C'era una volta un arsenale che costruiva navi

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    17.3.1923, varo della regia nave Calatafimi

    di Carlo Di Nitto

    Torpediniera dal 1938

    Il regio cacciatorpediniere “Calatafimi”, sigla CM, classe “Curtatone”, dislocava 1214 tonnellate a pieno carico. Costruito nei Cantieri Navali Orlando di Livorno, fu impostato il 1° dicembre 1920 e varato il 17 marzo 1923. Fu consegnato alla Regia Marina il 24 maggio 1924.
    Appena entrato in servizio, assegnato alla 3^ squadriglia CC.TT., iniziò la sua attività nel Tirreno per poi passare alle dipendenze della 4^ squadriglia della Divisione siluranti partecipando a tutte le esercitazioni svoltesi fino al 1927.
    Il 4 novembre 1927 ebbe a bordo il Re di Spagna ed altre personalità. Nell’aprile 1928 trasportò a Corinto materiale sanitario e personale della Croce Rossa per soccorrere quella popolazione colpita da un terremoto.
    Negli anni successivi compì diverse crociere toccando numerosi porti del Dodecaneso, della Libia, della Grecia e del Mediterraneo orientale.
    Nel 1933, dopo aver effettuato un ciclo di grandi lavori, fu destinato come stazionario nel Dodecaneso e in Cirenaica. Rientrato in Italia, con base a La Spezia, fu spesso distaccato a Livorno per servizio dell’Accademia Navale.
    Il 1° ottobre 1938 fu declassato a torpediniera.

    Pochi giorni dopo l’inizio delle ostilità, all’alba del 14 giugno 1940, attaccò arditamente e senza esitazione con lancio di siluri una grossa formazione navale francese in azione offensiva contro Genova. L’ardita azione della “Calatafimi”, pur non avendo colpito alcun bersaglio, ottenne il positivo risultato di far desistere la formazione nemica dall’attacco che stava conducendo, facendola allontanare. A seguito di questa azione il comandante dell’unità, T.V. Giuseppe Brignole, fu decorato con Medaglia d’Oro al Valor Militare.
    Successivamente la regia nave Calatafimi venne prima destinata a Brindisi per la difesa del traffico nel Basso Adriatico e poi nelle acque greche dove svolse un’attività bellica molto intensa consistente in servizi di scorta, caccia antisommergibili e posa di sbarramenti di mine. Nell’esplicare tale attività percorse oltre 55.000 miglia.
    Alla proclamazione dell’armistizio si trovava al Pireo. Il 9 settembre 1943, dopo essere stata sabotata e abbandonata dall’equipaggio, fu catturata e riutilizzata dai tedeschi con la denominazione TA 19.
    L’unità andò definitivamente perduta il 9 agosto 1944 nell’Egeo orientale, al largo dell’isola di Samos, silurata probabilmente dal sommergibile greco “Pipinos”.

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    16.3.1888, entra in servizio la regia nave Vesuvio

    di Carlo Di Nitto

    Il regio ariete torpediniere (incrociatore) Vesuvio, classe “Etna”, dislocava 3797 tonnellate a pieno carico. Fu varato il 21/03/1886 presso i Cantieri Navali Orlando di Livorno. Classificato in un primo momento come “nave da battaglia di 4a classe”, era dotato inizialmente di velatura aurica su due alberi. Nel tempo venne sottoposto a rimodernamenti e modifiche che ne variarono aspetto ed armamento.
    Entrò in servizio il 16/03/1888 e svolse inizialmente attività di squadra e compiti di rappresentanza, alternando frequentemente il servizio attivo con periodi passati in disponibilità e riserva.
    Nel 1897 fu destinato a Creta per tutelare gli interessi nazionali nelle acque del levante. In quel contesto, vennero utilizzati suoi reparti di marinai in operazioni di sbarco.
    Nel 1900 fu destinato alla Forza Navale Oceanica in Estremo Oriente e partecipò a numerose operazioni e missioni in Cina durante la famosa rivolta dei “Boxers”. Vi rimase per circa due anni contribuendo al mantenimento dell’ordine ed alla protezione delle concessioni europee.
    Tornato in Italia, nel periodo 1903 – 1905 fu sottoposto a grandi lavori allo scafo e all’apparato motore.
    Nel 1906 fu nuovamente destinato in Estremo Oriente. Stazionario a Shangai vi rimase fino al 1908.
    Il 10 gennaio 1909 lasciò Hong Kong per rimpatriare. Nel viaggio di ritorno effettuò una lunga crociera nell’Oceano Indiano e nel Mar Rosso toccando i principali porti.
    L’8 giugno 1909 giunse a Venezia e tre giorni dopo fu messo in disponibilità.
    Il 18 ottobre successivo fu posto in disarmo.
    Venne radiato l’11/05/1911 a La Spezia. Lo scafo fu rimorchiato prima a Brindisi (1912) e poi a Taranto (nel 1915), dove fu trasformato in deposito munizioni galleggiante. Qualche tempo dopo fu avviato alla definitiva demolizione.

