Curiosità

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    Edoardo De Martino (Meta, 29.3.1838 – Londra, 12.5.1912)

    di Antonio Cimmino

    (Meta, 29.3.1838 – Londra, 12.5.1912)

    Nacque a Meta (Napoli) il 29.3.1838. Dopo aver frequentato a Napoli l’Accademia di Marina del Regno delle Due Sicilie, all’atto dell’incorporazione della flotta napoletana nella Regia Marina divenne, nel 1863, pilota di II classe e l’anno successivo Sottotenente di vascello.
    Quale ufficiale di rotta della regia pirocorvetta Ercole, durante la navigazione nel Rio della Plata, fu incolpato immeritatamente di un incidente accorso all’unità.

    Lasciò nel 1868 la Regia Marina e si mise a dipingere. Dipinse soprattutto navi da guerra e scene di battaglia. Fu pittore di corte dell’imperatore del Brasile Dom Pedro II che lo inviò come pittore ufficiale sul fronte della guerra con il Paraguay. Si trasferì successivamente in Inghilterra dove divenne pittore ufficiale della Regina Vittoria cioè “Marine Painter Ordinary to the Queen”, carica che in seguito non fu più attribuita a nessun altro artista. Fu anche nominato Membro dell’Ordine della Regina Vittoria (M.V.O.).

    Amico del Kaiser Guglielmo II, eccelse in tutti i campi dell’arte pittorica, dal guazzo all’acquarello al pastello all’olio, e si calcola che abbia prodotto, in circa quarant’anni di attività, non meno di 2.500 quadri a olio.
    La sua fama nel mondo è attestata dal suo figurare in tutti i più celebri repertori di pittori di mare del Regno Unito e di altri Paesi (non fu preso in considerazione nella sua terra).
    Le sue opere, disegni e olii, sono accolti in vari musei del mondo.
    Morì il 12.5.1912 a Londra lontano dalla sua Italia.

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    27.3.1899, il primo radio-telegramma attraverso la Manica

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Guglielmo Marconi, su richiesta del governo Francese, descrive alla delegazione tecnica francese, il nuovo progetto di sistema telegrafico e il 27 marzo 1899  avvenne la prima comunicazione oltre la Manica, fra la Francia (Wimereux, presso Boulogne) e l’Inghilterra (South Foreland).
    In segno di riconoscimento ad Edouard Branley, inventore del cohérer (rivelatore di onde radio), senza il quale quel collegamento non sarebbe stato possibile, Marconi scrisse:
    “Il Signor Marconi invia al Signor Branley i suoi rispettosi complimenti per la telegrafia senza fili attraverso LA MANICA, essendo questo bel risultato dovuto in parte ai notevoli lavori del Signor Branley”.

    Il testo del telegramma, inciso su una lastra inaugurata il 29 aprile del 1899 a Wimereux:
    “Monsieur Marconi invoie a Monsieur Branly ses respectueux compliments par la telegraphie sans fil a travers LA MANCHE, ce beau resultant etant du en partie aux remarquables travaux de Monsieur Branly”.

    29 avril 1899.

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    Piroscafi di una volta e ‘mbracàta di omini e di fimmìni

    di Orazio Ferrara (*)

    Per tutto il Novecento fino agli anni Cinquanta le navi, che arrivavano a Pantelleria, dovevano necessariamente gettare l’ancora in rada e aspettare l’arrivo di una barca (poi motolancia, famosa quella dell’Agenzia Rizzo-Busetta) su cui trasbordare merci e passeggeri. Quest’ultimi scendevano sulla barca o motolancia tramite una scaletta volante, predisposta al momento lateralmente al fianco della nave. Si capisce che bastava un mare leggermente mosso per rendere il tutto difficoltoso e laborioso, oltreché estremamente pauroso per i malcapitati che non sapessero nuotare (problema che non si poneva affatto per i Panteschi).

