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    Lorenzo Donadeo (Spongano (LE), 16.12.1920 – 1.4.2008)

    di Marino Miccoli

    (Spongano (LE), 16.12.1920 – 1.4.2008)

    e la regia nave Cristoforo Colombo … ovvero il vento e il mare.

    Carissimo Ezio,
    come sai il vento e il mare sono due elementi che il vero marinaio conosce bene.
    Il navigatore che il mare ce l’ha nel sangue, impastato col sole, con le nuvole ed il vento, probabilmente non concepisce nemmeno la navigazione senza le vele. Quel piacere particolare ed unico di “sentire” l’eterno dialogo tra il vento e il mare, di avvertire lo scivolare sulle onde dello scafo, nel silenzio e lontano dalla fragorosa frenesia del vivere moderno. Possiamo affermare che il velista è colui il quale, scegliendo di andare per mare senza l’ausilio di alcun motore, rifugge dal caotico frastuono della società attuale succube delle macchine, optando per un ritorno a quei valori più puri dell’uomo e della sua primitiva origine; sceglie di vivere a stretto contatto con la natura ed i suoi elementi. Del resto molti naviganti che hanno cominciato con un’imbarcazione a motore, dopo aver conosciuto il mare, hanno finito per essere attratti dalla navigazione a vela o, comunque, senza motore. Mio padre Antonio (*) era tra questi ultimi, infatti dopo un’intera vita passata nella Marina, appena congedatosi una delle prime cose che fece fu di acquistare una barca di legno, un gozzo a remi che battezzò “Sibilla”, ovvero con il nome dell’ultima unità della Marina per cui ricevette l’ordine d’imbarco.
    Ritengo idonea questa premessa per ricordare qui un bravo Marinaio e un superbo Veliero.
    Lorenzo Donadeo, un caro amico di mio padre, nato il 16/12/1920 a Spongano, nel Salento, fu arruolato nella Regia Marina nel 1938. Dopo aver frequentato le Scuole C.R.E.M.M. di Pola (Istria italiana) (**) ricevette ordine d’imbarco su di uno dei più bei velieri italiani che abbia mai solcato i mari: il brigantino nave-scuola Cristoforo Colombo (unità gemella del più noto e ancora in servizio Amerigo Vespucci). Su questa superba unità Lorenzo Donadeo prestò lodevole servizio fino al 1945, quando andò in congedo e tornò nella vita civile, nella sua Spongano, per lavorare nell’edilizia dove era considerato un bravo e competente capomastro.
    Nelle due vecchie quanto belle fotografie, che corredano il presente scritto, in una è stato ripreso proprio il nostro Marinaio alla fine degli anni ’30, mentre è intento a leggere una lettera appena pervenutagli (per la gentile concessione della fotografia ringrazio la di Lui moglie, signora Emma Guida).
    A quell’epoca l’arrivo della posta era sempre un momento atteso da tutti i militari e anche la ricezione di una semplice cartolina, recante i saluti dei propri cari, costituiva una gradita sorpresa per tutti coloro che erano sotto le armi.

    In quest’altra fotografia vi è raffigurata proprio la regia nave Cristoforo Colombo, la nave-scuola sulla quale Lorenzo era imbarcato, mentre è agli ormeggi, presumibilmente in alto Adriatico (fotografia estratta dall’album di mio padre). A tal proposito mi piace ricordare l’entusiasmo e i bei aggettivi con i quali Lorenzo descriveva la sua bella nave, congiuntamente al suo profondo rammarico per la fine ingloriosa che subì questo nostro stupendo veliero, al termine della II Guerra Mondiale, quando fu consegnato all’Unione Sovietica a titolo di risarcimento danni di guerra.
    Sono onorato di ricordare, con i tuoi lettori, un bravo Marinaio e una grande Nave che hanno fatto la storia della nostra gloriosa Marina.
    Lorenzo Donadeo è deceduto il 1° aprile 2008.

     

    (*) per saperne di più digita sul motore di ricerca del blog Antonio Miccoli.

    (**) Si consiglia all’argomento la lettura del seguente link in considerazione che Lorenzo Donadeo ha frequentato le scuole CREMM di Pola:

    Le scuole C.R.E.M. di Pola (Istria Italiana)

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Pittori di mare,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    1.4.1942, affondamento della regia nave Giovanni Delle Bande Nere

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra, Carlo Di Nitto, Pasquale Mastrangelo, Stefano Piccinetti, Francesco Venuto, Claudio Spanò, Giorgio Eterno, Michael Locci.

    La regia nave Giovanni Delle Bande Nere era un incrociatore leggero varato presso i cantieri navali di Castellammare di Stabia (Napoli) il 27.4.1930.
    La nave fu affondata dal sommergibile Urge il 1° aprile 1942 a largo dell’isola di Stromboli.

    Giovanni D’Adamo
    a cura Carlo Di Nitto 

    Marinaio Cannoniere Giovanni D’Adamo, di Tommaso e di De Meo Maria Civita, Croce di Guerra al V.M., disperso nell’affondamento del Regio Incrociatore “Giovanni delle Bande Nere” il 01 aprile 1942.
    L’unità, colpita da due siluri lanciati dal Smg. inglese Urge, si spezzò in due tronconi ed affondò immediatamente con gran parte dell’equipaggio. Mar Mediterraneo, a circa miglia 11 per 144° dall’isola di Stromboli.
    Era nato il 19 giugno 1920 a Castellonorato.
    (foto p.g.c. della Famiglia)

    Tancorre Vincenzo, marinaio di una volta come me, come noi…

    di Pasquale Mastrangelo

    Carissimo Ezio,
    come promesso giorni fa, ti allego una scheda riepilogativa relativa al Meccanico Navale Tancorre Vincenzo (mio compaesano), perito a seguito dell’affondamento della regia nave Giovanni delle Bande Nere.
Ti allego altresì un file contenente la foto da Allievo della Scuola Meccanici di Venezia, copia di una lettera inviata ad un suo amico nell’imminenza della fine del Corso da Allievo (prima di imbarcare) e della cartolina che è l’ultimo suo scritto prima dell’affondamento, praticamente sei giorni prima!
    Nel rileggere la lettera scritta al suo amico sono rimasto molto colpito dalle parole che un giovane di 19 anni sentiva di scrivere. Parole dettate dal senso di appartenenza, dallo spirito di corpo, dall’amore per le istituzioni ed il senso di Patria. Abbiamo tanto da imparare da queste frasi, soprattutto tanti giovani di questa epoca che si divertono a distruggere auto, vetrine e colpire nel cuore le Istituzioni.

    So’ per certo che saprai come tuo solito valorizzare questa grande testimonianza secondo i tuoi canoni e so’ di mettere “il tutto” nelle migliori mani possibili.
    Ho anche suggerito ad Aldo Capobianco cognato del TANCORRE (*) la tua amicizia su facebook. A lui puoi tranquillamente rivolgerti per eventuali altre informazioni al riguardo.
    Ti rinnovo i sentimenti di amicizia e stima e ti ringrazio per il privilegio di esserti amico.
    Pasquale Mastrangelo.

    Tancorre Vincenzo, nato a Gioia del Colle (Bari) il 7.7.1923. Frequentò la scuola per meccanici di Venezia. Perì a seguito dell’affondamento della regia nave Giovanni delle Bande Nere il 1° gennaio 1942. Fu dichiarato disperso il giorno successivo.
    (*) https://www.facebook.com/aldo.capobianco.54

    Nota della redazione
    Giovanni Dalle Bande Nere era un incrociatore Leggero varato a Castellammare di Stabia il 27.4.1930. Partecipò alla Guerra dei Convogli e alla Seconda Battaglia della Sirte.
    Il mattino del 1° aprile 1942 lasciò Messina diretto a La Spezia scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra.
    Alle ore 09.00, a undici miglia da Stromboli, le navi vennero intercettate dal sommergibile britannico Urge.
    Un siluro spezzò in due lo scafo e l’unità affondò rapidamente, trascinando con se 381 Marinai su 507 uomini dell’equipaggio. Fra di essi c’era anche Nicola Verdoliva nato a Castellammare di Stabia il 5.12 1916 che risultò disperso in mare. Di Lui non abbiamo nessuna foto a corredo di questo articolo ma siamo certi, ovunque si trovi con i suoi Frà che non fecero più ritorno all’ormeggio, che adesso riposano in pace fra i flutti dell’Altissimo.

