Pittori di mare

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    15.3.1929, radiazione della regia nave Nino Bixio

    di Antonio Cimmino

    All’inizio del XX secolo la tattica navale e, conseguentemente, le costruzioni militari subirono numerose modifiche anche in funzione degli ipotetici teatri di guerra marittima. Nel Mediterraneo, ad esempio, ed in Adriatico in particolare, sorse per la Regia Marina la necessità di pensare ad un naviglio sottile e veloce che, però, non era adatto ad affrontare né le corazzate e neppure gli incrociatori protetti.
Queste unità, veloci e manovrabili erano, dunque, deputate a contrastare naviglio similare sulla scorta dell’esperienza già fatta dall’Inghilterra con le unità tipo scout cioè esploratore.
    La Regia Marina, quindi, chiese ai progettisti di approntare una nave veloce, ben armata e, necessariamente poco protetta per contrastare quelle in costruzione dalla Marina austroungarica che aveva già assimilato la tecnica inglese. Del naviglio sottile e leggero erano già stato costruito in Italia con gli incrociatori tipo Agordat e Coatit ma che, a causa della limitata velocità dovuta alle motrici alternative, non erano risultati soddisfacenti per le sopravvenute esigenze.

    Al Maggiore del Genio Navale Giulio Truccone, nel 1908, era stato affidato il compito di progettare una nave lunga di scafo, con un castello che si prolungava fino alla tuga centrale di comando, bassa ed allungata.
    Il poco sviluppo delle sovrastrutture doveva dare all’unità una certa stabilità. La velocità maggiore era data dall’utilizzo di turbine del tipo Parson in luogo delle motrici alternative a triplice espansione, alimentate da una decina di caldaie. Tutto l’apparato di propulsione, che occupava la gran parte dello scafo, doveva imprimere alle 3 eliche, con pale di bronzo, una velocità di circa 28 nodi sviluppando una potenza di 29.000 cavalli. Su queste indicazione fu costruito, nell’Arsenale di Venezia, il Quarto, primo esploratore della Regia Marina. 
Sulla scorta di tale unità sperimentale, furono costruiti a Castellammare di Stabia, gli esploratori Bixio e Marsala. Il progettista fu l’ingegnere napoletano Generale del Genio Navale Giuseppe Rota.
    Il Bixio fu impostato nel 1911, varato nello stesso anno (30 dicembre) e consegnato alla Regia Marina nel 1913.
    Al varo assistè, come di consueto, una immensa folla e madrina fu la stessa figlia di Nino Bixio.
Come per tutti i vari, l’avvenimento ebbe eco nazionale ed il settimanale l’Illustrazione Italiana nel numero 1-7 gennaio 1912 così scrisse:
    Una nuova e bella nave da guerra è stata varata la mattina del 30 dicembre dal cantiere di Castellammare di Stabia – l’esploratore Nino Bixio. Sebbene svoltasi senza le grandi forme ufficiali, la cerimonia è riuscita solenne. La nave è stata benedetta dal parroco, anzi che da monsigno De Juro; madrina ne è stata la signora Giuseppina Bixio vedova dei Conti, unica figlia del generale, accompagnata da altri parenti venuti da Parigi, cioè, signora Abeille Bixio, nipote del generale, dalla signorina Luisa Busetto e dal comandante Jean Lèonard Kocklin caposquadra dellìesercito francese. Il varo è stato compito felicemente, con molta rapidità, e la nave è scesa in mare, quasi completa avendo già quattro fumaioli e due alberi. La propuslione della nave è ottenuta con tre turbo-motrici, capaci di sviluppare 22.500 cavalli. È questa la prima nave italiana varata con le caldaie e tre eliche in bronzo. L’autore del progetto, colonnello Rota, premiato con medaglia d’oro per l’incremento delle scienze navali, dirige attualmente l’arsenale di Spezia. Costruttori fuorno il colonnello Padrone, il capitano Capaldo e i tenenti Dardanoni, Celentano, Barpi, Sculteci. Prima del varo, accanto alla Nino Bixio su un altro scalo dedevasi maestosa la Marsala, che sarà varata fra due mesi”.