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    15.3.1923, radiazione della regia nave Regina Elena

    di Carlo Di Nitto

    La regia nave da battaglia di 1a classe “Regina Elena”, classe omonima era una bella e possente unità che dislocava 13804 tonnellate a pieno carico. Costruita nei cantieri dell’arsenale Marina Militare di La Spezia, fu varata il 19/06/1904 ed entrò in servizio l’ 11/09/1907.
    Nei primi anni svolse intensa attività di squadra e di rappresentanza. Nel corso della guerra Italo – Turca, scortò i convogli diretti a Bengasi ed appoggiò gli sbarchi e l’occupazione delle città libiche. Contribuì all’occupazione di Rodi e delle altre isole del Dodecaneso, effettuando numerose crociere nel mar Egeo.
    Durante la Prima Guerra Mondiale, essendo ormai tecnicamente superata, svolse attività bellica assai limitata, prevalentemente in Adriatico. Dopo il conflitto passò in disponibilità e usata come nave scuola per sottufficiali e allievi torpedinieri.

    Nel 1921 venne declassata a “Corazzata Costiera”; posta in disarmo il 16/2/1923, venne radiata il 15 marzo successivo.
    Il suo motto fu “Pro Patria et Rege”.

    REGIA NAVE DA BATTAGLIA REGINA ELENA – Una suggestiva immagine da prora della prora


    CONSEGNA DELLA BANDIERA DI COMBATTIMENTO ALLA REGIA CORAZZATA “REGINA ELENA”

    Domenica 21 aprile 1907, a La Spezia, il re Vittorio Emanuele III dopo aver presenziato in arsenale al varo della nave da battaglia Roma (2^), nel corso di una solenne cerimonia consegnò la Bandiera di combattimento alla regia corazzata “Regina Elena” (comandante, capitano di vascello David Gerra). L’artistico vessillo, racchiuso in un elegante cofano e benedetto dal vescovo di Luni – Sarzana (poi La Spezia), monsignor Giovanni Carli, era stato eseguito e ricamato dalle allieve della Scuola professionale di Roma sopra tessuti serici di produzione italiana.

    Dopo i discorsi di rito, e la firma del verbale di consegna, il comandante affidò la Bandiera ai guardiamarina Zina e Grana che l’alzarono al picco di maestra tra le salve delle artiglierie di bordo ed il saluto dell’equipaggio.Nella foto è ripreso questo momento della cerimonia.
Una curiosità: la Regina non poté presenziare alla cerimonia per un malore dovuto all’appena iniziata gravidanza della futura principessa Giovanna.
La Regia Nave da Battaglia “Regina Elena” entrò in servizio nella Regia Marina il successivo 11 settembre. Fu radiata nel 1923.

    a cura Fernando Antonio Toma


    Questa cartolina commemorativa d’epoca illustra il varo della regia nave Roma. A La Spezia il re Vittorio Emanuele, dopo aver presenziato in arsenale al varo della nave da  battaglia Roma (classe Vittorio Emanuele), nel corso di una solenne cerimonia consegnò la bandiera di combattimento alla nave da Battaglia Regina Elena. Per l’occasione fu coniata una medaglia commemorativa con il motto “Pro Patria et Rege” scelto proprio dalla stessa regina.