    Invece nell’Ottocento i piroscafi, che si fermavano in rada a Pantelleria, erano del tutto sprovvisti di qualsivoglia scaletta volante, che, seppure malagevole, rappresentava pur sempre una comodità, soprattutto per i passeggeri di sesso femminile. Si ricorreva allora alla famigerata imbragata (in dialetto ‘mbracàta) per sbarcare o imbarcare i passeggeri. Operazione che dir pittoresca è dir poco.
    Nel linguaggio marinaresco e portuale l’imbragata era l’insieme di colli merci o persone o anche singolo animale, che si manovravano da bordo di una nave con un mezzo di sollevamento (il bigo di carico, una specie di gru) per sbarcarli o imbarcarli.
    Questa operazione richiedeva particolare esperienza e abilità per chi era addetto alle relative manovre volanti, in quanto un errore poteva far andare a sbattere l’imbragata di merci o peggio di passeggeri contro la fiancata della nave, con conseguenze disastrose che è facile immaginare.

    L’imbragata consisteva in un grosso sacco cilindrico di tela o di iuta molto resistente, a volte con un fondo di assi di legno, nel predetto sacco trovavano posto di norma quattro o cinque persone, poi tramite le funi del bigo di carico esso, allo sbarco, veniva calato lentamente sulla piccola imbarcazione affiancata alla nave. Logicamente si effettuava l’operazione inversa nel caso d’imbarco.
    Il rigido moralismo dei costumi di quel tempo non permetteva assolutamente che potessero essere presenti nel sacco dell’imbragata allo stesso momento uomini e donne frammischiati, in quanto durante le manovre il sacco tendeva a stringersi e i corpi venivano schiacciati l’uno contro l’altro. La cosa era stata risolta facendo carichi dello stesso sesso ovvero una ‘mbracàta di omini o una ‘mbracàta di fimmìni.
    Dell’arrivo di un piroscafo nella rada di Pantelleria sul finire dell’Ottocento (agosto 1896) abbiamo un resoconto di un inviato de L’Illustrazione Italiana. Il piroscafo è il “Principe Oddone”, proveniente da Marsala e prima ancora da Palermo. Purtroppo dell’imbragata non vi è cenno alcuno, sebbene sia stata sicuramente effettuata in quanto si parla di imbarco di emigranti e asinelli locali (assai richiesti per la loro resistenza in Tunisia). Comunque riportiamo il brano per la particolare atmosfera di un’epoca ormai andata.

    “Alle due e mezza (pomeridiane, ndr) vediamo appressarsi un’isola; il Principe Oddone getta finalmente l’ancora ed eccoci davanti alla Pantelleria, da dove ci giungono a bordo asinelli e pecore numerose, e dove la nostra ora di fermata in alto mare passa fugace nel modo più lieto, al parapetto del vapore, a vedere il tirar su e giù con una corda, dai viaggiatori e dalle eleganti viaggiatrici italiane e straniere che venivano in Tunisia, i canestri d’uva carnosa, splendida, dagli acini grossi come prune, uva di cui tutti noi – viaggiatori di prima e di seconda – si fece una vera scorpacciata!
    Alle tre e mezza il vapore toglie l’ancora – dopo aver caricato ivi altri emigranti ed asinelli famosi di Pantelleria – e dopo aver viaggiato, con un mare il più tranquillo, ancora altre dodici ore, alle due di notte il piroscafo s’arresta. Molti escono dalle cabine, salgono in coperta sotto un cielo splendidamente stellato. Ed in mezzo al silenzio della notte, lontano scorgiamo una miriade di fiammelle rifrangentisi nel mare calmo. Siamo davanti alla Goletta…”.

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    26.3.1941, Suda e i siluri umani