    Il giornalista della Cronaca Illustrata, con un linguaggio poco tecnico, così descrisse l’avvenimento:
    “A Castellammare di Stabia ebbe luogo il giorno 30 dicembre il varo dell’esploratore “Nino Bixio” la nave gemella del “Quarto” già in mare e del “Marsala” che toccherà le onde nel prossimo febbraio. La manovra riuscita benissimo venne diretta dal colonnello Martinez direttore delle costruzioni navali di Napoli. Madrina è stata la signora Bixio vedova Conti. La cerimonia si svolse davanti alle autorità marinare e civili, tutte le maestranze di Castellammare e una larga rappresentanza degli operai dell’arsenale napoletano. La mattina era splendita. Pochi gl’invitati; numerosa folla assisteva fuori dal cantiere e su varie imbarcazioni nello specchio d’acqua di fronte all’arsenale. (…) La costruzione della “Nino Bixio” è durata poco più di dieci mesi, durante i quali le laboriose maestranze del cantiere oltre ai lavori della “Marsala”, sono stati adibiti a quelli della nuova chiglia del “San Giorgio” ed alla lavorazione del ferro occorrente per la impostazione della super dreadnought Duilio (…).

    La “Nino Bixio” appartiene al tipo scout (esploratrici) perché avrà una velocità di 29 nodi all’ora e quindi potrà agevolmente disimpegnare il servizio di avanscoperta di una divisione navi da battaglia di prima classe; e per questo è il tipo intermedio fra un gruppo di siluranti, ed un incorciatore velocissimo. Lo scafo della nuova nave è in acciaio in resistenza elevata, ha tre ponti di coperta, di corridoio e quello di portezione che assicura la galleggiabilità della nave stessa contro le invasioni d’acqua delle breccie aperte in murata nella zona sottostante alla linea di galleggiamento. 
Tre potenti turbine tipo Curtiss, azionanti ciascuna un’elica costituiscono lo apparato motore. Esse sono installate in tre locali indipendenti e separati dai locali delle caldaie che, come ho detto, sono quattordici, tipo Blexinder e sono raggruppate in modo da mandare i prodotti della combustione in quattro direzioni. Lo scafo è completo con i fumaioli anche a posto e pesa poco più di 2000 tonnellate. Il progetto della “Bixio” è del colonnello del genio navale cav. Giuseppe Rota. I lavori di costruzione sono stati diretti dal tenente colonnello del genio navale cav. Gaetano Padrone efficacemente aiutato dai suoi ottimi collaboratori (…)”.
    Il dislocamento a pieno carico era di 4.141 tonnellate, quello normale di 3.575. le dimensioni dell’unità erano: 140,3 metri di lunghezza fuori tutta e 131,4 fra le perpendicolari, larghezza 13 metri ed immersione 4,7 metri. 13 caldaie a tubi d’acqua alimentate a carbone ( 750 tonnellate) ed nafta ( 180 tonnellate) facevano girare 3 turbine che imprimevano alle 3 eliche una velocità di 26,5 nodi; la potenza dell’apparato motore era pari a 22.500 cavalli.
    Il motto della nave era: ”Obbedire e tacere” riferendosi ad un episodio della vita di Nino Bixio quando, in occasione di un tentativo di ammutinamento dei suoi uomini, disse loro:” domani mi ucciderete, ma oggi mi dovete obbedire”.

Attività operativa
All’inizio della prima guerra mondiale, il Bixio si trovò dislocata a Brindisi nella Divisione navale al comando dell’Ammiraglio Millo e formato dagli esploratori Palermo, Siracusa, Messina, Quarto, Marsala, Agodart, Liguria, Puglia e da 10 cacciatorpediniere e 6 sommergibili.
Alla fine del mese di dicembre 1915 e fino al successivo mese di febbraio, gran parte della flotta supportata da piroscafi, fu impegnata nel salvataggio dell’esercito serbo incalzato dalle armate austroungariche che con diverse sortite, tentarono di ostacolare il traghettamento dall’Albania a Brindisi.

