Pittori di mare

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    Ulisse e il suicidio delle sirene

    a cura Antonio Cimmino

    Questo articolo è dedicato a tutte le donne, in modo speciale a quelle dei marinai, che in ogni istante della loro esistenza si armano di santa pazienza, di buona volontà e di amore per l’unità della famiglia. Esse, come Penelope, amano semplicemente, come sempre e per sempre (Pancrazio “Ezio” Vinciguerra)

    Ulisse il mitico personaggio omerico rappresenta una metafora del viaggio di ogni individuo, quello che conduce alla conoscenza del mondo e di se stessi. Eroe antico e moderno allo stesso tempo, è un navigatore esperto che sa governare una nave ed un regno. Con il suo desiderio di avventura, il suo coraggio, la determinazione nel perseguire l’obiettivo, la capacità di leadership, la capacità di saper offrire sicurezza al proprio equipaggio, rappresenta la massima possibile espressione delle aspirazioni e delle qualità che un uomo di mare si pone e di cui desidererebbe poter disporre per realizzare i propri traguardi. D’altra parte l’uomo di mare è molto concreto per scelta e per necessità, dovendosi confrontare con un elemento che, in alcuni momenti, non lascia molto spazio alla fantasia e che richiede in ogni istante di dover risolvere il problema contingente prima di approntarsi alla soluzione di quello successivo. In questo senso ciascuno di noi marinai deve essere pienamente consapevole delle proprie capacità, frutto dell’esperienza e di un duro lavoro, per applicarle al meglio, avendo a riferimento i valori che la figura di Ulisse emblematicamente rappresenta. In una parola nessun marinaio può presumere di sentirsi come Ulisse. Ma identifica in questo mitico eroe la possibilità di raggiungere anche le mete più impegnative. Le reincarnazioni dell’eroe omerico sono decine e decine, e coloro che inaugurano il modernismo, Erza Pound, T.S. Eliot e James Joyce, lo aprono tutti significativamente, con l’ombra e le tracce di Ulisse. Un meccanismo che si ripete puntualmente dopo l’Ulisse dantesco, in romanzi come “Il vecchio e il mare”, “Il capitano Achab”, racconti coinvolgenti che nascono dallo stupore che l’uomo prova dinanzi a ciò che non conosce. In estrema sintesi, quando ciascuno di noi viene a contatto con le meraviglie del nuovo e dell’ignoto.

    La storia ci narra che oltre ad essere un indomito guerriero, fu un abile ingegnere, ne è testimonianza la prodigiosa invenzione del cavallo di Troia che ancora oggi ci sorprende per la genialità. La guerra tra troiani e greci fu vinta, da quest’ultimi, grazie a questo espediente, frutto della sua intelligenza. Oltre ad essere un abile artigiano, costruttore della zattera e del talamo nuziale, è il simbolo di chi sperimenta, ricerca, stupisce e si stupisce, di chi va alla scoperta del perché delle cose e delle ragioni di ciò che prova o incontra. Quando gli altri ritornano dalla guerra lui continua a navigare con i suoi amici per il Mediterraneo malgrado a Itaca, sua amata patria, abbia lasciato la fedele e innamorata moglie Penelope ed il figlio Telemaco. Penelope non è una donna torbida e intrigante come la malevola Circe che trasforma gli uomini in maiali. Sebbene altre donne innamorate e generose come Calipso e Nausica abbiano tentato di sedurlo, Ulisse non ha che un pensiero fisso: come ogni marinaio pensa alla sua amata, a suo figlio e alla propria terra. Prima di approdare nella sua Itaca, deve però affrontare uragani e divinità avverse; i mostri marini Scilla e Cariddi, resistere ai canti ammalianti delle sirene facendosi legare all’albero della nave. Perde i compagni nei naufragi. Si misura con il ciclope Polifemo: il gigante con un solo occhio che nell’Etna fabbrica i fulmini di Giove. Scende persino nell’Ade. Quando finalmente raggiunge la sua Itaca, malgrado Minerva lo ha trasformato in un mendicante per renderlo non identificabile, viene riconosciuto dal suo fedele cane Argo e dalla nutrice d’infanzia Euriclea. Si vendica dei Proci che tentano invano di rubargli la moglie e il regno e li uccide aiutato dal figlio. Fin qui l’epica storia del più ammirato dei marinai. Nonostante siano passati millenni dalle vicende raccontate nell’Odissea ancora oggi l’angelo del focolare resta la donna. Anzi negli ultimi tempi le donne sono diventate più forti e, pur avendo conquistato importanti posizioni nel lavoro e nella società contemporanea, rimangono, per la loro dedizione e generosità, la vera anima della famiglia, il punto di riferimento per i loro cari, il porto sicuro dopo le battaglie a cui la vita moderna ci sottopone.

