Pittori di mare

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    20.3.1928, la regia nave posacavi Città di Milano salpa da La Spezia

    di Carlo Di Nitto

    La regia nave posacavi Città di Milano (2^), dislocava 5380 tonnellate. Ex germanica “Grossherzog Von Oldemburg” era stata varata il 21 ottobre 1905 nei Cantieri tedeschi Schichau di Danzica e consegnata all’Italia nel 1919 in conto risarcimento danni di guerra. Entrò in servizio nella Regia Marina il 1° agosto 1921.
    Verso la fine del 1927, venne prescelta come nave appoggio logistico ed organizzativo alla spedizione artica del dirigibile “Italia”, comandata dal generale Umberto Nobile. Sottoposta a lavori di adattamento per l’impresa, consistenti nel rafforzamento dello scafo mediante ricopertura di lastre d’acciaio, fu opportunamente equipaggiata con attrezzature scientifiche, telegrafiche e meteorologiche. Con l’equipaggio integrato da alpini, scienziati e studenti universitari, il 20 marzo 1928 partì dal porto di La Spezia diretta alle isole Svalbard in Norvegia.

    Dopo la perdita del dirigibile “Italia” e di parte del suo equipaggio, dalla nave “Città di Milano” si attivarono le procedure di coordinamento, ricerca e soccorso che permisero il salvataggio dei superstiti, passati alla storia delle esplorazioni polari come i “naufraghi della Tenda Rossa”.
    Tornata in Italia il 20 ottobre 1928, a conclusione della spedizione, riprese la sua normale attività svolgendo numerose campagne di posa e di manutenzione di cavi telegrafici e telefonici.
    Allo scoppio della seconda guerra mondiale, la notte tra il 10 e l’11 giugno 1940, prese parte alla nostra prima operazione di guerra sul mare interrompendo i cavi telefonici che collegavano Gibilterra con Malta.
    Dopo la proclamazione dell’armistizio, il 9 settembre 1943, venne autoaffondata nel porto di Savona, per non farla catturare dei tedeschi. Il relitto, recuperato a fine aprile 1948, venne demolito a Vado Ligure nei mesi successivi.

    …riceviamo e pubblichiamo (ore 21.10. del 7.2.2019)

    Ciao Ezio,
    volevo essere d’aiuto, in merito all’auto affondamento della regia nave Città di Milano, di una confessione che mi aveva fatto un Marinaio imbarcato su quella nave. Si chiamava De Maria o Di Maria di Genova poi potrai Tu verificare quale dei due cognomi è quello giusto, e adesso proverò a dirti cosa è successo tra l’8 e il 9 settembre del 1943 nel Porto di Savona da quello che mi ha raccontato Di Maria iscritto all’A.N.M.I. di Genova.
    Come tu saprai dall’8 settembre del 1943 è successo di tutto e non solo a Savona, c’era molta confusione, per farla breve nel porto, oltre ai Marinai della Regia Marina, c’erano quelli tedeschi della Kriegsmarine, si conoscevano e c’era anche un sano cameratismo tra loro ed è per questo che non c’è stato nessun atto di forza da parte della Kriegsmarine per impossessarsi della nave (questo naturalmente l’8 settembre). Sempre dal racconto del Di Maria pare che gli stessi marinai della Kriegsmarine avevano avvisato che il giorno 9 reparti della Wermacht avrebbero fatto un colpo di mano per impossessarsi della nave, cosa che poi avvenne il giorno successivo. Mi raccontava che quel giorno successe di tutto nel Porto di Savona, fischiavano pallottole da tutte le parti, l’equipaggio della Città di Milano ha risposto al fuoco con le armi che aveva, ma la superiorità tedesca era nettamente superiore. E’ stato allora che il Di Maria insieme ad un altro Marinaio (che non ricordo il nome) sono scesi in sala macchine per aprire le valvole per l’auto affondamento, operazione avvenuta con successo.
    I tedeschi della Wermacht erano molto arrabbiati, fortunatamente per i marinai della Città di Milano, quelli rimasti (parecchi avevano disertato, non so se tu voglia scriverlo), sono stati fatti prigionieri da quelli della Kriegsmarine che li hanno trattati bene, prima di internarli nei campi di prigionia. 
    Spero di essere stato d’aiuto nell’aggiungere un’altra pagina della storia dei Marinai di una volta, sicuramente il Marinaio Di Maria è stato l’artefice dell’auto affondamento della regia nave Città di Milano!
    Vedi se riesci a correggere qualcosa, come ti ho già scritto non sono bravo a scrivere, ma  ci ho messo tutte le emozioni che il Di Maria mi ha trasmesso raccontandomi questa storia! 
    Ti auguro una serena serata e come dici sempre Tu:  
    Un abbraccio grande come il mare della Misericordia
    Giorgio Andreino Mancini