    Grandissima parte della flotta italiana fu impegnata per la scorta a piroscafi di rifornimento e trasporto truppe, per i servizi di vigilanza e pattugliamento e per il traghettamento di circa 200.000 uomini e 10.000 cavalli dell’esercito serbo. Gli austriaci ostacolarono la complessa operazione con attacchi di aerei, sommergibili, con squadriglie di cacciatorpediniere appoggiati da incrociatori ed esploratori, nonché con la posa di campi minati.
Il 29 dicembre 1915 il Bixio guidò una gruppo navale di cui facevano parte anche unità francesi ed inglesi per affrontare la flotta nemica che insidiava le operazioni salvataggio. Il naviglio alleato causò alla Marina austriaca la perdita dei cacciatropediniere Lika e Triglav, il danneggiamento dell’Helgoland e di altre tre unità.
A ricordo del salvataggio, nel 1924 fu posta sul lungomare di Bridisi una lapide che ricorda tale avvenimento:
    ”Dal dicembre MCMXV al febbraio MCMVI le navi d’Italia con cinquecento ottantaquattro croiere protessero l’esodo dell’esercito serbo e con duecentodue viaggi trassero in salvo centoquindicimila dei centottantacinquemila profughi che dall’opposta sponda tendevano la mano”.
    Ad onor del vero contribuirono al salvataggio anche le navi francesi, con 101 viaggi ed inglesi con 19. Dopo la prima guerra mondiale, con la Conferenza di Parigi, si crearono situazioni di tensione, specie per i confini e per le aspettative delle nazioni vincitrici. Terreno di coltura per lo scoppio del secondo conflitto. Drammatici furono i contrasti tra la Jugolsavia e l’Albania e la situazione dei numerosi cittadini italiani in quelle aree tumultuose, era piuttosto critica. I Balcani continuarono a rappresentare un nodo cruciale per il mantenimento della pace.
    Nel 1919 una Commissione interalleata si recò a Spalato. La costa meridionale della Dalmazia e Spalato erano state escluse dall’occupazione italiana anche se in città viveva una nutrita comunità italiana.
A tutela della summenzionata Commissione, formata dagli ammiragli di: USA (Albert Niblack); G.B. (Edwuard Burton Kiddle); Francia (Jean E.C.M.Ratyè) ed Italia ( Umberto Cagni) fu inviato anche il Nino Bixio che ormeggiò nel porto di Spalato per difendere anche la comunità italiana. Nel pomeriggio del 24 febbraio 1919, infatti, i rappresentanti della popolazione italiana, mentre passeggiavano con Giulio Menini, comandante del Puglia, furono aggrediti da una folla inferocita.
L’indomani, a bordo del Bixio, il presidente del governo provvisorio jugoslavo ed il sindaco di Spalato, presentarono le scuse ufficiali per l’increscioso avvenimento. Fu deciso che l’ordine pubblico fosse affidato all’ammiraglio americano attraverso l’uso di pattuglie interalletae. Dopo tale missione il Bixio ritornò alla base e non partecipò a missioni di rilievo.
Fu radiato e conseguentemente demolito il 15 marzo del 1929.

    Notizie sul Quarto
    Il Quarto (motto: Ho confidenza in Dio e nel coraggio) entrò in servizio nel 1912.
    Dopo lavori di riparazione a causa di un incendio, nel 1914 ricevette a Genova la bandiera di combattimento. Partecipò alla prima guerra mondiale senza, però, scontarsi mai con la flotta nemica. Dopo la guerra effettuò numerose missioni in Cina e nel Mar Rosso. Partecipò alla guerra civile di Spagna nel 1936. Radiato nel 1939 fu adibito a bersaglio per le esercitazioni. Il suo relitto fu messo, nel 1944, davanti al porto di Livorno per ostruirne l’ingresso.

    Scheda Tecnica del regio esploratore Nino Bixio
    Progettato da Giuseppe Rota Generale del Genio Navale).
    Classe: Capoclasse (Marsala).
    Impostato: 1911.
Varato: 30 dicembre 1911.
    In servizio: 1913.
Dislocamento: 4.141 tonn. ( a pieno carico) – 3.575 tonn. (normale).
    Lunghezza: 140,30 metri (fuori tutta) – 131,40 metri (fra le perpendicolari).
    Larghezza: 13,00 metri.
    Immersione: 4,70 metri.
    Apparato motore: 14 caldaie tipo Blechynden; 3 turbine a vapore tipo Curtiss della Ditta Franco Tosi di Legnano; 3 eliche.
    Potenza: 22.500 cavalli vapore.
    Combustibile: nafta 180 tonn. carbone 750 tonn.
    Velocità massima: 27 nodi.
    Autonomia: 1.400 miglia a 13 nodi.
    Protezione: 40 mm ponte.
    Artiglieria: 6 cannoni da 120/50 mm tipo Armstrong 1909; 6 cannoni da 76/50 mm Vickers 1909; 2 tubi lancia siluri da 450 mm sistemati sotto la poppa; 200 mine.
    Equipaggio: 336 uomini.
    Radiato: 15 marzo 1929.
    Demolito: 1930.
    Motto: Obbedire e tacere.

