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    Vincenzo Mezzotero (Cirò Marina (KR), 21.9.1940 – Lama (TA), 4.7.2023)

    di Marinaio di Spirito Santo

    (Cirò Marina (KR), 21.9.1940 – Lama (TA), 4.7.2023)

     

    Caro Vincenzo,
    in certi momenti della vita scrivere o comunicare sentimenti diventa difficile e oggi lo è ancora di più. Si ha sempre la sensazione che le parole siano vuote e che non possano esprimere appieno la nostra tristezza. Facciamo ancora fatica a crederci, siamo arrabbiati, nella nostra mente non possiamo pensare altro a frasi come: ”Non è giusto!” o come “Lui non se lo meritava!”.
    Ci sentiamo di far sapere a quelli che non ti conoscevamo, che ci hai insegnato il vero senso delle parole Patria e Onore, senza retorica alcuna, sempre in trincea, allineati e coperti come a suo tempo ci avevano insegnato i nostri predecessori marinai.
    Sai già che occuperai per sempre un posto speciale nei nostri cuori.

     

    Forse questi pensieri possono sembrare semplici esternazioni ma sono profondamente veri. La Tua morte porta solo dolore nei nostri cuori.
    Nello scrivere queste brevi parole abbiamo cercato delle possibili citazioni e la scelta era vasta. Pensavamo di usare un brano di un grande scrittore, ma nulla alla fine avrebbe reso l’idea dell’uomo che noi tutti abbiamo conosciuto. Tu sostenevi l’importanza della famiglia, il valore degli amici e ci ha insegnato a sostenerci l’un l’altro, a credere nelle nostre forze e a lottare per ciò in cui si crede e si ama.


    Dio ci fa comprendere proprio in questo giorno, insieme ai tuoi familiari, che se anche ci mancano le persone a noi più care, come te Vincenzo, Lui ci ha donato la Grazia che è l’amicizia nel prossimo e l’amicizia nel prossimo è la Sua Grazia, in una parola sola: amore.
    Lo stesso amore che tu hai riposto in noi oggi e noi lo riponiamo in te Capo Mezzotero.
    Adesso riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo magari pregando per noi come noi preghiamo per te.

     

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    5.7.1941, affondamento della regia nave Dante De Lutti

    di Carlo Di Nitto

    Piccola, quasi sconosciuta ma gloriosa unità.
    La regia nave Dante De Lutti fu una cannoniera di 370 tonnellate di dislocamento a pieno carico, 13 nodi di velocità, 36 uomini d’equipaggio. Armata con due cannoni da 76/40 mm. e due mitragliere da 13,2 mm.
    Era stata costruita nei cantieri Mitsubishi Dockyards & Co. Ltd. di Nagasaki come piropeschereccio d’altura Tomiye Maru N. 2.
    Acquistata dalla Regia Marina, fu armata e impiegata dal 1917 come dragamine G 34.
    Riclassificata nel 1921 cannoniera di scorta e rinominata “Dante De Lutti”, venne impiegata pure per il servizio fari.
    Nel periodo 1925-1927 venne utilizzata anche come nave idrografica.
All’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la De Lutti, entrò a far parte del Gruppo Navi Ausiliarie Dipartimentali della base di Tobruk. 
Fu affondata il 5 luglio 1941 a circa due miglia ad ovest di Ras Tajunes, sulla costa libica, dal sommergibile britannico Triumph, nel corso di un impari combattimento mentre cercava di difendere un minuscolo convoglio costiero che stava scortando. Rispondendo al fuoco forse riuscì a danneggiare il battello nemico.
    Onore ai suoi Caduti!

