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Luciano Barca il “compagno comandante” della Regia Marina

tratto dal libro Buscando per mare
segnalato dall’ammiraglio Pio Forlani

Dalla quarta di copertina del libro
Luciano BarcaBuscando per mare con i mezzi d’assalto della Regia Marina, Luciano Barca approdò nel 1945 a una sezione del Partico Comunista Italiano. Ma negli anni successivi non dimenticò le imprese e le esperienze compiute in Marina: Alessandria, Algeri, il naufragio, il 25 luglio 1943, l’8 settembre, lo scontro a fuoco con i tedeschi, la Royal Navy.
Dopo tanto tempo di distanza Luciano Barca pubblica il brogliaccio di bordo dei sommergibili dei  quali è stato ufficiale di rotta, ufficiale in seconda, comandante.
E’ un racconto avventuroso e sorprendente, sul cui sfondo emergono gli amici, la famiglia, il quartiere di Roma, l’università degli anni trenta, le speranze e le inquietudini di una generazione segnata dalla guerra.
Luciano Barca, giornalista ed economista, è stato membro della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano e parlamentare per sette legislature; è presidente dell’Associazione Etica ed economia.
Tra i suoi libri pubblicati dagli Editori Riuniti ricordiamo:
– Il meccanismo unico (1968);
– Dizionario di politica economica (1974, nuova edizione 1983);
– Uscire da dove? (1986);
– Le classi intermedie (1989);
– Da Smith con simpatia (1997).

E’ salpato dalla sua cara Roma, per l’ultima missione, il 7.11.2012.

Testimonianza
… Ci sono generazioni che hanno vissuto in epoche in cui la geografia socio culturale, politica e perfino antropologica era nettamente delineata. I confini tra una e l’altra area erano nettamente segnati e oltrepassarli era difficile perché la comunità che occupava un’area coi suoi valori, le sue bandiere, i suoi inni dava certezze, forza e nello stesso tempo limitava lo spazio delle scelte singole. Oltrepassare i confini anche per compiere un singolo atto, e non solo come scelta definitiva, poteva costituire una perdita misurabile ed esponeva al rischio, dall’una o dall’altra parte, di scomuniche o espulsioni definitive. Non sto parlando di epoche lontane, quando l’8 settembre 1943 dovemmo scegliere tra l’alleanza con i nazisti o con gli angloamericani o, il che è lo stesso, tra fascismo e un’Italia diversa. Sto parlando, almeno per l’Italia, anche negli anni cinquanta ed anni più vicini ancora. E ci sono state epoche in cui i confini che appaiono ben netti sui libri di storia e che erano pur segnati, agli occhi di chi non voleva rifiutare l’evidenza, da marcate contrapposizioni tra libertà e tirannia, tra fede nella ragione fede nella forza, apparivano in alcuni momenti al singolo, soprattutto se giovane, più difficili da individuare. Così è stato all’entrata in guerra dell’Italia per coloro stessi che pur non erano fascisti o che dal fascismo si erano distaccati per l’orrore dell’approdo al razzismo o dell’aggressione alla Spagna repubblicana o, più tardi della complicità del fascismo nei crimini nazisti pur non conosciuti nella loro interezza ed efferatezza (ma che un ebreo si potesse vendere nella Roma occupata per cinquemila lire era noto). In particolare l’indeterminatezza dei confini pesava su quanti non facevano parte di una comunità organizzata attorno a valori alternativi, ma dovevano costruirsi ogni giorno da soli, o quasi, norme di comportamento.
La mia generazione ha vissuto tutto ciò attraversando queste epoche diverse. Ora individuando eroi da emulare, nemici della libertà e della democrazia da combattere senza esitazione; ora inventandosi percorsi individuali non guidati da una bussola certa.
Alle Botteghe Oscure di un temo ormai lontano esisteva un rituale per festeggiare i sessanta anni di un dirigente, rituale che poi fu spostato da Berlinguer ai settant’anni, in un suo tentativo personale di sfuggirlo o almeno rinviarlo di dieci anni. Secondo tale rituale – che in quei tempi oggi ricordati come spietati o non ricordati affatto, rispondeva tuttavia del suo operato a una base esigente e organizzata – prendeva la parola per un discorso che si collocava tra il panegirico e il “coccodrillo”, ma del quale gli esperti di palazzo sapevano riconoscere anche le cattiverie, e poi toccava al festeggiato rispondere.
Il 21 novembre 1980 toccò  a me sottopormi alla cerimonia che fu introdotta, se ricordo bene da Giorgio Napolitano. Avevo assistito a molte simili cerimonie e mi aveva dato sempre fastidio il ripetersi, nel discorso di ringraziamento, dell’affermazione, sincera nelle parole di un vecchio operaio come Arturo Colombi, ipocrita in altri, di dovere al partito tutto quello che si era.  Io, che pur credevo sinceramente nei partiti come ponte tra il personale ed il collettivo, creai scandalo tra i custodi del rito dicendo di essere debitore – a partire dalla mia famiglia – e verso varie istituzioni. Saltai tra esse la Chiesa anglicana frequentata fino al 1932 – anche se nella mia prima formazione fu importante quella casuale e anomala collocazione – ma misi volutamente tra esse la Regia Marina. Per il peso che ebbero, nel determinare il mio carattere, la guerra, il mare, la durezza di certe scelte, a disciplina e, soprattutto, la responsabilità della vita di altri uomini.
A questo debito verso la Marina, pur dopo tante traversie, delusioni, lacerazioni profonde e cinquant’anni di militanza politica nel Partito Comunista Italiano, credo ancora. Per lo schermo che la Marina mi ha offerto e al quale mi sono afferrato, non senza opportunismo, negli anni della guerra fascista; per la supplenza che essa ha esercitato, quando quasi tutta l’Italia era “res nullis”, nel concetto e nel ruolo di patria.
Luciano Barca