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    11.3.1944, affondamento del regio sommergibile Alpino Bagnolini

    di Gian Luca Daini
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    IN RICORDO DI DANTE DAINI

    Il regio Alpino Bagnolini fu il primo sommergibile italiano ad ottenere un successo nella seconda guerra mondiale: intorno all’una del 12 giugno 1940, infatti, al comando del capitano di corvetta Franco Tosoni Pittoni, lanciò un siluro contro l’obsoleto incrociatore leggero britannico Calypso (4180 t) che insieme al gemello Caledon stava procedendo fra Creta e Gaudo: la nave fu colpita e affondò con 39 uomini nel punto 34°03’ N e 24°05’ E, mentre il Bagnolini uscì indenne dal bombardamento con cariche di profondità condotto dai cacciatorpediniere della scorta. L’incrociatore britannico Calypso, affondato dal Bagnolini Successivamente se ne decise l’invio in Atlantico.

    Il Bagnolini partì da Trapani il 9 settembre 1940 e nella notte fra il 14 ed il 15 passò lo stretto di Gibilterra, rimanendo poi in agguato al largo di Oporto dal 15 al 27 settembre e riportando un affondamento, quello del trasporto spagnolo Cabo Tortosa (3302 tsl), nave neutrale e adibita a servizio civile da Huelva a Bilbao ma indicata erroneamente come al servizio degli Alleati dai servizi segreti. Il 30 settembre il sommergibile giunse a Bordeaux, sede della base atlantica italiana di Betasom. Il 28 ottobre salpò per la seconda missione ma dovette tornare in porto perché danneggiato dal maltempo; arrivò a Bordeaux il 15 novembre. L’8 dicembre partì per una nuova missione a ovest dell’Irlanda e undici giorni più tardi colò a picco il piroscafo britannico Amicus (3660 tsl); il 1o gennaio 1941 si scontrò con i cannoni con il peschereccio armato Northern Pride e al contempo tentò il siluramento di una nave identificata come incrociatore ausiliario, azione priva di risultati ma che pose il comandante Tosoni Pittoni in luce di fronte ai comandi sia italiano che tedesco. Lo stesso giorno il Bagnolini fu anche danneggiato da un aereo, che riuscì a respingere e a danneggiare a sua volta. Nel gennaio 1941 si pensò di assegnarlo assieme al gemello Giuliani ad una scuola sommergibili a Gotenhafen, ma si decise poi di destinarvi il solo Giuliani (in seguito avrebbero frequentato tale scuola il nuovo comandante del Bagnolini, tenente di vascello Mario Tei, un ufficiale e 7 vedette del sommergibile).
    Il 23 luglio 1941, mentre operava a ovest dello stretto di Gibilterra, colpì un piroscafo ed una nave cisterna, senza però riuscire ad affondarli. Nel gennaio-febbraio 1942 operò a sud delle Azzorre senza cogliere alcun risultato.
    Nel maggio 1942 fu in missione al largo del Brasile ed il 27-28 del mese colpì una nave cisterna di circa 11.000 tsl, danneggiandola. Il 15 settembre 1942 partì per una nuova missione durante la quale avvistò due navi e subì caccia antisommergibile da parte di un cacciatorpediniere; rientrò infine a Bordeaux il 17 novembre senza aver concluso nulla. Fra il 14 febbraio ed il 13 aprile 1943 operò al largo di Bahia, venendo danneggiato da un attacco aereo.
    Se ne decise poi la modifica per poter compiere missioni di trasporto per l’Estremo Oriente; i lavori ebbero termine nel luglio 1943 e il sommergibile sarebbe dovuto partire il mese successivo, ma i tedeschi, prevedendo una prossima resa dell’Italia agli Alleati, decisero di trattenerlo a Bordeaux dove ancora si trovava all’armistizio. L’11 settembre 1943 venne catturato, incorporato nella Kriegsmarine con equipaggio misto italo-tedesco e ribattezzato U. IT. 22. Fino ad allora il Bagnolini aveva svolto 11 missioni di guerra (3 in Mediterraneo ed 8 in Atlantico), percorrendo complessivamente 46.413 miglia in superficie e 3908 in immersione. Il 26 gennaio 1944 partì per l’Asia nella sua prima missione al servizio dei tedeschi (si trattava di una missione di trasporto); il 22 febbraio fu colpito da un velivolo statunitense a circa 900 miglia dall’Isola di Ascensione, riportando danni allo scafo e perdite di carburante; chiese un appuntamento con un sommergibile rifornitore circa 500 miglia a sud di Città del Capo ma l’11 marzo 1944, quando fu arrivato nel punto concordato per il rifornimento, fu affondato da tre idrovolanti PBY Catalina nel punto 41°28’ S e 17°40’ E, con la morte di tutto l’equipaggio di 43 uomini (tra cui 12 italiani: il tenente del Genio Navale Carlo Rossilla, 4 sottufficiali, 4 sottocapi e 3 marinai).