    Dante De Lutti fu un sottotenente di vascello facente parte dell’equipaggio della Regia Corazzata “Napoli”. Fu ferito e scomparve disperso in combattimento contro forze nemiche nell’Uadi di Derna il 24 novembre 1911 durante la guerra italo-turca. La “Napoli” era da diversi giorni nella rada di Derna, quando si rese necessario affiancare le forze terrestri durante una ricognizione lungo il torrente (Uadi) Derna, fuori dai trinceramenti. Venne disposta la formazione di una colonna con parte dell’equipaggio che affiancasse i reparti dell’esercito. Durante la ricognizione gli italiani vennero attaccati da numerosi gruppi di Arabi armati. Gli attacchi furono respinti anche con la baionetta e il De Lutti guidò con ardimento più volte i suoi uomini all’attacco. Con l’approssimarsi della notte si decise di rientrare nei trinceramenti e il drappello condotto dal De Lutti, che aveva perduto alcuni uomini e che trasportava i feriti, rimase isolato dal grosso della colonna e venne ripetutamente attaccato dal nemico. De Lutti cadde ferito e, nel buio, fu perduto di vista dai suoi marinai. Cercato invano, di lui non si ebbe più notizia né fu possibile recuperarne la salma per la presenza di numerose forze di arabi nel luogo dove era stato visto l’ultima volta. Alla sua memoria fu decretata la medaglia d’argento al valor militare per l’ardimento dimostrato durante i combattimenti.
    Era nato il 16 aprile 1886.

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    5.7.1941, affondamento del regio sommergibile Michele Bianchi

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra



     

    In memoria di Antonino Bertuccio e dell’equipaggio.

    Antonino Bertuccio nasce a Messina il 30 aprile 1920, guardiamarina ufficiale di rotta, decorato al valor militare con medaglia d’oro. Partecipò a numerose missioni di guerra. 
Scomparse in mare con il sommergibile Michele Bianchi (classe Marconi), affondato dal sommergibile inglese Tigri. Caduto in Oceano Atlantico il 7 luglio1941, a soli 21 anni, durante una pericolosissima missione.

    “O tu che passi, soffermati! Non vi è dolore grande come il mio. Le mie spoglie mortali non sono qui, ma in fondo al mare. Ogni tua prece mi raggiungerà all’eterno!“

    La tomba si trova nel piccolo cimitero di Villaggio Pace a Messina.
    L’articolo fa parte della “Banca della memoria” per non dimenticare mai coloro che hanno servito la Patria con Onore, e che sono morti in una guerra iniziata male e terminata peggio.
    Era una generazione di giovani Marinai di una volta che non meritavano, come Antonino, questo tipo di dipartita.
    Adesso riposano tra i flutti dell’Altissimo.

    Con data ufficiale del probabile affondamento il 10 settembre1941, per gli storici il 5 luglio 1941, per la famiglia 7 luglio 1941.

    Caratteristiche Tecniche
    Cantiere: O.T.O.-La Spezia
    Impostato: 15.02.1939
    Varato: 03.12.1939
    Consegnato:15.04.1940
    Affondato: 05.07.1941
    Radiato: 18.10.1946
    Dislocamento:
    In superficie: 1171,303 t
    In Immersione: 1466,729 t
    Dimensioni:
    Lunghezza: 76,040 mt
    Larghezza Max: 6,784 mt
    Immersione Media: 5,21 mt
    Apparato Motore: 2 Motori Diesel C.R.D.A,
    2 Motori Elettrici Marelli
    1 Batteria di accumulatori al piombo composta da 232 elementi
    Potenza complessiva : Motori a scoppio 3520 hp
    Motori Elettrici 1500 hp
    Velocità:
    In superficie: 18 nodi
    In immersione: 8 nodi
    Autonomia:
    In superficie: 2900 miglia a 17 nodi-10.500 miglia a 8 nodi
    In Immersione: 8 miglia a 8 nodi- 110 miglia a 3 nodi
    Combustibile: 62 m3
    Armamento:
    4 Tls AV da 533 mm
    4 Tls AD da 533 mm
    1 Cannone da 100/47 mm
    2 Mitragliere binate da 13,2 mm
    16 siluri da 533 mm
    220 proiettili per il cannone
    12.000 proiettili per le mitragliatrici
    Equipaggio: 7 Uff.i, 50 tra Sott.li e Marinai
    Profondità di collaudo: 100 mt
    Fonti:”Sommergibili italiani” di A.Turrini e O.Miozzi – USMM

    L’equipaggio del Bianchi, scomparso al completo
    (http://conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com/2018/02/michele-bianchi.html)

