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Quando il sommergibile inglese Urge tagliò in due il regio incrociatore Giovanni Dalle Bande Nere

di Francesco Venuto

Buongiorno Ezio,
Le invio, se le può essere utile, un mio servizio pubblicato da Giornale di Sicilia nel 1991 e da altri giornali in seguito cordiali saluti, Francesco Venuto ex sergente radiotelegrafista (di leva).

Questo articolo è dedicato, per grazia ricevuta, a Paolo Puglisi.

Francesco Venuto per www.lavocedelmarinaio.comSTROMBOLI – Cinquantuno anni fa, il primo aprile del 1942, al largo dell’isola di Stromboli due siluri lanciati dal sommergibile inglese “Urge” tagliavano in due l’incrociatore “Giovanni Dalle Bande Nere”.
Varata nel 1931, la nave effettuò, tra il 10 giugno 1940 e la data del suo affondamento, 15 missioni di guerra, percorrendo in tutto circa 35 mila chilometri. Tra gli ottocento uomini imbarcati sull’incrociatore, quel primo aprile c’era Paolo Puglisi, 75 anni, baffetti alla Clark Gable rimasti neri come ai tempi in cui stava per ore chiuso nella torretta numero 4, pronto ad azionare i cannoni del Bande Nere.
L‘enciclopedia “La Seconda Guerra Mondiale”, curata da Arrigo Petacco, liquida in un paio di righe l’affondamento dell’incrociatore. Secondo Puglisi, in realtà, vi furono delle circostanze quantomeno sospette per cui le cose non andarono per il verso giusto. Inoltre tra i marinai superstiti dell’affondamento, si parlò con insistenza di una “spiata”, partita proprio da Messina, sui movimenti della nave e sulle sue condizioni di navigazione.

Giovanni Dalle Bande Nere
«Il Bande Nere partecipò alla seconda battaglia della Sirte -ricorda Puglisi- Tornavamo alla base di Messina dopo una navigazione con il mare fortissimo, tanto che due caccia-torpediniere, il “Lanciere” e lo “Scirocco”, colarono a picco per il maltempo. Il nostro incrociatore era piuttosto malconcio e molte erano le avarie che il comandante Lodovico Sirta aveva dovuto annotare sul libro di bordo. Arrivammo nello Stretto con ben 48 ore di ritardo, e con la consapevolezza che il destino della nave era il bacino di La Spezia, dove sarebbero state eseguite le riparazioni.
Così infatti fu deciso dal comando della Regia Marina Militare, e qualche giorno dopo aspettavamo con ansia l’ordine di mollare gli ormeggi. Il Bande Nere lasciò il porto di Messina il primo aprile 1942 -racconta Puglisi- dopo sei giorni di incomprensibili rinvii. Erano le sei del mattino, due caccia e alcuni ricognitori aerei controllavano che lungo la nostra rotta non vi fossero battelli nemici.

Marinaio Paolo Puglisi (f.p.g.c. Francesco Venuto per www.lavocedelmarinaio.com)
Tutto filò liscio sino alle nove, all’ora di colazione, di solito un panino con la mortadella o il provolone.
Eravamo al largo di Stromboli, un sommergibile inglese lanciò un primo siluro, il Bande Nere si inclinò di almeno trenta gradi, un minuto dopo arrivò il secondo e definitivo lancio dell’”Urge”, la nave si aprì in due e cominciò ad affondare rapidamente. Io non ebbi il tempo di gettarmi subito in mare, come buona parte dell’equipaggio. Ero infatti ai “pezzi da 100”, proprio nella zona colpita dai siluri. Riuscii comunque a liberarmi dei vestiti e, aggrappandomi alle “traglie”, i passamano, finii sott’acqua trascinato dal risucchio della nave che stava inabissandosi. A sette-otto metri di profondità, non riuscendo ormai a risalire avevo abbandonato ogni speranza di salvarmi. La visione di mia madre e una miracolosa bolla d’aria mi spinsero di nuovo verso la superficie dove sembrava aspettarmi l’idrovolante delle nave capovolto, attorno ai cui galleggianti erano aggrappate almeno settanta persone.
Pioveva, si cercava di resistere a tutti i costi, di non mollare la presa. In molti alla fine furono vinti dalla stanchezza, dall’acqua gelida e dal dolore per le gravi ferite riportate. Cinque ore dopo arrivò il cacciatorpediniere “Libra”, che raccolse i superstiti e i marinai morti.
Il mare era diventato nero per le tonnellate di nafta fuoriuscite dai serbatoi del Bande Nere. Io fui sistemato tra i morti, perché all’atto di essere recuperato persi i sensi, la confusione del momento fece il resto. Mi svegliai tra la meraviglia dei siluristi, non ricordavo nulla, non ci vedevo più, ero diventato cieco.
Poi mi dissero che era stata la nafta, anche il mio corpo del resto era bruciato per essere rimasto molto tempo a contatto con il carburante. Tornati a Messina, in un primo tempo non fu riconosciuta la mia infermità, ed anche per questo mi misero in prigione. Dopo qualche giorno però fui rimandato a casa, mentre agli arresti ci andò l’ufficiale che aveva ordinato la mia carcerazione. Il sole lo rividi dopo un mese».

Paolo Puglisi (f.p.g.c. Francesco Venuto per www.lavocedelmarinaio.com)

23 commenti

  • EZIO VINCIGUERRA

    Un ringraziamento a Francesco Venuto per questo articolo testimonianza che fa comprendere, qualora ce ne sia ancora di bisogno, il periodo di cui stiano parlando ed il cuore dei Marinai di una volta, quelli per sempre.

