• Recensioni,  Storia,  Un mare di amici

    Giovanni Sartori (Firenze, 13.5.1924 – Roma, 4.4.2017)

    (Firenze, 13.5.1924 – Roma, 4.4.2017)

    Sarà, questa, maggiore democrazia. Ma per esserlo davvero a ogni incremento di demo-potere dovrebbe corrispondere un incremento di demo-sapere. Altrimenti la democrazia diventa un sistema di governo nel quale sono i più incompetenti a decidere. Il che vuol dire un sistema di governo suicida (Giovanni Sartori da “Homo Videns ed. Laterza Bari – 1997).
    Intelligenti Pauca…

  • Per Grazia Ricevuta,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    La lettera alla mamma di Don Pierluigi Todeschini

    di Claudio Confessore

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    PER GRAZIA RICEVUTA

    Don Pierluigi Todeschini (Selino di Sant’Omobono, 1889 – Brembate di Sotto, 1933).
    Con il grado di Sergente, da seminarista, partecipò alle fasi iniziali della campagna in Libia durante la guerra italo-turca. Nel 1912 rientrò in Italia ed ordinato sacerdote prestò la sua opera prima a Gorno e poi a Stabello e a Chignolo d’Isola.
    Allo scoppio della Grande Guerra fu nominato cappellano dei “Lupi di Toscana” prima del 77° Reggimento e poi del 78°
    Amatissimo dai suoi soldati e dai superiori si distinse sul fronte italoaustriaco nel soccorso ai feriti e al termine della guerra si dedicò al recupero e all’identificazione di decine di migliaia di salme di militari sepolti nei luoghi delle battaglie.
    Gli furono concesse tre Medaglie d’Argento e quattro di Bronzo al Valor Militare ed una Medaglia d’Oro al merito della Sanità Pubblica. Fu parroco di Brembate di Sotto dal 1922 al 1933. Il comune gli ha intitolato una strada ed in ricordo gli è stato eretto un monumento.

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    Di seguito una lettera che don Pierluigi invio alla madre di fratelli gemelli del 78° Reggimento caduti al fronte.

    Cara mamma di Cosimo e Damiano,
    io non Ti ho mai vista ma quando ho conosciuto i Tuoi figli mi sembra di conoscerTi dall’eternità per quanto essi mi parlavano di Te; sento di amarTi col loro stesso amore poiché i loro occhi luccicavano di gioia nel pronunciare il Tuo nome. Io amo immensamente tutti questi cari figlioli e sarei pronto a dare la mia vita per ciascuno di essi, avevo per loro una predilezione speciale per la loro bontà, gracilità e fiducia incondizionata che in me avevano posto. Prima di scriverTi questa lettera, che Dio solo sa cosa mi costa, inginocchiato nel mio rifugio davanti al Crocifisso, ho scongiurato Cristo di darmi il coraggio.
    Carissima mamma, lascia che io Ti abbracci prima di darTi la notizia che trafiggerà il Tuo cuore: oggi 6 agosto 1917, alle pendici del monte Sabotino, in un’azione per la conquista di tale monte sono caduti valorosamente Cosimo e Damiano. Io ho seguito passo passo tale azione con i miei fanti, ho avuto l’ingrato e terribile compito di raccogliere le loro ultime parole. Cosimo mi disse: “Abbracci per me mia madre”, Damiano non parlò, il suo sguardo volto su di me e sul Crocifisso era l’espressione fulgida di un amore immenso, mi stringeva la mano fino a farmi male e me la lasciò solo dopo aver baciato il Crocifisso e chiusi gli occhi per sempre.
    Cara mamma, nella triste esperienza della trincea, io fui per loro più vecchio di sei anni non solo per la missione ma per l’affetto di padre e madre poiché nel mio cuore essi riversavano tutte le loro ansie e aspirazioni. Ho cercato di sostituirTi, mamma, e Ti sia di conforto il pensiero che non solo la mano pietosa del Cappellano ha composto le dilaniate membra, ma dell’amico, del padre che in questi due anni ha avuto modo di ammirare la loro bontà. Essi non prenderanno più il treno per venirTi a trovare ma il loro spirito è vicino a Te, è qui con me nel difficile compito di ogni giorno e di ogni ora. Pregherò per Te la Vergine dei dolori perché Ti dia la forza di sopportare questa terribile prova; le tue lacrime, quelle di tante madri e spose, il sacrificio generoso di questi giovani possano ottenere presto la pace. InviandoTi gli indumenti dei Tuoi figli, oso trattenere una Tua fotografia e una loro, così mi sentirò più vicino a voi. Chiudendo questa lettera che mai avrei voluto scrivere, Ti assicuro di aver provveduto alla sepoltura dei Tuoi figli con immenso amore, mentre ancora fischiavano le pallottole, non mancherò di recarmi sulla loro tomba fino a quando cessata la guerra mi sarà consentito la riesumazione per una più dignitosa sepoltura. Accetta, mamma, due baci che per i Tuoi figli Ti mando con profondo rispetto e amore; ricordaTi che oggi hai un altro figlio, questo Cappellano il quale con tutta umiltà si raccomanda alle Tue preghiere.

