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    Lontane voci sul mare

    di Marino Miccoli (*)

    Buongiorno carissimo Ezio,
    dopo diverso tempo con piacere ritorno a te e agli stimati lettori del nostro giornale di bordo LA VOCE DEL MARINAIO inviandoti un mio articolo che ho intitolato LONTANE VOCI SUL MARE.
    Narra un fatto realmente accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale che vide protagonista mio zio Giovanni Miccoli (all’epoca Sottocapo Infermiere imbarcato sul regio Cacciasommergibili Zuri) il quale lo ricordava sulle pagine del suo diario di guerra.
    Le fotografie allegate sono estratte dall’album di mio padre, le pagine dal diario di guerra di zio Nino.
    Cordiali e marinareschi saluti ti giungono da Marino.

    Antonio e Giovanni Miccoli

    Mio zio Giovanni Miccoli, classe 1912, il secondo di sei fratelli di una famiglia di Spongano, un piccolo centro del Salento in provincia di Lecce, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu “richiamato” nella Regia Marina con il grado di Sottocapo e la qualifica di Infermiere. Tra le varie destinazioni del periodo bellico ricevette ordine d’imbarco sul Regio Cacciasommergibili ZURI * (vedasi nota in calce) e partecipò a molti, quanto pericolosi, servizi di scorta del traffico proveniente e diretto dalla Libia (a quell’epoca colonia italiana) in Italia, sulle cosiddette” rotte della morte”.

    Di seguito riporto una pagina del suo diario di guerra (gentilmente concessomi dal figlio nonché mio cugino Piero Miccoli), riguardante i fatti accaduti il giorno 22 dicembre 1941, in cui Egli narra un intervento della sua unità in soccorso a dei naufraghi, i marinai tedeschi del piroscafo-cargo “CARINZIA”, che era stato silurato e affondato. Fu proprio il Sottocapo Infermiere Giovanni Miccoli, mentre era comandato in servizio di vedetta notturna, che per primo, dal ponte di coperta dello Zuri, udì le flebili e lontanissime grida di aiuto dei naufraghi (che inizialmente erano quasi impercettibili, gli parevano essere come degli strani e debolissimi “cori” di voci umane) e avvisò il Comandante, il quale fidandosi del suo Sottocapo diede ordine a tutto il personale in servizio di vedetta di individuare la posizione dei naufraghi per poterli soccorrere. Così fu che furono individuate 2 zattere alla deriva con 13 marinai tedeschi a bordo, sopravvissuti all’affondamento della loro unità. Quando quei poveretti furono alfine individuati e recuperati dall’equipaggio del Cacciasommergibili Zuri, si apprese che erano rimasti balìa delle onde per ben due notti e un giorno. Ma non voglio dilungarmi oltre e passiamo direttamente alla lettura di quanto, al proposito, il Sottocapo Infermiere Giovanni Miccoli scrisse sulle pagine (da pag. 35 a 38) del suo diario di guerra:

    “[…] Tredici persone invece non avendo barche si salvarono su due zattere che sprovviste di remi erano rimaste in balìa delle onde restando due notti e un giorno sull’acqua. Fu questo che ci raccontò uno dei tredici tedeschi che sapeva parlare l’Italiano. Noi li prendemmo a bordo, li rianimammo con dei liquori e li facemmo mangiare, perché con giusta ragione avevano fame. Dopo mangiato e bevuto bene (i marinai tedeschi – n.d.r.) pareva che avessero dimenticato tutto il passato, si misero a ridere e scherzare, come se nulla avevano più passato. In questi tredici naufraghi c’era anche il comandante di quel piroscafo, cioè il CARINZIA, solo lui si vedeva con un po’ di malumore. Un naufrago di questi aveva la faccia un po’ insanguinata, aveva urtato vicino alla mitraglia di bordo a causa dello spostamento d’aria all’esplosione del siluro. Lo medicai accuratamente, come se fosse un fratello di sangue […]”.

    Proprio dopo aver letto l’ultima frase di quanto ho estratto dalla pagina 38 del diario del mio carissimo e compianto zio Nino, desidero stimolare nei lettori la riflessione sul fatto di come il pericolo di morte, il rischio concreto ed immediato di perdere la vita – che nel nostro caso è costituito dall’improvvisa morte che coglie i marinai durante un naufragio o dalla fine che inesorabile giunge successivamente per assideramento, sete, pazzìa ed altre nefaste cause conseguenti l’affondamento    – riesca ad affratellare gli esseri umani, a farli stare vicini gli uni agli altri e, sebbene siano di nazionalità diversa e fino ad un momento prima dei perfetti sconosciuti, riesca a farli sentire “fratelli di sangue” proprio come ha annotato sul suo diario , il Sottocapo Infermiere Giovanni Miccoli.

    A tutti coloro che, come mio zio Nino, mio padre Antonio, mio zio Enrico arruolati nella Regia Marina combatterono sul mare ed ebbero la disgrazia di vivere questi drammatici tempi di guerra, testimoni loro malgrado di tanti tragici fatti di sangue, rivolgo un caro e deferente pensiero e ne onoro la memoria.

    (*) Si consiglia la lettura dei seguenti link:

    https://www.lavocedelmarinaio.com/2010/04/eco-netto-eco-netto/

    https://www.lavocedelmarinaio.com/2010/05/eco-netto-eco-netto-l%e2%80%99epilogo/#:~:text=Eco%20netto!%20Eco%20netto!%20L%E2%80%99epilogo