Il mare nelle canzoni

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    Giorgio Brancatelli, era mio padre

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    tratto da Emigrante di poppa (diritti riservati)

    L’ultima partita di campionato mi riservò gioia e dolore. La gioia per aver segnato il primo gol della mia vita in un torneo ufficiale. I compagni mi sostennero, mi abbracciarono, gioivano per “Ricciolino” che finalmente aveva segnato un gol. In quella partita ricevetti un calcio al volto, più esattamente nella guancia destra, dove ancora oggi porto una cicatrice che sembra avermi scolpito, quando rido, una fossetta. Ma non fu il vero dolore, per me che aspettavo la fine dell’incontro di calcio per rientrare a casa e dare la bella notizia ai miei familiari. Ma l’uscio era spalancato. La casa piena di vicini con aria mesta, triste e sconsolata. Le donne piangevano, percepivo le voci dei vicini che esclamavano:
    – “Ecco è arrivato il figlio, povero bambino”.
    Capii. Corsi verso la ringhiera del balcone per nascondere le lacrime, mi accartocciai su me stesso in posizione fetale per covare il dolore. Piangevo, singhiozzavo e mi soffiavo ripetutamente il naso. Se ne era andato troppo in fretta: non avevo fatto a comunicargli che suo figlio aveva fatto finalmente “goal”, che aveva vinto qualcosa di importante e che adesso l’avrebbe fatto felice anche studiando la musica.
    Giorno triste, per quel bambino che si apprestava a diventare ragazzo. Senza un fratello, senza un confidente.
    Nell’immediatezza non ebbi il coraggio di guardare mio padre sul letto di morte. Volevo ricordarlo da vivo, mi parve. Solo l’insistenza di parenti e conoscenti mi convinsero a vederlo prima che fosse chiuso nella sua povera bara di legno di ebano liscio lucidato. Giaceva fermo e rigido sul talamo nuziale al centro della stanza con due enormi candelabri ai piedi del letto, una coroncina del rosario fra le mani e l’immaginetta di San Giorgio, il suo santo protettore, adagiata su quell’esile corpo ridotto a pelle ed ossa.
    La messa ed il funerale furono maggiormente strazianti. Il dolore di mia madre, la disperazione delle mie sorelle, specialmente di mia sorella Angela, ricordo; e l’interminabile omelia funebre del sacerdote che, pur esaltando i pregi in vita di mio padre, non esitò a dire che la vita, seppur nel dolore, continua. Continua un corno, pensavo io.
    Il rientro a scuola fu ancora piú difficile per Ricciolino, anche se erano gli ultimi giorni di lezioni. Alla vista dei compagni scoppiai in lacrime. Avvertivo come un senso di vergogna. L’insegnante di matematica, la professoressa Sozzi, mi venne subito incontro, il suo alunno prediletto aveva perso il genitore: l’unico della classe con tale lutto. Lei non era sposata ma ci sapeva fare con i ragazzi. Aveva modi spiccioli, decisi e atteggiamenti quasi maschili. Mi disse di non piangere e di comportarmi da uomo. In effetti non aveva torto.
    Il bambino che era in me, invece di diventare ragazzo, divenne uomo. Tra poco iniziavano le vacanze estive e si ritornava a Castelmola.
    Ma di quell’estate non ricordo nulla!

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    Pino Daniele è Napoli (Napoli, 19.3.1955 – Roma, 4.1.2015)

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra e Antonio Cimmino

    (Napoli, 19.3.1955 – Roma, 4.1.2015)

    Ciao Pino di te mi resterà il mare di questa immagine, perché chi “tene ‘o mare” si accorge di tutto quello che succede e cammina con la bocca salata, “o ’ sape ca è fesso e cuntento perché chi tene ‘o mare porta na Croce e nun tiene niente”…

    pino daniele

    .. Napoli è na camminata, ind’è viche… nziem all’ate”.
    Grazie Antonio Cimmino, se ti dico che ti voglio bene, mi credi?

    (Pino Daniele)

    Voglio ‘o mare,
    ‘e quatto ‘a notte miezzo ‘o pane
    e si cadesse ‘o munne sano,
    je nun me sposto
    e resto ‘a sotto a mo’ guardà.
    Voglio ‘o mare,
    cù ‘e mmura antiche e cchiù carnale
    a vita ‘o ssaje ce pò fa male
    e per sognare poi qualcosa arriverà.
    Tanto nun passa nisciuno
    e nisciuno ce pò guardà
    te voglio bene
    e ghià stasera ‘o ssaje
    nun tengo genio ‘e pazzià
    e ‘o suonno se ne và.
    Voglio ‘o mare
    pè chi fa bene e chi fà male
    pè chi si cerca e va luntano
    e per sognare poi qualcosa arriverà.
    Tanto nun passa nisciuno
    e nisciuno ce pò guardà
    te voglio bene
    e ghià stasera ‘o ssaje
    nun tengo genio ‘e pazzià
    e ‘o suonno se ne và.

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    Roberto Maroni (Varese, 15.3.1955 – Lozza, 22.11.2022)

    (Varese, 15.3.1955 – Lozza, 22.11.2022)

    Ciao Bobo, sei stato un grande guerriero e un ottimo musicista. Adesso riposa in pace nell’immenso mare della Misericordia Divina.
    P.s. Te ne sei andato nel giorno dove celebriamo Santa Cecilia, Santa Martire e Patrona della Musica e dei Musicanti, forse non è un caso e chissà se lassù troverai un Hammond da suonare e far suonare!

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    Auguri di buon compleanno a Tony Maiello


    Tu sei l’infinito

    Abbiamo tutti un mondo
    dove i desideri si nascondono.
    Che sia piccolo o grande,
    l’importante è che l’amore sia presente.
    Ho guardato nel mio mondo,
    hai lasciato il segno.
    Non c’è più amore
    per chi arriva qui dentro…
    c’è solo un gran silenzio.

    Non è sempre facile dimenticare
    quando amare è la tua unica ragione.
    Non è facile riaprire la finestra
    quando fuori scoppia un temporale.

    Tu sei l’infinito, spazio senza fine nel cielo.
    Tu sei l’infinito, immortale amore nel tempo.
    Ho provato a dimenticare quello che è stato,
    Ma è come dire al mare di non essere agitato

    Nei pensieri recenti, cerco i miei sentimenti.
    Sono tracce di un amore mai scordato
    le cicatrici del passato

    Non è sempre facile dimenticare
    quando amare è la tua unica ragione.
    Non è facile riaprire la finestra
    quando fuori scoppia un temporale.

    Tu sei l’infinito, la mia luce nel buio più angusto.
    Tu sei l’infinito, tutto ciò che non ho mai visto.
    Il mio mondo adesso chiede di ricominciare .
    Tu sola puoi riempire questo vuoto che ho dentro di me.

    Tu sei l’infinito, la mia luce nel buio più angusto.
    Tu sei l’infinito, tutto ciò che non ho mai visto.