Buscando per mare con la decima MAS (Luciano Barca) - copia copertina - www.lavocedelmarinaio.com

14 commenti

  • Salvatore Lepre

    anche se molti di noi, nuovi marinai, non abbiamo fatto la guerra, la marina ci ha sicuramente forgiato nel carattere e nell’amor patrio.

  • EZIO VINCIGUERRA

    Ciao Salvatore Lepre sono convinto anch’io della tua affermazione, una cosa molto positiva dei Marinai di una volta è riconoscere l’obbedienza ed alcuni valori che la Marina ci ha forgiato e che oggi potrebbero apparire ai più anacronistici.
    Un abbraccio

  • EZIO VINCIGUERRA

    Buongiorno carissimo Piero Vatteroni non so se ci sia relazione di parentela tra i due ma mi sento di affermare che ci sia una gran bella sostanziale differenza di due mondi opposti di fare politica e servire l’Italia. Marinai di una volta, marinai per sempre e un abbraccio grande come il mare.

  • Marinaio di Lago

    Caro Pio e’ ENCOMIABILE la tua opera nel ricordo di chi ha dato per la patria e….la nostra Marina, grazie Ezio sei siete grandi.

  • Marinaio Leccese

    Ne sono molto e mi fa molto piacere conoscere la storia di uomini della marina, che hanno testimoniato la loro vita per la nostra patria

  • Salvatore Lepre

    l’amor patrio non è mai anacronistico. Ezio Pancrazio Vinciguerra, anzi, se stiamo andando alla deriva è proprio perche, onore, amor patrio, rispetto non albergano piu nella maggior parte degli italiani.

  • Pino Sammartano

    Una dichiarazione d’amore alla Marina, senza colore ne politica . Bellissime parole.

  • giuseppe

    Trovandomi di passaggio a Roma anni fa, mi recai presso la libreria della Stazione FS e chiesi di acquistare il libro
    “Buscando per mare con la decima MAS” di Luciano Barca, di cui avevo casualmente letto la recensione. Mi incuriosivano le ultime due parole del titolo non sapendo altro su Barca. Sapevo solo che era un economista e che era stato componente della segreteria nazionale del PCI. Comprai il libro e avendo del tempo a disposizione, mi recai alla Presidenza nazionale dell’ANMI, nella sede a Lungotevere delle armi. Lì, appena arrivato, mi fu chiesto se avevo acquistato il libro “Vita di Marinaio” scritto dall’Amm. Gino Birindelli, ne avevano ancora delle copie se mi interessava. Conoscevo, da marinaio, la vita dell’amm. Birindelli e, senza tirarmi indietro, presi anche tale libro. Mi ritrovai così con due personalità tatticamente antitetiche, ma con una formazione in comune. Trassi, affinando le mie conoscenze, come se ce ne fosse stato bisogno, l’insegnamento che non bisogna fermarsi alle apparenze per fomentare pregiudizi, le persone vanno apprezzate per ciò che credono e fanno. I Nostri hanno fatto molto lasciandoci le loro esperienze di una vita sulle quali dobbiamo incardinare i nostri valori.
    Grazie!

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