Racconti

Il senso della Croce

di Toty DONNO

Un uomo sempre scontento di sé e degli altri continuava a brontolare con Dio perché diceva: “Ma chi l’ha detto che ognuno deve portare la sua croce? Possibile che non esista un mezzo per evitarla? Sono veramente stufo dei miei pesi quotidiani! La vita è fin troppo piena di problemi! Basta! Dopotutto si vive una volta sola! D’ora in avanti penserò soltanto a mangiare, bere, divertirmi e viaggiare! Io so cosa devo fare per essere felice!” E così fece.

Una notte Dio gli rispose con un sogno. Vide che la vita degli uomini sulla terra era una sterminata processione. Ognuno camminava con la sua croce sulle spalle. Lentamente, ma inesorabilmente, un passo dopo l’altro. Anche lui era nell’interminabile corteo e avanzava a fatica con la sua croce personale. Dopo un po’ si accorse che la sua croce era troppo lunga: per questo faceva tanta fatica ad avanzare. “Sarebbe sufficiente accorciarla un po’ e tribolerei molto meno “, si disse.

Si sedette su un paracarro e, con un taglio deciso, accorciò d’un bel pezzo la sua croce. Quando ripartì si accorse che ora poteva camminare molto più spedito e leggero. E senza tanta fatica giunse a quella che sembrava la meta della processione degli uomini. Era un burrone: una larga ferita nel terreno, oltre la quale però incominciava la “terra della vita riuscita e della felicità eterna”. Era una visione incantevole quella che si vedeva dall’altra parte del burrone. Ma non c’erano ponti, né passerelle per attraversare. Eppure gli uomini passavano con facilità. Ognuno si toglieva la croce dalle spalle, l’appoggiava sui bordi del burrone e poi ci passava sopra. Le croci sembravano fatte su misura: congiungevano esattamente i due margini del precipizio. Passavano tutti. Ma non lui. Aveva accorciato la sua croce e ora essa era troppo corta e non arrivava dall’altra parte del baratro. Si mise a piangere e a disperarsi: “Ah, se l’avessi saputo…”. Ma, ormai, era troppo tardi e lamentarsi non serviva a niente…

Chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me.
Chi cercherà di conservare la sua vita la perderà.
Chi avrà perduto la propria vita per me, la ritroverà.

2 commenti

  • Giuseppe Messina

    Trovo la parabola di Toty Donno molto suggestiva, ma anche significativa inquanto contiene un preciso messaggio. Quello della salvazione finale. Purtroppo viviamo in un mondo reale in cui la gran maggioranza preferisce vivere arraffando tutto ciò che gli capita e, spesso, anche quello che non gli serve per il solo sfizio di toglierlo agli altri. L’egoismo e l’ingordigia, la prepotenza e la violenza sembrano oggi il passaporto per l’immortalità. Pochi, molto pochi sono coloro i quali pensano che tutto, prima o poi, finirà e che nessuno porterà nulla con se oltre ai vestiti addosso e ad una cassa in cui sarà rinchiuso. Altro che croce… altro che sacrifici: la maggior parte della gente vuole tutto e subito, e tira dritto facendosi strada, quando va bene per il prossimo, a gomitate. A ciò, purtroppo ha portato la civiltà del consumismo, del già vecchio oggi quello che soltanto ieri era all’avanguardia della modernità. E’ spiacevole constatare ciò, ma oggi è questa la realtà di cui siamo tutti impregnati. Solo una rivoluzione di pensiero che conducca ad una frenata decisiva e un’inversione di marcia potrebbe salvare il futuro dei nostri figli; solo se prevarrà il buonsenso e l’umiltà si proietterà il buon seme nel divenire. Certo mi rendo conto che ciò di cui sono convinto è l’equivalente della parabola di Tody Donno, evidentemente io sono rimasto un bambino ingenuo, un sognatore; comunque preferisco essere tale, chiuso nella libertà del mio essere, tra il sogno e la mia convinzione – che poi sarebbe la stessa cosa – preoccupato per chi non vuol stare ad ascoltare l’illustrazione dell’incerto futuro di tutti.

  • ezio

    Giuseppe è proprio il nostro modo di pensare. Toty è anche un pittore e come tutti gli artisti ha un animo sensibile. Viviamo un’epoca di incertezze… va avanti non il meritorio ma chi sgomita meglio. Alla lunga credo che il futuro che tu paventi sia inevitabile. negli anni 70 c’è stato un grande “movimento” culturale a 360° che ha fatto desistere quelli che io definisco gli “illuminati di niente”. Oggi, purtroppo, questa movimento, questa primavera culturale, tarda ad arrivare.

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