Racconti

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    Giuseppe Puglionisi(5.3.1922 – 11.5.1988)

    di Savatore Puglionisi

    (5.3.1922 – 11.5.1988)

    … riceviamo e con infinito orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Pancrazio carissimo, questo è mio padre Giuseppe, nato il 5.3.1922 e deceduto il 11.5.1988.

    È stato prigioniero in Libia durante la Seconda Guerra Mondiale, prima degli Inglesi e poi degli Americani come si vede in queste foto storiche.

    Non si sottrasse mai ai doveri di militare e si distinse per coraggio ed umanità. Fu decorato di “ Croce al Merito di Guerra” e fregiato dei riconoscimenti delle Campagne di Guerra a cui partecipò nella Seconda Guerra mondiale.

    Finita la guerra, scampato alla morte, egli fu fra quei fortunati che ritornarono a casa con il primordiale desiderio di mettere su famiglia e diventare un padre esemplare.
    Non dimenticò mai però quelle dolorose vicende vissute in quegli interminabili lunghi anni di guerra, tanto da raccontarcele dettagliatamente ed io conservo di lui un affettuoso ricordo.
    Oggi pagherei chissà quanto per riparlargli almeno per un minuto. Quante cose avrei da dirgli, e quante cose ancora da chiedergli. Qualunque cosa io faccia, non potrò ringraziarlo mai abbastanza per tutto ciò che ci ha dato in valori ed insegnamenti.

    Sono convinto che un giorno lo rincontrerò ed allora sarò fiero di imbarcarmi con lui, agli ordini del Grande ed Eterno Comandante, per navigare insieme nei mari sconfinati e tranquilli dell’Eternità.
    Ciao Pancrazio, un grande abbraccio, sei sempre un grande e caro amico.

  • Attualità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Per Grazia Ricevuta,  Poesie,  Racconti,  Recensioni,  Storia,  Un mare di amici

    Festa delle Mamme 2022

    A TUTTE LE MAMME CHE FREQUENTANO QUESTA PAGINA E A TUTTE QUELLE DONNE CHE, CON LA BENEDIZIONE DELLA VERGINE MADRE DI DIO, DIVENTERANNO MAMME.

    La mamma del marinaio emigrante di poppa
    (9.8.1922 – 29.7.2012)

    Vieni… vieni qui a sederti…
    accanto a me… su queste colonne
    che un tempo puntavano al sole,
    che nessun vento ha mai fatto
    vacillare, piantate in questa terra
    come segni di un eterno ritorno…
    siedi e troverò le parole che forse
    non ho mai pronunciato… noi,
    noi uomini dalle mani sempre
    un po’ troppo grosse, dai gesti
    impacciati, dagli abbracci goffi
    e sbadati, noi uomini a volte tiranni
    a volte signori indulgenti,
    noi uomini che lasciamo ai poeti
    sempre i versi migliori, noi uomini
    che amiamo una donne senza
    dirglielo mai… tu, invece, paziente,
    lo hai desiderato in silenzio,
    hai sperato che la tua fragilità
    trovasse riparo nelle mie parole,
    se mai ci fossero state, e per questo
    ha saputo aspettare… lo so bene,
    sono le parole di chi ti ama a
    renderti più forte…ora lo so e sono
    pronto a raccontarti tutte le donne
    che vedo, quando vedo te…
    donne di mare, donne di terra,
    rocce e sirene, sagge come questi
    olivi e forti come queste querce,
    tenaci e impenetrabili come
    i veli neri che coprono il capo
    delle nostre vecchie, donne con
    le labbra rosse e la pelle cotta
    dal sole, donne così facili da amare
    che vivono nei campi come zingare
    a bagnare mani nell’acqua,
    a lavare vesti di uomini che
    a loro solo appartengono,
    oppure silenziose sui ciottoli
    sconnessi del sagrato di una
    cattedrale, donne dagli occhi
    come binari che corrono fino
    alle terre dove tutte le memorie
    sono custodite…

    (*) tratta dall’opera teatrale “Girgenti amore mio”
    di Gianfranco Jannuzzo e Angelo Callipo

    La mamma del marinaio emigrante di poppa - www.lavocedelmarinaio.com

    La mamma del marinaio di Enzo Arena
    Oggi è la festa della mamma ed un omaggio alle mamme della gente di mare mi sembra doveroso.
    Che siano ancora con noi o che siano in cielo, le nostre mamme hanno sempre vegliato e continuano a vegliare su di noi. Hanno gioito e continuano a gioire delle nostre felicità ma hanno, e continuano ad avere sempre, il pensiero e la pena per la nostra lontananza. Sempre a pregare in silenzio nelle notti di burrasca ed a sprizzare felicità solo per una nostra telefonata. A loro basta vederci tornare e noi ricambiamo con un “grazie” che per quanto grande sia non è mai grande abbastanza.

    La mamma del marinaio (Enzo Arena)

    Alito dolce e senti il suo profumo.
    Quando hai bisogno ti sfiora una carezza.
    Se stringi i pugni la senti a te vicino
    e la burrasca diventa dolce brezza.

    La vedi li, affacciata alla finestra,
    che scruta il tempo …il tempo di rientrare.
    Vedi il suo volto, le rughe, il suo pensiero.
    E’ sempre li …sta sempre ad aspettare.

    E’ brivido caldo che scorre nelle vene.
    Se chiudi gli occhi la puoi anche vedere.
    Questa è la mamma che un giorno Dio ci ha dato.
    Questa è la mamma di chi va per mare.

    La mamma dei marinai - www.lavocedelmarinaio.com

    Mamma Coraggio Adele Chiello Tusa

    Signor Presidente,
    mi permetto di evidenziare il grave problema della Giustizia che non arriva mai e pertanto, una madre come me, deve subire oltre il danno di aver perso un figlio, la beffa di non poter ridare dignità, con una vera giustizia, al proprio figlio: “Giuseppe Tusa” un militare al servizio dello stato Italiano, deceduto con il crollo della Torre VTS di Genova, 7 maggio 2013, mentre governava la sicurezza della collettività, ma nessuno ha garantito la sua e quella di altri 8 colleghi di lavoro. Dopo anni, dalla Sua morte, non riesco ad accedere ai verbali dei soccorsi, per sapere dove sia stato rinvenuto e perché è stato rinvenuto dopo 16 ore mio figlio Giuseppe. Praticamente mi viene negato anche il diritto legittimo di conoscere elementi legati alla sua morte, pensavo che un P.M. fosse dalla parte delle vittime, ma gli eventi mi indicano il contrario. Credevo che la giustizia fosse scontata, invece devo impegnarmi io, sia moralmente che materialmente, affinché si arrivi alle vere responsabilità del gravissimo evento.

    Lettera di una mamma a Salvatore Todaro
    a cura Antonio Cimmino
    Il 10 ottobre del 1940 in Oceano Atlantico il comandante Salvatore Todaro salvò i naufraghi del mercantile belga Kabalo che precedentemente aveva affondato con il cannone del sommergibile Cappellini. La sua fama di Don Chisciotte del mare si espande in tutta Europa.
Todaro (Medaglia d’Oro al Valor Militare) in quell’occasione sfidò il mare per salvare l’equipaggio nemico perché sentiva “il peso di molti secoli di civiltà
    (Sommergibile Cappellini 15 ottobre 1940)
    …Vi è un eroismo barbaro ed un altro davanti al quale l’anima si mette in ginocchio, questo è il vostro. Siate benedetto per la vostra bontà che fa uno di Voi un Eroe non soltanto per l’Italia ma per l’Umanità”.

    Una mamma (Angela Guida)
    E’ così, fra panni da stendere, piatti da lavare, cucinare, spolverare, creare, cucire, dar da mangiare al gatto, aspettare che torna tuo figlio, tuo marito, che la famiglia sia al completo, è  già sera anzi è già notte…Ora siamo al completo.
    Non bastano ventiquattro ore ed allora: sistema la cucina, metti a posto la tavola, spazza di qua e di la, spegni le luci, chiudi la porta, lascia sistemato per domani mattina, ….shh….shh…tutti dormono ma una mamma non dorme mai  ….shh…shh ….silenzio, spengo il pc…tutti dormono.

    Una mamma (Angela Guida)

    Una mamma,
    è il sole quando il tempo è scuro,
    è una stella che ti illumina
    anche quando non è più vicino a te.
    Basta scrutare attentamente
    il cielo dell’anima …la vedrai li,
    che ti guarda, che ti protegge
    che non ti abbandonerà mai.

    Angela guida per www.lavocedelmarinaio.com (2)
    Le mani di una madre segnalata da Toty Donno

    Le mani di una madre foto da internet

    Quante cose sanno fare le mani di una Madre,
    strumenti sapienti che riportano i segni
    del tempo e della fatica che hanno affrontato;
    le rughe e le macchie
    la pelle brunita
    sono i segni del tempo
    che ci parlano
    di vita vissuta
    del duro lavoro di tutti i giorni,
    che ci parlano d’amore
    quell’amore grande smisurato
    che soltanto una Madre sa dare.
    Per questo
    bacio le mani di mia Madre.


    Mamma (Francesco Montanariello)
    Oggi piove, tu mi sei lontana, tra le nuvole celesti, un tuo raggio di luce attraversa e mi giunge portandomi il tuo grande amore che mi avvolge in un profumo di mamma e di fiore. 
In mare non brilla il sole, c’è soltanto quel tuo raggio che da festa anche ai gabbiani. Piccolo raggio, ma grande luce Divina, grande amore che da tanta luce sulla terra e a chi vaga per mare. 
Buongiorno a te e a tutte le mie amicizie che ti ho sempre chiesto di proteggere.

    Ciao mamma.


    la-signora-anastasia-montanariello-foto-p-g-c-del-figlio-francesco-montanariello-a-www-lavocedelmarinaio-com-per

    francesco-montanariello-per-www-lavocedelmarinaio-comCiao Ezio,

    questa la dedico a tutti per una buonanotte, in principal modo a quella persona che da temo manca da casa, che è la persona più cara al mondo, quella che mi ha dato la vita con sacrifici, amore, passione di famiglia e ancora a tutte le mamme che sono volate e a quelle rimaste sulla terra.
    Non dimenticate: la mamma è una sola.