    Quel giorno del 1° aprile 1942
    narrato da Guido Piccinetti (*)

    Questa è la storia di Guido Piccinetti, giovane fanese classe 1919, con la passione profonda per il mare, la pesca e la cucina marinata, socio storico della nostra associazione e memoria storica della città di Fano. Il racconto è stato dettato al figlio Stefano, direttamente narrato da Guido che riviveva, con occhi lucidi, i momenti drammatici e memorabili della guerra dal 1939 al 1945.
    Vorrei ricordare mio padre, salpato per l’ultima missione il 2 luglio 2015 all’età di 95 anni.
    Penso che abbia fatto una buona vita sia come uomo che come Cristiano. Era buono e, soprattutto, era un marinaio nell’anima, dignitoso e fiero, come sono gli uomini di mare.
    Ciao Guido “Marinaio per sempre”.
    Stefano Piccinetti

    Il 15.12.1939 fui chiamato alle armi ed arruolato nella Regia Marina.
    Come prima destinazione ebbi Venezia presso le Scuole C.E.M.M. (Corpi Equipaggi Militari Marittimi), situata a Sant’Elena, dove fui addestrato ed istruito con la categoria Fuochista di Bordo.
    Dopo circa 40 giorni fui destinato a Taranto ed imbarcato sul regio cacciatorpediniere Giovanni delle Bande Nere che in quel periodo era ai lavori in arsenale nel Mar Piccolo nella base navale di Taranto.
    Stavamo rientrando da Tripoli da una scorta convogli, eravamo nel Golfo della Sirte con un forte mare al traverso e dopo qualche giorno di navigazione siamo entrati nella base navale di Messina.
    La sosta durò qualche settimana nei quali facemmo servizi di guardia, poi il Comando di bordo decise di andare a La Spezia per i danni subiti dal maltempo.
    Salpammo alle ore 06.00 del 1° aprile 1942, era una bella giornata di sole e il mare era buono. Eravamo circa all’altezza delle isole Eolie vicino Stromboli e le condizioni del mare mi invitarono a riposarmi al centro nave, così mi coricai sopra i lancia siluri. Ad un tratto sentii un gran scoppio che mi sollevò in aria, poi più nulla fino a ritrovarmi a circa 20 – 30 metri dalla nave. Al contatto con l’acqua ripresi i sensi e mi guardai intorno, vedevo solo fumo e sentivo le urla e i lamenti dei miei compagni, percepivo il sangue colarmi dalla testa e vidi una leggera ferita alla gamba destra, ma mi rassicurai capendo che non era niente di grave.
    Dopo qualche ora in balia delle onde, vidi mio cugino Ivo che era in difficoltà poiché non aveva il salvagente; nuotando faticosamente lo raggiunsi e gli diedi il mio salvagente, così ci siamo aggrappati a una latta di plastica per mantenerci a galla.
    Poco dopo la zona fu sorvolata da un aereo dell’Aviazione Italiana che ci sganciò i salvagenti individuali.
    Dopo circa 8 – 9 ore in balia delle onde, venne on nostro soccorso il regio cacciatorpediniere Maestrale, il quale ci fornì le prime cure a bordo e ci portarono a Messina dove sono stato ricoverato all’ospedale militare Santa Margherita per circa 10 giorni. Al termine del ricovero in ospedale ebbi una breve licenza per recarmi a casa per riabbracciare i miei genitori, per poi ripartire verso la nuova destinazione alla polveriera di Malcontenta provincia di Venezia. Successivamente fui fatto prigionieri dai tedeschi e deportato in Germania nel campo di concentramento per prigionieri di Fraureuth provincia di Werdau in bassa Sassonia. Ebbi la fortuna di lavorare fuori dal campo, in una falegnameria, il titolare e Sindaco del paese si chiamava Wully Smithe, fu la mia salvezza. Alla fine della guerra nell’agosto 1945 tornai in Patria.
    Questa è sommariamente la mia storia, le emozioni e le sofferenze forse non si possono cogliere in queste due righe, ma ancora oggi mi commuovo continuamente al pensiero di quello che hanno visto i miei occhi e al ricordo delle urla dei miei compagni, naufraghi di un mare senza colpa ma complice nel destino.

    (*) Nato il 20.12.1919 e residente a Fano.
    Oggi unico superstite del regio cacciatorpediniere Giovanni dalle Bande Nere, decorato con Croce al Merito di Guerra, in data 29 luglio 1947.
    Guido Piccinetti è salpato per l’ultima missione dalla sua Fano il 2.7.1915.

    1.4.1942, il sommergibile inglese Urge tagliava in due il regio incrociatore Giovanni Dalle Bande Nere
    
di Francesco Venuto

    Buongiorno Ezio,
    Le invio, se le può essere utile, un mio servizio pubblicato da Giornale di Sicilia nel 1991 e da altri giornali in seguito cordiali saluti, Francesco Venuto ex sergente radiotelegrafista (di leva).

    Questo articolo è dedicato, per grazia ricevuta, a Paolo Puglisi.

    STROMBOLI – Cinquantuno anni fa, il primo aprile del 1942, al largo dell’isola di Stromboli due siluri lanciati dal sommergibile inglese “Urge” tagliavano in due l’incrociatore “Giovanni Dalle Bande Nere”.
    Varata nel 1931, la nave effettuò, tra il 10 giugno 1940 e la data del suo affondamento, 15 missioni di guerra, percorrendo in tutto circa 35 mila chilometri. Tra gli ottocento uomini imbarcati sull’incrociatore, quel primo aprile c’era Paolo Puglisi, 75 anni, baffetti alla Clark Gable rimasti neri come ai tempi in cui stava per ore chiuso nella torretta numero 4, pronto ad azionare i cannoni del Bande Nere.
    L‘enciclopedia “La Seconda Guerra Mondiale”, curata da Arrigo Petacco, liquida in un paio di righe l’affondamento dell’incrociatore. Secondo Puglisi, in realtà, vi furono delle circostanze quantomeno sospette per cui le cose non andarono per il verso giusto. Inoltre tra i marinai superstiti dell’affondamento, si parlò con insistenza di una “spiata”, partita proprio da Messina, sui movimenti della nave e sulle sue condizioni di navigazione.

    «Il Bande Nere partecipò alla seconda battaglia della Sirte -ricorda Puglisi- Tornavamo alla base di Messina dopo una navigazione con il mare fortissimo, tanto che due caccia-torpediniere, il “Lanciere” e lo “Scirocco”, colarono a picco per il maltempo. Il nostro incrociatore era piuttosto malconcio e molte erano le avarie che il comandante Lodovico Sirta aveva dovuto annotare sul libro di bordo. Arrivammo nello Stretto con ben 48 ore di ritardo, e con la consapevolezza che il destino della nave era il bacino di La Spezia, dove sarebbero state eseguite le riparazioni.
    Così infatti fu deciso dal comando della Regia Marina Militare, e qualche giorno dopo aspettavamo con ansia l’ordine di mollare gli ormeggi. Il Bande Nere lasciò il porto di Messina il primo aprile 1942 -racconta Puglisi- dopo sei giorni di incomprensibili rinvii. Erano le sei del mattino, due caccia e alcuni ricognitori aerei controllavano che lungo la nostra rotta non vi fossero battelli nemici.

    Tutto filò liscio sino alle nove, all’ora di colazione, di solito un panino con la mortadella o il provolone.
Eravamo al largo di Stromboli, un sommergibile inglese lanciò un primo siluro, il Bande Nere si inclinò di almeno trenta gradi, un minuto dopo arrivò il secondo e definitivo lancio dell’”Urge”, la nave si aprì in due e cominciò ad affondare rapidamente. Io non ebbi il tempo di gettarmi subito in mare, come buona parte dell’equipaggio. Ero infatti ai “pezzi da 100”, proprio nella zona colpita dai siluri. Riuscii comunque a liberarmi dei vestiti e, aggrappandomi alle “traglie”, i passamano, finii sott’acqua trascinato dal risucchio della nave che stava inabissandosi. A sette-otto metri di profondità, non riuscendo ormai a risalire avevo abbandonato ogni speranza di salvarmi. La visione di mia madre e una miracolosa bolla d’aria mi spinsero di nuovo verso la superficie dove sembrava aspettarmi l’idrovolante delle nave capovolto, attorno ai cui galleggianti erano aggrappate almeno settanta persone.
Pioveva, si cercava di resistere a tutti i costi, di non mollare la presa. In molti alla fine furono vinti dalla stanchezza, dall’acqua gelida e dal dolore per le gravi ferite riportate. Cinque ore dopo arrivò il cacciatorpediniere “Libra”, che raccolse i superstiti e i marinai morti.
Il mare era diventato nero per le tonnellate di nafta fuoriuscite dai serbatoi del Bande Nere. Io fui sistemato tra i morti, perché all’atto di essere recuperato persi i sensi, la confusione del momento fece il resto. Mi svegliai tra la meraviglia dei siluristi, non ricordavo nulla, non ci vedevo più, ero diventato cieco.
    Poi mi dissero che era stata la nafta, anche il mio corpo del resto era bruciato per essere rimasto molto tempo a contatto con il carburante. Tornati a Messina, in un primo tempo non fu riconosciuta la mia infermità, ed anche per questo mi misero in prigione. Dopo qualche giorno però fui rimandato a casa, mentre agli arresti ci andò l’ufficiale che aveva ordinato la mia carcerazione. Il sole lo rividi dopo un mese».