    Ognuno di noi marinai sa che in fondo al proprio cuore c’è sempre una “Penelope” ad aspettarlo: la propria amata. La donna del nostro destino; la tessitrice di quel filo che, come Penelope, non finisce mai di raggomitolare, di quel filo, simbolo del legame e della continuità dell’amore eterno, che genera la vita (Pancrazio “Ezio” Vinciguerra).

  • C'era una volta un arsenale che costruiva navi,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Pittori di mare,  Recensioni,  Storia

    21.2.1860, affondamento della regia pirofregata Torquato Tasso

    di Antonio Cimmino

    …a Castellammare di Stabia c’era una volta un arsenale che costruiva navi, e adesso?


    La regia pirofregata a ruote Torquato Tasso fu costruita nel Real Cantiere Navale di Castellammare di Stabia e varata il 28 maggio 1856. Le sue caratteristiche tecniche principali erano le seguenti:


    – dislocamento: 1450 tonnellate;
    – scafo in legno con carena ramata;
    – dimensioni: 63,3 x 9,9 x 4,9 metri;
    – due ponti;
    – due alberi a brigantino – goletta con bompresso;
    – 4 caldaie Guppy e macchina alternativa da 300 cavalli costruita a Pietrarsa (Napoli);
    – armamento all’origine: 1 obice da 117 libbre con canna a ferro liscio, 1 cannone da 60 libbre a omba Myllar con canna a ferro liscio, 8 obici Paixans da 30 libbre con canna a ferro liscio, 2 cannoni da 12 libbre in bronzo su affusto (da sbarco);
    – equipaggio: 178 uomini.
    Affondò per fortunale il 20 o 21 febbraio 1860 al largo di Civitella del Tronto.

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    21.2.1922, impostazione della regia nave Quarnaro

    di Carlo Di Nitto

    La regia nave officina Quarnaro venne impostata il 21/2/1922 presso i Cantieri Scoglio Ulivi di Pola. Varata il 30/7/1924, fu completata e consegnata alla Regia Marina l’8/1/1927.
    Sia in tempo di pace che in periodo bellico, svolse notevole opera come nave di supporto logistico alle unità di squadra.
    Alla proclamazione dell’armistizio, la sera dell’8 settembre 1943, l’unità si trovava dislocata a Gaeta, ormeggiata all’interno del porto militare S. Antonio. Dopo aspri scontri con le truppe tedesche d’occupazione, l’equipaggio non riuscì ad impedire la cattura dell’unità che, qualche giorno dopo, venne affondata per ostruire le strutture del porto militare.
    Recuperata nel 1949, venne avviata alla demolizione.

    (Regia nave Quarnaro in rada a Gaeta)

    ATTIVITA’
    La Regia Nave Officina – Trasporto Nafta “Quarnaro”, sia in tempo di pace che in periodo bellico, svolse notevole opera come nave di supporto logistico alle Unità di Squadra. Venne dislocata nelle basi navali di Augusta, Napoli, Messina, Palermo, Napoli e Navarino (Grecia).
    Nei primi mesi del 1943 lasciò Navarino per far ritorno nelle acque metropolitane.
    Un testimone (Angelo De Angeli), racconta nelle sue Memorie:
     Al Comando della mia squadra navale fu ordinato di fare immediato rientro da Navarino, in Grecia alla madrepatria. Solo la nave officina di appoggio “QUARNARO”, sulla quale ero imbarcato, ritardò di un giorno in quella manovra. Alle 02.00 a.m. (non è stato possibile ricordare il mese e il giorno, l’anno era il 1943), il Comandante cap. di vascello Pietro Milella, diede l’ordine di partenza, proprio mentre sulle montagne vicine i partigiani greci accendevano falò per segnalare alla ricognizione aerea alleata la nostra posizione. La mia nave cominciò le manovre e riuscì ad uscire dal golfo di Navarino, sparando con i suoi pezzi in direzione dei falò. Dopo una navigazione abbastanza tranquilla, nonostante nel Mediterraneo incrociassero sottomarini alleati, giungemmo a Brindisi e poco dopo ci spostammo a Taranto. Infine, arrivammo a Palermo, nostra tappa finale, dove facemmo base. ”
    La Regia Nave Officina Nave “Quarnaro” dipendeva dal Comando Forze Navali.


