Poesie
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7.10.1571 a Lepanto, la croce e la mezzaluna e la preghiera alla beata Vergine Maria del Rosario
di Pancrazio “Ezio”Vinciguerra
PER GRAZIA RICEVUTA
Arrigo Petacco, storico e autore di molti saggi, ha pubblicato “La croce e la mezzaluna: Lepanto 7 ottobre 1571” (Mondadori 2005). La narrazione dell’epica battaglia, minuziosamente narrata, trasferisce al lettore un documento di elevato impatto per comprendere come il valore della storia sia da tributare all’azione degli uomini. Il libro di Petacco, oltre che di grande attualità, rappresenta un contributo importante alla reciproca conoscenza forse non facile, ma necessaria, tra due diverse culture.
Più di quattro secoli fa, la Lega Santa Europea sconfiggeva in mare a Lepanto i Turchi. Una svolta nella storia del vecchio continente. La battaglia durò solo cinque ore, cinque ore che cambiarono il nostro destino: l’Europa non diventò una provincia turca e il Mediterraneo non si trasformò in un lago musulmano.
A Lepanto nel 1571, l’Europa vittoriosa conservò la sua indipendenza e la sua tradizione. I turchi che sembravano invincibili, furono costretti ad arrestare la loro espansione verso occidente. L’Impero Ottomano e la Lega di Stati Europei, a Lepanto si giocarono tutto, per questo lo scontro non fu lungo ma straordinariamente violento.
Si dice che la flotta cristiana e quella turca in battaglia assunsero rispettivamente le formazioni della croce e della mezza luna. Il coraggio sovraumano con cui i Cavalieri di Malta difesero la loro croce, la più odiata dei musulmani, fanno da sfondo all’eroismo di molti e all’avidità di alcuni. Nella battaglia servì anche l’ingegno umano per l’espediente del grasso spalmato sui ponti delle navi cristiane in modo da far scivolare i turchi all’arrembaggio.C’era fra i combattenti cristiani un soldato d’eccezione si chiamava Miguel Cervantes. Nel Don Chisciotte della mancia, qualche anno più tardi racconterà in forma allegorica e onirica il tramonto degli ideai cavallereschi che proprio a Lepanto ebbero l’ultima straordinaria consacrazione.
Nell’anniversario della vittoria navale di Lepanto riportata dalla flotta cristiana e attribuita all’intercessione di Maria, fu istituita da papa Pio V la preghiera del santo Rosario.
In realtà l’origine storica della preghiera risale al Medioevo un tempo questo in cui i salmi costituivano il punto di riferimento principale per chi pregava, ma rappresentavano anche un ostacolo insuperabile per coloro che non sapevano leggere.
Si pensò allora di aggiungere alla preghiera dell’Ave Maria i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati, uno dopo l’altro come grani di una collana divenendo quindi una preghiera per tutti, semplice ma profonda. Più tardi, nel 2002- 2003, san Giovanni Paolo II nell’anno del Rosario aggiunse alla preghiera del Rosario i misteri della luce che ci fanno contemplare alcuni momenti significativi della vita pubblica di Gesù.
Occorre non disperdere questa preziosa eredità ritornando a pregare in famiglia e a pregare per le famiglie. La famiglia che prega unita, resta unita.Battaglia di Lepanto
Lo stendardo di Pio V e la Canzone dei Trofei di Gabriele D’Annunzio.
a cura Carlo Di Nitto
Lo Stendardo di Pio V (o meglio, quello che ne resta) che sventolò a Lepanto sulla galea ammiraglia della squadra pontificia comandata da Marcantonio Colonna e da questi donato alla Cattedrale di Gaeta al suo ritorno da Lepanto.
Così viene ricordato da Gabriele d’Annunzio nella sua:“Canzone dei Trofei”
“O Gaeta, se in Sant’Erasmo sei
a pregar pe’ tuoi morti, riconosci
il Vessillo di Pio ne’ tuoi trofei,
toglilo alla custodia perché scrosci
come al vento di Lepanto tra i dardi
d’Ali, mentre sul molo tristi e flosci
sbarcano i prigionieri che tu guardi
e che non puoi mettere al remo.” -
Pasquale “Simone” Neri
(Pancrazio “Ezio” Vinciguerra e Joseph Gorgone)
Qual più grande sacrificio, si possa fare;
se non la propria vita per l’altrui dare?
Sacrificio supremo, in terra oppure in mare;
gesto nobile e bello, generato dal saper amare!
Alla propria salvezza, sul tetto di casa sua rinunziò
e senza pensar due volte, nel fango si buttò;cercò,
trovò e per ben otto volte l’altrui vita egli salvò
udito il pianto di un bambino, il fango lo richiamò.
Quel pianto di bimbo voleva trovare e placare,
per l’ennesima volta, Simone si mise a cercare;
brancolando nel buio e nel fango quella sera,
Simone, non trovò il bimbo e ne lui poté tornare.
Trent’anni non compiuti, una vita da esplorare;
una donna che lo amava, or è sola a ricordare.
La famiglia tutta affranta, sol possiamo consolare,
e le gesta di Simone ai posteri ricordare. -
27-30.9.1943, ‘O Marenaro di Aldo De Gioia e le quattro giornate di Napoli
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Filastrocca dell’amicizia
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Sotto le stelle di Cefalonia (15-26.9.1943) di Marco Mattei
di Marco Mattei
IN RICORDO DEI MARTIRI DI CEFALONIA
(15-26 settembre 1943)Sotto le Stelle (Marco Mattei)
Fluttuando qui
così, con te sotto le stelle.