    Caratteristiche tecniche
    Alpino Bagnolini classe “Liuzzi”
    Tipo: sommergibile di grande crociera
    Cantiere: Franco Tosi Taranto
    Impostazione: 15.12.1938
    Varo: 28.10.1939
    Entrato in servizio: 22.12.1939
    Dislocamento:
    – in superficie: 1.166,00 t
    – in immersione: 1.484,00 t
    Dimensioni:
    – Lunghezza: 76,10 m
    – Larghezza: 6,98 m
    – Immersione: 4,55 m
    Apparato motore superficie:
    – 2 motori Diesel Tosi, 2 eliche
    – Potenza: 3.420 cv
    – Velocità max. in superficie: 17,80 nodi
    – Autonomia in superficie: 1.617 miglia a 17,8 nodi e 6.409 miglia a 8,0 nodi (carico normale) – 3.401 miglia a 17,8 nodi e 13.204 miglia a 8,0 nodi (in sovraccarico)
    Apparato motore immersione:
    – 2 motori elettrici di propulsione Ansaldo
    – Potenza: 1.250 cv
    – Velocita max: 8,60 nodi
    – Autonomia in immersione: 8,0 miglia a 8,0 nodi – 108 miglia a 4,0 nodi
    Armamento:
    – 4 tls AV da 533 mm, 6 siluri da 533 mm
    – 4 tls AD da 533 mm, 6 siluri da 533 mm
    – 1 cannone da 100/47 mm (290 proiettili)
    – 4 mitragliatrici 13.2 in affusti binati a scomparsa (12.000 colpi)
    Equipaggio: 7 ufficiali, 50 tra sottufficiali e marinai
    Profondità di collaudo: 100 m
    Fu affondato da attacco aerei l’11 marzo 1944

    Note
    a cura Antonio Cimmino e Claudio Confessore
    L’8 settembre 1943, trovandosi a Bordeaux, il regio sommergibile Bagnolini venne requisito dai tedeschi, fu ridenominato U.IT.22 e fu inviato in missione verso Singapore con 12 marinai (equipaggio misto italo-tedesco) per trasporto materiali.
    Il giorno 11 marzo 1944, nei pressi di Capo Buona Speranza, venne affondato da idrovolanti Catilina del 279° Squadron sudafricano.
    Il 26 gennaio 1944 partì per la sua prima missione di trasporto per Singapore sotto bandiera tedesca.
    Il 22 febbraio al largo dell’isola di Ascensione riportò danni allo scafo a seguito di un attacco di un aereo USA. Poiché il danno aveva prodotto perdite di carburante era stato programmato un rifornimento 500 miglia a Sud di Capo di Buona Speranza con un U-Boot .
    L’11 marzo 1944, quando arrivò sul punto di rendez-vous, fu attaccato da tre idrovolanti tipo PBY Catalina del 279° Squadron sudafricano ed affondò in PSN 41°28’ S – 017°40’ E.
    Morirono 43 uomini, tra cui i seguenti 12 italiani:

    Ten G.N. Rossilla Carlo (nominativo presente nell’elenco della RSI ma i dati di nascita non sono disponibili);