    Alla proclamazione dell’armistizio, la sera dell’8 settembre 1943, il “Quarnaro” si trovava dislocato già da qualche tempo a Gaeta, ormeggiato all’interno del porto militare S. Antonio.
    Il Comandante, Capitano di vascello Pietro Milella, era in missione a Roma e della nave era responsabile il Comandante in 2a., cap. di corvetta Aniello Guida.
    Nelle acque di Gaeta si trovavano anche le corvette “Gru”, “Gabbiano” e “Pellicano”, il sommergibile “Axum”, la nave ospedale “Toscana”, le motosiluranti 55, 64 e 71, il MAS 544, oltre alcuni mezzi sussidiari minori.
    Quando, alle ore 19.45 circa, giunse via radio la voce del Maresciallo Badoglio che annunciava la proclamazione dell’armistizio, la prima reazione fu una prorompente euforia: sulle Unità i marinai correvano come pazzi da poppa a prua, saltando, urlando, abbracciandosi.
    Con il passare delle ore, attenuatosi l’iniziale entusiasmo, sorse la consapevolezza che Comandanti ed equipaggi si trovavano abbandonati a se stessi senza sapere se fuggire o se continuare ad attendere direttive dall’alto. Venne ordinato di distribuire le armi a tutti e di rinforzare i servizi di guardia, considerato che a Gaeta, oltre ad alcune motozattere, i tedeschi erano presenti in forze sulle colline circostanti.

    Nel frattempo automezzi tedeschi avevano cominciato a penetrare in città. Alle ore 2.20 del 9 settembre vi fu un attacco aereo tedesco e soldati germanici cominciarono ad affluire verso la banchina dove era ormeggiato il “Quarnaro”; altri penetravano di sorpresa nei locali della caserma del distaccamento Marina impossessandosi di armi automatiche e di fucili senza incontrare opposizione, perché il personale era ancora nel ricovero antiaereo.
    Quasi contemporaneamente i tedeschi tentavano anche la cattura delle tre corvette, ma per la pronta reazione degli equipaggi, queste unità riuscivano fortunosamente a prendere il largo. Sfuggivano alla cattura anche il sommergibile “Axum” e la nave ospedale “Toscana”.
    Il “Quarnaro” non era riuscito a partire come le altre unità perché disponeva di un apparato motore a vapore che abbisognava di molte ore per l’approntamento.

    Appena i marinai uscirono dal ricovero, si accese una furiosa lotta contro i tedeschi: con le armi individuali e qualche mitragliatrice gli italiani diedero battaglia, appoggiati dall’equipaggio e dalle armi di bordo del “Quarnaro”, contro il quale i germanici avevano aperto il fuoco. Per lungo tempo la zona del porto e quelle contigue furono teatro di accaniti scontri.
    I combattimenti durarono tutta la notte, con morti e feriti da ambo le parti, ma al mattino del 9 settembre la situazione era ristabilita: in mano italiana restavano la caserma e il “Quarnaro”. Verso le ore 09.00 i tedeschi, usciti sconfitti negli scontri notturni, riaprivano il fuoco con armi automatiche e cannoni leggeri contro il “Quarnaro”, colpendolo ripetutamente. Dalla nave i marinai risposero con maggior vigore ed accanimento.
    Alle ore 12.00 circa i tedeschi, rafforzati da soverchianti forze motorizzate e meccanizzate, a seguito di frenetiche trattative, riuscirono ad imporre il “cessate il fuoco” all’intero presidio di Gaeta, impossibilitato a continuare la resistenza al nemico. I combattimenti cessarono definitivamente verso le ore 14.00.
    Verso le 18.00 fu impartito l’ordine che i marinai, dopo aver consegnato armi e munizioni, consentissero che una pattuglia tedesca restasse a bordo per vigilanza, mentre Comando ed equipaggio avrebbero continuato a svolgere il loro servizio. Ovviamente, non potè non accadere che la pattuglia di vigilanza si trasformasse in reparto di cattura.
    Il “Quarnaro”, con poca acqua sotto la chiglia e notevolmente danneggiato dai colpi ricevuti, si trovò nella impossibilità di autoaffondarsi; fu così catturato dai Tedeschi.


