• Il mare nelle canzoni,  Recensioni,  Un mare di amici

    Dario Stivala (Catania, 3.11.1956 – 27.4.2020)

    (Catania, 3.11.1956 – 27.4.2020)

    Ciao Dario,
    la morte non è niente soprattutto per chi come te, come noi, ha fatto del sorriso e dell’ironia della vita, nella vita… la ragione di vita!

    Sei solamente passato dall’altra parte: è come se tu fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome Ricciolino che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, timbro di chitarra, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme: pira, puma e pessica da chiana, ope, masculini, pipi, mulanciani …
    Prega, sorridi, pensaci, musicanti e musicisti, suonatori e suonati, artisti e artigiani, catanisi e viddani! Prega, sorridi, pensaci!
    La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
    Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
    Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo da Piscaria…
    Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il nostro cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, perché ci ami e il tuo sorriso è la nostra pace, la tua pace eterna.
    Nel percorso della nostra vita talvolta si è costretti a dover affrontare momenti che hanno la parvenza di essere tristi quando una persona a noi cara sembra allontanarsi.
    “Amico,” è qualcosa di solito riservato a quelle persone a cui piace interagire con il prossimo e chi ha avuto l’onore ed il piacere di conoscerci sa che per noi è un cardine del nostro credo, come del resto per altre persone di buona volontà.
    Utilizzare i doni di Dio, “i talenti”, come mezzi di comunicazione, per primo la parola, e quindi il dialogo interpersonale, contribuisce nel sociale, specie il nostro, di stare bene e fare stare bene, senza mai chiedere nulla in cambio.
    La voglia di ben figurare come membri della “Grande Famiglia dei ciao ‘mbare” a cui apparteniamo, ci deve perseguire, specialmente durante il colloquio diretto e al buon esempio, che si da e si riceve … in termini di saggezza.
    Amico è questo.
    Fratello e amico sei stato tu.
    Ringrazio Dio di averci messo sullo stesso cammino di saggezza.
    Ricciolino.

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    Carlo Gualtiero Sorcinelli (Porto Recanati (Macerata), 27.2.1920 – Mare, 10.4.1944)

    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Porto Recanati (Macerata), 27.2.1920 – Mare, 10.4.1944)


    Nacque a Porto Recanati il 27 febbraio 1920, figlio di Oscar Renato e Lidia Mangarini. Si arruolò nella Regia Marina nel 1938, iniziando a frequentare la Regia Accademia Navale di Livorno, compiendo alcune crociere di addestramento a bordo della nave scuola Cristoforo Colombo. Uscì dall’Accademia il 28 agosto 1941 con il grado di guardiamarina, imbarcandosi sull’incrociatore leggero Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e poi sul cacciatorpediniere Camicia Nera. Divenuto sottotenente di vascello, dal maggio al settembre 1943 prestò servizio sulla nave scuola Amerigo Vespucci. Sbarcato per divenire insegnante presso l’Accademia Navale, dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943 iniziò a combattere contro i tedeschi. Già decorato sul campo con una Medaglia di bronzo e due Croci di guerra al valor militare, fu assegnato al Gruppo Mezzi d’Assalto, e poi trasferito in dicembre alla flottiglia MAS de La Maddalena, per assumere il comando del MAS 505.
    Il 10 aprile 1944, mentre a bordo del suo M.A.S. 505 stava navigando alla volta di Bastia, per svolgere una missione di collegamento fu ucciso da alcuni marinai ammutinatisi. I sottufficiali Giuseppe Cattaneo e Adelchi Vedana, e i sottocapi Antonio Cesare Dorio, Egidio Silvestri e Federico Azzalin Altovillo si impossessarono dell’unità con le armi, e, oltre a lui uccisero anche il tenente di vascello Primo Sarti, e il capitano di fregata Marcello Pucci Boncambi, ferendo anche un altro sottufficiale, e diressero poi per Porto Santo Stefano, dove consegnarono il MAS ai tedeschi. Questi ultimi disposero che le salme dei tre ufficiali fossero tumulate nel cimitero di Orbetello con tutti gli onori militari, alla presenza di un picchetto armato italo-tedesco. Tutti e tre gli ufficiali furono successivamente decorati con la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
    Appena saputo del fatto il principe Junio Valerio Borghese, comandante della X MAS della Marina Nazionale Repubblicana, diede ordine di arrestare e processare gli esecutori materiali dell’assassinio, ma essi erano già stati scarcerati dai tedeschi, malgrado le furiose proteste della marina della RSI, dopo aver passato un breve periodo di detenzione nel carcere di Perugia. Dopo la fine della guerra la sua salma venne esumata il 10 luglio 1945 e sottoposta ad autopsia, e il processo agli autori materiali, nel frattempo emigrati nelle Americhe, iniziò  a La Spezia il 23 maggio 1947. Dopo undici anni, i due autori principali del fatto, Giuseppe Cattaneo e Federico Azzalin Altovillo, furono condannati a trenta anni di carcere, che per effetto delle varie amnistie e condoni si ridussero a due.
    A Carlo Sorcinelli è stata intitolata una via di Taranto.