    Capo 3a Classe Buosi Bruno di Alessandro nato a Riva Del Garda (TN) il 16/10/1910;
    2° Capo Balestrieri Domenico di Gaetano nato a Napoli il 16/07/1906;
    2° Capo Mazzoni Giuseppe di Egidio nato a Pisa il 01/01/1916;
    2° Capo Valenti Bruno di Alfredo, nato a La Spezia il 08/01/1917;
    Sottocapo Pacitti Vincenzo di Luigi nato a Terni il 11/05/1922;
    Sottocapo Petrelli Serafino di Leonardo nato a Canino (VT) il 06/05/1921;
    Sottocapo Tini Supero di Giulio nato a Terni il 28/07/1918;
    Sottocapo Zampieri Giordano di Ildegardo nato a Sondrio il 20/11/1918;
    Comune Armitano Leone di Gioacchino nato a Torino il 24/02/1922;
    Comune Zarelli Lindo di Francesco nato a Vallinfreda (Roma) il 15/05/1920;
    Comune Bartolozzi Renato di Vincenzo nato a Civitavecchia il 20/10/1922.

    In merito ai nominativi si rileva che sono reperibili solo nell’elenco della RSI, disponibile su Internet, poiché nell’Albo d’Oro della Marina Militare non sono inclusi coloro che aderirono alla Repubblica Sociale. Per l’equipaggio del Bagnolini l’unica eccezione, per motivi attualmente non conosciuti, è il Comune Bartolozzi Renato il cui nominativo è riportato sia nell’Albo d’Oro (in cui anziché Comune è scritto Camicia Nera) sia nell’elenco dei caduti della RSI.
    E’ infine da evidenziare che nell’Albo d’Oro è presente un ulteriore nominativo di un Sottocapo del Bagnolini che risulta deceduto sul fronte Algerino in data posteriore alla fine della guerra:
    Sottocapo Silurista Baldan Dino nato il 20 ottobre 1919 a La Spezia deceduto sul fronte Algerino il 03 dicembre 1946.
    Motto: Compagni vendicatemi gridato dall’alpino Attilio Bagnolini quando fu ucciso in Africa nel 1936.

    Il marinaio Dante Daini, nato a Calcinato il 29 maggio 1921, fece parte del regio sommergibile Alpino Bagnolini, classe Liuzzi, con mansione di cannoniere durante la Seconda Guerra Mondiale. Prese parte alle varie missioni fino alla sua cattura e di tutto l’equipaggio del sommergibile da parte dell’esercito nazista, l’11 settembre 1943. In seguito fu deportato e imprigionato in un lager tedesco in Germania nei pressi della città di Amburgo, dove vi rimase fino alla conclusione del conflitto mondiale. Ritornò in patria dalla sua famiglia, dove visse felicemente gli ultimi anni della sua vita senza mai dimenticare gli orrori della prigionia e della guerra.
    Il 1° aprile 1980 gli fu conferito, dal Ministero della Difesa, il distintivo d’onore Volontari della Libertà.

    E’ deceduto a Calcinato (BS) il 30 ottobre 1974.

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    Gli albori della navigazione a vapore

    di Antonio Cimmino

    L’invenzione nel 1769 della macchina a vapore, ad opera dello scozzese James Watt, spinse l’americano John Fitch ad applicarla ad una imbarcazione.
    Era il 22 agosto 1787 e sul fiume Delaware, alcuni padri fondatori degli U.S.A. tra cui Giorgio Washington e Beniamino Franklin, quando il  battello Perseverance (prima nave a vapore), lungo 18 metri, risalì il fiume controcorrente, percorrendo più di un miglio inglese (1609 metri) alla velocità di 5,5, nodi e in meno di 15 minuti.
    Un motore a vapore composto da un cilindro sistemato orizzontalmente sul fondo dell’imbarcazione, mediante un sistema di alberi e manovelle, faceva muovere dei remi (6 a sinistra e 6 a dritta) sistemati alla fiancate che, similmente alla voga, davano la spinta alla Perseverance.
    Il motore era stato presentato nel 1785 da Fitch alla Società filosofica di Filadelfia e descritto l’1 dicembre 1786 sul giornale cittadino “Colombian Magagni”.
    Nel 1788 Fitch ottenne il brevetto di privativa, valevole 14 anni, negli stati della Virginia, Maryland, Pensilvania, Nuova Yersey e New York.Fu costituita un’apposita società di navigazione a vapore e apportate le necessarie modifiche alla macchina a vapore e aumentata la stazza dell’imbarcazione.
    Era nata la navigazione a vapore!