    Elia Soriente (Torre Annuziata (NA), 12.4.1922 – Mare, 1.4.1942)
    a cura di Vincenzo Marasco(*)  e Antonio Papa – Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

    (Torre Annunziata (NA), 12.4.1922 – Mare, 1.4.1942)

    Alla lieta e cara memoria del Sottocapo Palombaro Soriente Elia, Figlio di Torre Annunziata.

    Questa altra breve storia che voglio raccontare ha anch’essa inizio a Torre Annunziata. Precisamente in quel suo comprensorio, che nei primi anni del Secolo Breve, era considerato ai locali per lo più come un luogo riservato alla borghesia locale, in quanto meno urbanizzato e lontano dal trambusto di quegli agglomerati cittadini in cui era relegato per lo più il popolo torrese.
    Così, nella nascente via Vesuvio, che agli inizi degli anni ‘20 non era altro che una piccola arteria circondata da rigogliosi giardini e su cui si affacciavano poche villette e palazzotti, che dalla industriosa Torre Annunziata menava al più rurale borgo di Trecase, il 12 aprile del 1922 da Francesco e Iovino Lucia, al civico 61, nasce Elia Soriente.
    Elia, per Francesco e Lucia era quel figlio maschio tanto atteso e voluto, considerato come un dono del cielo. Ma a parte le emozioni terrene, egli, come tanti torresi ancora oggi si considerano, nasce come figlio del mare, e attratto da quell’elemento principe in quella lingua di terra dove è cresciuto, un giorno insieme ad un suo caro amico decise di intraprendere la “Carriera”. Fu così che lui e De Santis, il cui nome non ci è dato ricordare, partirono alla volta di Taranto arruolandosi in quella gloriosa Regia Marina Italiana, considerata la regina del Mediterraneo.
    Dai racconti vivi nelle memorie dei suoi parenti, nipoti e cugini, che sono cresciuti con il suo ricordo, si apprende che i due vennero fin da subito assegnati all’equipaggio dell’Incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere, e che solo pochi giorni dal momento della partenza dell’unità navale per un’operazione di guerra in mare aperto, avvenuta da Messina nelle prime ore della notte del 20 marzo del 1942, i due vennero divisi: toccò al De Santis sbarcare e salire a bordo di un’altra unità navale della Marina.
    Fu così che il destino di Elia cominciò a prendere la sua forma e a manifestarsi.
    Il Giovanni delle Bande Nere, uscito dal porto di Messina, così come gli venne ordinato da Supermarina, insieme alla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere, incrociò la rotta verso il Sud del Mediterraneo con lo scopo di intercettare un convoglio navale inglese partito da Alessandria e diretto verso Malta.
    L’operazione non partì sotto il buon auspicio meteorologico. Ciò è dimostrato dai notevoli ritardi accorsi sulle partenze degli incrociatori pesanti, sempre da Messina che facevano parte della stessa divisione navale, i quali a causa del forte vento da SE ebbero problemi a lasciare gli ormeggi. Ma nonostante questo l’operazione andava portata a compimento, nonostante il mare dalla mattinata del 21, montato da un fortissimo vento di Scirocco, divenisse sempre più impetuoso.
    Nella tarda mattinata del 22, l’intera Divisione Navale comandata dall’Ammiraglio Iachino, arrivata poco lontani del Golfo della Sirte, incrociò a lunga distanza il convoglio inglese. Le due squadre cominciarono così a studiarsi con manovre di grande perizia e, lì dove potevano, a scambiarsi colpi di artiglieria navale. Nonostante le condizioni meteo marine fossero in ulteriore peggioramento e rendessero difficile sia la navigazione, sia il contatto visivo tra i convogli che la precisione dei tiri dei cannoni, l’inseguimento e lo scontro tra italiani e inglesi durò per tutta la giornata.
    Alle 16.44, ad avere il primo successo fu proprio il Giovanni delle Bande Nere su cui era imbarcato Elia, che da 14.000 metri centrò con una salva da 152mm l’incrociatore inglese Cleopatra di scorta al convoglio e ammiraglia in quel frangente, arrecandogli seri danni all’angolo destro poppiero della controplancia, lì dove vi erano i sistemi di tiro contraereo. Oltre ciò, per quella salva, il Cleopatra perse 16 marinai.
    Calato il buio volse a termine anche la battaglia, passata poi alla storia come seconda battaglia della Sirte.
    Dopo il combattimento tra le due Marine fu la tempesta di Scirocco, che nel frattempo si era scatenata oltre ogni aspettativa, a rendere alla flotta italiana difficile il rientro verso Messina e Taranto.
    A soffrire più di tutti furono le navi cacciatorpediniere come la Giovanni delle Bande Neve, che per contenere il fortissimo rollio furono costrette a ridurre sensibilmente la velocità di navigazione. Ma nonostante tutti gli accorgimenti presi, i danni del maltempo causato alle unità minori furono ingenti, tanto che due di queste, la Scirocco, ironia della sorte, e la Lanciere, all’alba del 23 marzo vennero affondate dalle sferzate di un mare arrivato fino a forza 8!
    Il Giovanni delle Bande Nere, con un equipaggio già stremato dalla lunga battaglia e da una navigazione difficilissima, proseguì in libertà di manovra verso Messina, presentandosi nel primo pomeriggio del 24 alle sue ostruzioni senza non poche avarie.
    Vista la situazione precaria della nave, bisognosa di urgenti interventi riparatori, venne deciso di cantierizzarla presso La Spezia. Ed è così che la mattina del 1° aprile del 1942, effettuato il posto di manovra, il Giovanni delle Bande Nere, scortato dall’Aviere, dal Fuciliere e dal Libra – quest’ultimo subito rientrato per un’avaria – lasciano l’ormeggio di Messina per dirigersi verso la base navale spezzina.
    Ma c’era poco da stare tranquilli e l’equipaggio lo sapeva benissimo. In quel periodo nessuna navigazione poteva definirsi sicura, maggiormente per un’unità navale malconcia come lo era in quel momento il Giovanni delle Bande Nere.

    Il Sottocapo torrese Elia Soriente, che aveva stretto e sposato l’indissolubile legame col mare, lo sapeva benissimo!
    Alle 8.41 il convoglio navale italiano venne intercettato dal sommergibile britannico Urge, in appostamento nei pressi dell’Isola di Stromboli, lì dove vi era l’accesso settentrionale allo Stretto di Messina. Alle 8.54, l’Urge, già in posizione di tiro, come il cacciatore si pone di fronte alla sua preda, da una distanza di quasi 5000 metri lancia 4 siluri verso il Bande Nere. Dopo alcuni minuti una prima esplosione si verificò a centro nave, seguita da un’altra dopo nemmeno dieci secondi dalla prima: era arrivata la sua fine e con essa si stava compiendo anche il destino del nostro Elia Soriente.
    La nave colpita al cuore, nemmeno in due minuti, sbandò, si piegò nel suo centro fino a spezzarsi in due tronconi che presero la forma di due braccia alzate al cielo nel tentativo di una vana richiesta d’aiuto. Quel momento cruento durò nemmeno tre minuti e della Regia Nave Giovanni delle Bande Nere non restò più nulla se non tanti ricordi e una miriade di storie appartenenti ai suoi marinai, tra cui vi è quella del giovanissimo Elia Soriente, che sarebbe diventato ventenne da lì a qualche giorno.
    Dei 772 marinai del suo equipaggio, 381 scomparvero tra i flutti. Chi ebbe la fortuna di salvarsi, successivamente, ebbe modo poi di raccontare ogni attimo di quanto accadde in quel momento, rendendo così viva la Memoria di quei loro compagni scomparsi tra l’immensità del mare.
    Evviva il Sottocapo Palombaro Elia Soriente!