Allineati
da 13 miliardi di anni
la vista è bella e nostra.
Soli stanotte
sotto le stelle.
Girando attorno
e attorno con te.
Guardando ombre
che fanno scomparire la luce
così luminosa
dai tuoi occhi
una lacrima
un altro spazio è nostro.
Soli stanotte
guardando come le ombre scompaiono.
Le onde si infrangono.
Le onde… -
Cefalonia e il mandolino del Capitano Corelli (Louis De Bernieres)
“L’amore è una pazzia temporanea, erutta come un vulcano e poi si placa. E quando accade, bisogna prendere una decisione. Devi capire se le vostre radici si sono intrecciate al punto da rendere inconcepibile una separazione. Perché questo è l’amore. Non è l’ardore, l’eccitazione, le imperiture promesse d’eterna passione, il desiderio di accoppiarsi in ogni minuto del giorno. Non è restare sveglia la notte a immaginare che lui baci ogni angoletto del tuo corpo. No, non arrossire, ti sto dicendo qualche verità. Questo è semplicemente essere innamorati, una cosa che sa fare qualunque sciocco. L’amore è ciò che resta quando l’innamoramento si è bruciato; ed è sia un’arte, sia un caso fortunato. Tua madre ed io avevamo questa fortuna, avevamo radici che si protendevano sottoterra l’una verso l’altra,e quando tutti i bei fiori caddero dai rami, scoprimmo che eravamo un albero solo, non due. Ma, a volte, i petali cadono senza che le radici si siano intrecciate”.
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Cefalonia – Aveva tre figli maschi (V. Fioravanti)
di Vittorio Fioravanti Grasso
Aveva tre figli maschi l’uomo in nero appartato in fondo al salone - tre figli – e glieli hanno tutti e tre ammazzati.
I° – Il primo gli morì braccato nell’isola di Cefalonia gridando “Viva l’Italia” in faccia al branco nazista del plotone d’esecuzione. Quando partì orgoglioso con in pugno il fucile su un lungo treno d’armati c’erano labari e gagliardetti inni di gloria e morte. Raccolti in sacchetti miseri resti d’ossa e brandelli di panno incrostato a grumi di terra ostile. Così è tornato dal fronte vent’anni dopo la fine dell’ultima guerra. C’erano tante transenne alla stazione della ferrovia l’immancabile tricolore e qualche bandiera rossa un ministro ci venne a fare un discorso di democrazia. Usò lunghe frasi contorte non disse una volta “Patria”. Non fu neanche il caso di piangere davanti ai parenti presenti. Quello non era un ritorno
II° Anche il secondo gli fu messo al muro. L’8 settembre non seppe che fare seguì un tenente sui monti e continuò a sparare e a sparare. Cambiò solo il bersaglio dei tiri e mirò sui tedeschi e i fascisti. Durò un’alterna stagione d’imboscate e di fughe poi fu tradito e preso con altri compagni dai partigiani slavi di Tito. Neppure gli chiesero il nome all’incredulo combattente Cadde legato le mani dietro senza un pianto né un grido. Nella fossa comune giù nell’indegna foiba ne gettarono cento.
III° Nel dopoguerra a quell’uomo gli uccisero persino il terzo l’ultimo che gli era rimasto . Era riuscito a scamparla dietro a un torno dell’officina - troppo giovane per spianare un mitra si disse – protetto da un prete e la madre vi rimase nascosto per mesi poi tornate le cose normali tornò al suo lavoro. Ma durante uno sciopero in piazza vennero ben presto alle mani e fra attivisti ed agenti tra sassate e legnate esplosero un paio di colpi. E quando infine fecero largo attorno alla chiazza di sangue c’era lui sul selciato lungo disteso scomposto con due buchi nel corpo. Perizie e controperizie sulle pallottole estratte non hanno chiarito mai nulla dell’arma assassina.
IV° E’ ancora là quell’uomo continua in silenzio appartato in fondo al buio locale. Sta seduto senza neppure bere e non legge il giornale non dà retta alla radio né guarda in faccia nessuno. Chi gli passa vicino senza potergli parlare viene poi al banco a chiedermi cosa abbia in mente quel tizio così scontroso. Ed io non so far altro che raccontare ancora una volta la storia di quei suoi figliuoli morti ammazzati. E lui di laggiù me l’ascolta.
Luglio 2005 Primera edición PREMIO DE POESIA Y DE ARTES VISUALES “MIGUEL ANGEL” Valencia, Venezuela, julio 2007. Presidente del Jurado Calificador: Valeriano Garbin Primo Premio di Poesia VITTORIO FIORAVANTI autore della migliore silloge di poesie liriche “Il sapore di te” ”E ti so esistere ignaro” / “Verso l’estremo volo” / “Quell’ora ancora” / “Aveva tre figli maschi” / “Corpo in meditazione” / “A fari spenti due bici” / “Mi sei vicina tu, mi sei accanto (Attese d’amore e morte) / “Il sapore di te, Mamma Clara” / “Morte d’un Italiano” / “Ciottoli in Garfagnana”.