    Ho osservato il tramonto, é scomparso adagio spegnendo la luce del giorno. Il buio accende le luci della sera mentre cala il silenzio e l’aria rinfresca intorno. Gli uccelli sull’albero già dormono sotto lo splendore delle stelle e il chiarore della luna. L’umida aria si posa sulla terra, raffredda il calore del giorno passato posando un immenso silenzio. In questo silenzio, tutto tace tranne che le acque scorrenti di ruscelli e il rumoreggiare dei mari. Sulle onde riposano i gabbiani, sui monti le aquile. Chiudo gli occhi con lo scoccare dell’ora dell’orologio, mi addormento adagio come il tramonto, trasferendomi nei sogni che copriranno questo silenzio e mi porteranno da te che mi avvolgerai nel tuo profumo che mi manca. Solo nei sogni potrò vederti, parlarti, abbracciarti, baciarti, stringerti, allungarti la mano portandoti sul mio cuore che è fiore del tuo amore. 
Buonanotte mamma, buonanotte a tutte le mamme, buonanotte a tutti gli amici e amiche.

    Buonanotte Ezio

    anastasia-e-francesco-montanariello-per-www-lavocedelmarinaio-com

    Ciao Francesco Montanariello,
    nel ricevere e pubblicare questa tua meravigliosa, piena di luce, di speranza, di fede, di carità, di umana e cristiana solidarietà lettera che mi/ci hai voluto regalare permettimi di aggiungere una mia personale esortazione a Maria Immacolata, Vergine e Madre di Dio e di tutti noi umani.
    “Nel giorno della tua Chiamata, oh Immacolata Concezione aiuta tutte le mamme, tutte le donne, anche quelle dei marinai, e veglia su di loro e su di noi. 
Oh Mamma di tutti noi, celebriamo in te le grandi opere di Dio che mai si stanca di chinarsi con misericordia sull’umanità, afflitta dal male e ferita dal peccato, per guarirla e per salvarla. Totus Tuus”.
    P.s. Le nostre mamme Anastasia e Maria sai che hanno stretto amicizia e, da lassù, continuano a volerci bene e vegliare su di noi.
    Ezio

    giovanbattista-tiepolo-immacolata-concezione

    Mamma Montanarello - www.lavocedelmarinaio.com


    Mamma forza e sorella coraggio
     di Toty Donno e Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    …a mamma Luisa e a sorella Francesca, ai loro occhi

    Nelle circostanze più difficili non preoccupatevi!
    Guardate a ciò che state passando come una sfida, come un ostacolo, come un’opportunità per accrescere la vostra forza e la vostra pazienza perché le persone migliori sono quelle che nonostante la lotta o la sconfitta non si fanno cambiare in peggio.
    Mantenete la fiducia in voi stesse, senza cambiare il vostro atteggiamento, il modo di vedere le cose, anche se non è possibile cambiare le circostanze.
    Guardare da vicino i problemi significa non lasciarsi sconfiggere da essi perché s’impara a conoscere la vera amicizia e, con gli amici veri, percepisci il potere che hanno su di te  consentendo loro di insegnarti quello che hai bisogno di sapere e poi vai avanti … non abbiate paura perché ciò che non vi distrugge vi fortifica.

    GLI OCCHI DI LILLO, DOMENICO E DELLA SOLIDARIETA - www.lavocedelmarinaio.comCopia

    Come una mamma per il suo bambino
    di Marisa Toraldo 
    Le persone temprate dalla sofferenza hanno affinato una sensibilità speciale. Sanno essere dolci e non sdolcinate, sanno essere dure senza far male, sanno dosare la rabbia distinguendola dall’odio, sanno il significato del silenzio, sanno distinguere l’essenziale dal superfluo, conoscono il peso delle lacrime e il valore di un brivido e soprattutto sanno che nulla ti è dovuto e ciò che hai puoi sempre perderlo. Sono persone così fiere delle proprie cicatrici da potersi permettere di fare a meno di qualsiasi maschera…libere di essere vulnerabili, di provare emozioni e soprattutto libere di correre il rischio di essere felici come una madre che ha concepito il suo bambino.

    Sostieni il gruppo Alessandro Nasta: “L’acrobata del mare”
    https://www.facebook.com/groups/283939205079777/?fref=ts


    Oggi è il mio compleanno, non lo festeggio da anni, ho sempre pensato che fosse una bella ricorrenza per i bambini, per fare sentire quanto sono amati e per regalare loro un giorno speciale in cui ricordare “la benedizione” che è arrivata in famiglia con la loro presenza, da adulta mi sembra superfluo.
    Questa mattina verso le 7.00 Claudia si è svegliata, non era un lamento, più un richiamo, sono andata in camera sua l’ho girata, lei dorme a pancia in giù, ha preso l’influenza da me (è dal 20 di settembre che ha raffreddore e tosse,) e nonostante l’antibiotico e il cortisonico non è ancora pienamente in forma, anche se sembrava stesse avviandosi alla guarigione.
    Gli faccio una carezza, le schiocco un bacio avverto che Claudia  ha un senso di affaticamento respiratorio.
    Ormai la mamma si è fatta da parte e è subentrata l’infermiera -medico formata e laureata sul campo, con l’esperienza quotidiana,  accanto a una creatura fragile di salute.
    Le metto il “saturi metro”  che segna 86.87:
    Già vedevo davanti a me l’ospedale, il pronto soccorso medico, il prelievo di sangue.
    Avverto un incubo sarà l’esperienza pregressa del ricorso alle strutture ospedaliere, …spiegare, spiegare, chiedere, e spesso battersi contro un muro di gomma fatto di nozioni, prassi, regole,  … “tutto fuori dalla nostra portata!”.
    Ci ho messo anni a diventare pratica e ( forse) efficiente, ma prima di ricorrere all’ospedale ci penso un po’.
    Oggi, seppur preoccupata, ho cercato di essere obiettiva e pratica.
    Per prima cosa ho messo l’ossigeno a Claudia, le ho misurato la febbre che per fortuna non c’è, ho dovuto instaurare una”lotta” con lei per metterle gli “occhialini” per l’ossigeno.
    Poi Claudia si è rilassata e dopo pochi minuti l’ossigenazione è tornata a livelli quasi normali: 93-94.
    Lei mi ha sorriso, ha sorriso anche al papà che è venuto a vedere il motivo di quella sveglia prematura visto che Claudia quando sta bene è una dormigliona.
    Quel sorriso ci ha confortato un po’.
    Ho provato a darle la colazione dopo aver aspirato un po’ di secrezioni che da quando è raffreddata sono sempre presenti e lei ha apprezzato il the e i biscottini Nipiol che  mangia abitualmente da quando aveva pochi mesi.
    Mi sono chiesta: se mangia vuol dire che tutto sommato non va malaccio.
    Claudia adesso riposa, le ho tolto l’ossigeno e sto aspettando  i vedere l’evoluzione della giornata. Una giornata uguale alle altre ma sempre particolare.
    Buon compleanno mamma Marina.

    http://www.claudiabottigelli.it
    http://www.disabili.com/gli-esperti-rispondono/ditelo-a-marina
    http://www.facebook.com/?sk=messages&tid=1114890290043#!/group.php?gid=109730099054346&ref=ts
    http://www.facebook.com/profile.php?id=1417821591&v=wall&story_fbid=107863555945006&po=1&ref=notif&notif_t=share_comment#!/profile.php?id=1500447830


    Il buon Dio aveva deciso di creare la Mamma.
    Ci lavorava già da tanti giorni, quand’ecco apparire un angelo che gli disse:
    – ”Quest’invenzione te ne sta portando via di tempo! Eh?”
    E Lui:
    – ”Sì, ma l’hai vista bene? E’ molto speciale!”
    L’angelo incuriosito chiese:
    – ”E cosa sa fare?”
    Dio spiegò:
    – ”Una mamma sa donare al proprio bambino un sorriso premuroso, possiede un abbraccio capace di tranquillizzarlo, con la sua voce e con dolci parole saprà dargli sicurezza, asciugherà in segreto le sue lacrime, incoraggerà i suoi passi, correggerà i suoi errori, saprà educarlo con saggezza e amore e mentre veglia con cura su di lui trova anche il tempo per i mille lavori di casa, sa sacrificarsi per lui pur di vederlo felice, inoltre possiede un bacio capace di guarire tutto.”
    L’angelo girò lentamente intorno al modello di mamma, esaminandolo con curiosità e annuendo disse:
    – ”E’ davvero molto tenera, hai fatto un ottimo lavoro!”.

    (*)http://www.facebook.com/lina.deluca

    LA DISABILITA’ NON E’ UN MONDO A PARTE MA UNA PARTE DEL MONDO ALLA QUALE LA GENTE DOVREBBE DEDICARE PIU’ AMORE
    (PANCRAZIO “EZIO” VINCIGUERRA)

    Preghiera della mamma di Toty Donno Carlo Di Nitto

    Signore, Ti affido i miei figli: veglia su di loro. Li ho cresciuti nella tua conoscenza, ho fatto loro conoscere ed amare il Tuo Amore. Ora sono cresciuti, si sono a poco a poco staccati da me. Sono Persone.
    Ho cercato con impegno attento, di abituarli a fare a meno di me. Di me, non di te, Signore. Tu me li avevi donati e affidati, io li ho cresciuti nel Tuo nome. Ora sono io che li affido a Te. A Te che li puoi seguire dovunque. Meglio di quanto non abbia mai potuto fare io.
    Signore, io non ti prego di allontanare da loro le difficoltà; ma fa’ che essi trovino in Te la forza per superarle: esse li matureranno.
    Non Ti prego di allontanare da loro i pericoli, ma fa’ che essi li sappiano affrontare con coraggio e bontà: essi li faranno uomini. Non Ti prego di evitare loro le delusioni della vita, ma di conservare loro la speranza e la fede: con esse potranno rendere il mondo migliore. E se non mancherà loro, Signore, certamente la loro parte di dolore quotidiano, da’, loro, Ti prego, la forza di unirlo a quello del Tuo divin Figlio, di offrirlo a Te: esso li farà santi.
    Veglia, ti prego, sui miei figli.