    Fonti: Archivio Anagrafe di Torre Annunziata, sez. Leva;
    www.difesa.it/Il_Ministro/Onorcaduti.it;
    www.conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com;
    www.regiamarina.netwww.elgrancapitan.orgwww.world-war.co.uk.
    (*) digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome per conoscere gli altri suoi articoli. 

    Vincenzo Pincin
    di Sergio Covolan

    (Campolattaro, 16.4.1923 – Mare, 1.4.1942)

    Vincenzo Pincin, nato a Campolattaro il 16 aprile 1923, era un motorista navale imbarcato sulla regia naveGiovanni Delle Bande Nere affondato nel Mediterraneo Centrale il 1° aprile 1942 alle ore 09:00. Lui fu uno dei tanti dispersi in mare.

    Vincenzo Pincin era mio cugino di secondo grado.

    Giuseppe Tumminia, mio padre (26.3.1922 – 25.10.2011)
    di Antonino Tumminia

    … riceviamo e con infinito immenso orgoglio pubblichiamo.

    Mio padre, Giuseppe Tumminia, siciliano, era uno dei Cannonieri della Giovanni dalle Bande Nere, quel 1° aprile del 1942, ( sic proprio una pesce d’aprile), era fra i naufraghi. Mi raccontava che si era salvato con altri 40 marinari sopra un pezzo di sughero che galleggiava, e rimasti per 4 ore in quel mare gelido, in attesta di essere ripescato con gli altri sopravvissuti. Sul ponte della nave che li salvò (non ricordo il nome della nave), c’erano tutti i suoi compagni morti, distesi in fila sul ponte. Le macchie di petrolio o nafta che avevano bruciato i suoi piedi rimasero lì per parecchio tempo. Quanto io, a 18 anni partii militare, mi ritrovai marinaio e fui destinato al Ministero della Difesa, a Roma, lavoravo negli uffici del Ministero, segretario dattilografo, nell’ufficio di una sezione (che ometto) con un Tenente Colonnello, un Maresciallo, un Tenente, con il loro aiuto riuscii a fare avere a mio padre la Croce di Guerra che meritava e che il Ministero non aveva mai rilasciata, forse perché mio padre non sapeva cosa fare per ottenerla, assieme a quell’attestato gli spedii una foto della “Bande Nere”; venni a sapere dopo, che pianse tanto nel rivederla, pensando ai suoi amici morti.Mio padre ormai non c’è più, ma sulla stanza dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, c’è ancora in cornice la sua Croce di Guerra, con la sua foto di allora e la Giovanni dalle Bande Nere, che mi rendono orgoglioso di mio padre, per l’uomo e il marinaio che è stato.
    Antonino Tumminia

    Gent.mo Sig. Vinciguerra
    Ringrazio Lei, per il suo interessamento per mio padre Giuseppe. E’ nato a Palermo il 26.3.1922 e nel 2011 è partito per il suo ultimo viaggio. Purtroppo io non mi trovo a Palermo perché dal 1975 mi sono trasferito nel Modenese dove attualmente risiedo, a Palermo è rimasto uno dei miei fratelli, al quale chiederò di inviarmi la foto dell’attestato della Marina Militare e una foto ritratto di mio padre di allora. Appena riceverò questo materiale sarà mia cura farle pervenire. Pere ciò che riguarda eventuale missione non ricordo nulla in merito, da quello che mi raccontava, stavano per andare per riparazioni, quando i due colpi di siluro del Surge, affondarono la Bande Nere, mio padre fortunatamente si trovava sul ponte ed è riuscito a tuffarsi appena in tempo, proprio mentre la nave si spaccava in due tronconi e affondava verticalmente. Mi ha raccontato molte cose della sua vita militare e di quando è stato prigioniero dei francesi e delle umiliazioni subite da lui e dagli altri italiani, ma ho vergogna a raccontarle degli sputi ricevuti dai francesi  mentre, prigionieri, in corteo, sfilavano  per le vie e dai balconi i nostri cugini francesi gli sputavano addosso, al punto che arrivati a destinazione erano proprio bagnati. Riguardo stazionamenti o trasferimenti non so dirle nulla, per certo so che stava a Messina, perchè mi raccontava che scaricavano i bossoli dalla nave sul molo a Messina (dove c’è ancora oggi la base navale, Martello Rosso o qualcosa di simile… dove anch’io sono stato solo per 15 giorni prima del mio congedo) Il suo imbarco è stato il primo ed unico,  con la categoria  di Cannoniere, appena in tempo per  imparare a sparare,  …con la bocca aperta per non farsi saltare i denti daii contraccolpi delle cannonate.Appena possibile le invierò i materiali.
    Un Cordiale saluto. Antonino TUMMINIA.

    Gent.mo Sig. Vinciguerra,
    Spesso mi rivedo accanto a  mio padre, ad ascoltare i suoi racconti di guerra,  della sua prigionia, e dei posti visitati, e non ricordo tante cose, ma alcune mi sono rimaste impresse nella mente, magari sono dei flash, ma sono immagini che ancora navigano nella mia mente. Ricordi di umanità,  anche di sorrisi, d sofferenze e di furbizie per sopravvivere in campi di prigionia. Credo che lo shock di quel naufragio se le portato addosso come un vestito nero, come un lutto perenne, per la sua bella nave e l’umanità dei suoi compagni. Ironia della vita, l’ultima notte della sua vita, trascorsa in ospedale,  passata a raccontare, al dottore di turno, storie di marinaio della Bande Nere, il dottore stesso, meravigliato della sua improvvisa dipartita, ci raccontò, che  trascorse molto tempo a parlare della guerra, all’alba, si è imbarcato per l’ultimo viaggio, questa volta non doveva stare ai cannoni e non doveva sparare, viaggiava verso l’amore e la luce, dove troviamo tutti quelli che ci hanno amato e una schiera di amici, in parata militare, che lo aspettano a bordo di una anima d’amore.                                                                                                                                                                          Antonino Tumminia 

    Caro Ezio, un anno il 2020 purtroppo con un mare agitato, sperando che questo mare si calmi lasciandoci navigare con serenità, colgo l’occasione  di inviarti i più sinceri.
    Ti allego un’illustrazione che ho realizzato modificando un disegno del Bande Nere, che come tu sai ci sono legato per mio padre che era cannoniere su questo incrociatore. Un abbraccio e cari saluti e auguri per tutti i tuoi lettori della Voce del Marinaio da  Antonino Tumminia.

    Filippo Lo Piparo
    di Claudio Spanò

    (Bagheria (PA), 8.10.1920 – Mare, 1.4.1942)

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Buonasera,
    Filippo Lo Piparo era mio prozio, fuochista della regia nave Giovanni Delle Bande Nere e perito l’1.4.1942 nell’affondamento (disperso). Abbiamo da poco trovato queste foto che le invio, chissà che qualcun altro riesca a riconoscere i marinai che sono con lui in foto, con tutta probabilità anch’essi sulla stessa nave. Filippo è quello in basso a sinistra. Gli altri non so. Se le fa piacere può pubblicare queste foto nel suo sito.

    Era nato a Bagheria (PA) l’8.10.1920.
    Grazie per il suo lavoro di memoria.
    Cordiali saluti.

    Nota
    Sull’elenco dei Caduti e Disperi della Marina Militare èriportato il cognome Lo Pipero.

    Si consiglia la lettura del seguente link:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2021/04/1-4-1942-affondamento-della-regia-nave-giovanni-delle-bande-nere-4/

    Michele Ranaudo (San Martino in Pensilis (CB), 5.3.1922 – Mare, 1.4.1942)
    a cura Vincenzo Campese (*)

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    Salvatore Eterno
    di Giorgio Eterno

    (Vittoria, 28.6.1919 – Mare, 1.4.1942)

    Salvatore Eterno, nato a Vittoria il 28 giugno 1919, imbarcato sulla regia nave Giovanni Giovanni Delle Bande Nere, affondata a largo dell’Isola di Stromboli, risultò disperso il 1° aprile 1942.
    Onori.