    Onorificenze
    – Medaglia d’oro al valor militare  con la seguente motivazione: «Giovane ufficiale già distintosi per coraggio ed abnegazione in precedenti fatti d’arme, in comando di M.A.S. che si trasferiva in base navale avanzata, veniva aggredito insieme ad altri due ufficiali da elementi faziosi che con armi alla mano intimavano di cedere alloro intendimento di consegnare l’unità al nemico oppressore della Patria- divisa. Malgrado la difficile situazione del momento e sebbene gli altri due ufficiali fossero già caduti, affrontava coraggiosamente gli aggressori, ma dopo impari lotta corpo a corpo, cadeva a sua volta colpito al petto da raffica di fucile mitragliatore, vittima del profondo senso di dedizione al dovere. Sacrificando se stesso riaffermava le più nobili tradizioni dell’onore militare e riscattava dall’onta la propria unità. Mar Tirreno, 10 aprile 1944». — Decreto del Capo Provvisorio dello Stato 15 agosto 1947.
    – Medaglia di bronzo al valore militare con la seguente motivazione: «Ufficiale di rotta di cacciatorpediniere di scorta a convoglio, nel corso di un aspro combattimento notturno contro superiori forze navali nemiche, disimpegnava il suo compito con sereno coraggio e perizia professionale. Nonostante l’intenso fuoco avversario, coadiuvava validamente il comandante nell’attacco contro un gruppo di cacciatorpediniere e un incrociatore che, colpito da siluro, esplodeva affondando rapidamente. Canale di Sicilia, notte del 2 dicembre 1942». — Regio Decreto 2 giugno 1944.
    – Croce di guerra al valor militare con la seguente motivazione: «Imbarcato su incrociatore, colpito durante una missione di scorta a convoglio, da offesa subacquea nemica, spontaneamente si offriva con serena fermezza ed elevato senso del dovere, di recarsi nei locali inferiori della nave parzialmente allagati per contribuire al governo dell’unità con mezzi di fortuna, rimanendo per un’intera notte e, malgrado o sprigionarsi di gas tossici, nell’assolvimento del suo difficile compito.» — Determinazione 1° aprile 1942.
    Croce di guerra al valor militare con la seguente motivazione: «Ufficiale di rotta di C.T., di scorta a convoglio, durante un violento attacco di aerei nemici che da bassa quota mitragliavano l’unità, provocando numerosi feriti tra il personale a lui vicino, adempiva efficacemente con sereno coraggio ed alto senso del dovere i suoi compiti e provvedeva con perizia alla continuazione del servizio nonostante le avarie verificatesi durante la navigazione.» — Determinazione del 14 gennaio 1943.

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    Carlo Alberto Quigini Puliga (Casale Monferrato (AL), 9.5.1840 – Camogli (GE), 11.4.1913)

    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Casale Monferrato (AL), 9.5.1840 – Camogli (GE), 11.4.1913)