    Ti abbraccio, mamma, e accettami come Tuo figlio.

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    Cariddi, il fenomeno del respiro della terra

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    La Terra è un organismo vivente e pertanto per poter vivere ha bisogno di respirare. Come il respiro di ogni essere vivente la Terra, in base alla sua grandezza, al peso della sua massa, a tutto il contesto dei movimenti che compie ed alla velocità che gira attorno a se stessa ed al Sole, effettua un respiro che ha la durata complessiva di 12 ore: 6 ore per inspirare e 6 ore per espirare. Il suo apparato respiratorio è composto da vari canali posizionati e distribuiti in diversi punti del Pianeta. Uno dei canali principali si trova in uno squarcio della crosta terrestre nelle profondità dell’Oceano Atlantico, nell’Arcipelago delle Bermuda.
    Quando la Terra inspira in quel punto dell’oceano, viene a crearsi un grandissimo vortice con una gran quantità di mulinelli che risucchia i natanti verso la profondità degli abissi. Praticamente si crea una “spirale energetica” che partendo dal mare fino oltre l’atmosfera provoca, per la sua forte attrazione magnetica verso il basso, dei vuoti d’aria che attirano, come una calamita, anche gli aerei che sorvolano l’area soprastante. Di conseguenza, questo risucchio delle acque, causa il movimento delle correnti ed il fenomeno della bassa marea lungo le coste.
    Nelle 6 ore successive la Terra espira e quindi tutta l’acqua che aveva risucchiato in precedenza viene nuovamente espulsa formando delle fortissime correnti sicché, mentre prima vi era nelle coste il fenomeno della bassa marea, con questo movimento ne deriva il fenomeno dell’alta marea, come se ci fosse un fiume in piena.

    E’ lecito domandarsi che fine hanno fatto le imbarcazioni e gli oggetti risucchiati e inghiottiti dal vortice. Una spiegazione potrebbe essere quella che una volta entrati nel vortice, gli oggetti vengono sgretolati e fatti a brandelli dalla forte pressione dell’acqua e le parti più resistenti non inghiottiti dagli abissi, si fa fatica a ritrovarli perché spostati di parecchi gradi dalle forti correnti sottomarine.
    Nelle dovute proporzioni un fenomeno simile tutti i giorni si verifica, per identica causa, nello Stretto di Messina. Durante i secoli e i millenni la terra ha subito tante trasformazioni. In questo tratto di mare, oggi come nell’antichità, questo fenomeno era consueto. Fu proprio attraversando lo Stretto di Messina che Ulisse perse sia la nave che i propri compagni pagandone amaramente le conseguenze.
    Omero nell’Odissea chiamava questo fenomeno col nome di Cariddi.

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    Il saluto alla Bandiera

    di Giuseppe Salvo e Enzo Arena (*)

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo.


    Buongiorno carissimo Ezio,
    volevo renderti partecipe di una iniziativa partorita attraverso tue care pubblicazioni e letture su La Voce del Marinaio.
    Ti posto appresso quanto scritto. Un abbraccio affettuoso.