    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/04/21-4-1907-consegna-bandiera-combattimento-alla-regia-nave-regina-elena-e-varo-regia-nave-roma/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2015/10/augusta-li-13-10-1907-saluti-dalla-regia-nave-regina-elena/

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    15.3.1929, radiazione della regia nave Nino Bixio

    di Antonio Cimmino

    All’inizio del XX secolo la tattica navale e, conseguentemente, le costruzioni militari subirono numerose modifiche anche in funzione degli ipotetici teatri di guerra marittima. Nel Mediterraneo, ad esempio, ed in Adriatico in particolare, sorse per la Regia Marina la necessità di pensare ad un naviglio sottile e veloce che, però, non era adatto ad affrontare né le corazzate e neppure gli incrociatori protetti.
Queste unità, veloci e manovrabili erano, dunque, deputate a contrastare naviglio similare sulla scorta dell’esperienza già fatta dall’Inghilterra con le unità tipo scout cioè esploratore.
    La Regia Marina, quindi, chiese ai progettisti di approntare una nave veloce, ben armata e, necessariamente poco protetta per contrastare quelle in costruzione dalla Marina austroungarica che aveva già assimilato la tecnica inglese. Del naviglio sottile e leggero erano già stato costruito in Italia con gli incrociatori tipo Agordat e Coatit ma che, a causa della limitata velocità dovuta alle motrici alternative, non erano risultati soddisfacenti per le sopravvenute esigenze.

    Al Maggiore del Genio Navale Giulio Truccone, nel 1908, era stato affidato il compito di progettare una nave lunga di scafo, con un castello che si prolungava fino alla tuga centrale di comando, bassa ed allungata.
    Il poco sviluppo delle sovrastrutture doveva dare all’unità una certa stabilità. La velocità maggiore era data dall’utilizzo di turbine del tipo Parson in luogo delle motrici alternative a triplice espansione, alimentate da una decina di caldaie. Tutto l’apparato di propulsione, che occupava la gran parte dello scafo, doveva imprimere alle 3 eliche, con pale di bronzo, una velocità di circa 28 nodi sviluppando una potenza di 29.000 cavalli. Su queste indicazione fu costruito, nell’Arsenale di Venezia, il Quarto, primo esploratore della Regia Marina. 
Sulla scorta di tale unità sperimentale, furono costruiti a Castellammare di Stabia, gli esploratori Bixio e Marsala. Il progettista fu l’ingegnere napoletano Generale del Genio Navale Giuseppe Rota.
    Il Bixio fu impostato nel 1911, varato nello stesso anno (30 dicembre) e consegnato alla Regia Marina nel 1913.
    Al varo assistè, come di consueto, una immensa folla e madrina fu la stessa figlia di Nino Bixio.
Come per tutti i vari, l’avvenimento ebbe eco nazionale ed il settimanale l’Illustrazione Italiana nel numero 1-7 gennaio 1912 così scrisse:
    Una nuova e bella nave da guerra è stata varata la mattina del 30 dicembre dal cantiere di Castellammare di Stabia – l’esploratore Nino Bixio. Sebbene svoltasi senza le grandi forme ufficiali, la cerimonia è riuscita solenne. La nave è stata benedetta dal parroco, anzi che da monsigno De Juro; madrina ne è stata la signora Giuseppina Bixio vedova dei Conti, unica figlia del generale, accompagnata da altri parenti venuti da Parigi, cioè, signora Abeille Bixio, nipote del generale, dalla signorina Luisa Busetto e dal comandante Jean Lèonard Kocklin caposquadra dellìesercito francese. Il varo è stato compito felicemente, con molta rapidità, e la nave è scesa in mare, quasi completa avendo già quattro fumaioli e due alberi. La propuslione della nave è ottenuta con tre turbo-motrici, capaci di sviluppare 22.500 cavalli. È questa la prima nave italiana varata con le caldaie e tre eliche in bronzo. L’autore del progetto, colonnello Rota, premiato con medaglia d’oro per l’incremento delle scienze navali, dirige attualmente l’arsenale di Spezia. Costruttori fuorno il colonnello Padrone, il capitano Capaldo e i tenenti Dardanoni, Celentano, Barpi, Sculteci. Prima del varo, accanto alla Nino Bixio su un altro scalo dedevasi maestosa la Marsala, che sarà varata fra due mesi”.