    Nacque a Casale Monferrato il 9 maggio 1840, figlio di Pietro e Angelina Chionio Nuvoli. Nel 1853 venne ammesso a frequentare la Regia Scuola di Marina, conseguendo la nomina a guardiamarina di seconda classe nel 1857, e di prima classe nel 1859. Partecipò alla campagna navale del 1860-1861 imbarcato dapprima sulla corvetta a ruote Governolo, e poi sulla pirofregata Vittorio Emanuele, venendo decorato con una medaglia d’argento al valor militare per essersi distinto nei combattimenti sul Garigliano e a Mola di Gaeta. Il 1° settembre 1860 venne promosso sottotenente di vascello, e luogotenente di vascello di seconda classe il 1° ottobre 1862. Nel 1866, durante la terza guerra d’indipendenza italiana, partecipò alla campagna navale contro l’Austria imbarcato sulla fregata a elica Italia e poi sul pirovascello Re Galantuomo. Promosso capitano di fregata il 1° marzo 1876, fu imbarcato sulla nuova nave da battaglia Caio Duilio, e poi sull’avviso Marcantonio Colonna durante la crisi in Egitto del 1880-1881. Divenuto capitano di vascello il 1° marzo 1885, fu comandante dell’ariete corazzato Affondatore (1885-1887), della fregata a elica Maria Adelaide e della nave da battaglia Lepanto. Capo di stato maggiore del 1° Dipartimento marittimo di La Spezia, venne promosso contrammiraglio il 16 febbraio 1893 e assunse il comando della 2ª Divisione della Squadra navale che fu attiva dal 1895 al 1896. Il 16 aprile 1896 fu promosso viceammiraglio, e assunse il comando militare marittimo della piazzaforte de La Maddalena, e nel 1897 fu comandante superiore del C.R.E..[Il 1 luglio 1898 fu nominato sottosegretario di stato alla Marina, incarico che mantenne fino al 29 luglio 1900. Successivamente fu vicepresidente del Consiglio superiore di Marina, comandante in capo del 2° Dipartimento militare marittimo di Napoli (1901-1903) e del 1° Dipartimento militare marittimo di La Spezia (1903-1905). Lasciato il servizio attivo nel 1905, fu nominato Senatore del Regno d’Italia il 4 marzo dello stesso anno.
    E’ deceduto a Camogli l’11 aprile 1913.

    Onorificenze
    – Medaglia d’argento al valor militare: «Per essersi distinto nei fatti d’arme del Garigliano e di Mola di Gaeta.» — Regio Decreto 17 novembre 1860.
    – Cavaliere dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro — 8 giugno 1879.
    – Ufficiale dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro — 2 giugno 1887.
    – Commendatore dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro — 10 dicembre 1891.
    – Grande Ufficiale dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro — 9 giugno 1904.
    – Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia — 30 maggio 1884.
    – Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia — 7 dicembre 1890.
    – Grande Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia decorato di Gran Cordone — 24 dicembre 1896.
    – Cavaliere di gran croce decorato di gran cordone dell’Ordine della Corona d’Italia — 4 maggio 1905.
    – Medaglia commemorativa delle campagne delle guerre d’indipendenza con fascette 1860-1861 e 1866.
    – Medaglia commemorativa dell’Unità d’Italia.
    Croce d’oro per anzianità di servizio.

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    Armando Crisciani (Trieste, 18.3.1902 – Mare, 3.4.1941)

    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Trieste, 18.3.1902 – Mare, 3.4.1941)

     

    Nacque a Trieste il 18 marzo 1902. Dopo aver conseguito il diploma di capitano marittimo presso l’Istituto Nautico della sua città natale, nel 1922 fu chiamato a prestare servizio militare di leva nella Regia Marina, frequentando il corso per ufficiali di complemento presso la Regia Accademia Navale di Livorno. Nominato guardiamarina nel 1923 prestò servizio su varie unità della Squadra navale. Posto in congedo per fine del periodo di ferma nel novembre dello stesso anno, venne iscritto nei ruoli della Riserva Navale, e nel 1931 fu promosso sottotenente di vascello. Quattro anni dopo fu richiamato in servizio attivo per esigenze eccezionali, partecipando alle operazioni militari in Spagna e nel corso delle operazioni di occupazioni dell’Albania (aprile 1939). In quello stesso anno fu promosso tenente di vascello.
    All’atto dell’entrata in guerra del Regno d’Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, partecipò alle operazioni belliche nelle acque dell’A.O.I., in qualità di vicecomandante del regio cacciatorpediniere Daniele Manin in forza alla 3ª Squadriglia di stanza nel Mar Rosso. Il 3 aprile 1941, il Daniele Manin, insieme ad altre unità, partecipò al tentativo diretto su Porto Sudan e durante la navigazione sull’obiettivo, l’unità venne sottoposta ad incessanti attacchi aerei, che la danneggiarono gravemente, immobilizzandola e allora il comandante, Araldo Fadin, ne ordinò l’autoaffondamento per evitarne la cattura. Rimasto al suo posto fino all’ultimo, già salvo su uno zatterino, si offrì volontario di ritornare a bordo per predisporre le cariche esplosive insieme al sottocapo silurista Ulderico Sacchetto e al direttore di macchina Rodolfo Batageli. Tutti e tre rimasero uccisi quando il cacciatorpediniere si capovolse ed affondò. Una via di Trieste e una Roma portano il suo nome. Per questo suo atto eroico fu insignito di Medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione:
    «Ufficiale in seconda di Cacciatorpediniere dislocato in mari lontani dalla Patria, prendeva parte al disperato tentativo di attacco a base navale avversaria, durante il quale l’unità veniva sottoposta ad incessanti attacchi aerei che la danneggiavano gravemente fino a renderla inerme relitto in fiamme. Durante disperate ore di lotta coadiuvava efficacemente il Comandante gravemente ferito ed abbandonava tra gli ultimi la nave. Assillato dal timore che l’ordine di affondare la nave non avesse ancora esecuzione, tornava a bordo – malgrado il mitragliamento di aerei che la sorvolavano – per affrettarne la fine e scompariva in mare con essa nel generoso tentativo. Esempio di elevate virtù militari e profondo senso del dovere. Mar Rosso, 3 aprile 1941». — Decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1947.