    La-marinaia-Di-Nitto-per-www.lavocedelmarinaio.com_

     

    …a Roma salutavo gli amici. Dove vai? Vado in Perù. Ma che sei matto?
    Me ne andavo da quella Roma puttanona, borghese, fascistoide, da quella Roma del “volemose bene e annamo avanti”, da quella Roma delle pizzerie, delle latterie, dei “Sali e Tabacchi”, degli “Erbaggi e Frutta”, quella Roma dei castagnacci, dei maritozzi con la panna, senza panna, dei mostaccioli e caramelle, dei supplì, dei lupini, delle mosciarelle…
    Me ne andavo da quella Roma dei pizzicaroli, dei portieri, dei casini, delle approssimazioni, degli imbrogli, degli appuntamenti ai quali non si arriva mai puntuali, dei pagamenti che non vengono effettuati, quella Roma degli uffici postali e dell’anagrafe, quella Roma dei funzionari dei ministeri, degli impiegati, dei bancari, quella Roma dove le domande erano sempre già chiuse, dove ci voleva una raccomandazione…
    Me ne andavo da quella Roma dei pisciatoi, dei vespasiani, delle fontanelle, degli ex-voto, della Circolare Destra, della Circolare Sinistra, del Vaticano, delle mille chiese, delle cattedrali fuori le mura, dentro le mura, quella Roma delle suore, dei frati, dei preti, dei gatti…

    Mamma Mahon
    di 
    antonio.cipollina@virgilio.it

    (Carloforte, 25.9.1880 – 26.6.1969)


    …la storia di Fortuna Novella, le vicende dell’affondamento della corazzata Roma e dell’internamento a Port Mahon (Spagna) degli equipaggi dell’incrociatore Attilio Regolo e dei cacciatorpediniere Carabiniere, Fuciliere e Mitragliere.

    Fortuna Novella
    Nata a Carloforte (Cagliari) il 25 settembre 1880. La famiglia era originaria di Santa Margherita Ligure. I nonni paterni Antonio Novella e Fortuna Brichetto si trasferirono a Carloforte nel 1813 per la pesca del corallo. Andò sposa l’8 maggio 1902 a Antonio Riudavetz, confettiere di Mahon (Spagna).

    Il fatto – Settembre 1943
    L’Europa  è nel turbine dalla seconda guerra mondiale alla quale anche l’Italia partecipa dal giugno 1940. In un primo tempo le vicende belliche sembrano favorevoli all’Italia e alla Germania ma con l’ingresso in guerra degli Stati Uniti le cose cambiano e l’Italia è costretta ad arrendersi. La notizia dell’armistizio viene diffusa l’8 settembre 1943. La stessa notte le squadre navali italiane ancorate a La Spezia e a Genova ricevono l’ordine di salpare per sfuggire ai tedeschi che potrebbero occupare i porti.
    Della squadra navale ancorata a Genova, al comando dell’ammiraglio Luigi Biancheri, fanno parte gli incrociatori “Garibaldi”, “Duca D’Aosta”, “Duca degli Abruzzi” e la torpediniera “Libra”.
    Nella notte, alle ore 2.25 del 9 settembre, la flotta ordinata, silenziosa e ubbidiente, lascia il Golfo di La Spezia diretta a La Maddalena e, passando a Nord di Capo Corso, si riunisce, alle ore 6.30, alla 8^ Divisione incrociatori, partita da Genova. Destinazione La Maddalena, in Sardegna, dove è previsto anche l’arrivo del Re. Al centro della formazione le tre corazzate, a sinistra e a dritta le due divisioni incrociatori e le due squadriglie di cacciatorpediniere.
    Alle ore 9.00 la formazione fa rotta per 218°, accosta per rotta Sud, passando a ponente della Corsica.
    Alle ore 10.00 viene avvistato un ricognitore inglese che fa alcuni larghi giri e si allontana.
    Alle 10.29 viene avvistato un ricognitore tedesco.
    Poco dopo le 12.00 la formazione assume la linea di fila con i sei incrociatori in testa e i cacciatorpediniere ai fianchi delle corazzate.
    L’isola dell’Asinara è già in vista. Una squadriglia di cacciatorpediniere riceve l’ordine di entrare in porto a La Maddalena.
    Quest’ordine viene tempestivamente modificato alle ore 14.45 da Supermarina che comunica che La Maddalena è stata occupata dai tedeschi. Immediata inversione di rotta delle unità navali.
    Sono le ore 15.10, al largo dell’Asinara in cielo appaiono, in tre ondate, 15 aerei bombardieri bimotore tedeschi “DO-217/K2 decollati dall’aeroporto di Istrés presso Marsiglia. Gli aerei lanciano bombe: le tristemente note “FX/1400” radiocomandate. Le navi rispondono al fuoco ma inutilmente: gli aerei volano a 6-7 mila metri d’altezza.
    Alle ore 15 e 47 la corazzata “Roma” viene colpita due volte. La prima bomba cade tra i due complessi da 90 di dritta (n.9 e n.11) a un metro dalla murata, trapassa lo scafo causando una grossa falla e scoppia in mare. L’esplosione sotto lo scafo blocca due delle quattro eliche sistemate a poppa. Una immediata caduta della velocità della nave sotto i 16 nodi. Quattro caldaie poppiere e le relative macchine si allagano. La seconda bomba colpisce la “Roma” alle 15.52 fra il torrione di comando , vicinissimo al fumaiolo di prora, e la torre n.2 di grosso calibro. La bomba perfora il ponte corazzato, il locale turbodinamo e scoppia nel locale motrice di prora. La nave è ferita a morte La torre 2 è proiettata in mare.
    Sono forse 2000 tonnellate di acciaio che sono strappate violentemente dalla nave. La corazzata si ferma, sbanda di 10 gradi a dritta. Poi le fiamme raggiungono il deposito di munizioni di prora, la santabarbara: l’esplosione è terribile. La grande nave, orgoglio della Marina Militare italiana, 46000 tonnellate di stazza, si spezza in due e affonda rapidamente trascinando con se 1393 marinai di cui 1193 dell’equipaggio della nave e 200 del Comando Forze Armate da Battaglia presenti a bordo della Nave Ammiraglia.
    Fra essi l’ammiraglio Carlo Bergamini, il contrammiraglio Stanislao Caraciotti, il comandante della nave C.V. Adone Del Cima e ottantacinque ufficiali.

    Sulla corazzata Roma al momento dell’affondamento erano presenti (precisazione del Com. Pier Paolo Bergamini):

    A) COMANDO IN CAPO FORZE NAVALI DA BATTAGLIA

    Presenti Dispersi e deceduti Superstiti
    Ufficiali 28 28 =
    Sottufficiali 62 60 2
    S.C. e Com. 138 112 26


    B) EQUIPAGGIO CORAZZATA ROMA

    Presenti Dispersi e deceduti Superstiti
    Ufficiali 87 57 30
    Sottufficiali 217 171 46
    S.C. e Com. 1489 965 524

    TOTALI
    2021 1393 628

    Anche la corazzata “Italia” viene colpita, ma la micidiale bomba radiocomandata attraversa la fiancata della nave ed esplode in acqua. La nave può proseguire. Sul mare in calma relitti e molti naufraghi. Vengono recuperati 628 superstiti tra i quali molti feriti e 25 cadaveri.

    Il comando viene assunto dall’ammiraglio Romeo Oliva. La flotta punta verso Sud. L’Attilio Regolo e i cacciatorpediniere Carabiniere, Fuciliere e Mitragliere si fermano e raccogliere pietosamente i 25 morti e parte dei 628 superstiti, proseguono poi per Port Mahon, capoluogo di Minorca (Baleari), in Spagna.
    (Le torpediniere “Impetuoso” e “Pegaso”, anch’esse impegnate nel recupero dei morti e dei superstiti, proseguono poi per l’isola di Majorca dove vengono autoaffondate).
    La Spagna è neutrale: la convenzione internazionale prevede che le navi impegnate in guerra possano sostare solo 24 ore nei porti neutrali. Le navi non si riforniscono di nafta da tanti giorni. E’ impossibile riprendere la navigazione senza quei rifornimenti che la Spagna non può concedere.

    L’intervento di Fortuna Novella (Mamma Mahon)
    Appena venuta a conoscenza che gli equipaggi di alcune navi militari italiane si trovano in difficoltà si precipita al porto in aiuto dei connazionali.
    Lei, la sola italiana residente a Mahon cura i feriti, procura da mangiare, trova le medicine, tiene i contatti con le famiglie in Italia, corre in camposanto dove depone fiori sulla tomba dei 25 marinai sepolti. Interviene presso le autorità locali onde evitare l’internamento e grazie alla sua azione, anche se le navi vengono internate, agli equipaggi viene concesso di restare a bordo e muoversi liberamente.
    Le porte di casa Riudavetz-Novella e quelle di Villa Fortuna vengono aperte ai 1800 marinai della formazione. Gli equipaggi delle navi sono composti da marinai perlopiù giovanissimi che tanto sentono la lontananza dell’Italia e della propria famiglia.
    Mamma Fortuna o Mamma Mahon, così sarà chiamata quella piccola Signora dagli occhi azzurri, fa loro da madre. Li nutre, li cura e distribuisce loro consigli, affetto e anche gli abiti del defunto marito. Quando scendono a terra delle navi quei 1800 marinai sanno dove andare. Le case della dolce Signora danno loro il sapore della vita domestica e quel calore di italianità che li aiuta a superare quei momenti difficili.
    Una testimonianza per tutte, quella dell’ufficiale cagliaritano Enrico Lay, che scrive sull’album di casa Novella:
    A scuola mi hanno insegnato che la fortuna è una donna cieca o bendata che ha la facoltà di dare il bene o il male. A Mahon ho scoperto che Fortuna è una donna dagli occhi buonissimi che parlano prima della bocca”.