    Nota della redazione
    Giovanni Dalle Bande Nere era un incrociatore Leggero varato a Castellammare di Stabia il 27.4.1930. Partecipò alla Guerra dei Convogli e alla Seconda Battaglia della Sirte.
    Il mattino del 1° aprile 1942 lasciò Messina diretto a La Spezia scortato dal cacciatorpediniere Aviere e dalla torpediniera Libra.
    Alle ore 09.00, a undici miglia da Stromboli, le navi vennero intercettate dal sommergibile britannico Urge.
    Un siluro spezzò in due lo scafo e l’unità affondò rapidamente, trascinando con se 381 Marinai su 507 uomini dell’equipaggio.

     

    Fiorenzo Locci
    di Michael Locci

    (Monastir 12.4.1918 – Mare, 1.4.1942)

    … riceviamo e con immenso orgoglio misto a commozione pubblichiamo.

    Salve,
    sono Michael Locci pronipote del Sottocapo Cannoniere Fiorenzo Locci  deceduto il 1° aprile 1942 sul regio incrociatore Giovanni delle Bande Nere.


    Vorrei inviarli delle foto, come scopo storico e anche per ricordarlo…
    Vi ringrazio anticipatamente.


    Lo zio era nato a 
    Monastir il 12 aprile 1918.
    Saluti.

     

    Vittore Raccanelli (Venezia, 4 luglio 1904 – Mar Tirreno, 1º aprile 1942)
    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Venezia, 4 luglio 1904 – Mar Tirreno, 1º aprile 1942)

    Comandante in seconda del regio incrociatore leggero Giovanni dalle Bande Nere, su cui morì nel grado di Capitano di Fregata.

    Vittore Raccanelli nacque a Venezia il 4 luglio 1904, figlio di Silvio e Lucia Furlan. Arruolatosi nella Regia Marina frequentò la Regia Accademia Navale di Livorno conseguendo la nomina di guardiamarina  il 4 dicembre 1924. Proseguì la carriera con incarichi d’imbarco o a terra venendo promosso Tenete di Vascello il 1º luglio 1929. Quindi prese imbarco sulla regia nave Leone nel 1930, sulla nave appoggio sommergibile Antonio Pacinotti, quale ufficiale in 2^ nel 1931. Perfezionò il brevetto di idoneità al servizio elettrico e radiotelegrafico a bordo (qualifica E) presso la Regia Accademia Navale di Livorno nel 1932. Passò quindi sulla corazzata Andrea Doria nel 1933 e a Mogadiscio, quale aiutante bandiera del comandante del locale comando marina nel 1934. Eseguì il tirocinio per ufficiali in seconda sul sommergibile Balilla dal 5 novembre 1935.
    Divenuto comandante del sommergibile Galatea, con la sua unità partecipò clandestinamente alla guerra di Spagna, eseguendo una singola missione, dal 22 agosto al 5 settembre 1937; nel corso di tale missione cercò di silurare più volte diversi mercantili al largo di Tarragona, senza risultati.. Conseguì nel frattempo la promozione a capitano di corvetta, il 12 agosto 1937.
    Assunse il comando del sommergibile Enrico Tazzoli sin dal principio della guerra. Si trasferì col battello nella base atlantica di Bordeaux (Betasom) sin dall’autunno 1940, partendo da la Spezia il 2 ottobre. Il 12 seguente al largo di Capo San Vincenzo affonda il piroscafo iugoslavo Orao (5135 t.), al servizio degli inglesi. Il Tazzoli entrò a Bordeaux il 24 ed iniziò subito un turno di lavori. Il 5 dicembre, promosso capitano di fregata, cede il comando del Tazzoli al capitano di corvetta Carlo Fecia di Cossato, su cui diventerà un famosissimo asso, e passò al comando del sommergibile Reginaldo Giuliani, trasferito ed impegnato a Gotenafen (attuale Gdynia) in Polonia, per l’addestramento del personale italiano sui nuovi metodi di guerra al traffico oceanico.
    Nell’aprile 1941, promosso capitano di fregata, venne assegnato quale comandante in seconda dell’incrociatore leggero Giovanni dalle Bande Nere, sul quale parteciperà intensamente alle attività di squadra e di scorta ai convogli nel periodo 1941-1942, tra i più intensi di tutta la guerra.
    Prese parte anche alla seconda battaglia della Sirte, avvenuta il 22 marzo 1942, nel cui scontro il Bande Nere colpì con un suo proietto da 152 mm l’incrociatore inglese Cleopatra, unità di bandiera dell’ammiraglio Philip Vian, e per le forti avarie riportate dalle proibitive condizioni di mare in tempesta, l’incrociatore italiano riparò al termine della battaglia per le prime riparazioni nel porto di Messina. Dovendo però eseguire ben più estesi interventi di riparazione il Bande Nere partì, sotto scorta, il 1º aprile, alle ore 9,00 per La Spezia. Ma non vi arrivò mai perché all’altezza dell’isola di Stromboli, nel Basso Tirreno affondò colpito da due siluri lanciati dal sommergibile inglese Urge. La nave, spezzata in due, s’inabissò subito e permise il salvataggio di meno della metà degli uomini. Tra i caduti vi fu anche il capitano di fregata Raccanelli.

    Onorificenze
    – Medaglia d’argento al valore militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’argento al valore militare «sul campo”». — Decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1948
    – Medaglia di bronzo al valore militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valore militare: «Comandante del sommergibile Galatea durante una importante missione di guerra sulle coste spagnole, dava ripetute prove di tenace volontà offensiva mantenendo l’agguato a distanza ravvicinatissima dal porto di Tarragona davanti al quale attaccava tre piroscafi contrabbandieri danneggiandone seriamente uno. Tarragona, 28 agosto-9 settembre 1937». — Regio Decreto 8 aprile 1939.
    – Medaglia di bronzo al valore militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valore militare: «In comando di unità operante in zona avanzata, fatta più volte segno in navigazione ed in porto a violenti attacchi aerei nemici, reagiva sempre con prontezza e molta decisione con il fuoco delle proprie armi. Durante un attacco al convoglio, di cui faceva parte, abbatteva un velivolo avversario. Costante esempio di serena noncuranza del pericolo ed alto senso del dovere. Mediterraneo Orientale, 19 luglio-10 settembre 1942». — Regio Decreto 16 novembre 1942.
    – Medaglia di bronzo al valore militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valore militare: «Comandante di sommergibile effettuava numerose missioni di guerra in acque contrastate dall’avversario. Animato da elevato sentimento del dovere dimostrava in ogni circostanza sereno coraggio, capacità professionale e spirito combattivo. Mediterraneo-Atlantico, 10 giugno 1940-20 maggio 1941». — Decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1948.
    – Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al valor militare: «Comandante di 2ª di incrociatore leggero, durante uno scontro con forze navali nemiche, dava prova di slancio e di elevato spirito combattivo, assicurando la perfetta organizzazione interna della nave, alla quale si era costantemente dedicato, dimostrando belle qualità militari.»— Determinazione del 2 settembre 1942.

    (*) per conoscere le altre sue ricerche digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    Antonio Buzzelli (Ortona (CH), 21.3.1920 – Ortona (CH), 31.3.1998)

    di Paolo Polidoro

    (Ortona (CH), 21.3.1920 – Ortona (CH), 31.3.1998)