    Buongiorno Giorgio,
    accipicchia mi sono commosso. 
Innanzitutto ti dico che sei molto più bravo a scrivere di quanto tu pensi semplicemente perché hai scritto con la voce del cuore e di un Marinaio di una volta di cui ti prometto che cercheremo di conoscere la sua storia e il suo volto 
con l’aiuto di altri amici e colleghi nel blog.
    Nella certezza e consapevolezza che la storia siamo noi, con la nostra memoria storica, con i racconti tramandati, mi auguro che i lettori leggano, confermano ed aggiungano altro, per questo nostro amore incondizionato per il mare e per la Marina che abbiamo servito in tempi diversi ma da “Marinai di una volta e quindi da Marinai per sempre”
 .
    Tuo Ezio
    P.s. Siamo sulla rotta giusta, la rotta della solidarietà che farà attraccare la nostra nave, Nave Gerusalemme al Porto dell’Altissimo …marinai di una volta!
    Pancrazio “Ezio”
    (ore 10.28 del 8.2.2019)

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    Alberto Banfi (Pinerolo, 18.3.1903 – Roma, 28.1.1958)

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Pinerolo, 18.3.1903 – Roma,  28.1.1958)

    Nacque a Pinerolo (Torino) il 18 marzo 1903. Orfano di Ufficiale Superiore degli Alpini caduto alla testa del Battaglione “Val Varaita” durante il primo conflitto mondiale, nell’immediato dopoguerra entrò Allievo all’Accademia Navale di Livorno e nel 1923, al termine dei regolari corsi, conseguì la nomina a Guardiamarina, prendendo imbarco su unità siluranti di superficie.
    Promosso Sottotenente di Vascello nel gennaio 1925, Tenente di Vascello nel marzo 1928 e Capitano di Corvetta nel maggio 1936, ebbe il comando del cacciatorpediniere Borea e, dal gennaio 1940, il comando della 1^ Squadriglia Torpediniere ad Augusta, con insegna sull’Airone. L’11 ottobre 1940, durante una missione di intercettazione di forze navali nemiche nelle acque del Canale di Sicilia, sostenne un intenso ed aspro combattimento contro soverchianti forze navali nemiche e l’Airone al suo comando, inesorabilmente centrato dalle batterie dell’incrociatore inglese Ajax, affondò a circa tre miglia a Sud Est di Capo Passero.Trascinato nei gorghi e riportato a galla da una grossa bolla d’aria, gravemente ferito, fu tratto in salvo e poi ricoverato in un ospedale nazionale.
    Ripreso il servizio attivo nell’ottobre 1941, nel 1947 venne collocato, a domanda, nell’ausiliaria e nel marzo 1953 promosso Capitano di Vascello.
    Mori a Roma il 28 gennaio 1958.

    Fu insegno della  Medaglia d’oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Comandante di una squadriglia di torpediniere, nel corso di una ricerca notturna nei pressi di una base avversaria, riuscito a conseguire l’agognato contatto col nemico, con pronta, abile, audacissima manovra portò la squadriglia all’attacco spingendo con cosciente aggressività la propria torpediniera a ravvicinatissima distanza da un incrociatore inglese contro il quale lanciava tutti i siluri, aprì il tiro dei suoi cannoni ed infine quello delle mitragliere.
    Inflisse così al nemico danni considerevoli mentre la sua silurante, fatta segno alla preponderante reazione del fuoco avversario, veniva ripetutamente colpita. Gravemente ferito e visto vano ogni tentativo inteso a provvedere alla salvezza della torpediniera, dispose il salvataggio dei superstiti. Dopo aver con essi inneggiato al Re non li seguì sulla silurante accorsa per raccoglierli, ma volle dividere con i moribondi e con i feriti più gravi l’estrema sorte della sua nave che si inabissava.
    Riportato alla superficie del mare dall’onda stessa che lo aveva sommerso, in uno sforzo sovrumano delle sue già provate energie, riusciva a riunire i superstiti rifugiatisi su zattere. Sopravvenute condizioni di tempo avverse guidò i naufraghi inspirando in tutti, con la sua esemplare forza d’animo, calma e serenità. Ricuperato infine dopo 36 ore da unità nazionali, egli volle e seppe ancora essere di aiuto alla sua gente dando le direttive opportune perché tutti potessero essere salvati.
    Luminoso esempio di eroico ardimento, di elevatissime virtù militari e di ammirevole spirito di abnegazione”.
    Canale di Sicilia, 12 ottobre 1940.
    Fonte Marina Militare.