    Trascorrono così 16 mesi, la partenza avviene il 15 gennaio 1945. I nostri giovani marinai salutano la loro benefattrice che li abbraccia uno per uno. Ha le lacrime agli occhi. I suoi figlioli, come ama chiamarli, piangono con lei.
    Le navi si allontanano. Mamma Mahon agita le braccia con un fazzoletto in segno di saluto. I marinai, migliaia di mani tese verso di lei, fissano l’immagine di Fortuna Novella per imprimerla un’ultima volta nella loro mente. Infine Mahon scompare alla loro vista.
    Fortuna Novella non dimentica i morti della corazzata “Roma” sepolti a Mahon. Cura che sulle croci venga sistemata una targhetta col nome del defunto e non fa mancare preghiere e fiori.

    Onore ai caduti
    Nel 1950, a ostilità concluse, la Marina militare italiana decide di onorare i caduti che riposano a Mahon. Le salme vengono composte in un nuovo monumento di marmo dello scultore Armando D’Abrusco.
    Novella Fortuna partecipa alla cerimonia il 29 settembre. Agli occhi degli ufficiali italiani giunti a Mahon per assistere alla cerimonia quella donna piccola già avanti negli anni di cui tanto hanno sentito parlare in Italia sembrò, sotto il profilo morale, un gigante e le parole dell’ammiraglio Ferrante Capponi ne dettero conferma:

    Vi è una persona in Mahon alla quale noi dobbiamo molta gratitudine: la signora Fortuna Novella. Essa ha svolto in passato una preziosa opera di assistenza ai nostri equipaggi e dimostra tuttora verso i caduti che sono qui sepolti una cura pia ed amorevole della quale è soltanto capace un’anima nobile e generosa mossa da amor patrio e carità cristiana”.

    Riconoscimenti in Patria
    Trascorrono sette anni. In questo periodo la storia di cui Fortuna Novella fu protagonista si diffonde in tutta Italia. Le famiglie dei marinai beneficiari del grandioso atto di bontà vogliono conoscere questa donna per ringraziarla ed ascoltare dalla sua voce l’intera vicenda.
    La Marina Militare Italiana la invita più volte a Roma. Fortuna Novella è indecisa. Infine si convince e il 20 settembre del 1952 vola a Barcellona e da qui, su un aereo della Lai, a Roma.
    E’ ospite della Marina Militare Italiana. Viene accolta con tutti gli onori. Gli alti ufficiali della marina le rendono omaggio.
    Parlano di lei radio e giornali. Il Santo Padre Pio XII la riceve in udienza privata. Incontra i parenti dei caduti che consola. La chiamano da ogni parte d’Italia, riceve centinaia di lettere: da Chioggia, la madre di un marinaio morto, Atonia Regner , le scrive:

    Siamo povera gente, ma venite a trovarci per dirci com’è la tomba del povero Giorgio. Noi abitiamo in Calle del Teatro…”

    Fortuna Novella dirà:

    Andrò e dirò alla madre di Giorgio che mai mancano i fiori sulle tombe dei marinai. Ho anche disposto che il 2 novembre siano deposte corone sui loculi e sia detta una messa per quei poveri morti. Poi tornerò io…

    Riceverà l’anno successivo dal Presidente della Repubblica italiana Luigi Einaudi un’ alta onorificenza “La stella della solidarietà italiana di prima classe“.

    L’arrivo in Sardegna e a Carloforte
    Parte quindi per la Sardegna e giunge a Cagliari.
    Anche qui tanti incontri: Fortuna Novella rievoca presso la base navale quei 16 mesi in cui fu madre di 1800 marinai. Infine a Carloforte, suo paese natale. Manca dal 1923. Un’auto della Marina la trasferisce a Portovesme. L’attende una nave del Comando militare.
    Sul molo di Carloforte, in attesa, migliaia di persone. Quasi tutto il paese. Barche pavesate a festa. La banda musicale. Il Sindaco, altre autorità civili e religiose e tante braccia alzate in segno di saluto. Un saluto che vuole essere un ringraziamento per aver , con la sua opera di straordinaria generosità e amor patrio, onorato l’Italia e la sua Carloforte.
    Ritornerà a Mahon dopo Natale dello stesso anno per vegliare sulle tombe dei 25 marinai che sono sepolti là, lontani dalla loro Patria.
    Morirà a Mahon nel 1969. La lapide della Sua tomba porta la seguente incisione:

    Che il suo Spirito possa essere sempre conservato ai nostri giovani.

    Di lei scrisse, in data 22 marzo 2000, l’amm. Marcello Vacca Torelli, uno dei superstiti di nave “Roma”, all’epoca guardiamarina:

    Plaudo all’iniziativa sorta a Carloforte di onorare degnamente quella che i marinai definirono la loro “Mamma” e che io credo sia stato un vero “Angelo di bontà”; ricordo con quanto affetto e devozione tutti ne parlavano e quanta riconoscenza aveva suscitato.


    Bibliografia
    2 febbraio 1945 – La Rinascita – Taranto
    “Navi italiane in Ispagna. Dopo l’armistizio. La signora Fortuna Novella, l’unica italiana di Mahon. Il saluto del porto spagnolo”

    settembre 1952 – Tempo – Roma
    “Tutti suoi figli i superstiti della << Roma >>”

    ottobre 1952 – Orizzonti
    “1.800 marinai la chiamavano Mamma”

    ottobre 1952 – Oggi – Roma
    “La mamma dei marinai ha avuto 1.800 figli. E’ giunta dalla Spagna Fortuna Novella, la prima donna che sulle bare dei marinai della “Roma”…

    24 ottobre 1952 – L’Unione Sarda – A.De Martis
    “Affettuose accoglienze a Mamma Mahon da parte dei concittadini a Carloforte”

    Sardegna fieristica – Aprile-Maggio 1996 – Francesco Birocchi
    “Angelo Biondo dagli occhi azzurri. Fortuna Novella, un personaggio da Libro Cuore nel turbine della seconda guerra mondiale”

    Almanacco di Cagliari- Anno 1998 – Carmelo Concas
    “Fulgido esempio di bontà.. Tra il 10 settembre 1943 e il 15 gennaio 1945 una signora carlofortina, Fortuna Novella, si prodigò in tutti i modi per dare sepoltura ai caduti della corazzata <<Roma>> ed aiutare 1.800 marinai italiani internati a Minorca”

    Aprile 1957 – Notiziario della Marina “Crociere ed esercitazioni”
    Arturo Catalano Gonzaga Di Cirella – Edizioni Mursia
    “Per l’onore dei Savoia. 1943-1944: da un superstite della corazzata Roma”

    Sergio Baldazzi – Nettuno
    Com.te PierPaolo Bergamini Roma
    Francesco Cestra Roma
    Leopoldo Bombardini Messina


    Per ulteriori approfondimenti

    Cipollina Antonio
    Via Corvetto, 30
    09014 –  CARLOFORTE (Cagliari)
    Tel. 0781.856271 – 338.9314007 – 368.3124893
    e-mail: antonio.cipollina@virgilio.it

    Il profumo di zagara di Sicilia era mia madre
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra


    PER GRAZIA RICEVUTA
    Ogni 29 luglio, scrivo piano piano a te, che ho amato al mondo, a te che mi sorridi e mi abbracci, a te che mi hai lasciato addosso l’inconfondibile profumo di zagara di Sicilia che ho annusato tante volte avvicinandomi ai tuoi capelli ricci neri, proprio come i miei. Hai saputo avvolgermi nei momenti di bisogno e poi mi hai fatto camminare lungo questo cammino che mi ha portato lontano da te e che mi ricongiungerà a te. Te ne sei andata via, in punta di piedi, senza lamentarti, come tua abitudine, lentamente. Appena in tempo per assaporare l’ultimo sorriso, abbracciarti per l’ultima volta e sentire addosso quell’inconfondibile profumo di acqua di colonia “Fiore d’Arancio”. 
Mi viene da piangere ma non verso una lacrima perché quando chiudo gli occhi, e ti penso, sto bene e sono felice, e proprio come allora vedo il tuo sorriso, sento il calore del tuo abbraccio, e annuso tra i tuoi capelli neri ricci, proprio come ai miei, il profumo della zagara di Sicilia.

  • Attualità,  Che cos'è la Marina Militare?,  Marinai,  Marinai di una volta,  Poesie,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    Giuseppe Tusa (Milazzo, 17.1.1983 – Genova, 7.5.2013)

    di Adele Chiello Tusa
    https://www.facebook.com/mamma.adele

    (Milazzo, 17.1.1983 – Genova, 7.5.2013)

    ….dov’è la giustizia? Per tirarla fuori ho dovuto cambiare pure tre avvocati.
    Uno non voleva scontrarsi con la Procura, un altro non voleva che parlassi con i giornalisti… loro cercavano di tratta con la controparte.
    No, mi spiace, io non baratto la vita di mio figlio con il denaro!

    Signor Presidente,
    mi permetto di evidenziare il grave problema della Giustizia che non arriva mai e pertanto, una madre come me, deve subire oltre il danno di aver perso un figlio, la beffa di non poter ridare dignità, con una vera giustizia, al proprio figlio: “Giuseppe Tusa” un militare al servizio dello stato Italiano, deceduto con il crollo della Torre VTS di Genova, 7 maggio 2013, mentre governava la sicurezza della collettività, ma nessuno ha garantito la sua e quella di altri 8 colleghi di lavoro. Dopo anni, dalla Sua morte, non riesco ad accedere ai verbali dei soccorsi, per sapere dove sia stato rinvenuto e perché è stato rinvenuto dopo 16 ore mio figlio Giuseppe. Praticamente mi viene negato anche il diritto legittimo di conoscere elementi legati alla sua morte, pensavo che un P.M. fosse dalla parte delle vittime, ma gli eventi mi indicano il contrario. Credevo che la giustizia fosse scontata, invece devo impegnarmi io, sia moralmente che materialmente, affinché si arrivi alle vere responsabilità del gravissimo evento.

    Una tragedia annunciata, prevedibile ed evitabile …le istituzioni preposte, che avrebbero dovuto applicare le norme giuridiche sulla sicurezza, hanno violato il diritto fondamentale e Costituzionale di nove lavoratori: “LA VITA”.
    Mio figlio ha adempito ai suoi doveri sino alla morte, ci aveva creduto nello Stato e nelle Istituzioni, ma proprio quest’ultimi l’hanno tradito.
    Auspico che il Suo lavoro possa contribuire, anche, affinché ci sia il rispetto della Giustizia per le “VITTIME DEL CROLLO DELLA TORRE VTS”, diritto legittimo anche per noi familiari.
    ADELE CHIELLO TUSA.