    Buongiorno Ammiraglio Arena,
    sono il prof. Giuseppe Salvo di Barcellona Pozzo di Gotto. Ho conosciuto la sua Persona attraverso la “Voce del Marinaio” e le pubblicazione del carissimo Ezio Pancrazio Vinciguerra. Da giovane sono stato Marinaio anche io e, con orgoglio e onore, a 20 anni, già studente universitario, ho indossato la divisa del Battaglione S.Marco. Adesso sono Preside in istituti superiori.
    Ho letto con attenzione molte sue poesie. Tra queste quella sulla “Bandiera Tricolore” mi ha profondamente colpito. Vorrei esternarLe una cosa che sicuramente Le farà molto piacere. Molti mie studenti, ai prossimi esami di stato commenteranno i versi di questa Sua Composizione dinnanzi alle Commissioni esaminatrici!

    Ho voluto trasmettere loro il Simbolo della nostra Bandiera e tutti quei valori e principi  costituzionali  che il nostro Tricolore incorpora attraverso le rime profonde che Lei ha scritto. Mi farebbe molto piacere, un giorno, poterLa invitare nelle scuole, per una testimonianza diretta di quei valori che, oggi con fatica, cerchiamo di trasmettere ai giovani studenti. Nell’attesa di poterLa conoscere di persona, nel ringraziarLa per le sue toccanti composizioni, cordialmente La saluto.
    Giuseppe Salvo
    Auguri a tutti i marinai e sommergibilisti Italiani.

    Il saluto alla Bandiera, quel gesto di portarsi la mano alla fronte
    di Enzo Arena



    Enzo-Arena-per-www.lavocedelmarinaio.com_1Quel gesto di portarsi la mano alla fronte per salutare militarmente la bandiera ogni volta che salivo o scendevo la passerella della Nave o Sommergibile dove ero imbarcato, poteva sembrare un gesto tanto abituale ed istintivo che veniva fatto meccanicamente. Invece no!
    Quel gesto che ripetevo anche decine di volte in un solo giorno, era un gesto che sentivo dentro, era un gesto che mi dava il piacere di essere ossequioso nei confronti di un simbolo così grande che riusciva a darmi orgoglio.
Mi soffermavo spesso a guardare con piacere anche tutti i colleghi che, come me, compivano quel gesto con amore e rispetto.
    Al suono del fischio che accompagnava “l’alza o l’ammaina bandiera” interrompevo qualsiasi cosa stessi facendo e, a capo scoperto, sull’attenti e con lo sguardo fisso sulla bandiera che lentamente saliva o scendeva lungo l’asta, seguivo con i brividi, così come facevano tutti i colleghi.
    Solo dopo che la bandiera aveva concluso il suo percorso ed il fischio o la tromba lo avevano segnalato, riprendeva il normale scorrere della vita nel nostro mondo.
    Grande il potere di quel simbolo! Per qualche minuto, tutti i giorni, alle otto del mattino ed al tramonto, la bandiera fermava lo scorrere della vita.

    Il saluto militare
    Il saluto alla Bandiera (Enzo Arena)

    Ti salutavo cento volte al giorno
    mentre salivo o scendevo passerella.
    Guardavo in alto e tu sempre presente.
    Io sull’attenti e tu sempre più bella.

    Eri il buongiorno, il buon vento,
    il “buon tutto” e… anche in mare,
    al tramonto con fischio e con onori:
    sere lontane e colme di preghiere.

    Il tuo lento salire lungo l’asta,
    il mio sentir la pelle accapponare.
    Cara bandiera, ti prego, resta in alto!
    Continua tanti cuori a far sperare!

    Ti vedo meno, ti vedo bistrattata.
    Ti vedo offesa, ferita e con stampella,
    Ma resta lì! Stai sempre a sventolare.
    Cara bandiera, sei sempre la più bella!

    Si consiglia la seguente lettura:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2020/03/la-bandiera-di-combattimento-delle-unita-navali-della-m-m-2/

    (*) per conoscere gli altri articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    13.5.1943, Augusta cronaca di guerra (79° anniversario)

    di Francesco Carriglio
    tratto da: http://www.augusta-framacamo.net/inserti-framacamo/insert21.asp

