La disfatta di Matapan

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    Pietro Abatangelo (Mola di Bari, 8.12.1915 – Mare, 29.3.1941)

    di Nicola Aversa (*)
    Associazione “il Mondo Solidale” Mola di Bari

    Pietro Abatangelo fu il primo aviatore caduto durante la Seconda Guerra Mondiale.
    Figlio di Giuseppe e di Rago Anna, nasce a Mola di Bari l’8 dicembre 1915. Battezzato nella chiesa Matrice di Mola. Atto di Battesimo n. 565.
    E’ stato imbarcato sul regio incrociatore Pola (classe Zara) affondato durante la Seconda Guerra Mondiale, nella battaglia di Capo Matapan, il 29 marzo 1941. Aveva 26 anni.

    Pietro Abatangelo era un primo pilota di uno dei due idrovolanti del regio incrociatore Pola.
    E’ stato l’unico aviatore Molese caduto nella Seconda Guerra Mondiale.
    Scelse di imbarcarsi sulle navi e di pilotare gli idrovolanti che perlustravano le acque antistante le navi.
    Partecipò allo scontro della battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940.
    Il 26 novembre 1940 prese parte alla battaglia di Capo Teulada.
    Partecipò con la sua nave alla battaglia di Capo Matapan (vicino la Grecia) (28-29 marzo 1941)  la cosiddetta “piccola Caporetto della Regia Marina”.
    Difatti, dopo il siluramento della regia nave ammiraglia Vittorio Veneto, le altre unità si radunarono tutt’attorno all’unità colpita per difenderla da altri attacchi aerei.
    Fu in uno di questi attacchi che un aerosilurante inglese colpì il Pola con un siluro.
    L ‘aereo nemico aveva sganciato il siluro a soli 500 metri di distanza dalla nave, che non l’aveva potuto evitare. Dopo l’esplosione, il Pola aveva imbarcato grandi quantità d’acqua, le caldaie si erano spente, le macchine fermate, e la nave era rimasta immobile, priva di luce e dì energia.
    L’incrociatore, rimasto immobile nello scontro perché impossibilitato a fare fuoco (la mancanza di corrente elettrica, causata dal siluramento, impediva di usare le artiglierie), fu poi raggiunto dai cacciatorpediniere inglesi, che ne recuperarono l’equipaggio e successivamente lo silurarono.
    L’Incrociatore Pola, scosso da una violenta esplosione, affondò alle 4.03 del 29 marzo 1941, ultima nave italiana ad andare perduta nello scontro. Buona parte dell’equipaggio fu tratto in salvo da Gaetano Tavoni che poi, per l’immane sforzo, morì di infarto e il suo corpo non fu mai ritrovato così come il corpo di Pietro Abatangelo.
    Nella tragedia perirono 328 uomini su 1041 imbarcati.

    Caratteristiche tecniche regia nave Pola
    Dislocamento: 13.531 t (standard), 13.145 (pieno carico) t
    Lunghezza 182,8 m
    Larghezza 20,6 m
    Pescaggio 7,2 m
    Propulsione 8 caldaie; 2 turbine; 2 eliche 95.000 CV
    Velocità 32 nodi (pari a 63 km/h)
    Autonomia 5.230 miglia a 16 nodi
    Equipaggio 841
    Era armato da:
    • 8 cannoni da 203/50mm Ansaldo modello 1924 (in 4 installazioni binate)
    • 16 cannoni da 100/47mm OTO modello 1927 (in 8 installazioni binate)
    • 6 mitragliere da 40 mm/49 Vickers-Terni (in installazioni singole)
    • 8 mitragliere da 13,2 mm (4 installazioni binate)
    . 8 tubi lanciasiluri da 533 mm (in 4 installazioni binate fisse)
    . 2 idrovolanti della Piaggio P6
    . 1 catapulta

    La battaglia di Capo Matapan
    Le navi italiane che parteciparono allo scontro furono:
    1 nave da battaglia, la Corazzata Vittorio Veneto
    6 incrociatori pesanti, tra essi il Pola
    2 incrociatori leggeri
    13 cacciatorpediniere
    Tot. 22 navi

    Le Navi Inglesi e australiane che parteciparono allo scontro:
    1 portaerei
    3 navi da battaglia
    7 incrociatori leggeri
    16 cacciatorpediniere
    Tot. 27 navi

    Le Perdite italiane
    3 incrociatori affondati (Zara, Fiume, Pola)
    2 cacciatorpediniere affondati (Alfieri, Carducci)
    1 nave da battaglia danneggiata (Vittorio Veneto) 2.331 morti
    1.163 prigionieri

    Perdite inglesi
    1 aerosilurante abbattuto
    3 morti

    La battaglia navale di Capo Matapan viene ricordata da quasi tutti gli storici come la “tragedia della flotta italiana” nella quale la nostra poderosa flotta fu annientata da quella inglese perdendo definitivamente il dominio sul Mediterraneo.