    Fiori recisi: Opera creata da Giuseppe Tusa



    Il 7 Maggio 2013, alle ore 22:59.42, al molo Giano, è crollata la torre VTS di Genova che ospitava lavoratori civili e militari. In meno di 45 secondi sono morti nove onesti lavoratori mentre governavano la sicurezza della collettività nel porto di Genova, ma purtroppo nessuno ha applicato le norme giuridiche, fondamentali, per la tutela della salute e della vita delle vittime. 
Quella maledetta torre costruita come una palafitta, sul ciglio del mare, senza alcuna protezione dai rischi di tanti pericoli che insidiano un porto. Ogni parte in causa che non ha fatto quello che avrebbe dovuto per avidità, per incompetenze, per leggerezza, per motivi di alleanze politiche e di potere, è colpevole di nove omicidi e pretendo che la magistratura faccia la sua parte: 
- stare dalla parte delle Vittime, non permettere di alleggerire le responsabilità penali di tutte le parti in causa, in un cinico scaricabarile… 
Tra le vittime è stato rinvenuto il cadavere di mio figlio Giuseppe, e mai avrei potuto pensare, che il processo naturale della vita invertisse i tempi, sopravvivendo io a mio figlio. In meno di 45 secondi è crollata la maledetta torre, urtata dalla nave Jolly Nero di proprietà degli armatori Messina, insieme a mio figlio Giuseppe, me e tutta la mia famiglia. Il dolore per la Sua mancanza è atroce, Giuseppe non tornerà mai più a casa da Genova; Giuseppe ha lasciato un vuoto incolmabile, manca Tutto di Lui. Il mio adorato Giuseppe ha percorso il cammino della vita con tanta umiltà, dignità e legalità; le note amare della Vita, con la Sua grande passione e il Suo immenso Amore le ha rese una meravigliosa Musica. 
Ci ha sempre coinvolti, con la Sua gioia e tanta allegria in una grande festa…Mi manca il rumore dei suoi sorrisi abbaglianti…mi manca lo splendore della Sua bellezza…mi manca tutto di Lui ed io oggi ho il dovere di essere la Sua voce… Le Vittime, in quanto tali, sono “VINTI”, ma la magistratura ha il dovere di ridare dignità a chi voce non ha più, con una Giustizia con la “G” maiuscola che è, e deve essere la massima espressione di una democrazia che funziona in un paese civile.
Io non posso accontentarmi di alcuna verità di comodo, io davvero non intendo fare sconti a nessuno. Il dono della Vita che mio figlio Giuseppe ha tanto rispettato, è un diritto fondamentale e Costituzionale dell’essere umano. La Vita dell’uomo deve sempre valere più del profitto, degli interessi economici e politici di alcuni, che condizionano le scelte sulla pelle dei lavoratori. Auspico che altre mamme vengano esonerate dal subire un dolore così innaturale e possano sempre riabbracciare i propri figli, al ritorno del luogo di lavoro.
    Adele Chiello ved. Tusa madre di Giuseppe Tusa, Vittima dello Stato assente.

    Le Vittime, in quanto tali, sono “VINTI”, ma la magistratura ha il dovere di ridare dignità a chi voce non ha più, con una Giustizia con la “G” maiuscola che è, e deve essere la massima espressione di una democrazia che funziona in un paese civile.
Io non posso accontentarmi di alcuna verità di comodo, io davvero non intendo fare sconti a nessuno. Il dono della Vita che mio figlio Giuseppe ha tanto rispettato, è un diritto fondamentale e Costituzionale dell’essere umano.

    45 secondi - www.lavocedelmarinaio.com

    La Vita dell’uomo deve sempre valere più del profitto, degli interessi economici e politici di alcuni, che condizionano le scelte sulla pelle dei lavoratori. Auspico che altre mamme vengano esonerate dal subire un dolore così innaturale e possano sempre riabbracciare i propri figli, al ritorno del luogo di lavoro.
    Adele Chiello ved. Tusa madre di Giuseppe Tusa, Vittima dello Stato assente.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    6.5.1943, affondamento della regia nave Onda

    da notizie.portotorres24.it e internet

    L’Onda era un dragamine della marina regia nel mar Egeo, durante la 2° guerra mondiale l’Onda è impiegato come peschereccio, l’unico che ha il permesso di pescare per sfamare la popolazione e le truppe a Porto Torres. Con il suo forte scafo in ferro l’Onda è ritenuta la barca da pesca più moderna e sicura dell’epoca. Il suo equipaggio è composto da 10 persone ed effettuano la pesca a strascico nel golfo del’ Asinara. Mentre erano intenti nella pesca, i suoi marinai raccontano di aver preso nella rete un sommergibile nemico. Per paura di affondare vengono mollati i freni del verricello e la rete finisce in mare. Rientrati in porto i marinai raccontano l’episodio alle autorità che non credono al quel racconto e vengono presi per visionari, tuttavia vengono fatte delle ricerche del sommergibile, ma senza esito. I marinai successivamente a questo episodio si rifiutano di uscire in mare per paura di incontrare nuovamente quel sommergibile . Qualche giorno dopo vengono obbligati a uscire a pescare perchè il pesce scarseggia ma, vengono anche minacciati di fucilazione se non obbediranno all’ordine. Piuttosto che essere fucilati l’equipaggio decide di uscire in mare a pescare e andare incontro al proprio destino.
    Così riferiscono ai loro familiari:
    Zi tocca a iscì, tanto da la morthi no si fuggi. Si zi dibbaschemmu, nostri figliori abarani a assè figliori di babbi fusiraddi a la ischina in Aristhàni. Si iscimmu a mari, nostri figliori abarani a assè figliori di babbi morthi trabagliendi cun onori”
    Il sommergibile inglese è in agguato a 6 miglia dal porto e li affonda con diverse cannonate, dei 10 componenti l’equipaggio solo 2 si salvano, 1 non si imbarca perché aveva ottenuto il permesso di stare a casa con il figlio malato. L’Onda rimane in fondo al mare per 30 mesi finché la Regia Marina, sollecitata dall’armatore Nicola Delfino , esegue il recupero alla profondità di 50 metri, al suo interno ritrovarono ancora i corpi di quattro delle vittime. Dopo essere stato riparato navigo’ dal 1954 fino al 1965 quando venne riaffondato da un fortunale ed infine demolito in Grecia nel 1978.
    Successivamente fu usato come dragamine e per il recupero di residuati bellici in genere. Conoscevo benissimo i figli dell’armatore Delfino, uno dei quali Carlo l’unico che vive in Sardegna mi pare e fa l’editore a Sassari mi capita di incontrare di tanto in tanto. Sono stato anche a bordo dell’Onda da bambino.

    Caratteristiche tecniche
    Piropeschereccio da 97,89 tsl, appartenente all’armatore Nicola Delfino di Porto Torres, matricola 2148 al Compartimento Marittimo di Genova.

    Breve e parziale cronologia
    1902 o 1903
    Costruito ad Oslo (forse nei cantieri Akers Mek. Vaerksted) come baleniera norvegese Angola (nome iniziale non noto, poi cambiato in Angola), del dislocamento di 150 tonnellate.
    27 agosto 1916
    Acquistato dalla Regia Marina (come molte altre baleniere e piropescherecci acquistati dalla Marina italiana durante la prima guerra mondiale per essere impiegati come vedette e dragamine) ed incorporato nel naviglio militare, passando sotto bandiera italiana. Trasformato in vedetta-dragamine e ribattezzato Onda.
    6 dicembre 1919
    Radiato dai quadri del naviglio della Regia Marina e venduto all’armatore viareggino Pietro Larini. Trasformato in piropeschereccio.
    Successivamente venduto all’armatore Nicola Delfino di Porto Torres.
    12 maggio 1940
    Requisito a Porto Torres dalla Regia Marina.
    1° giugno 1940
    Iscritto (alle 00.00 del 1° giugno) nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato come dragamine ausiliario, con caratteristica R 106. L’equipaggio viene militarizzato.