    Giovanni Accardo, marinaio
    Adolfo Babbini (o Barbini), sottocapo motorista
    Marino Balacco, marinaio
    Amedeo Baldizzone, sottotenente di vascello
    Enrico Barbato, marinaio elettricista
    Salvatore Barbera, marinaio
    Angelo Bellamacina, sottocapo radiotelegrafista
    Francesco Belloni, capo meccanico di seconda classe
    Beltramo Beltrami, capo radiotelegrafista di terza classe
    Antonio Bertuccio, guardiamarina
    Mario Bini, sottocapo elettricista
    Antonino Blanco (o Bianco), secondo capo nocchiere
    Ireneo Bodinò, sottocapo radiotelegrafista
    Leo Borsellini, sottocapo radiotelegrafista
    Gino Caiella, sottocapo elettricista
    Gildo Caldara, marinaio silurista
    Carlo Canibus, capo segnalatore di seconda classe
    Luigi Cara, secondo capo cannoniere
    Giuseppe Castellaneta, capo elettricista di seconda classe
    Alvaro Cesaretti, sergente motorista
    Gildo Colatriani, marinaio silurista
    Antonio Colledan, sottocapo segnalatore
    Mario Cremona, sottocapo cannoniere
    Carlo Curato, capitano del Genio Navale
    Antonino Emanuele, sottocapo furiere
    Liderico Feraboli, operaio militarizzato (sergente)
    Giovanni Francisco, secondo capo elettricista
    Giovanni Gervaso, tenente del Genio Navale
    Lino Ghironi, sottocapo motorista
    Nicola (o Nicolò) Giammaresi, marinaio
    Angelo Gubittà, sottocapo silurista
    Anton Giulio La Sala, sottocapo motorista
    Guerrino Laube, sottotenente di vascello
    Nicola Leardi, sottocapo radiotelegrafista
    Quinto Luciani, marinaio cannoniere
    Francesco Mazza, marinaio cannoniere
    Mario Mazzoni, marinaio silurista
    Filippo Mistretta, capo  meccanico di terza classe
    Mario Mullner, operaio militarizzato
    Paride Nannetti, marinaio silurista
    Mario Nardi, marinaio elettricista
    Aladino Neri, marinaio silurista
    Ugo Pancetti, marinaio cannoniere
    Piero Panciatici, tenente del Genio Navale
    Girolamo Papania (o Patania), marinaio motorista
    Mario Parini, marinaio
    Vasco Petroni, marinaio silurista
    Mario Picone, sottocapo silurista
    Donato Proietto, marinaio
    Egidio Rasetti, sottocapo nocchiere
    Giuseppe Raviotta, sottocapo motorista
    Eugenio Secchi, marinaio silurista
    Salvatore Sozio, secondo capo motorista
    Salvatore Sturniolo, marinaio
    Antonio Taccone, marinaio cannoniere
    Sante Tagliazucchi, capo silurista di terza classe
    Carlo Togni, sottocapo elettricista
    Giovanni Torretta, marinaio fuochista
    Franco Tosoni Pittoni, capitano di corvetta (comandante)
    Giovanni Valeri, sottotenente di vascello
    Mario Varotto, sottocapo motorista

     

    Antonio Giulio La Sala (Castrovillari (CS), 14.6.1919 – Mare, 5.7.1941 da verificare)
    di Michele Tocci

    (Castrovillari (CS), 14.6.1919 – Mare, 5.7.1941 da verificare)

    Il Sottocapo motorista navale Antonio Giulio La Sala, di Antonio e di Lucia Tocci, nasce a Castrovillari (CS) il 14 giugno 1919. Ascritto al Dipartimento Marittimo di Taranto classe 1919 con matricola 46855, imbarcato sul regio sommergibile Bianchi, durante una missione nell’Oceano Atlantico, alle ore  09.41, viene intercettato e fatto segno dal sommergibile britannico Tigris alle ore 10.01 del 5 luglio 1941 (*), fu dato per disperso (affondò in pochissimi minuti) portandosi in fondo all’Oceano il Comandante Capitano di Corvetta Franco Tosoni Pittoni e tutto l’equipaggio, tra cui anche mio zio.
    Per Supermarina la data dell’affondamento risulta il 10 settembre dello stesso anno (*).
    Al Sottocapo La Sala disperso, con decreto ministeriale n° 26029 del 04 giugno 1946,  fu concessa la croce al merito di guerra. Con data del probabile affondamento il 10 settembre1941.