    (*) Nicola Aversa è deceduto il 25.5.2019.

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    Gennaro Bali (Torre Annunziata, 15.12.1919 – Mare, 29.3.1941)

    di Vincenzo Marasco – Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

    (Torre Annunziata, 15.12.1919 – Mare, 29.3.1941)

    Alla cara e lieta Memoria del Marinaio Bali Gennaro, Figlio di Torre Annunziata.

    Gennaro è figlio di una Torre Annunziata diversa da quella che era rappresentata da quelle sue viscere di dedali, da cui tanti ragazzi si sono levati per la Patria. Egli nasce tra il Vesuvio e il mare e di sicuro non avrebbe mai pensato, in quella sua giovane fanciullezza che la sua vita sarebbe finita proprio su quel vasto mare che fronteggia la delicata costa vesuviana torrese.
    Gennaro nasce il 15 dicembre del 1919 a Torre Annunziata da Giovanni e Pepe Emilia. Poco dopo la famiglia risiederà a Boscoreale in Via Tenente Angelo Cirillo, al civico 18, poi si trasferirà in Via Vesuvio, nel comune di Torre Annunziata al civico 60, lì dove arriverà anche ad egli la chiamata alle Armi: la cartolina!

    Arruolato tra le fila degli equipaggi della Regia Marina, parte per La Spezia dove una volta inquadrato, e avuta la categoria di Marò Servizi Vari, viene destinato all’imbarco su Unità da guerra. Gennaro sale a bordo dell’Incrociatore Pesante Zara, dell’omonima classe, una delle navi ammiraglie della Regia Marina, tra le più potenti che l’Italia avesse a disposizione per l’epoca. E fu così che quella nave, per qualche anno, divenne la sua casa e la sua piazza.
    Alla fine del marzo del 1941, la guerra di superficie chiama ancora una volta in ballo la Regia Marina la quale si contendeva l’egemonia del Mediterraneo contro la potente flotta inglese. Il piano di Supermarina messo in essere a partire dalla notte del 26 marzo, prevedeva due rapidi incursioni della Squadra Navale italiana, posta per l’occasione a comando dell’Ammiraglio Iachino, nelle acque dell’isola di Creta, a caccia dei convogli Alleati e le loro relative scorte. Tutto doveva essere concentrato sull’effetto sorpresa, che a dire il vero venne subito sfatato, in quanto già nella serata del giorno successivo il comando navale inglese di Alessandria d’Egitto aveva intercettato e decifrati i messaggi che annunciavano le operazioni italiane.

    Dopo un primo scontro tra le unità navali italiane e inglesi avvenuto nella mattinata del 28 nelle acque dell’isola di Gaudo, non molto lontano da Creta, benché fossero in superiorità, cominciò lo stillicidio delle navi italiane a cui venne ordinato di invertire la rotta verso l’Italia, e con esse dei loro equipaggi. L’inseguimento inglese fu tanto coraggioso quanto spietato continuando senza sosta fino a quando non si arrivò nelle acque a sud di Capo Matapan. Nonostante gli equipaggi italiani continuarono a battersi con estremo valore e da grandi eroi, scansando e ricevendo colpi che arrivavano dal mare e dal cielo, senza il risparmio di risposte da parte delle unità per cui combattevano e in alcuni casi anche riparando in mare aperto i danni subiti dai siluramenti delle loro navi, per la loro fotta non ci fu scampo. La sera e la notte che seguirono furono quelli dell’agonia del Pola, del tentativo di soccorrerla da parte degli incrociatori Zara e Fiume e dello scatenarsi dell’inferno per queste ultime.
    Chissà Gennaro cosa pensò, e se ebbe tempo di pensare, in quel momento di estrema confusione. In tal caso vogliamo immaginarlo come un uomo coraggioso alla pari di tutti i suoi altri compagni, insieme spinti nel dovere dal motto “NESSUNO INDIETRO!”.
    La stessa sera, le due unità italiane da battaglia comandate dall’ammiraglio Cattaneo che ebbe l’ordine di ritornare incontro alla nave danneggiata per soccorrerla, arrivate nelle vicinanze del Pola agonizzante, non si accorsero della presenza delle corazzate inglesi che, appena le scorsero, cominciarono a cannoneggiarle da distanza ravvicinata.
    Alle 22.30 circa lo Zara e il Fiume vennero investiti da un’ondata di fuoco nemico, senza avere nemmeno il tempo di reagire. In pochi minuti, le esplosioni scatenate a bordo dai proietti navali della flotta inglese, che colpirono anche le santa barbare di bordo e dal fuoco che divampò ovunque, fecero strage di marinai che non ebbero modo di potersi salvare. Il colpo di grazia allo Zara arrivò poco dopo da parte del cacciatorpediniere inglese Jervis che la centrò con due siluri facendola saltare in aria.
    Dei 1098 uomini di equipaggio ne morirono 798. Tra questi il giovane torrese Bali Gennaro, il comandante Capitano di Vascello Luigi Corsi che non volle abbandonare la nave con i suoi uomini e lo stesso ammiraglio Cattaneo. Dai flutti vennero ripescati dagli inglesi solo 279 che furono condotti in prigionia.
    Era il 29 marzo del 1941!
    Evviva il Marinaio Bali Gennaro!