    Dopo aver prestato servizio per qualche tempo come dragamine in Mar Egeo, avendo base a Patrasso, l’Onda tornò in Sardegna e riprese ad operare come peschereccio anche per conto della Regia Marina, pescando per rifornire i militari del presidio nonché la popolazione stessa di Porto Torres e dei paesi vicini. Nelle ristrettezze della guerra, il pesce pescato a strascico dall’Onda, che batteva continuamente i fondali del golfo dell’Asinara, perennemente in mare come altri pescherecci, era una delle poche risorse disponibili per non patire la fame.
    Ad inizio maggio 1943, durante una battuta di pesca nel Golfo dell’Asinara, l’Onda, in navigazione a quattro miglia da Fornelli, rallentò improvvisamente la propria andatura alle 9.45 (o 9.30) del mattino. Il macchinista Sergio Del Giudice chiamò il comandante del peschereccio, il ponzese Gennaro Sandolo, perché qualcosa di grosso – non un pesce – era finito nelle reti. Dopo alcuni secondi, i dieci membri dell’equipaggio videro un sommergibile emergere ad una cinquantina di metri dalla loro nave: il battello nemico aveva i timoni bloccati dalle reti che vi si erano impigliate, ma il comandante Sandolo, vedendo il suo armamento, decise di mollare le reti e tornare subito in porto. Fu Del Giudice stesso, che era il verricello, a sganciare le reti.
    Al rientro in porto, l’equipaggio si recò a Cala Reale (sede del locale comando militare) e segnalò subito l’incontro avvenuto con l’unità nemica, ma non fu creduto: la Capitaneria di Porto (comandante del porto era il comandante Giuseppe Longo) ritenne che il suo equipaggio, definito “visionario”, avesse semplicemente scambiato una balena od un delfino (un cetaceo era stato avvistato in zona nei giorni precedenti) per un sommergibile, ed una breve perlustrazione con dei MAS, disposta a seguito della segnalazione, non portò a localizzare alcuna unità nemica. Nemmeno l’armatore Nicola Delfino credette al proprio equipaggio (recandosi da lui, gli uomini gli riferirono dell’accaduto ed aggiunsero «ci passa così e così. Noi non usciamo per questa settimana»), ritenendo anche lui che l’Onda avesse semplicemente incontrato uno squalo, ed arrabbiandosi con i propri uomini, che voleva tornassero a pescare.
    (Secondo una versione, quando l’Onda tornò sul luogo dell’“incontro”, l’equipaggio recuperò le reti, che apparivano tranciate a tronchese e torchietto, ma nemmeno questo convinse della veridicità di quanto i pescatori avevano raccontato. Quest’ultimo particolare, tuttavia, non è chiaro: secondo una differente versione, l’Onda sarebbe stato affondato proprio perché uscito per recuperare le reti, dunque le reti non sarebbero state recuperate sino a dopo la sua perdita).
    Salvatore Fois, tornando a casa e vedendo il figlio Nino indossare il suo, gli disse “Questo berretto, a momenti, l’avresti dovuto portare per tutta a vita!”, poi raccontò dell’incontro fatto al largo. Pietro Bancalà credeva che quello del sommergibile fosse stato un “avvertimento”, ed aveva paura, ma sapeva di dover tornare a pescare per sfamare gli otto figli.
    Cinque giorni dopo l’Onda ricevette l’ordine di  tornare in mare a pescare: il comandante Sandolo avrebbe voluto restare in porto, temendo attacchi da parte di sommergibili, ma il locale comando militare marittimo costrinse l’equipaggio a prendere il mare, pena il deferimento per diserzione al Tribunale militare di Oristano.
    Nino Fois, figlio di Salvatore, ricordò poi che l’equipaggio, che aveva chiesto di sbarcare a seguito dell’“incidente”, venne messo in fila sulla coperta dell’Onda, dopo di che fu chiesto “chi vuole sbarcare alzi la mano”; tutti alzarono la mano, ma la risposta fu “Come vi sono state tolte le stellette, così sarete messi sotto processo. Sarete denunciati al tribunale militare!”. I marinai si guardarono in faccia, poi il pratico di bordo Antonio Striani disse ai compagni, in dialetto, “Zi tocca a iscì, tanto da la morthi no si fuggi. Si zi dibbaschemmu, nostri figliori abarani a assè figliori di babbi fusiraddi a la ischina in Aristhàni. Si iscimmu a mari, nostri figliori abarani a assè figliori di babbi morthi trabagliendi cun onori” (cioè “Ci tocca uscire, intanto dalla morte non si fugge. Se ci sbarchiamo i nostri figli saranno figli di babbi fucilati alla schiena ad Oristano. Se usciamo a mare, nostri figli saranno figli di babbi morti lavorando con onore”), e tutti decisero che sarebbero rimasti a bordo.
    La successiva uscita fu fatale alla piccola nave ed al suo sfortunato equipaggio. Il mattino del 6 maggio 1943 l’Onda lasciò di nuovo Porto Torres, con a bordo nove uomini al comando di Gennaro Sandolo, per pescare nel Golfo dell’Asinara. Il decimo membro dell’equipaggio, il macchinista Sergio Del Giudice, aveva invece ottenuto una settimana di permesso per rimanere vicino al figlio ammalato.
    Alle 9.22 (ora del Safari, un’ora prima rispetto al fuso italiano) di quel mattino il sommergibile britannico Safari, al comando del tenente di vascello Richard Barklie Lakin, dopo aver avvistato alle 6.55 del fumo dalla direzione di Porto Torres ed essersi avvicinato per investigare, emerse a poppavia dell’Onda, intento a pescare a tre miglia per 60° da Punta Falcone (a sud dell’Asinara), ed aprì il fuoco con il cannone da 76 mm da una distanza di soli 550 metri. Il piccolo piropeschereccio, facile e vulnerabile bersaglio, venne crivellato di colpi: contro di esso il Safari sparò ben 46 salve con il cannone, ripartendole equamente sui due lati, e di queste 40 andarono a segno. Alle 9.33 (10.33 ora italiana) il relitto devastato dell’Onda affondò nel punto 40°58’ N e 08°20’ E, tre miglia ad ovest dell’Asinara.
    Dodici minuti dopo il Safari, avendo avvistato un aereo ed essendo finito sotto il tiro delle batterie costiere (le cannonate sparate dal sommergibile erano state sentite fino a Porto Torres), s’immerse e si allontanò senza recuperare i naufraghi.
    Solo i due fuochisti, il portotorrese Antonio Sanna e l’algherese Giovanni Sposito, si salvarono gettandosi in mare durante il breve lasso di tempo che passò mentre il Safari, finito di cannoneggiare un fianco della nave, l’aggirava per aprire il fuoco sul fianco opposto, e venendo successivamente recuperati. Il marinaio Ciro Valente, che nel cannoneggiamento aveva subito la recisione dell’arteria femorale, morì dissanguato in acqua.
    Morirono sette uomini, tra cui il comandante Sandolo ed il capo pesca Michele Zeno.

    Le vittime dell’Onda

    Emilio Acciaro, marinaio

    Paolo Bancalà, marinaio

    Salvatore Fois, marinaio

    Gennaro (o Giuseppe) Sandolo, comandante, da Ponza

    Antonio Striano (o Striani), pratico di bordo

    Ciro Valente, marinaio

    Michele Zeno (o Nole), capo pesca

    L’affondamento dell’Onda nel giornale di bordo del Safari (da Uboat.net):

    “0655 hours – Sighted smoke from the direction of Porto Torres. Closed to investigate.
    0922 hours – Surfaced astern of a 300 tons steam trawler and engaged her with the 3″ gun from 600 yards. 46 Rounds were fired for 40 hits.
    0933 hours – The ship sank in position 40°58’N, 08°20’E.
    0945 hours – Dived after sighting an aircraft and shore batteries had opened fire.”

    Contrariamente a quanto sovente affermato, il Safari non era lo stesso sommergibile finito nelle reti dell’Onda qualche giorno prima: il Safari, infatti, era entrato nel golfo dell’Asinara solo il 6 maggio, il giorno stesso dell’affondamento dell’Onda (nei giorni precedenti il sommergibile aveva operato ad ovest dell’isola, dove il 2 maggio aveva affondato il piropeschereccio Sogliola), ed in ogni caso non menzionò di essere finito nelle reti di alcun peschereccio. Dalla documentazione britannica non risulta che nella zona, nei giorni in cui l’equipaggio dell’Onda aveva riferito di aver trovato un sommergibile nelle proprie reti, si trovassero altri sommergibili della Royal Navy. L’episodio del sommergibile nelle reti rimane quindi piuttosto oscuro.
    Oltre a precipitare le famiglie delle vittime nella disperazione, la tragedia ebbe per loro gravi risvolti anche sul piano pratico, lasciandole prive degli uomini che andavano per mare a guadagnare il pane per la famiglia. La loro situazione d’indigenza, aggravata dalle restrizioni della guerra, divenne tale che alcuni familiari non poterono nemmeno permettersi di comprare i vestiti neri – che non avevano – per il lutto.
    L’Onda rimase sui fondali del golfo dell’Asinara per più di quattro anni, poi, nel luglio del 1947, il relitto del piropeschereccio venne riportato a galla e portato al molo della Teleferica a Porto Torres; ad attenderlo c’era una grande folla, in molti conoscevano i pescatori uccisi, e la tragedia era stata molto sentita dalla comunità portotorrese. A bordo furono trovati gli scheletri di quattro delle vittime, che poterono finalmente ricevere sepoltura. I corpi di Ciro Valente ed Antonio Striani, invece, furono gli unici a non essere mai più ritrovati. Dopo lunghe riparazioni, nel 1954 (o 1955) la piccola nave tornò a navigare sempre per conto di Nicola Delfino, con il nome modificato di Onda Delfino. Il peschereccio navigò per l’armatore Delfino sino al 1965 (fu cancellato dal Registro Navale Italiano dopo il maggio 1965), poi, dopo essere affondato una seconda volta a seguito di un fortunale, venne demolito in Grecia nel 1978.

    Nel maggio 2014 il 71° anniversario dell’affondamento dell’Onda è stato commemorato con una cerimonia cui hanno partecipato sei barche (messe a disposizione da piloti, ormeggiatori ed Assovela) con oltre 50 persone. Le imbarcazioni hanno raggiunto il punto della tragedia, a circa otto miglia da Porto Torres (40°58’ N e 08°20’ E), dove sono stati letti i nomi dei caduti (cui gli astanti hanno risposto ogni volta “Presente”) e, dopo la recitazione del Padre Nostro e della Preghiera del Marinaio ed un fischio in onore delle vittime, due figlie dei caduti hanno lanciato in mare una corona d’alloro, benedetta da Don Salvatore Ruiu. La corona è stata lanciata in mare alle 10.33, ora dell’affondamento del peschereccio. La cerimonia si è conclusa con il suono del silenzio.

    Agli inizi dello stesso anno è stato pubblicato anche un libro riguardante la triste vicenda, “L’affondamento del peschereccio Onda”.

    Sempre nel 2014 la piazza Renaredda a Porto Torres, antistante il mare dove avvenne la tragedia, è stata intitolata ai Caduti dell’Onda.

