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    Carlo Arpaia (Scafati, 24.9.1922 – 14.11.2018)

    a cura di Vincenzo Marasco e Antonio Papa – Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

    (Scafati, 24.9.1922 – 14.11.2018)

    Alla cara e lieta memoria del Marinaio radiotelegrafista Carlo Arpaia, nato a Scafati il 24 settembre 1922, residente in Torre Annunziata al civico 12 di Vico Supportico del vento.

    Parlo con piacere del Marinaio Carlo Arpaia anche perché ho avuto modo in più occasioni di poter discutere direttamente con lui dei suoi trascorsi, non perdendo occasione di registrare i nostri colloqui centrati sul suo periodo d’impiego sul fronte tunisino durante la Seconda Guerra Mondiale, in forza presso la Stazione Radio del Comando Marina di Biserta.
    Il signor Arpaia, come egli stesso raccontava, diceva di essere stato non poco fortunato in quanto a seguito di un bombardamento, un’esplosione avvenuta nelle sue vicinanze sbalzandolo lontano, lo aveva lasciato miracolosamente illeso mentre il compagno che era con lui, investito dalla potente deflagrazione, venne falciato e dilaniato a morte.
    Con la caduta di Biserta nelle mani delle truppe Alleate, Carlo venne fatto prigioniero e dopo la lunga trafila di spostamenti tra i vari campi di prigionia africani riservati ai soldati italiani catturati su quei vari fronti dalle truppe anglosassoni, finalmente e per fortuna approdò in Gran Bretagna dove rimase fino al momento della liberazione che avvenne tra il ’45 e il ’46.

    L’11 ottobre 1943, Carlo, dal Campo di prigionia n.87, dall’Inghilterra invia una lettera indirizzata al padre Giovanni:
    «Carissimi Genitori,
    prima di tutto vi do’ nota che godo di ottima saluta.
    Come sempre voglio sentire di tutti voi. Datemi al più presto vostre care notizie che aspetto con ansia. Datemi notizie di Ciccio, e di Aniello se si trovano fra voi tutti. Fatemi sapere se avete ricevuto una mia foto in gruppo di dieci persone.
    Datemi notizie della Nonna e famiglia e di zio Attilio, di tutti i zii, e zie che non ho ancora ricevuto sue notizie e sto’ molto in pensiero come pure di tutti voi.
    Saluti e baci alla nonna e famiglia a tutti i zii e zie e assieme x tutti voi dal vostro carissimo figlio Carlo.
    Saluti, alla Signora Luisella e famiglia di nuovo ciao.»

    La lettera non arriverà mai a destinazione in quanto trattenuta dalle autorità torresi e inserita e custodita nella sua cartella personale, dove è stata ritrovata dopo 76 anni.
    Il Marinaio Arpaia lascia la vita terrena il 14 novembre del 2018. Tuttavia la sua figura di uomo sempre orgoglioso, con indosso la sua inseparabile casacca da marinaio con sul petto le sue medaglie, resta una preziosa e viva testimonianza.
    Evviva il Marinaio Carlo Arpaia!

    • Fonti documentarie: Archivio Storico Uff. Leva di Torre Annunziata; Archivio Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”.
    • La fotografia del porto di Biserta è dell’Archivio Istituto Luce, tramite http://senato.archivioluce.it/.

    Si ringrazia la Signora, nonché amica Teresa Trapano per il suo prezioso contributo.

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    24.9.1913, impostazione della regia nave Francesco Nullo

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Questa unità navale era un cacciatorpediniere esploratore classe “Pilo”.

