
    Donato Lussone, marinaio, disperso
    Ennio Maestrelli, marinaio elettricista, disperso
    Antonio Maietta, secondo capo meccanico, disperso
    Giuseppe Manuguerra, marinaio, disperso
    Cesare Mari, marinaio elettricista, disperso
    Alferino Marigliani, marinaio, deceduto
    Battista Mariotti, capo elettricista di terza classe, disperso
    Dagoberto Marrai, marinaio cannoniere, disperso
    Filippo Marrano, marinaio, disperso
    Salvatore Martinelli, sottocapo cannoniere, disperso
    Umberto Martini, marinaio fuochista, disperso
    Dino Matteini, marinaio fuochista, disperso
    Angelo Mauriello, marinaio meccanico, disperso
    Nicola Mele, marinaio S. D. T., disperso
    Francesco Merani, secondo capo meccanico, deceduto
    Oreste Miano, marinaio fuochista, disperso
    Vittorio Micale, marinaio fuochista, disperso
    Luigi Modesto, secondo capo cannoniere, disperso
    Remo Mogliani, marinaio fuochista, disperso
    Antonio Montervino, marinaio cannoniere, disperso
    Giovanni Munzone, marinaio, disperso
    Santo Nania, marinaio, disperso
    Mario Nardi, maggiore del Genio Navale, disperso
    Salvatore Neri, marinaio torpediniere, disperso
    Adriano Olivieri, marinaio cannoniere, disperso
    Guerrino Olivieri, marinaio fuochista, disperso
    Serse Pacifici, marinaio fuochista, deceduto
    Cesare Pallais, sottocapo radiotelegrafista, disperso
    Sebastiano Palmieri, sottocapo radiotelegrafista, disperso
    Lorenzo Pane, marinaio, disperso
    Fausto Pantanali, marinaio, disperso
    Mario Papa, sottocapo silurista, disperso
    Silvio Perusco, marinaio cannoniere, disperso
    Ernesto Petti, capo nocchiere di seconda classe, disperso
    Antonio Pettinau, meccanico, disperso
    Francesco Pisano, sottocapo radiotelegrafista, disperso
    Odoardo Plevani, capo meccanico di terza classe, disperso
    Luigi Pontillo, marinaio cannoniere, disperso
    Alpino Pozzati, marinaio cannoniere, disperso
    Alberino Prata, marinaio S. D. T., disperso
    Marino Ribera, sottocapo elettricista, disperso
    Filippo Ricci, secondo capo cannoniere, disperso
    Michelangelo Ricciardella, marinaio cannoniere, deceduto
    Salvatore Riggi, sottocapo cannoniere, disperso
    Michele Riontino, sergente cannoniere, disperso

    Rinaldo Rossetti, marinaio fuochista, disperso
    Pietro Rossi, marinaio fuochista, disperso
    Filippo Ruggeri, capo meccanico di terza classe, disperso
    Mario Ruggiero, marinaio cannoniere, deceduto
    Salvatore Russo, marinaio cannoniere, disperso
    Giuseppe Santisi, sottocapo cannoniere, disperso
    Armando Scarpa, marinaio, disperso
    Luigi Scarpato, marinaio fuochista, disperso
    Fernando Scatena, marinaio silurista, disperso
    Pasquale Scognamiglio, sottocapo cannoniere, deceduto
    Antonio Rosato Scotto, marinaio, disperso
    Nicola Sorace, marinaio fuochista, disperso
    Vincenzo Spinalbese, marinaio cannoniere, disperso

    Giuseppe Steiner, marinaio fuochista, disperso
    Paolo Summonti, secondo capo furiere, disperso
    Salvatore Taranto, marinaio cannoniere, disperso
    Salvatore Testa, aspirante (Genio Navale), disperso
    Giuseppe Tomaselli, marinaio, disperso
    Nicolò Tornesi, marinaio, disperso
    Giovanni Tronconi, marinaio fuochista, disperso
    Pietro Usai, sottocapo radiotelegrafista, disperso
    Luigi Valentini, marinaio, disperso

    Egidio Antonio Vecere, sottocapo infermiere, disperso
    Vincenzo Vio, marinaio fuochista, disperso

    Bruno Vivian, sottocapo S. D. T., disperso
    Orlando Zagni, marinaio fuochista, disperso
    Pasquale Zumbo, sergente, disperso