     

    Antonino Bertuccio (Messina, 30.4.1920 – Mare, 7.7.1941 da verificare)
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra



    (Messina, 30.4.1920 – Mare, 7.7.1941 da verificare)

    In memoria di Antonino Bertuccio e dell’equipaggio.

    Antonino Bertuccio nasce a Messina il 30 aprile 1920, guardiamarina ufficiale di rotta, decorato al valor militare con medaglia d’oro. Partecipò a numerose missioni di guerra. 
Scomparse in mare con il sommergibile Michele Bianchi (classe Marconi), affondato dal sommergibile inglese Tigri. Caduto in Oceano Atlantico il 7 luglio1941, a soli 21 anni, durante una pericolosissima missione.

    (*) le date non coincidono vedasi anche tomba del Guardiamarina Antonino Bertuccio.

     

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    5.7.1940, affondamento della regia nave Zeffiro

    di Antonio Cimmino

     

    Il 5 luglio 1940, a seguito  bombardamenti da aerosiluranti inglesi Fairey Swordfish nel porto di Tobruch, il regio cacciatorpediniere Zeffiro fu colpito ed ebbe la prua staccata, si spezzò in due, e affondò nei bassi fondali.
    21 furono le vittime dell’equipaggio (10 accertati e 11 Dispersi) e e 20 feriti (14 gravi e sei lievi) dell’equipaggio.

     

     

    ELENCO DEI MARINAI DECEDUTI E DISPERSI
    Emanuele Allaria, marinaio fuochista, deceduto
    Werter Boiardi, sottocapo silurista, deceduto
    Angelo Castiglioni, secondo capo S. D. T., disperso
    Agatino Condorelli, marinaio, disperso
    Emilio Debeniak, marinaio, deceduto
    Ruggero Del Vecchio, capo meccanico di seconda classe, deceduto
    Ezelino Dominici, secondo capo meccanico, disperso
    Alfredo Garrone, sottocapo elettricista, disperso
    Giuseppe Gurrieri, marinaio cannoniere, deceduto
    Antonio La Rosa, sottocapo infermiere, deceduto
    Carmelo La Rosa, marinaio cannoniere, deceduto
    Francesco Magnasciutti, marinaio, disperso
    Alfonso Matarese, marinaio segnalatore, disperso
    Antonio Mercuri, marinaio, disperso
    Albino Merulla, sottocapo meccanico, disperso
    Lorenzo Meschis, marinaio cannoniere, deceduto
    Andrea Molino, capo radiotelegrafista di prima classe, deceduto
    Giovanni Piccione, marinaio fuochista, disperso
    Ciro Romano, capo segnalatore di terza classe, disperso
    Antonio Sottilaro, sottocapo silurista, deceduto
    Giuseppe Turitto, marinaio fuochista, disperso.

    Angelo Castiglioni (Larino, 29.8.1910 – Mare, 5.7.1940)
    a cura Vincenzo Campese (*)

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

     

    Salvatore Amato (classe 1914) di Boscotrese (Na) morì più tardi in ospedale a Tobruch.

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    5.7.1889, la collisione fra le navi Giovanni Bausan e Folgore della Regia Marina

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Il 5 luglio del 1889, nelle acque antistanti l’isola di Capri, la regia torpediniera-avviso Folgore, al comando del capitano di corvetta Vincenzo Capasso, durante un’esercitazione, per errore di manovra, entra in collisione con la regia ariete-torpediniere Giovanni Bausan al comando del capitano di vascello Giulio Centurione.

    A seguito della collisione la regia nave Folgore riportò danni seri alla prora della regia nave Bausan penetrando entro lo scafo dove piegò l’asse dell’elica. Sebbene fossero stati approntati lavori di grande manutenzione di riparazione nell’arsenale di La Spezia, l’unità rientrerà in servizio solo il 1° ottobre 1890 e verrà utilizzata solo per brevi navigazioni.

