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La Gamella

di Franco Orlandini

Gamella.
Alzi una mano chi sa cos’è una gamella… Uhm..vedo poche mani alzate in giro.  Forse è un termine desueto, ormai (possibile ch’io sia così vecchio?). Eppure, la maggior parte di noi-voi, vive ancora per quella. La gamella.
E’, (o dovrei dire era?) un semplice contenitore per cibi. Cibarie. Alimenti. Roba da mangiare.
A parte la casa e la macchina, le due cose che costano di più nella vita di tutti noi, l’altra bella fetta del nostro sudato salario, stipendio, percentuale, guadagno, che dir si voglia, se ne va nel cibo.
Ed è sopravvivenza.
Siete mai stati a digiuno, per qualche tempo? Provate a saltare qualche pasto, poi ve ne accorgerete.
Io, modestamente, sono stato un gamellaio.
Ero un ragazzotto, ed ho imparato presto che bisogna correre per la gamella. Correre senza tanti complimenti, travolgendo tutto quello che c’è da travolgere, pur di ottenerla, prima degli altri. Ma andiamo per ordine.
Eravamo 900. Con le uniformi nuove di zecca; erano così nuove che spellavano le parti morbide dei nostri giovani corpi. Tre compagnie di 300 uomini (si fa per dire); Dieci plotoni di 30 uomini (come sopra) formavano una compagnia; Tre squadre di 10 uomini (…..) formavano un plotone.
In quel tempo, essere di statura un pelino superiore alla media aveva la sua importanza. La squadra aveva la sua ragione d’essere nei tavoli della mensa, che erano per 10 persone. Il più alto della squadra, dopo lunga misurazione, aveva l’incarico di ‘Stipettaio’.
Lo Stipettaio, grazie alla sua statura, aveva la responsabilità dello stipetto della mensa della squadra. Nello Stipetto erano custoditi 10 piatti fondi, 10 piatti piani, 10 forchette, 10 cucchiai, 10 coltelli, 10 bicchieri, un mestolo e due gamelle. Lo Stipettaio, inoltre, apparecchiava la tavola.
Il secondo più alto della squadra, dopo lunghissima misurazione (tutti tentavano di accorciarsi), subiva l’incarico di Gamellaio. Gli altri otto componenti della squadra, lavavano a turno le stoviglie e pulivano la tavola. Il compito del Gamellaio era di procurare il cibo alla squadra. Facendo la fila.
Dato che il proverbio dice:” Beati gli ultimi, se i primi sono onesti”, si capisce al volo che era importantissimo e di grande rilevanza non essere tra gli ultimi della fila, visto che poi c’erano da fare i conti con gli altri nove componenti della squadra.
Eravamo 90 gamellai, pronti a tutto, col coltello tra i denti. Aspettavamo il via che la Voce, dall’alto del suo altoparlante, centellinava come una partenza dei 400 metri ad ostacoli.
” Gamellai…!”
Pausa.
” Gamellai…!”
Altra pausa.
I Gamellai, sull’attenti, ancora nelle file delle compagnie schierate in mezzo al campo, fremevano.
” VIA!”
Al via, 90 ragazzotti assatanati si scatenavano in una tremenda bagarre. Il rumore secco dei loro scarponcini chiodati sull’asfalto del campo, somigliava a sventagliate di mitraglia.
Prima la rapida corsa a prendere dentro gli stipetti, nella mensa, le gamelle.
Poi, rapido dietrofront in direzione dell’unica stretta porta d’ingresso alle cucine, una porticina che un uomo normale doveva attraversare stando di sbieco. In prossimità di quella porta accadevano le cose più incredibili, una via di mezzo tra il Calcio Storico Fiorentino e la corsa dei tori a Pamplona per San Firmino.  Le gamelle venivano brandite come armi improprie, i calci negli stinchi e le gomitate senza rispetto per costole e zigomi non si contavano, ma gli sputi non erano ammessi.
Questo accadeva tutti i giorni per due volte al giorno. Con 800 tifosi urlanti e incitanti ciascuno il proprio gamellaio. Nei due mesi che durava quell’andazzo, c’era chi si arrendeva e chi risaliva la china, chi si contentava di stare a mezza fila, chi cercava sempre di essere tra i primi.
Ci fu qualcuno che fu primo una volta e chi non lo fu mai. Qualcuno fu per sempre ultimo, disprezzato da tutti. Qualcuno andò in prigione, qualcuno pianse, qualcuno divenne nemico di se stesso e qualcuno si fece molti nemici.  Là, si combatteva la lotta alla sopravvivenza, per un po’ di Ragù Acquoso Più Abbondante, per un sorriso in più dai tuoi compagni.
Per un piatto di pastasciutta. Per l’orgoglio. Per essere tra i primi.
Per la Gamella, insomma.

14 commenti

  • Marino Miccoli

    Ringrazio Franco Orlandini per questo suo meraviglioso sarticolo sulla GAMELLA. Il suo scritto ha il sapore autentico di altri tempi, tempi in cui la fame si sentiva, tempi di crisi autentica mi viene da dire…
    Con l’espressione “BATTE IL GAMELLINO” (che mio padre usava di frequente)in Marina significa che finalmente si va a mangiare!

  • Armando Pelosi

    Al Car di La Spezia, 6/47, l’aspettavamo con ingordigia, tranne quella volta che si è presentata colma di trippa!

  • Giuseppe Magazzù

    Bravo Orlandini! ogni tanto bisogna far ricordare come era una volta la mensa in marina e le figure che l’approntavano i “Gamellai e Stipettai” ..

  • ezio vinciguerra

    Che profumo? Si respira aria di mare e non solo. Complimenti Franco è un bellissimo articolo

  • Gerardo Mariangeli

    RICORDATEVI CHE DOVETE CONFERMARE IL POSTO IN TAVOLA.
    PER CHI SI DEVE FERMARE PER IL WEEKEND LO COMUNICHI, Cè UN BeB CHE CI DA’ “ASSISTENZA”

  • marco

    io ho fatto la naja in marina, prima il car a la spezia, poi 3 mesi a cappannelle a roma poi quando sono diventato un marinaio servizio antincendio mi hanno messo in polveriera prima a sarzana, poi ad aulla e da li non mi sono piu’ mosso.
    E non ho mai sentito parlare dei gamellai. Ho pure fatto il responsabile di mensa per un po’.
    Quello che si faceva nelle caserme dove sono stato (anno 1980/81/82) si faceva la fila come in prigione, poi prendevi la gamella, poi prendevi le posate, poi chiedevi il cibo e offrivi la gamella per riceverlo, poi andavi a sederti a mangiare. Alla fine la riponevi tra le gamelle sporche e uscivi dalla mensa.

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