Racconti,  Recensioni

La barca chiamata desiderio

(Henri Laborit)
segnalata da
Marilena Aiello

Quando non può più lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa (il fiocco a collo e la barra sottovento) che lo fa andare alla deriva, o la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela.
La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione. Forse conoscete quella barca che si chiama desiderio.

 

7 commenti

  • Antonio Piras

    non sono d’accordo in mare non e’ proprio cosi inprevisti ci son sempre atlantico pacifico e la rotta se e’ rischiosa si cambia

  • Ezio Vinciguerra

    Ezio Pancrazio Vinciguerra Henri Laborit è un filosofo prima ancora che amante del mare. Probabilmente non è salito a bordo così come Salgari..

  • Salvatore Spoto

    Amo cercare la cultura nella folla. Tra brusii e cianciane trovo l’umanità con il valori ed i meriti dei cuori e delle menti che la compongono.

  • A,N.M.I. PIOMBINO

    … sei brezza e luna,
    sogno lontano… sei profumo,
    il mio mondo… la mia poesia.
    Ti ascolto tra i versi
    mi nutro dei tuoi respiri…

  • A.N.M.I. CATANIA

    piove su le nostre mani
    ignude,
    su i nostri vestimenti
    leggeri,
    su i freschi pensieri
    … che l’anima schiude
    novella,
    su la favola bella
    che ieri
    m’illuse, che oggi t’illude,
    o Ermione.

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