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    17-18.3.1918, affondamento piroscafo Tripoli (di Enrico Alessandro Valsecchi)

    segnalato da Leonardo Varchetta
    
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    Nella notte tra il 17 e il 18 marzo 1918, a poca distanza da Capo Figari in Sardegna un sommergibile tedesco provocò l’affondamento del piroscafo “Tripoli”, in servizio tra Golfo Aranci e Civitavecchia. In quel tragico evento morirono oltre trecento persone tra civili, equipaggio e militari, molti dei quali appartenenti alla Brigata Sassari della Marina Militare. Da allora, una coltre di silenzio sembra essere calata, sia a livello nazionale, sia a livello locale, su quello che a suo tempo fu definito “il più grande disastro della navigazione commerciale in Sardegna, ed il più grave e drammatico episodio della Prima Guerra Mondiale che abbia coinvolto l’isola”. Il libro ricostruisce nei particolari quella notte di tempesta e di morte.

    Titolo: L’ affondamento del Tripoli.
    Autore: Enrico Alessandro Valsecchi.
    Editore: Fratelli Frilli (collana tascabili).
    Prezzo: € 8,50.
Anno: 2004.
    Pagine: 120.
    Disponibile anche usato a € 4,25 su Libraccio.it

    La storia
    Alle ore 22.30 della notte del 17 Marzo il posto di controllo costiero militare del semaforo di Capo Figari inviò alla stazione radio di Caprera il seguente messaggio:
    – “Sentiti colpi di cannone molto lontani in direzione est”.
    Tra i sopravvissuti il marinaio Camillo Ogno, di Alghero, prima che il Tripoli andasse a fondo, costruì una zattera con materiale di fortuna e salvò alcuni naufraghi. Sbarcato dopo il disastro del Tripoli a Golfo Aranci, vi ritornò a guerra finita per sposarsi. Gli fu concessa un’alta decorazione.
    Si salvarono anche due giovani di Golfo Aranci, Girolamo e Giovanni Di Martino.

    Come sul Titanic
    Nella cabina radio, accesi i fanali di emergenza a causa della mancanza dell’energia elettrica per l’avaria subita dalla dinamo, il marconista Carlo Garzia (nato a Cascina, Pisa)aveva lavorato alla riparazione dell’apparecchio radio danneggiato dall’esplosione. Garzia non pensò mai di allontanarsi.
    Alle 24.22 riuscì a lanciare il primo S.O.S. e a comunicare la posizione della nave. Il messaggio, intercettato da La Maddalena e dal Mafalda, giunse fino a Tolone. Il contatto radio proseguì tra il Tripoli e la stazione radio di Caprera sino alle ore 2.05, quando il Tripoli inviò l’ultimo messaggio di soccorso urgente.
    Alle 2.15 il Tripoli, sollevata la prua in alto, affondò in pochi secondi. L’ufficiale radiotelegrafista Carlo Garzia, che non aveva voluto abbandonare la nave, perse la vita trascinato dal risucchio del bastimento. Gli fu concessa una medaglia d’argento alla memoria con la seguente motivazione:
    Di fronte al nemico ed al pericolo, dava mirabile prova di sangue freddo, tenacia e cosciente abnegazione, rimanendo fino all’ultimo al proprio posto per lanciare segnali di soccorso che permisero ad altre navi di accorrere al salvamento dei naufraghi della propria nave irremissibilmente perduta. 
Scompariva con la sua nave, dando generosamente la vita nel compimento del proprio dovere. Paraggi di Capo Figari, 17 Marzo 1918“.
(D.L. 26 Settembre 1918).

    Per saperne di più si consiglia la pagina Facebook “Golfo Aranci Nascosta” che è tra le più accreditate a fornire particolari in merito, digitando il seguente link:
    
https://www.facebook.com/figarolo