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    3.4.1941, affondamento della regia nave Daniele Manin
    di Antonio Cimmino


    Il 2 aprile 1941 cinque cacciatorpediniere (Battisti, Sauro, Manin, Leone e Pantera) salparono da Massaua. Auto affondatosi il Battisti per un’avaria, i rimanenti 4 cacciatorpediniere furono attaccati, ad ondate successive, da 70 bombardieri Bristol Ben e aerosiluranti Fairey Sworfish. Dopo strenua difesa con le mitragliere di bordo di piccolo calibro (13,2,mm.), il Manin fu centrato da 2 bombe da 224 chili, fu immobilizzato e si preparò all’auto affondamento. Con l’esplosione lo scafo si capovolse, spezzandosi in due ed affondò.

    Persero la vita, in fondo al mare, circa 35 uomini dell’equipaggio.
    Era il 3 aprile 1941.

    PER GRAZIA RICEVUTA
    Fra i superstiti ci fu il Marinaio cannoniere O. Valentino Vuolo, matricola 28508, successivamente decorato con medaglia di Benemerenza Volontari di Guerra.

    Caratteristiche tecniche regio cacciatorpediniere Manin
    Cacciatorpediniere varato a Fiume il 1° maggio 1927.
    Dislocamento: 1.580 tonn.
    Lunghezza: 90,7 metri.
    Larghezza: 9,2 metri.
    Immersione: 3,7 metri.
    Apparato motore: 3 caldaie, 2 turbine, 2 eliche.
    Potenza: 38.000 HP.
    Velocità: 35 nodi.
    Armamento: 4 cannoni da 102/45 mm., 4 cannoni da 40/39 mm., 6 tubi lanciasiluri da 533 mm, 52 mine.
    Equipaggio: 145 uomini.
    Motto: Foco sopra foco s’ha da vincere o morir.
    Fu affondato il 3 aprile 1941 da un attacco aereo inglese presso Gedda (Mar Rosso) mentre tentava, con altre unità, un’incursione su Port Sudan.

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    Gennaro Maffettone (Napoli, 26.4.1918 – Mare, 14.7.1942)

    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Napoli, 26.4.1918 – Mare, 14.7.1942)