  • Francesco Dalla Lega

    imbarcato sul Giovanni dalle bande nere c’era anche un socio dell’anmi di fano morto recentemente parlo di Guido Piccinetti classe 1919 grande uomo e grande marinaio un esempio per tutti noi

  • EZIO VINCIGUERRA

    Ciao Francesco Dalla Lega se ti fa piacere e se ti riesce di recuperare qualche foto di Guido Piccinetti (e l’assenso dei familiari) possiamo ricordarlo nella banca della memoria a similitudine dei due marinai sopra evidenziati ma anche di tutti quelli che non fecero rientro alla base.
    Un abbraccio grande come il mare a te e A.N.M.I. Anmi Fano

  • Iacono Francesco

    Caro capo Ezio la visone della mamma… cosa ne pensi? ormai le speranze perse, risucchiato dalla nave e infine la bolla della mamma che lo riporta su…

  • EZIO VINCIGUERRA

    Grazie a tutti per i commenti, l’affetto e la quotidiana compagnia che ci navigare su questa rotta ormai tracciata da 5 anni. Anch’io, come voi, non finisco mai di emozionarmi quando arrivano storie di noi Marinai. In risposta a Iacono Francesco penso che già dall’avvento commerciale dei droni molti, anzi tantissimi, oggetti sono stati depredati da “professionisti del settore”…la mamma o dorme o fa finta di dormire!

  • Francesco Carriglio

    Grazie per questo racconto-testimonianza di vita e di morte dei marinai per sempre.

  • Nino puglisi

    Mi chiamo Nino e sono il figlio di Paolo Puglisi. Grazie a questo bellissimo articolo sono stato rintracciato da un maresciallo dei carabinieri il cui padre era sul bandenere insieme al mio ed entrambi hanno avuto la fortuna di sopravvivere all’affondamento. Noi figli accomunati dalle stesse emozioni abbiamo stretto e continuiamo ad avere un rapporto di fraterna amicizia.
    Un sentitissimo ringraziamento da parte mia va all’autore e cioè all’amico Franco Venuto che con semplicità e passione ha narrato un pezzo di storia che va a rappresentare uno dei tanti effemeridi del nostro passato.

    Il mio indirizzo posta: ninopuglisi53@gmail.com

  • ezio

    Buongiorno signor Nino Puglisi, grazie per questa testimonianza che ci fa comprendere che siamo sulla rotta giusta e cioè quella che tempo fa abbiamo tracciato con i collaboratori quando imbarcai nel porto della Gerusalemme terrena per dar voce ai Marinai, ai loro parenti e a tutti coloro che sono sensibili che questa speriamo eterna “banca della memoria” ci faccia approdare al porto della Gerusalemme Divina.
    Non sempre abbiamo trovato gente come Lei o come l’autore Franco Venuto (di cui seguiranno altri articoli) che hanno compreso il vero incipit di questo blog ma noi continuiamo su questa rotta pregando per i detrattori e invocando il loro perdono.
    Se ha tempo e voglia può andare a ritroso con gli articoli e leggere anche i commenti fra questi incontrerà e si riconoscerà in storie simile alla sua, alla mia, a quella di tanti figli e parenti di marinai. Proprio lo scorso anno mi arrivò un altra testimonianza (digiti sul motore di ricerca Giovanni Dalle Bande Nere di un parente) e ne arrivano altre per sapere ancora, a distanza di tanto tempo, dove poter piangere una tomba, un sacrario ecc. e pregare per i loro cari estinti. Questo è uno degli obiettivi che ci siamo proposti e fin quando avremmo i mezzi economici (tutto è basato su base volontaria) e l’aiuto della rete (ancora economicamente accessibile) noi quelli come noi saremo qui a dar “voce”.
    Un abbraccio a Lei e ai suoi cari grande, profondo, sincero e trasparente come quel mare che abbiamo dentro e che nessuno mai, per nessun motivo, potrà inquinarci.
    Pancrazio”Ezio” Vinciguerra

  • Nino puglisi

    La ringrazio Ezio. Andrò a fare la ricerca tuttavia lei se ha qualche nuova notizia sa come rintracciarmi. Grazie di tutto. L’abbraccio è reciproco.

  • masia angelo andrea

    buon giorno,sono il nipote del maresciallo Angelo Andrea MASIA imbarcato
    sull’Incrociatore G.Dalle Bande Nere.Dai racconti di mia nonna e di mio
    padre mio zio al momento dell’affondamento della nave si era rinchiuso
    nella santa barbara dell’Incrociatore.Volevo altre notizie riguardo alla
    sua vita sulla nave.

  • mauro gentilini

    Sono il figlio di Ausonio Gentilini, classe 1920, imbarcato sul Bande Nere dal 1940 fino al suo affondamento. Mio padre ebbe la fortuna di salvarsi e di quella tragedia ne ho condiviso ogni parola che lui mi raccontava, quasi come se l’avessi vissuta personalmente. Mio padre, al momento del siluramento si trovava in sala macchine, dove prestava servizio ed il fatto di essersi salvato fu quasi certamente un miracolo. A distanza di così tanto tempo, ma con ancora i racconti ben chiari nella mente il condividere questa esperienza mi riempie di orgoglio e commozione. Un ringraziamento a tutti.
    mauro gentilini

  • ENZO

    SONO IL FIGLIO DEL MARESCIALLO GIUSEPPE PICCIONE CHE SI SALVO DALL’AFFONDAMENTO DEL BANDE NERE,MIO PADRE EBBE LA FORTUNA IN QUEI CONCITATI MOMENTI DI GETTARSI A MARE CONTROVCNTO ,ALTRIMENTI SAREBBE MORTO BRUCIATO DALLA NAFTA IN FIAMME FUORIUSCITA DAL BANDE NERE SPACCATO IN DUE

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