Marinai di una volta

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    26.4.1943, in ricordo di Antonio Maltese

    segnalato da Carlo Trapani


    Salve e buongiorno a tutti.
    Queste sono le testuali parole della figlia ormai settantenne di Antonio Maltese che mi ha consegnato:
    Mio padre Carlo si imbarcò con un suo cugino sulla stessa nave da combattimento che durante uno dei tanti pattugliamenti entrarono in contatto con un’unità nemica.


    Da lì ne scaturì un cannoneggiamento dove la stessa unità Italiana fu colpita sul ponte di prua, dove mio padre cannoniere era stato assegnato.

    Nella deflagrazione rimase ucciso suo cugino e provocò uno squarcio tale che lui e la sua postazione rimasero tagliati fuori dal resto del natante e nonostante la gravità dell’accaduto lui rimase al suo posto“.

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    26.4.1890, regia nave da trasporto Volta (ex Dundee)

    di Carlo Di Nitto


    La regia nave da trasporto Volta, già ex mercantile inglese “Dundee”, dislocava 2520 tonnellate.
    Varata il 25/1/1883 presso i cantieri britannici Gourlay Brothers Company di Dunde, venne acquistata dalla Regia Marina nel 1884 ove entrò in servizio il 19/4/1885.
    Fu radiata il 01/03/1914 (dopo la radiazione fu venduta a privati).
    Il 24 aprile 1890, dopo aver portato a Zanzibar il nuovo console generale italiano, durante il viaggio di ritorno, sostò a Uarsciek, sulla costa somala a nord di Mogadiscio, per portare doni ai signorotti locali al fine di rafforzare le relazioni con l’Italia. Una pirobarca con otto uomini, comandata dal Sottotenente di Vascello Carlo Zavagli da Rimini, scese a terra per ottemperare agli ordini ricevuti. Accolti apparentemente con benevolenza, gli Italiani furono ben presto circondati dagli indigeni ed aggrediti. Il sottotenente Zavagli, ferito mortalmente da una frecciata alla gola, fu capace di coordinare il rientro ma subito dopo spirò. Gravemente ferito, morì anche il marinaio Bertorello Angelo, mentre il sottonocchiere Bertolucci Angelo pur ferito, gettatosi in acqua, riuscì a liberare l’elica della pirobarca che rientrò a bordo grazie alla perizia del Capo Macchinista di 3^ Classe Simoni Alfredo.



    I cannoni dell’unità aprirono il fuoco contro gli aggressori, ma con scarso successo perché questi, nel frattempo, si erano rifugiati nell’interno.

    Il 26 aprile, alle ore 12, i corpi dei due Caduti furono sepolti in mare.
    Zavagli, Bertolucci, Bertorello e Simoni furono decorati di Medaglia d’Argento al Valor Militare (Zavagli e Bertorello, “alla Memoria”).
Anche queste Navi minori hanno fatto la storia della nostra Marina, con i loro decorati al Valore ed i loro Caduti. Onore ad Essi!
    Nel frattempo ho scoperto che altri due componenti dell’equipaggio della Pirobarca furono decorati invece con Medaglia di Bronzo al V.M. Gonnella Giovanni (2° Capo timoniere) e Gorini Giuseppe (fuochista di 2^ Classe).

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    26.4.1874, disarmo della pirofregata Italia

    di Antonio Cimmino

    a cura Antonio Cimmino

    … a Castellammare di Stabia c’era un arsenale che costruiva navi, e adesso?

    La fregata di I rango ad elica Farnese fu impostata il 2.9.1857 nel Real Arsenale di Castellammare di Stabia per conto della Marina Borbonica. Fu varata il 6.4.1861 per conto della Regia Marina Italiana e ribattezzata Italia. Era una nave gemella di Gaeta e Borbona (poi Garibaldi) sempre varate nel cantiere navale stabiese.
    La regia fregata Italia, disarmata a Napoli il 26.4.1874, fu radiata il 31.3.1875.

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    26.4.2013, in ricordo di Giuseppe Aldo Di Cuonzo

    di Pietro Serarcangeli (*)
    https://www.facebook.com/pietro.serarcangeli?fref=nf

    Il giorno 26 aprile 2013 il Maresciallo motorista Giuseppe Aldo Di Cuonzo, dopo una tremenda malattia dovuta all’esposizione all’amianto, salpava per la sua ultima missione lasciando nel dolore e nella disperazione la Famiglia, la signora Maria e le adorate figlie.
    Giuseppe Aldo era una persona apprezzata e benvoluta da tutti. Lo avevo conosciuto durante la mia permanenza all’Officina Pronto Intervento di La Spezia e avevo potuto notarne le doti di altruismo che aveva per gli amici. Sempre pronto a dare una mano non disdegnava mai di farsi avanti, all’occorrenza.
    Ciao Giuseppe, riposa in pace nel tranquillo mare tra le braccia di Nostro Signore.