    La Nave rimase abbandonata diversi giorni e dovette subire il saccheggio di sbandati, di detenuti evasi dal reclusorio militare, di civili che tentavano di risolvere problemi di approvvigionamento.
    Il 20 settembre una piccola squadra di genieri tedeschi, nell’intento di ostruire il porto militare, salì a bordo del “Quarnaro”, lo minò in punti vitali, appiccando anche il fuoco in diverse zone. Tagliati gli ormeggi, la nave fu mandata alla deriva. Percorsi un centinaio di metri, le cariche esplosero e la nave rovesciatasi immediatamente sul fianco sinistro affondò su un basso fondale.
    Come riferiscono diverse testimonianze, erano le ore 15.00 circa.
    Tutta la fiancata destra e le sovrastrutture rimasero in emersione e lo scafo, dopo aver continuato a bruciare per diverse ore, restò semisommerso a testimoniare i tragici eventi appena accaduti.
    Il relitto della Regia Nave Officina “Quarnaro”, venne recuperato nel 1949 e demolito. Al recupero partecipò un folto gruppo di maestranze locali.

    ONORE AI CADUTI E AI MARINAI DELLA REGIA NAVE OFFICINA “QUARNARO”, SIMBOLO DELLA RESISTENZA AI NAZISTI A GAETA.

    La regia nave officina “Quarnaro”, era stata impostata il 21/2/1922 presso i Cantieri Scoglio Ulivi di Pola. Varata il 30/7/1924, fu completata e consegnata alla Regia Marina l’8/1/1927.
    Alla proclamazione dell’armistizio, la sera dell’8 settembre 1943, la “Quarnaro” si trovava dislocata a Gaeta, ormeggiata all’interno del porto militare Sant’Antonio. Dopo aspri scontri con le truppe tedesche d’occupazione, l’equipaggio non riuscì ad impedire la cattura dell’unità che qualche giorno dopo venne affondata per ostruire le strutture del porto militare. Recuperata nel 1949, venne avviata alla demolizione.
    Dell’equipaggio della regia nave Quarnaro risultano caduti a Gaeta, nel settembre 1943:
    – CORINTO Benedetto, n. a Milazzo il 19/12/1921, marinaio cannoniere, disperso il 9/9/1943
    – MARGIOTTA Carlo, n. a il 12/3/1905, capo meccanico di seconda classe, deceduto il 9/9/1943
    – MORETTI Isaia G., n. a Villa d’Almè il 25/1/1920, marinaio fuochista, deceduto il 9/9/1943.


    Secondo una testimonianza orale raccolta diversi anni fa, furono fucilati all’interno della Base Navale “Sant’Antonio” (attuale Deposito POL – Nato) e si ha motivo di ritenere che, verosimilmente, vennero sepolti in forma anonima nel Cimitero di Gaeta dove tuttora riposano nell’ossario del Sacrario dei Garibaldini.
    ONORE ED ETERNA MEMORIA

    Caratteristiche tecniche

    Regia Nave QUARNARO (*) …

    Nella mia costante ricerca di fotografie relative alla Regia Marina e alle sue Navi, ho trovato questa immagine della Regia Nave Officina QUARNARO, affondata a Gaeta dai tedeschi il 22 settembre 1943 e diventata simbolo della resistenza ai nazisti nella nostra Città. Non è di grandissima qualità ma è originale. Paradossalmente l’ho trovata e acquistata, pensate un po’, proprio da un venditore tedesco…

    (*) Il nome assegnato all’unità navale è un vento che si forma sui monti del Quarnaro e una insenatura Istriana che sbocca sul mare adriatico e questo vento arriva da est/nord est.
    E’ un vento estivo di forma alba e arriva in coste del Mar Adriatico sul golfo di Venezia –  Chioggia al mattino.  Smette di soffiare a mezzogiorno perché poi arriva la brezza dello Scirocco.
    Questi venti girano d’estate e il Quarnaro porta molto caldo al pomeriggio.