    Il giornalista della Cronaca Illustrata, con un linguaggio poco tecnico, così descrisse l’avvenimento:
    “A Castellammare di Stabia ebbe luogo il giorno 30 dicembre il varo dell’esploratore “Nino Bixio” la nave gemella del “Quarto” già in mare e del “Marsala” che toccherà le onde nel prossimo febbraio. La manovra riuscita benissimo venne diretta dal colonnello Martinez direttore delle costruzioni navali di Napoli. Madrina è stata la signora Bixio vedova Conti. La cerimonia si svolse davanti alle autorità marinare e civili, tutte le maestranze di Castellammare e una larga rappresentanza degli operai dell’arsenale napoletano. La mattina era splendita. Pochi gl’invitati; numerosa folla assisteva fuori dal cantiere e su varie imbarcazioni nello specchio d’acqua di fronte all’arsenale. (…) La costruzione della “Nino Bixio” è durata poco più di dieci mesi, durante i quali le laboriose maestranze del cantiere oltre ai lavori della “Marsala”, sono stati adibiti a quelli della nuova chiglia del “San Giorgio” ed alla lavorazione del ferro occorrente per la impostazione della super dreadnought Duilio (…).

    La “Nino Bixio” appartiene al tipo scout (esploratrici) perché avrà una velocità di 29 nodi all’ora e quindi potrà agevolmente disimpegnare il servizio di avanscoperta di una divisione navi da battaglia di prima classe; e per questo è il tipo intermedio fra un gruppo di siluranti, ed un incorciatore velocissimo. Lo scafo della nuova nave è in acciaio in resistenza elevata, ha tre ponti di coperta, di corridoio e quello di portezione che assicura la galleggiabilità della nave stessa contro le invasioni d’acqua delle breccie aperte in murata nella zona sottostante alla linea di galleggiamento. 
Tre potenti turbine tipo Curtiss, azionanti ciascuna un’elica costituiscono lo apparato motore. Esse sono installate in tre locali indipendenti e separati dai locali delle caldaie che, come ho detto, sono quattordici, tipo Blexinder e sono raggruppate in modo da mandare i prodotti della combustione in quattro direzioni. Lo scafo è completo con i fumaioli anche a posto e pesa poco più di 2000 tonnellate. Il progetto della “Bixio” è del colonnello del genio navale cav. Giuseppe Rota. I lavori di costruzione sono stati diretti dal tenente colonnello del genio navale cav. Gaetano Padrone efficacemente aiutato dai suoi ottimi collaboratori (…)”.
    Il dislocamento a pieno carico era di 4.141 tonnellate, quello normale di 3.575. le dimensioni dell’unità erano: 140,3 metri di lunghezza fuori tutta e 131,4 fra le perpendicolari, larghezza 13 metri ed immersione 4,7 metri. 13 caldaie a tubi d’acqua alimentate a carbone ( 750 tonnellate) ed nafta ( 180 tonnellate) facevano girare 3 turbine che imprimevano alle 3 eliche una velocità di 26,5 nodi; la potenza dell’apparato motore era pari a 22.500 cavalli.
    Il motto della nave era: ”Obbedire e tacere” riferendosi ad un episodio della vita di Nino Bixio quando, in occasione di un tentativo di ammutinamento dei suoi uomini, disse loro:” domani mi ucciderete, ma oggi mi dovete obbedire”.

Attività operativa
All’inizio della prima guerra mondiale, il Bixio si trovò dislocata a Brindisi nella Divisione navale al comando dell’Ammiraglio Millo e formato dagli esploratori Palermo, Siracusa, Messina, Quarto, Marsala, Agodart, Liguria, Puglia e da 10 cacciatorpediniere e 6 sommergibili.
Alla fine del mese di dicembre 1915 e fino al successivo mese di febbraio, gran parte della flotta supportata da piroscafi, fu impegnata nel salvataggio dell’esercito serbo incalzato dalle armate austroungariche che con diverse sortite, tentarono di ostacolare il traghettamento dall’Albania a Brindisi.