    S.O.S. RICHIESTA NOTIZIE E FOTO

    Arruolato per la ferma di mesi 28 nel giugno del 1939. Giunto alle armi nel deposito CEMM di Venezia e classificato allievo SDT, matricola 2248.
    Dal marzo 1940 al dicembre 1942 è stato imbarcato su una delle navi più prestigiose della Regia Marina, la corazzata Littorio assistendo come testimone imparziale agli eventi bellici che hanno visto protagonista quella Unità. E tra queste la triste notte (11/12 novembre 1940) di Taranto, il secondo scontro della Sirte del 22 marzo del 1942 e la battaglia di mezzo giugno 1942.
    A conclusione di quest’ultimo evento bellico l’unità riportò ancora danni e fu costretta a riparare a La Spezia per interventi. A seguito della inoperatività dell’unità i marinai qualificati SDT a ben poco servivano a bordo e quindi Antonio venne inviato nella Francia meridionale, allora sotto occupazione italiana, ed impiegato da gennaio a settembre 43 presso la batteria B3 nella fortificazione del vallo alpino occidentale e forse nella zona di Bardonecchia. (dati che vorremmo confermare).
    La caduta del fascismo e la firma dell’armistizio travolsero anche la vita di guarnigione di Antonio che il 9 settembre del 43, insieme ad altri giovani sfortunati, vennero fatti prigionieri dai tedeschi ed avviati verso la prigionia in Germania. Probabilmente furono trasportati da Tolone verso Metz e da qui presumibilmente a Treviri (Trier) verso i lager della zona per lavori forzati in miniera (dati che vorremmo confermare).
    Dopo 2 lunghi anni di inferno nell’agosto del 1945 venne rimpatriato e ad ottobre dello stesso anno congedato.
    Antonio dal carattere unico, un abruzzese di altri tempi forte e gentile come si diceva, era assai poco loquace.
    Mai sentii una lamentela, mai una imprecazione contro la sorte che gli aveva portato via i 5 anni migliori di gioventù o inveire contro i suoi carcerieri. Ricordo sempre quella sua fierezza di aver fatto il proprio dovere e di aver trascorso mesi bellissimi a bordo di nave Littorio e le giornate intere e le notti a dormire in SDA accanto alla sua mitragliera pronto a reagire ad attacchi aerei. Era molto ironico; un sorriso malinconico lo avvolgeva quando mi descriveva l’enorme quantità di fuoco vomitato dai grossi calibri da 381 nel corso delle azioni a cui aveva partecipato e si lasciava andare al commento:
    – “mi ricordo che abbiamo vuotato i Depositi munizioni ma i colpi non andavano a S”.
    E allora sorridendo sornione mi chiedeva:
    – ”ma ora le centrali di tiro delle vostre moderne navi sono finalmente precise?” .
    Gli occhi di quel marinaio fiero si inumidivano quando ripensava alla notte tragica di Taranto. Ricordava le luci che scrutavano il cielo alla ricerca, lassù, di aerei mentre la minaccia era sulla superficie del mare e lui sembrava sentisse ancora il dolore di quei 3 siluri che si conficcarono nello scafo di nave Littorio come nelle sue carni: e al mattino seguente lo spettacolo impietoso della sua nave ferita e di tutta la tragedia intorno in Mar Grande. Descriveva lo stupore del Comandante di nave Littorio e degli altri componenti lo staff che si aggiravano attoniti in coperta a rilevare i danni.
    Nel 1988 ricevette il distintivo di 2^ grado (argento) per lunga navigazione in guerra e lo autorizzarono a fregiarsi del brevetto d’onore di “Volontario della Libertà” ma che lui non ritirò mai in quanto considerava quel periodo sfortunato oramai sepolto e i suoi conti erano oramai chiusi con la storia.
    Antonio era il padre di mia moglie e purtroppo una brutta malattia ce lo ha portato via all’improvviso nel 1998 togliendoci la possibilità di fargli ancora qualche domanda per comprendere. Riposa in pace.
    Antonio è stato un uomo di rispetto e pieno di dignità e ha cresciuto la sua famiglia trasmettendo questi grandi valori della vita. Uno dei tanti italiani che hanno fatto rivivere la nostra Nazione delle sue vicissitudini di quella guerra; delle sue disgrazie non ci ha lasciato molto… e a noi, ora, curiosi, ci piacerebbe poter sapere dove ha trascorso la prigionia, in quali campi e se esistono testimonianze magari di altri commilitoni. Grazie.

    … riceviamo e pubblichiamo
    Buonasera Ezio. Da quanto riportato in un documento del Vaticano, un Buzzelli Antonio (non sono riportati altri dati anagrafici) si trovava nello Stalag XII F di Forbach (dal novembre 1944 localizzato a Freinsheim) con il numero di matricola 33279. Presumibilmente è poi stato spostato al comando di lavoro n° 2012.
    Roberto Zamboni (9.2.2021)

     

    Regia nave Littorio
    di Carlo Di Nitto

    La regia corazzata Littorio (classe omonima) dislocava 45963 tonnellate. Costruita nei cantieri Navali Ansaldo di Genova, era stata impostata il 28/10/1934, varata il 22/8/1937 ed era entrata in servizio il 06/05/1940.
    Nel corso della guerra effettuò un numero di azioni limitato rispetto alle sue potenzialità belliche, ma ciò fu rispondente alla situazione della guerra navale nel Mediterraneo, dove non si venne mai a creare alcun presupposto strategico tale da giustificare un confronto diretto fra flotte contrapposte.
    Il 26 luglio 1943, con la caduta del fascismo venne rinominata “Italia”.
    Al termine delle ostilità, per l’applicazione del Trattato di Pace, venne compresa fra le navi da cedere alle Potenze vincitrici. In particolare l’ “Italia” (ex “Littorio”) era stata destinata agli Stati Uniti che comunque rinunciarono al diritto di acquisizione, imponendone però la demolizione. Venne pertanto radiata il 1° giugno 1948 e avviata allo smantellamento

    Con le sue possenti gemelle “Vittorio Veneto”, la sfortunata “Roma” e la “”Impero” (mai entrata in servizio), la “Littorio” ha rappresentato la migliore realizzazione italiana nello sviluppo delle navi di linea, quando ormai queste navi cominciavano già ad essere superate e sostituite, nelle strategie belliche navali, dalle portaerei.

    Nonostante il suo limitato numero di azioni belliche, la “Littorio” dalla triste notte di Taranto del 12 novembre 1940 al 9 settembre 1943 ebbe a lamentare la perdita di oltre 50 Marinai.
    Onore ai Caduti.

    Varo della Regia Nave da Battaglia (Corazzata) LITTORIO – 22 agosto 1937

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    Raimondo Restivo (Savona, 30.3.1922 – 31.8.1943)

    di Raimondo Restivo (*)

    (Savona, 30.3.1922 – 31.8.1943)

    riceviamo e con immenso orgoglio e grande commozione pubblichiamo.

    Ciao Ezio,
    Raimondo Restivo, mio zio, era nato a Savona il 30 marzo 1922. Di lui sappiamo che è stato imbarcato sul regio sommergibile Barbarigo  in qualità di radiotelegrafista. Dopo varie missioni, perdeva la vita con il resto dell’equipaggio nel 1943 a causa dell’affondamento da parte di unità della marina britannica. 
    Caro Ezio ho omesso altre informazioni di carattere personale perché penso che siano comuni a molti giovani di quel periodo …fammi sapere se va bene.

    Ciao Raimondo carissimo e stimatissimo,
    innanzitutto grazie per averci reso partecipe di questa commozione “comune a molti giovani di quel periodo” ma che noi non dimentichiamo e li celebriamo nella banca della memoria per non dimenticare il loro sacrificio.
    Grazie anche per il tuo impavido e misericordioso cuore fraterno di Marinaio per sempre.
    Ezio


    Il regio sommergibile Barbarigo
    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Sul tragico destino del regio sommergibile Barbarigo ci sono ancora tante cose da scrivere, che non si conoscono, che pongono quesiti…
    L’unica certezza è che con il sommergibile scomparvero il comandante De Julio, 6 altri ufficiali e 52 fra sottufficiali e marinai.
    Costruito presso i Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone, fu impostato il 6 febbraio 1937, varato il 12 giugno 1938 e consegnato il 19 settembre dello stesso anno
    Il Barbarigo faceva parte del secondo gruppo di battelli destinati al Giappone unitamente ai regi sommergibili Torelli e Cagni. Salpò il 16 giugno 1943 con a bordo tre militari italiani destinati alla base in estremo oriente, e 130 tonnellate di materiale bellico. Al ritorno, il carico avrebbe incluso 110 tonnellate di gomma e 35 tonnellate di stagno, costringendo il battello al rifornimento di carburante in mare.
    Alla fine della navigazione lungo la rotta di sicurezza in compagnia del Torelli, i due battelli si separarono. Il Barbarigo non diede più notizie e si può desumere che sia andato perduto a causa d’avaria, mina o forse azione bellica nemica, anche se quest’ultima ipotesi non può essere confermata dalla documentazione alleata.
    Terminò così la vita operativa di uno dei più famosi, anche se controversi battelli della flotta atlantica. (BETASOM).
    In base agli accordi con la Marina germanica, il Barbarigo fu destinato, nella primavera del 1943, ad essere trasformato in unita trasporto materiali strategici. Ultimata la trasformazione e al comando del tenente di vascello Umberto De Julio, il 16 giugno salpò da Bordeaux per Singapore con 130 tonnellate di materiali e 5 miliardi di Lire. Dopo la partenza, non diede più sue notizie. Si ritiene che l’unità sia affondata tra il 16 ed il 24 giugno, in un punto sconosciuto dell’Atlantico, per cause ignote. Non ci furono superstiti.
    E’ stato verosimilmente affondato il 19 giugno 1943 da aerei dell’USAAF.
    Fu radiato il 18 ottobre 1946.