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    5.7.1921, entra in servizio la regia nave Venezia

    di Carlo Di Nitto

    Questo articolo è dedicato a Nicola Di Battista

    Il regio esploratore “Venezia”, classe omonima, dislocava 4375 tonnellate (a pieno carico senza torpedini a bordo) e 4417 tonn. (a p.c. con torpedini a bordo). Ex austroungarico “Saida”, era stato varato il 26/10/1912 presso il Cantiere Navale Triestino di Monfalcone ed era entrato in servizio il 1° agosto 1914.
    Il “Saida” fu immediatamente ed intensamente utilizzato dalla  K.u.k. Kriegsmarine austro-ungarica nell’alto Adriatico per attacchi contro le coste italiane, azioni di pattugliamento e bombardamento. Nel tardo 1915 venne trasferito nel basso Adriatico per azioni di intercettazione del traffico navale fra l’Italia e le coste Montenegrino – Albanesi. Tuttavia problemi all’apparato di propulsione ne limitarono l’impiego. Nel maggio 1917 partecipò alla cosiddetta Battaglia del Canale di Otranto durante la quale venne colpito e danneggiato da colpi di grosso calibro. Rientrato nella base di Cattaro, vi rimase praticamente inattivo fino al termine delle ostilità.

    Il 19/9/1920 fu ceduto ceduto all’Italia in conto riparazioni danni di guerra ed incorporato nella Regia Marina. Rinominato “Venezia”, venne sottoposto nell’arsenale di Pola a necessari lavori di adattamento al termine dei quali, il 5/7/1921, entrò in servizio attivo. Alla fine dello stesso anno fu destinato nel Levante.
    Diventato sede del Comando Superiore Navale del Dodecaneso, fece base a Rodi visitando diversi porti del Levante. Nell’aprile 1922 assunse la direzione per l’evacuazione delle truppe italiane in Anatolia. A questo servizio contribuì efficacemente il suo equipaggio impegnato in servizio di polizia. Dopo aver fatto base anche a Smirne continuò ad operare attivamente fino al mese di marzo 1923, quando venne fatto rimpatriare a La Spezia per importanti lavori.
    Il 1° dicembre 1925 ritornò operativo partecipando alle attività addestrative delle forze navali in acque nazionali. Facendo base a Taranto, dal marzo 1926, effettuò diverse missioni nelle acque libiche.
    Dal marzo al giugno 1927 partì per il Mar Rosso, dopo aver imbarcato l’Ammiraglio Luigi di Savoia, duca degli Abruzzi. Toccò i porti di Massaua, Assab, Gibuti e Port Said. Rientrato in Italia, nei mesi di novembre e dicembre 1927 partì da Taranto per le acque greche.
    Negli anni successivi, come nave ammiraglia della Seconda Divisione Siluranti svolse normale attività di squadra ed effettuò diverse crociere in acque libiche e greche.
    Il 4 luglio 1930 rimase inattivo a Genova fino al 16 marzo 1935 utilizzato come nave caserma. Dislocato quindi a La Spezia, nei primi mesi del 1937 passò in disarmo.
    L’11 marzo 1937 fu radiato dal Quadro del Naviglio Militare e venduto per la demolizione.
    Il suo motto fu “Vindex post fata resurgo” (Risorgo vendicatore dopo il fato avverso).

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    5.7.1942, varo della regia motonave Valfiorita

    Motonave da 6200 tsl, lunga 144,47 metri, larga 18,65, velocità di 14-15 nodi.
    Impostata nel 1939 nei cantieri Franco Tosi di Taranto, viene varata il 5 luglio 1942
 e completata il 25 agosto 1942 dalle Industrie Navali Società Anonima.
    IL 
17 settembre 1942, la Valfiorita viene requisita dalla Regia Marina, per essere adibita al trasporto di rifornimenti in Africa Settentrionale.
In conseguenza a questo nuovo stato di fatto, la nave viene armata con un cannone da 120/45 e tre mitragliere contraeree Oerlikon da 20 mm. In funzione di difesa passiva, per ostacolare la localizzazione della Valfiorita da parte di unità nemiche, viene installato anche un impianto nebbiogeno a cloridrina.
    Il 20 settembre 1942 la nave inizia a Taranto il carico di rifornimenti destinati alle forze italo-tedesche a Bengasi, prendono parte al viaggio in AS anche un centinaio di militari del Reggimento Cavalleggeri di Lodi.