    Fu impostato il 24.9.1913, varato il 12.11.1914, entrato in servizio il 1° maggio 1915  con il nome di Francesco Nullo.
    Al termine del Primo Conflitto Mondiale l’8 dicembre 1919 era a Fiume dove si mise a disposizione di Gabriele D’Annunzio che aveva occupato la città. Fu radiato a causa dell’ammutinamento dell’equipaggio.
    Rientrò in servizio il 16.1.1921 per l’appunto con il nome di Fratelli Cairoli.
    Affondò a causa di mine (posata dal sommergibile HMS Rorqual) il 23.12.1940 a largo di Misurata mentre si trovava in navigazione da Tripoli a Bengasi.
    43 uomini dell’equipaggio furono tratti in salvo mentre 71 persero la vita, purtroppo Alfio risultò tra questi, disperso in mare.

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    Ettore Rais (Cagliari, 24.9.1919 – Mare, 17.4.1941)

    di Francesco Melis e Carlo Di Nitto

    (Cagliari, 24.9.1919 – Mare, 17.4.1941)

    Nasce a Cagliari il 24 settembre 1919, Sottocapo meccanico imbarcato sul regio cacciatorpediniere Baleno, mancava il  all’affetto dei suoi cari in seguito ad azione di guerra il 16 aprile 1941, immolando la sua giovane vita per la Patria nel Mar Mediterraneo Centrale.

    Affondamento regia nave Baleno
    di Carlo Di Nitto

    Questa unità, classe “Dardo”, dislocava 1920 tonnellate. Costruito nei cantieri navali del Quarnaro di Fiume, era stato impostato nel 1930, varato nel 1931 ed era entrato in servizio dal 1932.
    Il 17.04.1941 venne affondato in combattimento contro unità navali britanniche presso le secche di Kerkenah.
    All’inizio del combattimento il Baleno, che procedeva di lato al convoglio che scortava, fu cannoneggiato dalle navi nemiche senza aver il tempo di reagire. Il primo proiettile esplose in plancia uccidendo gli ufficiali; altri due perforarono lo scafo e centrarono la sala macchine, mettendo i motori fuori uso. In fiamme, immobilizzato e con l’armamento fuori uso, con quasi tutto l’equipaggio morto o ferito, il Baleno andò ad incagliarsi sulle secche di Kerkenah.
    I sopravvissuti furono solo 37.
    Irrimediabilmente danneggiato ed ormai abbandonato dall’equipaggio superstite, il Baleno si capovolse ed affondò.
    L’unità aveva effettuato intensa attività bellica (64 missioni di guerra delle quali 3 con le forze navali, 7 di caccia antisommergibile, 22 di scorta convogli, 5 addestrative e 27 di trasferimento o di altro tipo), percorrendo 18.782 miglia.
    ONORE AI SUOI CADUTI 

    Distintivo in argento del regio cacciatorpediniere Baleno

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    24-29.9.1860, la flotta italiana alla presa di Ancona

    di Francesco Carriglio
    www.augusta-framacamo.net 

    … 24-29.9.1860

    La divisione navale, che nel 1860 costituiva il nucleo principale della flotta italiana (ancora sarda praticamente perché i legni della tramontata Marina napoletana non potevano armarsi per difetto di uomini), si trovava ai primi, di settembre a Napoli, dopo aver preso parte attiva agli avvenimenti intervenuti dallo sbarco di Garibaldi in Sicilia all’abbandono della città partenopea da parte del Borbone. La divisione navale, al comando del contrammiraglio Carlo di Persano, era costituita dalle seguenti unità:
    – Pirofregata ad elica « Maria Adelaide », insegna Ammiraglia: Comandante Riccardi di Netro.
    – Pirofregata ad elica « Vittorio Emanuele » : Comandante Albini.
    – Pirofregata ad elica « Cario Alberto » : Comandante Galli della Mantica.
    – Fregata a vela « S. Michele » : Comandante Provana del Sabbione.
    – Pirocorvetta a ruote « Governolo » : Comandante D’Aste.
    – Pirocorvetta a ruote «Costituzione » : Comandante Wright.
    – Avviso a ruote « Malfatano » : Comandante Menale.
    – Avviso a ruote « Authion » : Comandante Piola.