    Bibliografia consigliata
    – I sommergibili negli Oceani, Ufficio Storico della Marina Militare – Roma 2002.
    – I sommergibili italiani, Ufficio Storico della Marina Militare – Roma 1963.
    – La Marina e l’8 settembre, Ufficio Storico della Marina Italiana – Roma 2002.
    – Storia della Marina – Fabbri Editore Milano 1978.

    (*) di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Savona, 18.12.1948 – Moncalieri, 27.3.2019)

    Ciao Raimondo,
    con la tua amicizia e la quotidiana compagnia, i tuoi commenti sempre pertinenti, mi/ci hai insegnato che l’ascolto è come fare un viaggio in mare.
    I marinai, è risaputo, amano viaggiare, e tu che oggi salpi per la tua missione, per attraccare la barca nel porto della misericordia dell’Altissimo, ci hai spronato ad interagire con altre culture, e grazie ai tuoi suggerimenti siamo diventati più tolleranti a tutto, tranne che alle inutili tentazioni.
    Ci hai insegnato ad osservare bene, in ogni latitudine e longitudine nel mondo, i nostri difetti, affermando che non ci sarebbe più tempo per trovare quelli degli altri e che non ci sarebbe più motivo per fare le guerre.
    Hai lasciato una scia indelebile in questa navigazione terrena e noi vogliamo ricordarti in quella banca della memoria dei Marinai di una volta, dei marinai per sempre, che tu hai sempre sostenuto.

    Adesso sono certo che ti incontrerai con tu zio Raimondo (*) e da lassù pregherete e veglierete su noi.
    Riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo. Sentite condoglianze alla Famiglia.
    Ezio

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    29.3.1941, Capo Matapan per non dimenticarli mai

    Gennaro Bali
    di Vincenzo Marasco – Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

    (Torre Annunziata, 15.12.1919 – Mare, 29.3.1941)

    Alla cara e lieta Memoria del Marinaio Bali Gennaro, Figlio di Torre Annunziata.

    Gennaro è figlio di una Torre Annunziata diversa da quella che era rappresentata da quelle sue viscere di dedali, da cui tanti ragazzi si sono levati per la Patria. Egli nasce tra il Vesuvio e il mare e di sicuro non avrebbe mai pensato, in quella sua giovane fanciullezza che la sua vita sarebbe finita proprio su quel vasto mare che fronteggia la delicata costa vesuviana torrese.
    Gennaro nasce il 15 dicembre del 1919 a Torre Annunziata da Giovanni e Pepe Emilia. Poco dopo la famiglia risiederà a Boscoreale in Via Tenente Angelo Cirillo, al civico 18, poi si trasferirà in Via Vesuvio, nel comune di Torre Annunziata al civico 60, lì dove arriverà anche ad egli la chiamata alle Armi: la cartolina!

    Arruolato tra le fila degli equipaggi della Regia Marina, parte per La Spezia dove una volta inquadrato, e avuta la categoria di Marò Servizi Vari, viene destinato all’imbarco su Unità da guerra. Gennaro sale a bordo dell’Incrociatore Pesante Zara, dell’omonima classe, una delle navi ammiraglie della Regia Marina, tra le più potenti che l’Italia avesse a disposizione per l’epoca. E fu così che quella nave, per qualche anno, divenne la sua casa e la sua piazza.
    Alla fine del marzo del 1941, la guerra di superficie chiama ancora una volta in ballo la Regia Marina la quale si contendeva l’egemonia del Mediterraneo contro la potente flotta inglese. Il piano di Supermarina messo in essere a partire dalla notte del 26 marzo, prevedeva due rapidi incursioni della Squadra Navale italiana, posta per l’occasione a comando dell’Ammiraglio Iachino, nelle acque dell’isola di Creta, a caccia dei convogli Alleati e le loro relative scorte. Tutto doveva essere concentrato sull’effetto sorpresa, che a dire il vero venne subito sfatato, in quanto già nella serata del giorno successivo il comando navale inglese di Alessandria d’Egitto aveva intercettato e decifrati i messaggi che annunciavano le operazioni italiane.

    Dopo un primo scontro tra le unità navali italiane e inglesi avvenuto nella mattinata del 28 nelle acque dell’isola di Gaudo, non molto lontano da Creta, benché fossero in superiorità, cominciò lo stillicidio delle navi italiane a cui venne ordinato di invertire la rotta verso l’Italia, e con esse dei loro equipaggi. L’inseguimento inglese fu tanto coraggioso quanto spietato continuando senza sosta fino a quando non si arrivò nelle acque a sud di Capo Matapan. Nonostante gli equipaggi italiani continuarono a battersi con estremo valore e da grandi eroi, scansando e ricevendo colpi che arrivavano dal mare e dal cielo, senza il risparmio di risposte da parte delle unità per cui combattevano e in alcuni casi anche riparando in mare aperto i danni subiti dai siluramenti delle loro navi, per la loro fotta non ci fu scampo. La sera e la notte che seguirono furono quelli dell’agonia del Pola, del tentativo di soccorrerla da parte degli incrociatori Zara e Fiume e dello scatenarsi dell’inferno per queste ultime.
    Chissà Gennaro cosa pensò, e se ebbe tempo di pensare, in quel momento di estrema confusione. In tal caso vogliamo immaginarlo come un uomo coraggioso alla pari di tutti i suoi altri compagni, insieme spinti nel dovere dal motto “NESSUNO INDIETRO!”.
    La stessa sera, le due unità italiane da battaglia comandate dall’ammiraglio Cattaneo che ebbe l’ordine di ritornare incontro alla nave danneggiata per soccorrerla, arrivate nelle vicinanze del Pola agonizzante, non si accorsero della presenza delle corazzate inglesi che, appena le scorsero, cominciarono a cannoneggiarle da distanza ravvicinata.
    Alle 22.30 circa lo Zara e il Fiume vennero investiti da un’ondata di fuoco nemico, senza avere nemmeno il tempo di reagire. In pochi minuti, le esplosioni scatenate a bordo dai proietti navali della flotta inglese, che colpirono anche le santa barbare di bordo e dal fuoco che divampò ovunque, fecero strage di marinai che non ebbero modo di potersi salvare. Il colpo di grazia allo Zara arrivò poco dopo da parte del cacciatorpediniere inglese Jervis che la centrò con due siluri facendola saltare in aria.
    Dei 1098 uomini di equipaggio ne morirono 798. Tra questi il giovane torrese Bali Gennaro, il comandante Capitano di Vascello Luigi Corsi che non volle abbandonare la nave con i suoi uomini e lo stesso ammiraglio Cattaneo. Dai flutti vennero ripescati dagli inglesi solo 279 che furono condotti in prigionia.
    Era il 29 marzo del 1941!
    Evviva il Marinaio Bali Gennaro!


    Dedicato a tutti quei ragazzi che persero la vita durante la Battaglia di Capo Matapan. Italiani e Inglesi!
    Si ringraziano le signore Anna De Nicola, nipote, e Fortunata Bali, sorella, per avermi concesso la foto del loro congiunto.

    Piero Abatangelo , (Mola di Bari, 8.12.1915 – Mare, 29.3.1941)
    di Nicola Aversa (*)
    Associazione “il Mondo Solidale” Mola di Bari

    (Mola di Bari, 8.12.1915 – Mare, 29.3.1941)

    Pietro Abatangelo fu il primo aviatore caduto durante la Seconda Guerra Mondiale.
    Figlio di Giuseppe e di Rago Anna, nasce a Mola di Bari l’8 dicembre 1915. Battezzato nella chiesa Matrice di Mola. Atto di Battesimo n. 565.
    E’ stato imbarcato sul regio incrociatore Pola (classe Zara) affondato durante la Seconda Guerra Mondiale, nella battaglia di Capo Matapan, il 29 marzo 1941. Aveva 26 anni.