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    16.2.1923, disarmo della regia nave Regina Elena

    di Carlo Di Nitto

    La regia nave da battaglia di 1a classe “Regina Elena”, classe omonima era una bella e possente unità che dislocava 13804 tonnellate a pieno carico. Costruita nei cantieri dell’arsenale Marina Militare di La Spezia, fu varata il 19/06/1904 ed entrò in servizio l’ 11/09/1907.
    Nei primi anni svolse intensa attività di squadra e di rappresentanza. Nel corso della guerra Italo – Turca, scortò i convogli diretti a Bengasi ed appoggiò gli sbarchi e l’occupazione delle città libiche. Contribuì all’occupazione di Rodi e delle altre isole del Dodecaneso, effettuando numerose crociere nel mar Egeo.
    Durante la Prima Guerra Mondiale, essendo ormai tecnicamente superata, svolse attività bellica assai limitata, prevalentemente in Adriatico. Dopo il conflitto passò in disponibilità e usata come nave scuola per sottufficiali e allievi torpedinieri.

    Nel 1921 venne declassata a “Corazzata Costiera”; posta in disarmo il 16/2/1923, venne radiata il 15 marzo successivo.
    Il suo motto fu “Pro Patria et Rege”.

    REGIA NAVE DA BATTAGLIA REGINA ELENA – Una suggestiva immagine da prora della prora


    CONSEGNA DELLA BANDIERA DI COMBATTIMENTO ALLA REGIA CORAZZATA “REGINA ELENA”

    Domenica 21 aprile 1907, a La Spezia, il re Vittorio Emanuele III dopo aver presenziato in arsenale al varo della nave da battaglia Roma (2^), nel corso di una solenne cerimonia consegnò la Bandiera di combattimento alla regia corazzata “Regina Elena” (comandante, capitano di vascello David Gerra). L’artistico vessillo, racchiuso in un elegante cofano e benedetto dal vescovo di Luni – Sarzana (poi La Spezia), monsignor Giovanni Carli, era stato eseguito e ricamato dalle allieve della Scuola professionale di Roma sopra tessuti serici di produzione italiana.

    Dopo i discorsi di rito, e la firma del verbale di consegna, il comandante affidò la Bandiera ai guardiamarina Zina e Grana che l’alzarono al picco di maestra tra le salve delle artiglierie di bordo ed il saluto dell’equipaggio.Nella foto è ripreso questo momento della cerimonia.
Una curiosità: la Regina non poté presenziare alla cerimonia per un malore dovuto all’appena iniziata gravidanza della futura principessa Giovanna.
La Regia Nave da Battaglia “Regina Elena” entrò in servizio nella Regia Marina il successivo 11 settembre. Fu radiata nel 1923.

    a cura Fernando Antonio Toma


    Questa cartolina commemorativa d’epoca illustra il varo della regia nave Roma. A La Spezia il re Vittorio Emanuele, dopo aver presenziato in arsenale al varo della nave da  battaglia Roma (classe Vittorio Emanuele), nel corso di una solenne cerimonia consegnò la bandiera di combattimento alla nave da Battaglia Regina Elena. Per l’occasione fu coniata una medaglia commemorativa con il motto “Pro Patria et Rege” scelto proprio dalla stessa regina.

    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/04/21-4-1907-consegna-bandiera-combattimento-alla-regia-nave-regina-elena-e-varo-regia-nave-roma/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2015/10/augusta-li-13-10-1907-saluti-dalla-regia-nave-regina-elena/

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    16.2.1888, armamento della regia nave Saetta