    Bibliografia
    L’HMS Safari su Uboat.net
    Ultime scoperte affondamento dell’Onda, incontro a Porto Torres
    Nessuno credette al racconto dei marinai
    AssoVela ricorda gli eroi dell’Onda silurata nel 1943
    Nuove testimonianze sull’affondamento dell’Onda
    Ricordo dei caduti dell’Onda
    Cerimonia in alto mare per i caduti dell’Onda
    Porto Torres, oggi l’omaggio ai caduti dell’Onda
    Gazzetta Ufficiale del 2 agosto 1940 con l’annuncio della requisizione dell’Onda
    Tesi di dottorato dell’Università di Sassari, con testimonianze sui fatti dell’Onda
    A Porto Torres una piazza agli eroi dell’Onda
    L’Onda sul sito del liceo di Porto Torres
    Gli eroi dell’Onda nel 43 pescarono il sommergibile
    Peschereccio Onda, corona per i caduti
    Omaggio ai martiri del peschereccio Onda
    Nel ricordo dei caduti dell’Onda: istituzioni assenti
    Amministratori assenti al ricordo dell’Onda
    Dea Mare per ricordare latragedia dell’Onda
    Molto interesse all’incontro culturale sull’affondamento dell’Onda
    Whalers bought by Italian Navy WWI
    Il libro “L’affondamento del peschereccio Onda”
    Slitta l’installazione della “Dea Mare” dedicata all’Onda
    L’opera di Budroni vince il concorso per ricordare l’Onda
    L’Onda su Wrecksite
    Scheda dell’attacco all’Onda sull’Historisches Marinearchiv.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Racconti,  Recensioni

    La sedia “abbullonata”

    di Giuseppe Procopio (*)

    Provo a sedermi…
    E’ la mensa equipaggio, guarda che strano…
    Anche a casa mia ripetevo le stesse operazioni, provavo ad avvicinare la sedia al tavolo, ma niente di fatto non si muoveva… “Accidenti è abbullonata…”
    Penso a come avranno fatto a stabilire la giusta distanza con il tavolo, mica ci conoscevano se eravamo grassi o magri, alti o corti.
    Dopo giorni però sembrava andasse bene. Sperimentavo di come mi sarei dovuto adattare e del resto non si poteva fare altrimenti.
    Quel banale e ripetitivo gesto di avvicinare la sedia veniva messo da parte. La gamella era li con i suoi cibi fumanti. La solita fila davanti alla finestra vivande i soliti gesti quotidiani: tu porgi la gamella e i cuochi ti danno i cibi e nella fila gli anziani avevano la precedenza.
    Un primo, un secondo, un panino, una frutta, Trebbiano da 1/4  (che come vino non era male e ti tirava su…)
    E il gioco della sedia abbullonata? Non ci impensieriva più, avevamo altro da fare… e così quello spazio, tra sedia e tavolo, diventava ideale, perfino perfetto per una fugace penichella, a volta anche durante la Santa Messa…

    Da seduti chinavamo la testa sul tavolo, usavamo le braccia come cuscini, la stanchezza a bordo si fa sentire, e tornava utile diventava anche il piede del tavolo, a sua volta abbullonato al pavimento…
    Quando in mensa si proiettava un film ed il mare era mosso, più’ in basso ti sedevi e meno avvertivi i ritmi cadenzati delle onde, e soffrivi meno i sintomi famosi del più” diffuso male marinaro…

    (*)
     per conoscere gli altri scritti digita sul motore di ricerca del blog il mio nome e cognome.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    Perso nella Guerra

    di Angelo Castagna

    … riceviamo e con immensa gioia e orgoglio pubblichiamo.

    Buongiorno sig. Vinciguerra,
    mi chiamo Angelo Castagna e sono il nipote del capo segnalatore Pietro Castaldi, classe 1913.
    Dopo 10 anni di lavoro, sono riuscito a ricostruire la sua storia militare e l’ho racchiusa in un libro di memorie assieme a tanti aneddoti.
    Nasce così “Perso nella Guerra”, edito da youcanprint nel Marzo del 2022. Tutti i fatti e le circostanze raccontate, sono state verificate facendo ricorso a numerosi archivi storici, ad innumerevoli testi scritti da autorevoli conoscitori della materia (Giorgio Giorgerini, Aldo Fraccaroli, Erminio Bagnasco ecc.) e ai riscontri oggettivi offerti da alcuni commilitoni, non per ultimo Sergio Denti nella sua biografia raccolta da Enrico Nistri (l’ultimo assaltatore).
    Il testo, rivela la personalità e le gesta di un uomo semplice ed umile, orfano di guerra che non si sottrasse mai al suo dovere e non voltò mai le spalle al nemico. Protagonista di episodi singolari e particolari, si trovò spesso al centro di fatti di indubbia rilevanza storica. Fu tra l’altro l’ultimo responsabile del vecchio faro di Fiumara Grande prima che i tedeschi lo distruggessero durante la loro ritirata. Il suo contributo fu riconosciuto con 2 encomi solenni, due croci di guerra e una promozione sul campo. E’ un racconto della guerra secondo il punto di vista di uno dei tanti attori dell’epoca.
    Sento il bisogno di condividere questa esperienza perché è forte in me il desiderio di non dimenticare chi siamo e da dove veniamo. Un futuro senza memoria storica  risulta spaventosamente vuoto e pericolosamente alla deriva come purtroppo i fatti del momento ci stanno evidenziando. Gli esempi di quanto siano state belle e allo stesso tempo dure le pagine scritte dagli uomini della nostra marineria, costituiscono un patrimonio sempre vivo da custodire e ampliare affinché i figli non dimentichino mai i sacrifici compiuti dai loro padri.
    Se può interessare, le allego una sintesi della sua biografia e la copertina del libro.
    Cordialmente
    Angelo Castagna

    Editore: Youcanprint
    Codice: EAN 9791220389907
    Anno: 2022 – Febbraio
    Pagine: 116

    Pietro Castaldi

    (Lacco Ameno (Ischia), 21.12.1913 – Casamicciola Terme (Ischia), 13.8.2005)

    Scrivendo del passato, si ricordano navi e uomini, oggi vorrei dedicarvi la storia di uno qualunque…

    Capo segnalatore Pietro Castaldi nato a Lacco Ameno (Ischia) il 21 dicembre 1913. Orfano di guerra non conobbe mai il padre
    Nel 1929, a 16 anni, partecipò ad un concorso della regia Marina e frequentò la scuola CREM prima a Varignano, poi a Pola e ancora a Varignano dove ottenne la qualifica di segnalatore.
    A 18 anni entrò in ferma quadriennale e fu trasferito nella categoria segnalatori. Fu assegnato ai fari di punta Imperatore, (Forio d’Ischia), poi all’isola di Ponza (dove conobbe vari esiliati politici tra cui: Giorgio Amendola, Pietro Secchia, Giuseppe Romita, Pietro Nenni).
    Destinato dopo pochi mesi alla scuola avieri di Lacco Ameno (Ischia) insegnava fari e fanali.
    Nel 1932 fu promosso sottocapo e prese posto al distretto MARIZONA di Napoli come segretario del capo dipartimento.
    Nel 1934 fu confermato nella ferma biennale e imbarcato sul cacciatorpediniere Saetta.
    Nel 1937 al comando del capitano di corvetta Giulio Cerrina Feroni, partecipò al blocco navale del Canale di Sicilia, allorquando affondarono la nave cisterna El Campeador (primo atto ostile della Regia Marina contro una nazione non belligerante). Nello stesso anno fu confermato nella ferma sessennale e promosso 2° capo.
    Nel Maggio 1938 partecipò sulla stessa nave alla rivista in onore di Hitler.
    Dal Novembre 38 ritornò alle sue mansioni stavolta presso il distretto MARIPERS di Napoli fino al 1941.
    Nel 1941 fu imbarcato sulla motonave requisita Beatrice che nel giugno dello stesso anno faceva parte del convoglio “Aquitania” in rotta verso l’Africa, quando fu affondata a seguito di un attacco aerosilurante nemico (gravemente danneggiata fu finita il giorno dopo dal Camicie Nere) sulle secche di Kerkennah. Si salvò restando sei ore in acqua prima di essere recuperato dall’equipaggio del regio cacciatorpediniere Camicie Nere, riportando la perforazione permanente del timpano destro. Nella stessa azione, fu affondato anche il piroscafo Montello che non ebbe sopravvissuti.
    Nel novembre del 41, su sua richiesta fu imbarcato sulla torpediniera Orsa una delle 4 unità provviste di ecogoniometro in quel periodo, dove rimase fino a dicembre del 42. Operò sotto il comando dei pluridecorati tenente di vascello E.Henke (di cui divenne amico personale) e poi del capitano di corvetta Enrico Bucci e fu commilitone tra gli altri, del marò torpediniere anch’esso pluridecorato Sergio Denti (poi assaltatore della X M.A.S. che danneggiò gravemente con un barchino esplosivo, l’ultima nave nemica della 2° guerra mondiale, il cacciatorpediniere francese Trombe).