    Il porto di Augusta, a causa della sua copiosa attività navale militare, era diventato per gli inglesi un obiettivo primario nel settore orientale della Sicilia. Nei primi giorni del mese di maggio si ebbero le prime avvisaglie con sporadici bombardamenti. La R.A.F. di stanza nella base di Malta eseguiva con i suoi caccia-bombardieri “Spitfires” delle incursioni diurne allo scopo di colpire il naviglio militare in sosta nella Base Navale, molte delle bombe sganciate non colpirono i bersagli assegnati ma un numero rilevante di esse caddero sulle case dei cittadini augustani causando morte e distruzione. L’11 maggio l’arrivo nella rada di Augusta della Nave Cisterna “Carnaro”, il cui compito era il rifornimento di combustibile avion per gli idrovolanti RS 14 e per gli aeri tedeschi dislocati nelle basi di Comiso e Catania, diede spunto agli Anglo-Americani di attaccare Augusta. Il direttore del pontile Nafta, sia per le avvisaglie dei giorni precedenti che per il suo intuito, decise di fare ormeggiare la nave cisterna alla banchina di Giannalena, nella parte ovest del porto. Gli Anglo-Americani, con l’intento di colpire la Base Navale con due ondate di bombardamenti, dalla zona desertica di Bengasi, alle ore 10:12 fecero alzare in volo 28 quadrimotori statunitensi B-24D, due per motivi tecnici atterrarono nella base di Benina, così in 26 raggiunsero Augusta nella tarda mattinata del 13 maggio 1943. Suonarono le sirene dell’allarme aereo e il cielo fu sorvolato da 26 aerei B-24D denominati “Liberators”, ognuno con un carico di 9 bombe da 225 Kg, volando ad una altitudine di circa 6000 metri e, come stabilito dal loro piano di volo, sganciarono il loro carico di distruzione e di morte. Nulla poté fare la contraerea presente sul territorio, sia per l’altitudine dei bombardieri, sia per la foschia di quel tragico giorno. La difesa aerea riuscì a danneggiare solo qualche velivolo senza infliggere alcuna perdita alla Squadriglia Aerea. La prima ondata di bombardamenti colpì la zona portuale e limitrofa della città, mentre la seconda delle 13:40 effettuata dai caccia Liberators del 98° Gruppo Aereo colpì duramente la città sganciando su di essa 225 bombe, tutte su obiettivi civili. Alcuni di questi bombardieri, abbassandosi di quota, lanciarono delle bombe incendiarie da 2 Kg, aggiungendo focolai d’incendio alla già presente distruzione. Dopo i 10 interminabili minuti dell’attacco aereo chi dalle colline circostanti rivolgeva lo sguardo ad Augusta intravedeva un insieme di rovine e calcinacci fumanti, sicuramente una brutta visione ed un ricordo indelebile nella memoria di chi lo ha vissuto. La sera del 13 maggio la Nave Cisterna Carnaro, indenne, lasciò il porto di Augusta e si diresse verso un ormeggio più sicuro (porto di Siracusa). L’obiettivo primario degli Anglo-Americani non era stato colpito. Il Bollettino di Guerra N. 1084 del 14 maggio 1943 denunciò il bombardamento, minimizzando sia la potenza di fuoco che il numero delle vittime. Questo recitava un lieve danneggiamento agli edifici, il decesso di 19 persone e il ferimento di 41. Il Bollettino di Guerra N. 1084 fu rettificato il 17 giugno grazie alla stampa locale e nazionale che diede eco al disastroso evento. Il giorno 13 maggio 1943 fu un giorno luttuoso per la cittadinanza augustana poiché a causa dei bombardamenti perirono 23 uomini e 39 donne, con una età media di 32 anni. I danni al patrimonio edilizio e monumentale furono ingenti.

    13 maggio 1943 / 2021 – 78° Anniversario del bombardamento
    Nessun riconoscimento ha avuto la Città per aver subito nel secondo conflitto mondiale un gravoso bombardamento effettuato da 50 quadrimotori B-24D americani. Una tragedia colma di morti e di distruzione, molti si sono attivati affinché questo giorno non venga mai dimenticato, affinché la Città abbia il dovuto riconoscimento dallo Stato da poter apporre al proprio gonfalone a ricordo delle vittime di questo tragico giorno. Nel 78° anniversario in occasione della Giornata della Memoria Cittadina, la Giunta Comunale a guida del Sindaco Giuseppe Di Mare ha deciso di dedicare una piazza (con funzione di mercato) sita in Via Soccorso con la denominazione di “Piazza 13 Maggio 1943”, in ricordo del tragico giorno come riconoscimento alla Città e alle sue Vittime.