    a cura Antonio Cimmino e Giorgio Gianoncelli

    Breve storia
    Iscritta nei quadri della Regia Marina il 26 novembre 1884 come torpediniera d’alto mare, nel 1886 fu riclassificata avviso-torpediniere.
    Fu varata il 30 maggio 1887 presso il Regio Cantiere navale di Castellammare di Stabia
    Trasferita a Spezia, venne assegnata alla 2ª Divisione della Squadra permanente.
    Il 16 febbraio 1888 venne posta in armamento.
    Dal 17 al 27 maggio 1888 fece un viaggio a Barcellona operando in seguito nel Tirreno. Nell’autunno svolse missioni di squadra nell’Egeo.
    Il 17 ottobre partecipò alla rivista navale di Napoli per la visita dell’Imperatore di Germania Guglielmo II°.
    Rientrata a Spezia ed assegnata alla 3ª Divisione della Squadra permanente, partecipò alle esercitazioni nel Tirreno ed in Sicilia.
    Il 21 agosto 1889 venne messa in riserva a Spezia per passare in disponibilità il 1° luglio 1891.
    Il 16 luglio 1892 venne riarmata per le prove di cambio alimentazione da carbone a nafta.
    Il 21 settembre 1892 venne assegnata alla 1ª Divisione della Squadra permanente.
    Il 21 gennaio 1893 venne messa in disponibilità a Spezia ed il 16 dicembre in riserva.
    Nel gennaio 1894 venne riarmata e partecipò alle esercitazioni nel Mar Ligure.
    Rimessa in riserva il 1° ottobre 1895, venne assegnata al servizio della RN Trinacria, allora utilizzata come Nave Scuola Torpedinieri.
    In seguito svolse vari compiti, assegnata alla Scuola Torpedinieri della Spezia, missioni e servizio fari lungo la costa ligure, servizio Scuola Cannonieri a Spezia, alternati a periodi di messa in disponibilità.
    Il 16 marzo 1908 passò in disarmo definitivo.
    Venne radiata il 14 maggio 1908 e successivamente demolita.

    Caratteristiche tecniche
    Dislocamento: 370 tonnellate
    Dimensioni: 56,70 x 6,31 x 2,79
    Apparato motore: 4 caldaie e 2 motrici alternative
    Potenza: 2100 hp – 2 eliche
    Velocità: 17 nodi
    Armamento: 2 cannoni da 57 mm.; 3 cannoni da 37 mm., 1 tubo lanciasiluri da 356 mm.; 2 tubi l.s. a poppa
    Equipaggio: 55 uomini.

    di Giorgio Gianoncelli

    Una cartolina postale dalla regia nave “Saetta” in data 2 settembre 1942 dal Tenente di Vascello Franco Traverso, ligure di Genova – Cisalpino di Tresivio.

    Ho trovato una cartolina postale di guerra, spedita il 2 settembre 1942 da bordo del Cacciatorpediniere “Saetta” e diretta a Tresivio, in provincia di Sondrio.
    La cartolina è scritta dal Tenente di Vascello Franco Traverso, in quel momento Comandante in 2^ dell’unità e la manda alla nonna materna. Oltre al reperto storico ben conservato, colpisce la delicatezza e l’amore dell’Ufficiale, oramai trentenne, nel riguardo dell’anziana nonna, N.D. Anita Guicciardi, che la tiene informata dei suoi passaggi in quei momenti di guerra aspri e crudeli.
    L’ufficiale inizia lo scritto con l’appellativo “nonnina”, che solitamente si usa da fanciulli, e termina, con un “affettuosissimo abbraccio dal tuo tanto devoto …”

    È una bella emozione leggere cose così lontane dei momenti critici delle persone, tanto più provenienti dall’ampiezza del mare per approdare in un piccolo paese di una grande valle alpina.
    Franco Traverso inizia la guerra da Tenente di Vascello imbarcato sull’Incrociatore “Eugenio di Savoia”, quale ufficiale di rotta, ed è presente al primo intervento a fuoco di Punta Stilo. Per l’occasione, i suoi ordini, salvano la nave dalle bombe sganciate da aerei italiani (fuoco amico).

    Con la regia nave “Saetta”, in scorta convogli si guadagna una Medaglia di bronzo al valor militare sul Campo e una Croce al valor militare sempre sul Campo, poi, il mattino del 3 febbraio 1943, nel canale di Sicilia con mare agitato, una mina vagante spezza in due tronconi la Nave e Franco Traverso, con i superstiti, è in acqua, dove rimane per 45 ore, per essere ripescato in condizioni critiche, e da quel momento la sua vita cambia, in peggio.

    Franco Traverso termina così la guerra, vive ancora molti anni, soggiorna tanti mesi dell’anno nel paese della “nonnina” e l’accompagna nell’ultimo suo viaggio, poi, anche lui lascia la vita terrena, a noi rimane la cartolina postale nel ricordo di una persona gentile, con una radice in questa amena valle.