    Missioni più importanti
    Nel Gennaio 42, trasportarono in solitaria, 20.000 litri di carburante stivati sulla coperta. Operazione talmente rischiosa che fu emanato un ordine con deferimento alla corte marziale e conseguente pena di morte per chiunque avesse acceso anche solo un fiammifero o avesse proceduto a preparare pasti durante la traversata.
    Il 5 Aprile 1942 (comandante Henke) durante una caccia antisommergibile nel canale di Cerigo, individuate le scie di due siluri lanciati da unità ostile, in condizioni meteo proibitive riuscirono ad ingaggiare il nemico che dopo una severa lotta fu affondato (sommergibile inglese Triumph). L’azione venne riconosciuta con l’attribuzione della prima croce di guerra e promozione sul campo.
    Al 22 di Maggio durante una missione antisommergibile al largo di Lecce, fu ingaggiato un bersaglio subacqueo. Dopo il lancio di una serie di bombe di profondità, Henke ritenne di aver affondato un sommergibile nemico, per l’azione Capo Castaldi ricevette un encomio solenne. Più tardi si scoprì che il bersaglio era il relitto dell’incrociatore ausiliario Deffenu affondato precedentemente e di cui l’equipaggio non aveva avuto comunicazione.
    Al 24 Luglio 1942, di scorta alla motonave Vettor Pisani assieme alla regia torpediniera Calliope, subirono un attacco multiplo ad opera di aerei nemici. Riuscirono ad abbattere tre aerei ma la motonave colpita e danneggiata fu rimorchiata a traino dall’Orsa fino al porto di Luxuri (GRECIA) dove fu salvato una parte del carico e l’equipaggio. Capo Castaldi ricevette un encomio solenne.
    Sottufficiale segnalatore ricopriva alternandosi con i suoi parigrado diverse mansioni tra cui addetto alle coordinate di tiro e infermiere di bordo, fu tra i primi a soccorrere il comandante Bucci ferito alla testa dopo una epica battaglia tra le isole del Dodecaneso 8/11 settembre 1942 al termine della quale entrarono nel mar piccolo di Taranto issando 4 bandierine per aver affondato due sommergibili e due aerei nemici, azione per la quale ricevette la sua seconda croce di guerra ( citata nei bollettini di guerra 835 e 838).
    Partecipò a bordo della regia torpediniera Orsa a circa 42 missioni nel corso di 13 mesi (scorta convogli, caccia antisommergibile, trasporto carburante).
    Nel gennaio del 1943 fu reimbarcato sul r.c.t. Saetta che poi affondò urtando una mina al largo della Tunisia il mese seguente, quando era al comando il capitano di corvetta Enea Picchio. L’episodio non fu riportato sull’estratto matricolare in quanto il suo imbarco (urgente per sostituzione) non fu registrato. Infatti in quel periodo era stato destinato a Sapri in qualità di capoposto del presidio ma non ci arrivò mai. Rimase in acqua per due giorni assieme a 38 superstiti prima dell’arrivo dei soccorsi.
    Nel marzo del 1943, destinato al faro di Fiumara Grande come capo vedetta, fu sorpreso dai tedeschi alla sera del 13 settembre subito dopo la proclamazione dell’armistizio. Catturato assieme a due commilitoni riuscì a sfuggire miracolosamente al suo destino aggredendo e disarmando una guardia quando era già sul camion che li stava traducendo ai campi di concentramento del nord Italia. Passò oltre tre mesi a girovagare nelle campagne laziali e campane nascondendosi dal nemico che operava numerosi rastrellamenti, patendo fame, freddo e procurandosi numerose ferite, fino al primo gennaio del 44 quando riuscì, adempiendo agli ordini, a ritornare presso il distretto di appartenenza. Arrestato e accusato di diserzione e collaborazione con gli occupanti, nonostante le precarissime condizioni di salute, fu trattenuto in prigione per diversi giorni assieme ai suoi due compagni di fuga e subì molti interrogatori. Posto in convalescenza per tre mesi, fu successivamente sottoposto a processo e poi definitivamente riabilitato nel grado e nelle mansioni fino al termine del servizio.
    Nel 1948 lasciò il servizio attivo e posto in riserva fino al 1956 quando con successiva promozione andò in pensione.
    Dal 1962 fu comandante dei vigili urbani del comune di Casamicciola Terme e prestò opera di volontariato fino al 1976 presso il Pio Monte della Misericordia nello stesso comune.
    Nel 1990 dopo che Giulio Andreotti rivelò l’esistenza di GLADIO poi confermata anche da Francesco Cossiga, Pietro Castaldi sciolto il vincolo di segretezza, rivelò alla famiglia di esser stato reclutato negli anni 50 e di aver avuto ruolo attivo fino al 1965. Mia nonna ricordava che si recava in Sardegna per esercitazioni una volta l’anno…ma era già pensionato!
    Deceduto a Casamicciola Terme (Ischia) il 13 agosto del 2005 all’età di 92 anni.

    Della sua storia si interessò un famoso giornalista storico verso l’inizio degli anni 80 al quale si rifiutò di rilasciare alcuna intervista.
    Era mio nonno uno dei tanti di cui non si è mai parlato e le sue memorie le ho raccolte nel libro “Perso nella guerra” perché gli eroi non erano solo i comandanti ma spesso anche i sottoposti…

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    Generoso Iannuzzi (Avellino, 21.1.1920 – 5.5.2012)

    di Ottaviano De Biase (*) e gruppo A.N.M.I. di Avellino

    banca-della-memoria-www-lavocedelmarinaio-com(Avellino, 21.1.1920 – 5.5.2012)

     

    ottaviano-de-biase-per-www-lavocedelmarinaio-com_Generoso Iannuzzi nasce ad Avellino il 21 gennaio 1920, nel 1938 all’età di 18 anni si arruola nella Regia Marina e dopo otto mesi di corso presso le scuole di La Spezia viene destinato sull’incrociatore leggero Alberto da Giussano. Per i primi due anni, tra manovre e addestramento, condurrà una vita tranquilla e spensierata, poi la guerra.

    La battaglia di Punta Stilo
    9 luglio 1940. Mar Jonio, largo della Calabria. Fu il primo importante scontro navale tra la Regia Marina e la Royal Navy britannica. Lo scontro ebbe luogo al seguito di una ricognizione aerea del giorno prima, che ne aveva segnalato la presenza. Il convoglio britannico stava facendo rotta verso il Canale di Sicilia. Bisognava impedirlo.
    Il convoglio partì da Taranto al comando dell’Ammiraglio Campioni. Frattanto, un nostro sommergibile comunicava di aver affondato un cacciatorpediniere della Royal Navy britannica. Lo scontro a fuoco tra i due schieramenti durò complessivamente circa 15 minuti, costringendo quello inglese a rifugiarsi nelle più sicure acque maltesi.
    Rientrati alla base, si fece la conta dei danni: la nostra Marina aveva subito la perdita di un cacciatorpediniere e di un sommergibile, mentre l’incrociatore Giulio Cesare, per aver riportato seri danni, fu trattenuto in arsenale per le necessarie riparazioni. Viceversa gli Inglesi contarono la perdita di un cacciatorpediniere, di un piroscafo, e di ben 18 aerei; inoltre riportarono danni le navi Hook e Ark Royal, due incrociatori e due caccia.
    Per il suo impegno profuso in questo primo anno di guerra, Iannuzzi fu decorato con la Croce di Guerra; nel 1941 fu promosso Sergente.

    La mia nave Alberto da Giussano – raccontava a noi marinai della seconda generazione – faceva parte del 1° Squadrone, 4.a Divisione Incrociatori della Marina; dal 10 giugno 1940 era stata destinata a presiedere il Mediterraneo centrale. Eravamo nel porto militare di Taranto quando ricevemmo l’ordine di intercettare il nemico. Al seguito di quello scontro, la mia nave non subì alcun danno; in agosto ci portammo al largo di Pantelleria ove depositammo varie mine antinave; per il resto dell’anno svolgemmo compiti di copertura a distanza per i nostri convogli diretti in Africa Settentrionale.

    regio-incrociatore-alberto-da-giussano-www-lavocedelmarinaio-com

    La battaglia di Capo Bon
    Tragica fu la battaglia di Capo Bon, al largo di Tunisi, combattuta il 13 dicembre 1941. Evento tragico in quanto dalla sola parte italiana si contarono ben 900 vittime. Mentre i dispersi in mare furono circa 800, compreso il personale aggiuntivo che tornava in Africa, dopo una breve licenza in famiglia.
    Questi i fatti storici. Il 12 dicembre 1941, l’incrociatore Alberto da Giussano, e la nave gemella Alberico da Barbiano, al comando dell’ammiraglio Antonino Toscano, scortati dalla nave Cigno, la notte tra il 12 e il 13, furono intercettati al largo di Capo Bon, da una flottiglia di navi inglesi e olandesi. Alberto da Giussano fu il primo ad essere colpito; in pochi minuti si spezzò in due e si inabissò. Stessa sorte toccò alla gemella Alberico da Barbiano.
    Il sergente Iannuzzi fu uno dei pochi fortunati che riuscirono a salvarsi. Eravamo in trasferimento verso l’Africa quando – ci raccontava sempre con un groppo alla gola – nei pressi di Capo Bon al largo della Tunisia, fummo intercettati dalla flottiglia inglese. La mia nave fu colpita da due siluri. Si spezzò a metà ed affondò. Erano le tre di notte. Dopo un violento scoppio avvenuto a poppa, la nave presentava danni irreparabili. Le condizioni erano ormai disperate. Incendi ovunque, ed era impossibile rispondere al fuoco e difendersi. Così fu dato l’ordine di abbandonare la nave. Io mi buttai in mare e aggrappato ad un piccolo salvagente rimasi in acqua per circa dieci ore. Fui tratto in salvo da un nostro torpediniere. Fortunatamente riportai solo dei segni di scottatura a causa della nafta che bruciava a livello dell’acqua. Io ed altri feriti fummo trasportati presso l’ospedale militare di Taranto per le necessarie cure. Purtroppo, tanti miei compagni e amici persero la vita e il ricordo di quella tragica battaglia mi suscita sempre una profonda commozione.
    Dopo le dimissioni dall’ospedale e la convalescenza, il Iannuzzi fu trasferito ad Ancona per un breve periodo di destinazione a terra. Nel 1943 riprese il mare, a bordo dell’incrociatore Pompeo Magno, dove rimase fino al dicembre del 1946.
    Il 9 dicembre 1944, il sergente Iannuzzi era stato insignito di una seconda Croce di Guerra con la seguente motivazione: Nel secondo ciclo della guerra 1940-43, imbarcato per sei mesi su incrociatore, disimpegnava i propri compiti con coraggio, abnegazione, e sentimento del dovere.
    In seguito all’armistizio – ci raccontava soli pochi giorni prima che cessasse di vivere – l’incrociatore Pompeo Magno cominciò a collaborare con le forze alleate in Italia. Fummo impegnati al trasporto di militari e civili dalle colonie e da altri paesi del Mediterraneo. I miglia percorsi dalla nave furono tanti che a tutto il personale imbarcato, quindi anche io, fu conferito un distintivo di lunga navigazione.
    Come sappiamo, nel 1950, al Pompeo Magno fu dato il nome di nave San Giorgio ed adattato per l’addestramento dei futuri ufficiali della Marina Militare.

    incrociatore-pompeo-magno-www-lavocedelmarinaio-com-copia

    Il ritorno ad Avellino
    Al termine della missione sul Pompeo Magno, il sergente Iannuzzi decise di non continuare la carriera militare e fece ritorno a casa. Nella sua città natale, trovò lavoro presso una società di telefonia, dove ha lavorato fino al raggiungimento della pensione. Nel 1988 ha avuto inizio il suo impegno di Socio dell’ANMI di Avellino, coprendo cariche anche direttive.
    Con Decreto 27 dicembre 2007, firmato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è stato investito dell’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana.
    Il Cavaliere Generoso Iannuzzi si è spento, confortato dalla moglie, dai figli, e dai Soci tutti, il 5 maggio 2012.

    (*) per saperne di più sull’autore, digita sul motore di ricerca del blog Ottaviano De Biase.