    Dedicato a tutti quei ragazzi che persero la vita durante la Battaglia di Capo Matapan. Italiani e Inglesi!
    Si ringraziano le signore Anna De Nicola, nipote, e Fortunata Bali, sorella, per avermi concesso la foto del loro congiunto.

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    Alfonso Ghezzi (Prata Camportaccio (SO),  27.9.1910 – Capo Matapan 28.03.1941)

    di Giorgio Gianoncelli (*)

    (Prata Camportaccio (SO),  27.9.1910 – Capo Matapan 28. 03.1941)

    Alfonso Ghezzi nasce a Prata Camportaccio (SO) il 27.9.1910 da famiglia di agricoltori della montagna in un borgo ameno sulla riva sinistra del fiume Mera (Maira), nella bassa Val Bregaglia.
    In quelle aree vallive i ragazzi, allo studio superiore devono privilegiare e prestare le braccia, il cuore e la mente alle necessità della vita quotidiana della famiglia.
    Alfonso cresce con il tuono del cannone della Prima Guerra Mondiale e la sua maturazione si conforma ai venti ruotanti del regime. Appassionato di meccanica, dopo la regolare scuola elementare, diventa garzone di officina, attrezzista meccanico. Attirato come tanti di noi montanari dal manifesto della Regia Marina, a domanda, il 29 luglio 1927, entra alle scuole CREM per il corso meccanici e inizia a vivere da Marinaio.
    Dopo molti imbarchi e su nave “Siracusa” per la Guerra d’Africa, arriva l’imbarco sul regio cacciatorpediniere “V. Alfieri” ai grandi lavori in arsenale.
    Il 10 giugno 1940 “l’Alfieri” è in linea con gli altri Poeti per la … danza sulle onde.

    Nell’inferno di fuoco di Capo Matapan, “l’Alfieri” è l’unica unità che riesce a dirigere alcuni colpi su un caccia avversario, poi, la violenta aggressione costringe il Comandante Salvatore Toscano a ordinare l’abbandono nave. Tra i superstiti, pochi, manca all’appello Alfonso Ghezzi, nato montanaro, rimasto Marinaio.

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    79° anniversario della battaglia di Capo Matapan

    di Marino Miccoli

    Buongiorno stimatissimo Ezio,
    oggi  28 marzo ricorre il 79° anniversario di Capo Matapan.
    Per commemorare i Caduti e i Dispersi di quella drammatica notte, così come ho fatto negli anni passati, anche quest’anno ho scritto un mio articolo per il tuo meritevole quanto seguitissimo sito ”La voce del Marinaio”. A corredo iconografico allego due vecchie quanto suggestive fotografie in bianco/nero che ho estratto appositamente dall’album di ricordi di mio padre. In tal modo, di buon grado, onoreremo i nostri Marinai ricordando l’eroico Capitano di Vascello Giorgio Giorgis, ultimo Comandante del Regio Incrociatore Fiume. Era quella la superba Unità su cui era imbarcato anche mio padre Antonio Miccoli, con il collega maresciallo capocannoniere Nazareno Bramante di Siracusa, Virgilio Barucca di Senigallia, Giuseppe Palazzolo di Torino di Sangro e tanti altri valorosi Marina italiani.
    Per l’occasione, non senza commozione, ho composto una dedica al Comandante Giorgis (che fu una mente brillante, un valente scrittore in materia navale e tra gli ideatori dei temuti barchini esplosivi utilizzati poi dalla XMAS); si tratta di un condensato di quanto narrava mio padre (che fu uno dei pochi sopravvissuti all’affondamento dell’incrociatore Fiume) a proposito della figura del Comandante di una nave.