    L’Ammiraglio Persano ebbe ordine di salpare da Napoli e portarsi ad Ancona, il che fece l’11 settembre, mentre nell’Umbria e nelle Marche era già divampata l’insurrezione contro il Governo Pontificio, e l’Esercito italiano, in due distinte colonne (Fanti e Cialdini), varcava le frontiere di quelle regioni. La divisione navale italiana, raggiunto l’alto Adriatico, si ancorava nella rada di Senigallia, e l’ammiraglio si recava a conferire con il generale Cialdini (17 settembre) per concretare le azioni che avrebbero dovuto svolgersi dal mare. Nei seguenti giorni, mentre le truppe provvedevano ad investire la Piazza di Ancona, si ebbe una serie di operazioni navali che, senza perdite ed avarie gravi, provocarono la resa della fortezza alla Marina. Il 18 si iniziò il bombardamento delle opere fortificate a mare ed un servizio di crociera; il 22 venne sbarcato sulla spiaggia aperta di Umana il parco d’assedio giunto da Genova col piroscafo Dora; il 23 era posto il blocco sulle coste con regolare notificazione. Il 23 stesso avveniva l’avanzata combinata con le truppe, durante la quale la divisione navale manteneva sotto un intenso fuoco le posizioni difensive pontificie, sia per distrarle dagli attacchi da parte di terra, sia per valutare l’efficienza delle opere avversarie. La « Carlo Alberto » e la « Vittorio Emanuele » maggiormente si distinsero nel tiro. Il giorno 24 fu sospeso il bombardamento per non intralciare i movimenti dell’Esercito, che tendevano ad impossessarsi di alcuni capisaldi; nella notte fu tentato il forzamento del porto con le lance armate, impresa però fallita perché scoperta in tempo dal nemico che bene vigilava.

    Il 25 e il 26 trascorsero con reiterati bombardamenti, specialmente ad opera del n Vittorio Emanuele e del « S. Michele », e nella notte sul 27 fu nuovamente tentato di penetrare nel porto. Benché fosse già stata raggiunta la scogliera del molo tuttavia non poté essere aperto un varco nelle ostruzioni in catena di chiusura, e all’alba la spedizione rientrò sulle navi con perdite insignificanti. Il 27 si avevano indizi che la resistenza della piazza si andava facendo più fiacca, sia per i danni subiti, sia perché i Pontifici ormai erano convinti che non potevano più ricacciare gli assedianti, e che nessuno aiuto straniero (Austria) sarebbe venuto in loro soccorso. Sembrava opportuno eseguire un’azione a fondo, benché un consiglio di guerra; tenutosi a bordo della «Maria Adelaide», ponesse in rilievo i rischi ai quali la, flotta, senza vicine basi di raddobbo, si sarebbe trovata in caso di gravi avarie allo sue unità. Era anche da considerare il fatto che una diminuzione nella potenzialità della flotta avrebbe potuto indurre l’Austria, ancora incerta, ad entrare nel conflitto. Però, siccome anche per la riuscita delle operazioni dell’Esercito si rendeva utile una diversione da mare, fu deciso che per il 28 la squadra avrebbe agito energicamente. Difatti verso le due del pomeriggio le navi «Vittorio Emanuele», Costituzione e Governo lo si approssimavano al porto per battere le batterie foranee da presso; poco dopo entrava in azione anche la «Carlo Alberto». Fu in questo epico duello fra le navi e le postazioni di terra che si distinsero, per nobilissimo spirito militare ed emulazione, i comandanti Albini, Galli e D’Aste, e tanto da meritare la medaglia d’oro al valore.

    Gli effetti del bombardamento furono micidiali per il nemico; le batterie bastionate del fronte a mare rimasero sconvolte, con i pezzi scavalcati, le polveriere distrutte e l’incendio divampante. Il generale pontificio De La Moriciére si vide costretto a chiedere la resa, il che fece mandando un parlamentare sulle navi. Il giorno dopo fu conclusa la consegna della Piazza con l’intervento dei capi dell’Esercito.