    Nacque a Napoli il 26 aprile 1918. Allievo all’Accademia Navale di Livorno dall’ottobre 1936, nel gennaio 1940 conseguì la nomina a Guardiamarina stando imbarcato sulla nave da battaglia Conte di Cavour. Con l’entrata in guerra dell’Italia, a domanda, fu destinato nell’Arma subacquea ed inviato presso la base atlantica di Betasom a Bordeaux (Francia), con imbarco sul sommergibile Calvi, con il quale partecipò all’affondamento di 5 navi mercantili, per un totale di 34.183 tsl, un probabile danneggiamento di un sesto mercantile di 10.000 tsl, ed al danneggiamento di un settimo mercantile.
    Il 2 luglio 1942 il sommergibile Calvi partì per la sua ultima missione, al comando del capitano di fregata Primo Longobardo.
    Il 14 luglio l’unità si mise alla ricerca del convoglio «SL. 115» (Sierra Leone-Regno Unito con quattro unità di scorta); lo avvistò nella serata del giorno successivo ma fu rilevato dal radar delle navi britanniche, una delle quali, lo sloop-of-war Lulworth (l’ex cutter della USCG Chelan da 1.500 t), lo attaccò costringendolo all’immersione rapida a 90 metri[2]. Le tre successive scariche di bombe di profondità provocarono seri danni al Calvi, che sprofondò sino a circa 200 metri sbandato ed in via di allagamento, rischiando la distruzione: il comandante Longobardo ordinò allora l’emersione per tentare di reagire coi cannoni ed intanto allontanarsi. Il sommergibile fu illuminato dai proiettori e le mitragliere del Lulworth falcidiarono i serventi del cannone poppiero del Calvi, che reagì lanciando due siluri con i tubi di poppa, ma inutilmente; la nave inglese cercò di speronare il sommergibile e la terza volta ne distrusse l’elica sinistra, bloccandolo. A quel punto, con il sommergibile immobilizzato e in fiamme ed i cannoni ormai funzionanti a fatica, il comandante Longobardo ordinò di autoaffondare ed abbandonare il sommergibile, ma subito dopo fu ucciso, assieme all’ufficiale di rotta, sottotenente di vascello Guido Bozzi, da una scarica di mitragliatrice. Poco dopo morì anche Maffettone, colpito da una cannonata, mentre stava dirigendo il tiro del cannone poppiero. Il suo corpo non venne più trovato. Il sommergibile scomparve sotto la superficie alle 00.27 del 15 luglio, a circa 480 miglia al sud dell’Isola San Miguel delle Azzorre, portando con sé più di metà dell’equipaggio.
    A lui e al comandante Primo Longobardo furono concesse la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria, mentre alla memoria del capitano GN Aristide Russo e del 2° capo Pietro Bini fu invece conferita la Medaglia d’argento.

    Onorificenze
    Medaglia d’oro al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’oro al valor militare «Giovane ufficiale imbarcato a domanda sin dall’inizio delle ostilità su sommergibile oceanico, si distingueva per slancio, capacità e sereno coraggio durante numerose e lunghe missioni di guerra spesso coronate da successo. Compiva sempre a bordo della stessa unità, prima in qualità di Ufficiale di Rotta e quindi come Ufficiale in seconda, circa ottomila ore di moto, con un totale di naviglio avversario affondato di 62.680 tonnellate. Nel corso di attacco a convoglio fortemente scortato, l’unità veniva avvistata e sottoposta a dura caccia da parte di forze preponderanti. Costretta ad emergere per i gravi danni subiti, impegnava impari ed aspro combattimento in superficie contro l’unità attaccante reagendo con il fuoco di tutte le sue armi e con i siluri. Caduto il Comandante e falcidiata la maggior parte degli uomini in coperta, mentre l’unità più volte colpita era in preda ad incendio, con mirabile spirito aggressivo seguitava a dirigere il tiro del pezzo di poppa incitando l’equipaggio alla resistenza estrema, fino a che mortalmente colpito dal ravvicinato e nutrito fuoco avversario, scompariva in mare dopo aver dato tutto se stesso per la grandezza della Patria. Oceano Atlantico, 16 giugno 1940 – 14 luglio 1942.» — Decreto del Presidente della Repubblica 11 aprile 1951.

    Medaglia di bronzo al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valor militare
    «Ufficiale imbarcato su sommergibile oceanico, in missione di guerra in Atlantico, coadiuvava con entusiasmo, coraggio e noncuranza del pericolo, il comandante nell’affondamento di cinque navi mercantili nemiche per oltre 47.000 tonnellate di stazza. Oceano Atlantico, 5 marzo -29 aprile 1942.» — Regio Decreto 17 agosto 1942.

    Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al valor militare
    «Imbarcato su sommergibile, nel primo anno del conflitto 1940-1943 partecipava a numerose, dure missioni di guerra in acque fortemente contrastate dall’avversario. In ogni circostanza dimostrava sereno coraggio ed elevato sentimento del dovere. Mediterraneo, Atlantico, 10 giugno 1940-9 giugno 1941.»

    Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al valor militare
    «Ufficiale in 2ª di sommergibile, animato da costante volontà combattiva ed alto spirito di sacrificio, nel terzo anno del conflitto 1940-1943 partecipava a rischiosa missione di guerra in acque aspramente contrastate dall’avversario. Scompariva in mare in seguito all’affondamento, in combattimento, della propria unità, lasciando esempio di elevato sentimento del dovere. Atlantico, 10 giugno-15 luglio 1942.»

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