    Si consiglia la lettura del seguente link:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2015/08/pratica-amianto-le-daremo-tutta-lassistenza-possibile/

     

     

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    Arturo Martini (Napoli, 5.11.1881 – Gaeta, 26.4.1969) e la Beffa di Buccari

    di Carlo Di Nitto (1)

    (Napoli, 5.11.1881 – Gaeta, 26.4.1969)


    …il ricordo di un marinaio mai dimenticato.

    Eravamo ragazzi allora e vivevamo intensamente i favolosi anni Sessanta.
    Al cinema, Clint Eastwood faceva giustizia con la sua “colt” nei film di Sergio Leone ed i nostri miti erano i Beatles ed il mare.
    Eravamo ammalati di mare e per noi la pesca rappresentava il massimo del nostro rapporto con la natura.
    Quando andavamo a Gaeta vecchia, quasi sempre incontravamo a Punta della Sanità un vecchio signore intento a pescare. La sua canna da pesca era rigorosamente di bambù, non come quelle di oggi fatte in fibra o resina, e doveva essere anche abbastanza pesante; portava tutte le sue cose in un cestino di vimini che gli serviva pure da sgabello. Si diceva che i cefali tremavano quando lo sentivano arrivare.
    Nonostante l’età, era ancora un bell’uomo; ispirava una simpatia istintiva ed il suo portamento era caratterizzato da una fierezza che ci affascinava, anche se non sapevamo perché.
    Cercando di dargli il minor fastidio possibile, gli chiedevamo consigli che lui, ben volentieri, ci forniva con dovizia di particolari. Ci parlava del mare come di un grande amico, dei suoi segreti, dei suoi misteri, della sua poesia, del rispetto che gli è dovuto.
    Era conosciuto da tutti come il cavalier Martini, Arturo Martini.
    Negli anni successivi, appresi che il cavalier Martini durante la Grande Guerra era stato decorato più volte per il suo eroico comportamento. Nella sua modestia non aveva mai parlato di sé ed allora, cercando di saperne di più, scoprii molte cose della sua nobile e generosa vita, che oggi me ne rendono ancora più vivo ed entusiasta il ricordo.
    Era nato a Napoli nel 1881 e si arruolò ben presto nella Regia Marina con la categoria di silurista. Trovandosi a Gaeta per servizio, conobbe Laura, una bella ragazza gaetana che sarebbe diventata la sua sposa.

    Durante la Grande Guerra, con il grado di Secondo Capo silurista ed assegnato ai MAS al comando di Luigi Rizzo, prese parte alle più note ed eroiche imprese compiute da questo Comandante, sulle quali tanto è stato scritto.
    Fu Arturo Martini, imbarcato sul MAS 9, che il 9 dicembre 1917 sganciò i siluri che affondarono la corazzata austroungarica “Wien” nel corso di un’ardita azione nel porto di Trieste.
    Successivamente, nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918, partecipò alla “Beffa di Buccari(2), impresa di grande risonanza psicologica e propagandistica, alla quale prese parte anche il poeta Gabriele d’Annunzio che, cantandola nei suoi versi, contribuì a risollevare il morale italiano dopo la triste esperienza di Caporetto:

    «… Siamo trenta d’una sorte,
    e trentuno con la morte.

    … Siamo trenta su tre gusci
    su tre tavole di ponte:
    secco fegato, cuor duro,
    cuoia dure, dura fronte …»

    “… Non torneremo indietro‑ «Memento Audere Semper» leggo su la tavoletta che sta dietro la ruota del timone: il motto composto poco fa, le tre parole che sono la disciplina del nostro Corpo. Il timoniere ha trovato subito il modo di scriverle in belle maiuscole, tenendo con una mano la ruota e con l’altra la matita. «Ricordati di osar sempre».”

    Per la sua compartecipazione a queste imprese, Arturo Martini venne decorato di medaglie d’argento e di bronzo al Valor Militare.
    Negli anni successivi il cavalier Martini, si stabilì definitivamente a Gaeta a trascorrere con serenità gli anni della vecchiaia. La vita non gli aveva concesso la gioia di avere figli, ma la sua gentilezza e la sua cordialità lo resero amato ed apprezzato da quanti ebbero la fortuna di conoscerne le qualità umane.
    Nel 1969 la sua amata Laura si addormentò per sempre. Poche ore dopo, anche il nobile e generoso cuore di Arturo Martini, che non aveva  retto al dolore di aver perso la compagna della sua lunga vita, cessò di battere.
    Dormono insieme nel cimitero di Gaeta e, per una circostanza fortuita, vicino a lui riposa un eroico compagno di Buccari: il Marinaio scelto Giuseppe Corti da Ponza.
    Sulla tomba si legge:

    Cavaliere Arturo Martini, “dei trenta di Buccari”.