    Grandissima parte della flotta italiana fu impegnata per la scorta a piroscafi di rifornimento e trasporto truppe, per i servizi di vigilanza e pattugliamento e per il traghettamento di circa 200.000 uomini e 10.000 cavalli dell’esercito serbo. Gli austriaci ostacolarono la complessa operazione con attacchi di aerei, sommergibili, con squadriglie di cacciatorpediniere appoggiati da incrociatori ed esploratori, nonché con la posa di campi minati.
Il 29 dicembre 1915 il Bixio guidò una gruppo navale di cui facevano parte anche unità francesi ed inglesi per affrontare la flotta nemica che insidiava le operazioni salvataggio. Il naviglio alleato causò alla Marina austriaca la perdita dei cacciatropediniere Lika e Triglav, il danneggiamento dell’Helgoland e di altre tre unità.
A ricordo del salvataggio, nel 1924 fu posta sul lungomare di Bridisi una lapide che ricorda tale avvenimento:
    ”Dal dicembre MCMXV al febbraio MCMVI le navi d’Italia con cinquecento ottantaquattro croiere protessero l’esodo dell’esercito serbo e con duecentodue viaggi trassero in salvo centoquindicimila dei centottantacinquemila profughi che dall’opposta sponda tendevano la mano”.
    Ad onor del vero contribuirono al salvataggio anche le navi francesi, con 101 viaggi ed inglesi con 19. Dopo la prima guerra mondiale, con la Conferenza di Parigi, si crearono situazioni di tensione, specie per i confini e per le aspettative delle nazioni vincitrici. Terreno di coltura per lo scoppio del secondo conflitto. Drammatici furono i contrasti tra la Jugolsavia e l’Albania e la situazione dei numerosi cittadini italiani in quelle aree tumultuose, era piuttosto critica. I Balcani continuarono a rappresentare un nodo cruciale per il mantenimento della pace.
    Nel 1919 una Commissione interalleata si recò a Spalato. La costa meridionale della Dalmazia e Spalato erano state escluse dall’occupazione italiana anche se in città viveva una nutrita comunità italiana.
A tutela della summenzionata Commissione, formata dagli ammiragli di: USA (Albert Niblack); G.B. (Edwuard Burton Kiddle); Francia (Jean E.C.M.Ratyè) ed Italia ( Umberto Cagni) fu inviato anche il Nino Bixio che ormeggiò nel porto di Spalato per difendere anche la comunità italiana. Nel pomeriggio del 24 febbraio 1919, infatti, i rappresentanti della popolazione italiana, mentre passeggiavano con Giulio Menini, comandante del Puglia, furono aggrediti da una folla inferocita.
L’indomani, a bordo del Bixio, il presidente del governo provvisorio jugoslavo ed il sindaco di Spalato, presentarono le scuse ufficiali per l’increscioso avvenimento. Fu deciso che l’ordine pubblico fosse affidato all’ammiraglio americano attraverso l’uso di pattuglie interalletae. Dopo tale missione il Bixio ritornò alla base e non partecipò a missioni di rilievo.
Fu radiato e conseguentemente demolito il 15 marzo del 1929.

    Notizie sul Quarto
    Il Quarto (motto: Ho confidenza in Dio e nel coraggio) entrò in servizio nel 1912.
    Dopo lavori di riparazione a causa di un incendio, nel 1914 ricevette a Genova la bandiera di combattimento. Partecipò alla prima guerra mondiale senza, però, scontarsi mai con la flotta nemica. Dopo la guerra effettuò numerose missioni in Cina e nel Mar Rosso. Partecipò alla guerra civile di Spagna nel 1936. Radiato nel 1939 fu adibito a bersaglio per le esercitazioni. Il suo relitto fu messo, nel 1944, davanti al porto di Livorno per ostruirne l’ingresso.

    Scheda Tecnica del regio esploratore Nino Bixio
    Progettato da Giuseppe Rota Generale del Genio Navale).
    Classe: Capoclasse (Marsala).
    Impostato: 1911.
Varato: 30 dicembre 1911.
    In servizio: 1913.
Dislocamento: 4.141 tonn. ( a pieno carico) – 3.575 tonn. (normale).
    Lunghezza: 140,30 metri (fuori tutta) – 131,40 metri (fra le perpendicolari).
    Larghezza: 13,00 metri.
    Immersione: 4,70 metri.
    Apparato motore: 14 caldaie tipo Blechynden; 3 turbine a vapore tipo Curtiss della Ditta Franco Tosi di Legnano; 3 eliche.
    Potenza: 22.500 cavalli vapore.
    Combustibile: nafta 180 tonn. carbone 750 tonn.
    Velocità massima: 27 nodi.
    Autonomia: 1.400 miglia a 13 nodi.
    Protezione: 40 mm ponte.
    Artiglieria: 6 cannoni da 120/50 mm tipo Armstrong 1909; 6 cannoni da 76/50 mm Vickers 1909; 2 tubi lancia siluri da 450 mm sistemati sotto la poppa; 200 mine.
    Equipaggio: 336 uomini.
    Radiato: 15 marzo 1929.
    Demolito: 1930.
    Motto: Obbedire e tacere.