    Nel ricordare il sacrificio del Capitano di Vascello Giorgio Giorgis e quello di numerosi Marinai italiani, voglio ribadire che non si trattò di una “battaglia” (come affermano ancora tante persone male informate) ma fu una vera e propria strage conseguente all’agguato notturno che fu teso dalla squadra navale inglese e al tiro a segno guidato dai radar che ne seguì sulle ignare Unità della nostra I Divisione Navale mentre stavano recandosi a soccorrere il Regio Incrociatore Pola in avaria.
    Riflettiamo non solo sui Caduti e Dispersi di quella tragica notte ma anche sul dolore e sulla disperazione che colpirono le loro famiglie; queste non videro più tornare a casa i loro Cari e ancora oggi ne piangono la perdita. Per tutti, mi sovviene ora il nome della carissima signora Lucia Bramante di Siracusa, figlia di Nazareno, che nella sua bellissima città è riuscita a far intitolare una piazza ai Caduti di Capo Matapan.
    In questo giorno rivolgiamo a tutti i nostri Marinai Caduti e Dispersi il nostro deferente pensiero.
    E a te mio stimatissimo maresciallo Vinciguerra con un forte abbraccio giunge pure la mia sincera riconoscenza per la sensibilità che dimostri di avere nei confronti di tutti i nostri Marinai che non hanno più fatto ritorno alle basi.
    Marino

    Capo Matapan nel ricordo del comandante Giorgio Giorgis
    di Marino Miccoli

    AL COMANDANTE GIORGIO GIORGIS

    In occasione del 78° anniversario di Capo Matapan ho scritto una mia dedica all’eroico e indimenticabile Capitano di Vascello Giorgio Giorgis ultimo Comandante del Regio Incrociatore Fiume. Questa breve raccolta di considerazioni sono estratte dalle narrazioni di mio padre Antonio Miccoli (all’epoca maresciallo capocannoniere stereotelemetrista). Egli fu uno dei pochi sopravvissuti all’affondamento dell’incrociatore pesante Fiume ed ebbe l’onore di conoscere personalmente la Medaglia d’Oro al Valor Militare Giorgio Giorgis.

    “Il Comandante e la sua nave sono un tutt’uno; possiamo dire che Egli si identifica con l’Unità che comanda; per questo il “padrone” di una lancia che riconduce a bordo di una nave il suo Comandante, all’intimazione rivoltagli dalla scolta (sentinella) di turno in coperta “CHI VA LA’?” risponde con il nome stesso della nave: “NAVE FIUME!” e non con il grado dell’Ufficiale, come avviene invece negli altri casi. Tutti i componenti dell’Equipaggio ubbidiscono consapevolmente al loro Comandante e lo rispettano innanzitutto come Uomo e poi come primo degli Ufficiali di bordo. Infatti i Marinai sanno che in caso di estremo pericolo Egli si adopererà per la salvezza di tutti i suoi Uomini, dal serpante al suo comandante in seconda. Egli sarà l’ultimo a lasciare la sua nave e non di rado accade che scelga di rimanere a bordo per seguirne onorevolmente il destino”. (Antonio Miccoli)

    E’ la notte del 28 marzo 1941, il destino del Regio Incrociatore Fiume e della gran parte del suo Equipaggio decise di seguire con grande onore il suo valoroso Comandante, il Capitano di Vascello Giorgio Giorgis. Infatti, poco prima dell’affondamento, nonostante fosse ferito alla testa e sanguinante, volle scendere tra i suoi Marinai per rincuorarli; li riunì e ordinò il saluto al Re. Poi diede l’ordine di abbandonare la nave. I Marinai sulle zattere e quelli già in mare, aggrappati a relitti e a galleggianti di fortuna (tra questi vi era anche mio padre) videro tra i bagliori delle fiamme dei numerosi incendi che divampavano a bordo, il loro fiero Comandante che, dopo essere salito a prora, scomparì tra le onde insieme a gran parte del suo valoroso Equipaggio e alla nave che aveva tanto amato.
    Oggi, attraverso la meritevole “banca della memoria” creata e sostenuta da Ezio Vinciguerra, io che sono il figlio di uno dei pochi sopravvissuti, ho voluto rievocare a tutti gli stimati visitatori di questo lodevole sito web il sacrificio dei tanti Marinai Italiani Caduti e Dispersi la tragica notte di 77 anni fa a largo di Capo Matapan attraverso il ricordo del valoroso comandante del Regio Incrociatore Fiume M.O.V.M. GIORGIO GIORGIS.
    Dinanzi al loro sacrificio chiniamo il nostro capo, rivolgiamo Loro il nostro riverente pensiero e in rispettoso silenzio onoriamone la memoria.

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