    di Pancrazio “Ezio”Vinciguerra


    Nella notte del 26 marzo 1941, dopo quattro falliti tentativi contro Alessandria e Gibilterra, la Regia Marina porta a compimento il primo importante successo dei mezzi d’assalto. Ricevuto l’ordine, il comandante del Crispi, capitano di fregata Ferruta e il tenente di vascello Faggioni, comandante della spedizione dei mezzi d’assalto, procedono per l’attacco a unità inglesi ormeggiate nella baia di Suda.
    Una precedente ricognizione aerea segnalava l’arrivo a Creta di un convoglio di 12 piroscafi scortato da tre cacciatorpediniere. Quella stessa notte i due regi cacciatorpediniere Sella e Crispi, diressero per Suda dove alle ore 23.30, a sei miglia dal promontorio di Acrotiri, misero a mare sei mezzi d’assalto precedentemente imbarcati.
    I mezzi d’assalto, agli ordini del tenete di vascello Faggioni, si diressero verso l’ingresso della baia e, superando gli sbarramenti, alle ore 05.00 riuscirono a penetrare nella baia. Faggioni diede le ultime istruzioni prima dell’attacco per l’assegnazione dei bersagli tra cui l’incrociatore York ormeggiato.
    Questi furono gli ordini impartiti:
    – al sottotenente di vascello Cabrini e al capo motorista Tedeschi venne assegnato come bersaglio l’incrociatore York;
    – al sergente cannoniere Barbieri la petroliera ormeggiata davanti al paese di Suda;
    – al capo cannoniere De Vito e al 2° capo motorista Beccali fu ordinato di rimanere nelle vicinanze del mezzo di Faggioni.
    L’attacco andò a buon fine, i due barchini centrarono la York e il terzo la petroliera.
    Il tenente di vascello Faggioni ordinò a Beccali l’attacco di un’altra petroliera ma Capo Beccali, giunto a 300 metri dal bersaglio, si lasciò cadere in acqua.
    Solo il mattino seguente gli inglesi compresero che non si era trattato di un attacco aereo ma di un attacco di superficie. La base di Suda era stata violata dagli uomini della Regia Marina.
    I sei gli arditi incursori furono presi prigionieri dagli inglesi e, al loro rientro in patria, furono insigniti di medaglia d’oro al valor militare.


    In quella notte, tra il 25 e il 26 marzo 1941, operatori della X^ MAS con dei barchini esplosivi, trasportati da due regi cacciatorpediniere Crispi e Sella, assaltarono la rada e il porto di Suda Bay. I 6 barchini erano al comando del Tenente di Vascello Faggioni, pilotati dallo stesso Faggioni, da S.T.V. Cabrini, dal C° 2^ Mc Alessio De Vito, dal C°3^ Tullio Tedeschi, dal 2^C°Mc Lino Beccati e dal Sergente Giulio Barberi.
    All’interno della baia di Suda sono alla fonda, protette da reti antisiliuro:
    . Incrociatori York, Gloucester, Calcutta.
    . CT Hasty
    . Navi appoggio Cherryleat,Doumana
    . Petroliere Desmoulea, Marie Maersk, Pericles.
    Al termine dell’attacco il cacciatorpediniereYork era stato messo fuori combattimento come pure la petroliera da 8500 tonnellate Pericles.
    Tutti gli operatori furono catturati. I sei arditi della X^ vennero decorati con medaglia d’oro al valor militare mentre i due Comandanti dei cacciatorpediniere Crispi (Capitano di Fregata Ugo Ferruta) e Sella (Capitano di Fregata Del Mestri) furono insigniti della medaglia d’argento al valor militare.
    Fino a 50/60 anni fa, o quasi, la cinematografia nazionale proponeva, in continuazione, film di qualità su i più noti fatti bellici. In rete ce n’è disponibile uno anche sui barchini che vi posto e consiglio di vedere questa sera un po’ prima di recarvi a Messa di mezzanotte. Buona visione del film “Siluri umani” e ancora tanti auguri.
    Ezio Pancrazio Vinciguerra

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    La campana della nave

    a cura Francesco Carriglio
    http://www.augusta-framacamo.net

    La campana a bordo alle navi risale al periodo della marina velica, era collocata in prossimità del cassero centrale e serviva a battere il tempo, 2 rintocchi per ogni ora, un rintocco ogni mezzora. Il suono della campana avvisava i marinai al cambio della guardia, che avveniva ogni 4 ore, con otto rintocchi, alle 4, alle 8, alle 12, alle 16, alle 20 e a mezzanotte, e regolava anche l’attività di bordo, come la sveglia la mattina, assemblea generale, il rancio pronto alla distribuzione e il posto di manovra. I rintocchi della campana in rapida successione servivano come allerta: incendio a bordo, posto di combattimento, abbandono nave. I rintocchi lenti della campana si utilizzavano in caso di nebbia per segnalare la presenza della nave all’ancora.
    Il 31 dicembre avvenivano tradizionalmente 16 rintocchi, 8 per l’anno appena trascorso e 8 per il nuovo anno.

    Oggi la presenza della campana a bordo è un fatto decorativo, tradizionale e simbolo di “identità” della nave. La campana è stata di fatto sostituita dal fischio e sirena o dalla Rete Ordini Collettivi, può essere utilizzata solo in caso di pericolo per scarsa visibilità dalle unità superiori ai 12 metri alla fonda, non provvisti di sirena, come è citato nel Regolamento degli Abbordi in Mare del 1972.