    Il 3 ottobre inizia il viaggio, ma nel corso della traversata viene attaccata da aerei della RAF, colpita da un siluro lanciato da un Wellington, la Valfiorita nonostante i gravi danni subiti, riesce a raggiungere Corfù il giorno successivo e a incagliarsi a pochi metri dalla costa.
    Sbarcati uomini e mezzi, solamente il 25 novembre 1942, dopo avere effettuato alcuni lavori, viene messa in condizioni di riprendere il mare, e raggiunge Taranto per i lavori di riparazione.
    Terminati i lavori in bacino, a fine giugno 1943 la Valfiorita, ultimò anche le prove in mare e tornò in servizio.
    Il 27 giugno 1943 il Comandante civile della motonave, il Capitano di lungo corso Giovanni Salata, chiede l’invio del materiale che mancava, specie delle 55 bombole di anidride carbonica dell’impianto antincendio, che erano state sbarcate per essere ricaricate dopo il siluramento dell’ottobre 1942 e non erano più state restituite. Furono inviate dieci bombole, ma il 7 luglio 1943 il Tenente di Vascello Giuseppe Strafforello, nuovo Comandante militare della Valfiorita dovette lamentare allo Stato Maggiore che le dieci bombole mandate erano inadatte all’impianto della Valfiorita, e che, come già aveva comunicato il comandante Salata il 2 luglio 1943, non c’erano altri mezzi antincendio a bordo della nave.
    Sempre in data 7 luglio 1943, la nave in tarda serata, parte da Taranto in direzione Messina, sprovvista di ogni mezzo per spegnere qualsiasi focolare d’incendio, carica di mezzi, tra cui camion Fiat 626, moto, autoblindo e altri veicoli. L’equipaggio civile era composto da 45 uomini, mentre quello militare era composto da italiani e tedeschi. Arrivata a Messina, intorno alle 20,50 dell’8 luglio 1943, lascia il porto messinese in direzione Palermo, alle 22,30 giunta nello specchio di mare tra Capo Rasocolmo e Mortelle, viene fatta oggetto di attacco nemico da parte del sommergibile della Royal Navy HMS Ultor (P53) agli ordini del Lt. George Edward Hunt DSC, RN. L’unità britannica lancia quattro siluri, due dei quali colpiscono mortalmente la motonave. Distrutto il carteggio di bordo, i due comandanti civile e militare, danno l’ordine di abbandono della nave. In soccorso dei naufraghi, oltre alla torpediniera di scorta “Ardimentoso”, accorsero da Messina le regie corvette Camoscio e Gabbiano.

    Su 45 civili e 22 militari (18 italiani e 4 tedeschi) che componevano l’equipaggio della Valfiorita, 13 civili persero la vita (dodici – soprattutto del personale di macchina – risultarono dispersi ed il direttore di macchina Pegazzano morì in ospedale) e 11 militari (7 italiani e 4 tedeschi) rimasero feriti.
    Il relitto del Valfiorita, spezzato in due tronconi, viene considerato a tutt’oggi uno dei più affascinanti relitti. Il troncone centrale-poppiero giace in assetto di navigazione, mentre quello prodiero giace piegato sul lato sinistro, entrambi ancora carichi di esplosivi, munizioni e vari mezzi, a circa 70 mt di profondità.

    Al centro della foto George Edward Hunt (4 luglio 1916 – 16 Aug 2011) DSC, DSO, RN, Comandante del HMS Ultor (P53). Al momento dell’affondamento della Valfiorita, rivestiva il grado di Lt (Lieutnant-Tenente) decorato con DSC.

    (*) Sergio Cavacece è deceduto il 24.11.2019. Per conoscere gli altri suoi articoli digita, sul motore di ricerca del blog, il suo nome e cognome.