  • Attualità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Poesie,  Recensioni,  Storia

    16.5.1952, STELMILIT la scuola telecomunicazioni delle Forze Armate

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra e di Antonio Prestia

    La Scuola Telecomunicazioni delle Forze Armate assicura la formazione specialistica avanzata del personale militare e civile della Difesa nell’ambito delle Telecomunicazioni, dell’Informatica e della Sicurezza. L’esigenza di costituire una Scuola interforze per i militari addetti alle telecomunicazioni emerse nel corso della II guerra mondiale, per uniformare le procedure tra le Forze Armate ed ottenere così una migliore integrazione del personale.
    L’atto ufficiale di costituzione risale al 16 maggio 1952.
    Oggi la Scuola si occupa sia della definizione dei contenuti didattici dei corsi rivolti al personale militare e civile della Difesa, sia della produzione di più di 70 tipologie di corsi specialistici di livello avanzato e universitario, aperti anche a studenti e professionisti.
    Dal 2007 è attiva infatti una convenzione con la facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, per lo svolgimento presso la Scuola di circa 20 tipologie di corso che comprendono Master di I e II livello e corsi di specializzazione e perfezionamento.
    Grazie all’elevata competenza del corpo docente militare e civile, alla disponibilità di strumenti didattici e laboratori all’avanguardia, al continuo aggiornamento dei contenuti didattici e alla possibilità di fare esperienza diretta sui sistemi operativi reali, il livello qualitativo dei corsi è molto elevato ed apprezzato, in quanto sempre adeguato alle esigenze formative delle Forze Armate. Nei suoi oltre 60 anni di attività, la Scuola TLC delle FF.AA. ha addestrato più di 100.000 allievi.
    Nel corso degli ultimi anni un argomento di estrema attualità per tutti coloro che impiegano, gestiscono e realizzano sistemi informatici complessi, è la “Cyber Defence”. In particolare la Scuola Telecomunicazioni delle Forze Armate ha già da tempo modificato il proprio catalogo dei corsi in ottica net-centrica e realizzato nuovi corsi improntati alla Cyber Defence. Molte sono le Istituzioni impegnate in questo settore con specificità e obiettivi apparentemente diversi, ma convergenti nella sostanza: contrastare una minaccia subdola e difficilmente identificabile.

    Addio Signora in blu
    di Antonino Prestia

    A distanza di tantissimi anni, immerso nel triste ricordo di una partenza da un luogo splendido, dalla bellissima Chiavari. Le esprimo adesso e per sempre, tutto il mio sentire di perenne innamorato con il seguente pensiero:

    ADDIO SIGNORA IN BLU

    Un cicaleccio malamente smorzato
    velato, malcelato
    contorna di dispiacere
    la vigilia di una partenza senza ritorno.

    Il saluto ai superiori
    il caldo abbraccio ai colleghi
    l’ultimo discorso agli allievi;
    uno sguardo panoramico
    alla deliziosa e accogliente cittadina
    chiudono la parentesi
    d’una carriera in Marina
    presso la Scuola Telecomunicazioni
    di Chiavari.

    L’interfaccia di una realtà
    fra ciò che è stato
    e il futuribile sarà
    si confronta
    nella matura vena sentimentale
    di nuove aspettative
    o di … rimpianto.

    Nel taxi che conduce alla stazione
    le guance del sottufficiale
    si bagnano
    con lacrime gelate d’amorosa brina
    quelle di un figliolo affezionato
    che ha amato e mai smetterà d’amare
    quella dolcissima Signora in blu:
    la sua adorata “MARINA MILITARE!”-

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Recensioni

    Sergio Ciannamea (Bari, 16.5.1950 – Roma, 3.5.2018)

    a cura Marinaio di Spirito Santo

    (Bari, 16.5.1950 – Roma, 3.5.2018)

    Ciao Sergio carissimo e stimatissimo, riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo.
    Non si perdono mai coloro che amiamo, perché possiamo amarli in Colui che non si può perdere.
    Nel percorso della nostra vita talvolta si è costretti a dover affrontare momenti che hanno la parvenza di essere tristi quando una persona a noi cara sembra allontanarsi.
    La voglia di ben figurare come membri della “Grande Famiglia” a cui apparteniamo, ci deve perseguire a perorare il tuo buon esempio.
    Ringraziamo Dio di averci messo “in comunicazione” sullo stesso cammino di saggezza.