    Note:
    (1) Carlo Di Nitto 
    Nasce il 5 novembre 1948 a Gaeta (LT)  in anni ancora difficili; ha vissuto una giovinezza stupenda nei favolosi anni ’60. Orgogliosamente ha prestato servizio nella Marina Militare ed ha navigato un po’ nella Marina Mercantile come Allievo ufficiale Macchine. E felicemente coniugato, ha due figlie splendide che lo vorrebbero un po’ più magro (e in questo sono più dure della madre).
    Dopo trentasette anni di servizio nella pubblica Amministrazione (I.N.P.D.A.P.) è approdato alla pensione. Attualmente riveste l’incarico di Presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia Gruppo di Gaeta (Latina) e i suoi passatempo preferiti sono la lettura e la fotografia.
    Digita sul motore di ricerca del blog il suo nome  e cognome per conoscer glia altri articoli.
    Contatti

    http://www.anmigaeta.com
    carandin@iol.it
    carlo.dinitto@libero.it

    (2) La Beffa di Buccari
    L’azione svoltasi nella notte sull’11 febbraio 1918, passò alla storia come la beffa di Buccari, e fu annoverata dagli storici “tra le imprese più audaci” del conflitto con una “influenza morale incalcolabile”, anche se purtroppo “sterile di risultati materiali”. Al comando di Costanzo Ciano, all’azione parteciparono i M.A.S. 96 (al comando di Rizzo con a bordo Gabriele D’Annunzio), 95 e 94, rimorchiati ciascuno da una torpediniera e con la protezione di unità leggere. Dopo quattordici ore di navigazione, alle 22.00 del 10 febbraio, i tre M.A.S. iniziarono il loro pericoloso trasferimento dalla zona compresa tra l’isola di Cherso e la costa istriana sino alla baia di Buccari dove, secondo le informazioni dello spionaggio, sostavano unità nemiche sia mercantili sia militari.
    L’audacia dell’impresa trova ragione di essere nel percorso di 50 miglia tra le maglie della difesa costiera nemica, anche se l’attacco non riuscì, dato che i siluri lanciati dalle 3 motosiluranti si impigliarono nelle reti che erano a protezione dei piroscafi alla fonda. Le unità italiane riuscirono successivamente a riguadagnare il largo tra l’incredulità dei posti di vedetta austriaci che non credettero possibile che unità italiane fossero entrate fino in fondo al porto, e che non reagirono con le armi ritenendo dovesse trattarsi di naviglio austriaco.
    Dal punto di vista propriamente operativo, emerse un elemento importante dalla scorreria dei M.A.S. a Buccari: le facili smagliature ed il mancato coordinamento del sistema di vigilanza costiero austriaco che finiva per prestare il fianco all’intraprendenza dei marinai italiani sempre più audaci.
    L’impresa di Buccari ebbe poi una grande risonanza, in una guerra in cui gli aspetti psicologici cominciavano ad avere un preciso rilievo, anche per la partecipazione diretta di Gabriele D’Annunzio, che abilmente orchestrò i risvolti propagandistici dell’azione e che lascio in mare davanti alla costa nemica, tre bottiglie ornate di nastri tricolori recanti un satirico messaggio così concepito: “In onta alla cautissima

    Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia”.
    (tratto da
    http://www.marina.difesa.it/storiacultura/storia/palazzomarina/Pagine/LabeffadiBuccari.aspx)

    Per saperne di più
    Autore: Giorgio Giorgerini;
    Titolo: Attacco dal mare;
    Casa editrice: Mondadori;
    Anno di pubblicazione: 2007;
    ISBN: 8804512431;
    Cartonato con sovraccoperta, f.to 14,0 x 21,5 cm. pag. 468.
    Dai Primi MAS della Grande Guerra ai barchini esplosivi e ai “maiali” della X Flottiglia, ai mezzi avveniristici di oggi: un secolo di storia dei reparti d’assalto navale italiani.

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    I nonni del Reggimento San Marco

    di Carlo Di Nitto

    I “Nonni” dei Marò del “San Marco”, ovvero i “Marinai dei reparti da sbarco” si imbarcano per rientrare a bordo delle proprie unità sulla spiaggia di Vendicio tra Gaeta e Formia. Fotografia eseguita verosimilmente nel mese di settembre 1909 al termine di una imponente esercitazione terrestre e navale svoltasi alla presenza del re Vittorio Emanuele III con largo impiego di marinai dei reparti da sbarco. Sullo sfondo l’inconfondibile profilo della collina di Monte di Conca sovrastata dal Forte di artiglieria costiera “Emilio Savio” che fu oggetto di un attacco simulato da parte dei reparti da sbarco appoggiati dalle artiglierie delle unità navali partecipanti.