    Pietro Abatangelo era un primo pilota di uno dei due idrovolanti del regio incrociatore Pola.
    E’ stato l’unico aviatore Molese caduto nella Seconda Guerra Mondiale.
    Scelse di imbarcarsi sulle navi e di pilotare gli idrovolanti che perlustravano le acque antistante le navi.
    Partecipò allo scontro della battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940.
    Il 26 novembre 1940 prese parte alla battaglia di Capo Teulada.
    Partecipò con la sua nave alla battaglia di Capo Matapan (vicino la Grecia) (28-29 marzo 1941)la cosiddetta “piccola Caporetto della Regia Marina”.
    Difatti, dopo il siluramento della regia nave ammiraglia Vittorio Veneto, le altre unità si radunarono tutt’attorno all’unità colpita per difenderla da altri attacchi aerei.
    Fu in uno di questi attacchi che un aerosilurante inglese colpì il Pola con un siluro.
    L ‘aereo nemico aveva sganciato il siluro a soli 500 metri di distanza dalla nave, che non l’aveva potuto evitare. Dopo l’esplosione, il Pola aveva imbarcato grandi quantità d’acqua, le caldaie si erano spente, le macchine fermate, e la nave era rimasta immobile, priva di luce e dì energia.
    L’incrociatore, rimasto immobile nello scontro perché impossibilitato a fare fuoco (la mancanza di corrente elettrica, causata dal siluramento, impediva di usare le artiglierie), fu poi raggiunto dai cacciatorpediniere inglesi, che ne recuperarono l’equipaggio e successivamente lo silurarono.
    L’Incrociatore Pola, scosso da una violenta esplosione, affondò alle 4.03 del 29 marzo 1941, ultima nave italiana ad andare perduta nello scontro. Buona parte dell’equipaggio fu tratto in salvo da Gaetano Tavoni che poi, per l’immane sforzo, morì di infarto e il suo corpo non fu mai ritrovato così come il corpo di Pietro Abatangelo.
    Nella tragedia perirono 328 uomini su 1041 imbarcati.

    Caratteristiche tecniche regia nave Pola
    Dislocamento: 13.531 t (standard), 13.145 (pieno carico) t
    Lunghezza 182,8 m
    Larghezza 20,6 m
    Pescaggio 7,2 m
    Propulsione 8 caldaie; 2 turbine; 2 eliche 95.000 CV
    Velocità 32 nodi (pari a 63 km/h)
    Autonomia 5.230 miglia a 16 nodi
    Equipaggio 841
    Era armato da:
    • 8 cannoni da 203/50mm Ansaldo modello 1924 (in 4 installazioni binate)
    • 16 cannoni da 100/47mm OTO modello 1927 (in 8 installazioni binate)
    • 6 mitragliere da 40 mm/49 Vickers-Terni (in installazioni singole)
    • 8 mitragliere da 13,2 mm (4 installazioni binate)
    . 8 tubi lanciasiluri da 533 mm (in 4 installazioni binate fisse)
    . 2 idrovolanti della Piaggio P6
    . 1 catapulta

    La battaglia di Capo Matapan
    Le navi italiane che parteciparono allo scontro furono:
    1 nave da battaglia, la Corazzata Vittorio Veneto
    6 incrociatori pesanti, tra essi il Pola
    2 incrociatori leggeri
    13 cacciatorpediniere
    Tot. 22 navi

    Le Navi Inglesi e australiane che parteciparono allo scontro
    1 portaerei
    3 navi da battaglia
    7 incrociatori leggeri
    16 cacciatorpediniere
    Tot. 27 navi

    Le Perdite italiane
    3 incrociatori affondati (Zara, Fiume, Pola)
    2 cacciatorpediniere affondati (Alfieri, Carducci)
    1 nave da battaglia danneggiata (Vittorio Veneto) 2.331 morti
    1.163 prigionieri

    Perdite inglesi
    1 aerosilurante abbattuto
    3 morti

    La battaglia navale di Capo Matapan viene ricordata da quasi tutti gli storici come la “tragedia della flotta italiana” nella quale la nostra poderosa flotta fu annientata da quella inglese perdendo definitivamente il dominio sul Mediterraneo.

    (*) Nicola Aversa è deceduto il 25.5.2019.

    Aniello Bosco, disperso
    di Carlo Gianotti (foto e ricerche)

    Nasce a Stintino.
    Aniello era imbarcato sul regio incrociatore Zara, come marinaio telemetria di 3^classe.
    Al tramonto del 28 marzo 1941, nei pressi di Capo Matapan, un siluro inglese colpì il regio incrociatore Pola, mentre gli incrociatori Zara e Fiume e 4 cacciatorpediniere andarono a prestar loro soccorso.

    Nella notte le navi britanniche aprirono il fuoco affondando gli incrociatori Fiume e Zara e i due cacciatorpediniere Alfieri e Carducci. Successivamente affondò anche il Pola. Nello scontro morirono 834 uomini.

    29.3.1941, Francesco Mazzella disperso
    a cura Antonio Cimmino


    29.3.1941, Giovanni Cossu disperso
    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Samugheo, 19.2.1920 – Mare, 29.3.1941)

    29.3.1941, Rinal Renzo disperso
    a cura Roberto Tento

    (Monte Argentario, 5.9.1913 – Mare, 29.3.1941)

    …la Regia Marina per mio mezzo Vi prega di accogliere le più profonde espressioni di cordoglio.

    29.3.1941, Vittorio Giannattasio disperso
    a cura Antonio Cimmino

    (San Giuseppe (NA), 13.8.1904 – Mare, 29.3.1941)

    Vittorio Giannattazio, Capitano di Fregata, nato a San Giuseppe (Napoli) il 13 agosto 1904 (gli è stata intitolata la sezione A.N.M.I. di Pompei).

    MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE “alla memoria- sul campo”
    Comandante in 2° di incrociatore, fedele, intelligente, appassionato collaboratore del suo comandante, quando la nave, sotto il tiro, a brevissima distanza dei grossi calibri di una squadra nemica comprendenti più navi da battaglia, veniva smantellata e incendiata, era dovunque fosse maggiore il pericolo, pronto per riparare un’avaria, per domare un incendio.
    Vicino all’Ammiraglio e al Comandante, quando venne deciso l’abbandono della nave, riunì a poppa i superstiti per l’estremo saluto, li rincuorò, li animò, ne curò la salvezza. Di sé non ebbe pensiero, perché la sua opera non era compiuta.
    All’ordine del comandante di affondare la nave, cercò e subito trovò un compagno che si calasse con lui nel deposito delle munizioni.
    Scesero insieme in Santa Barbara; diedero fuoco alle cariche e non tornarono più”. (Mediterraneo Orientale, 28 marzo 1941).

    Vittorio Giannattasio, a soli 13 anni entrò all’Accademia Navale e nel luglio 1922 conseguì la nomina a Guardiamarina. Promosso Sottotenente di vascello nel gennaio del 1924 e Tenente di vascello nel 1927, si specializzò nella Direzione del Tiro divenendo insegnante di Artiglieria e Balistica all’Accademia Navale negli anni 1931-1934.
    Promosso Capitano di corvetta nel 1936, imbarcò prima sull’incrociatore Gorizia nell’incarico di 1° Direttore del Tiro e nel 1938 ebbe il comando di una squadriglia di torpediniere, con insegna sulla torpediniera Cassiopea. Promosso Capitano di fregata nel 1939, venne nuovamente destinato all’Accademia Navale nell’incarico di insegnate al Corso di Specializzazione D.T.
    Con l’inizio del secondo conflitto mondiale imbarcò, a domanda e nell’incarico di Comandante in 2° sull’incrociatore Zara, a bordo del quale si distinse nella battaglia navale di Punta Stilo.
    Nello scontro notturno di Capo Matapan sulla notte del 28 marzo 1941 e nel quale l’unità, gravemente danneggiata e con incendi a bordo si trovava nell’impossibilità a manovrare, all’ordine di autoaffondamento impartito dal Comandante si portava immediatamente, seguito dall’ufficiale addetto al deposito Sottotenente del C.R.E.M. Umberto Grosso, nella santabarbara e coscientemente provvedeva all’innesco degli esplosivi, scomparendo nell’immane esplosione avvenuta alle ore 02,30 circa del mattino del 29 marzo, unitamente al Ten. Col. G.N. Domenico Sebastianini di Tuscanica, anch’egli insignito di M.O.V.M.
    La nave, colpita da aerosiluranti, fu finita con i siluri dei cacciatorpediniere inglesi Jervis e Nubian.
    Il Comandante C.V. Luigi Corsi di La Spezia, insignito di M.O.V.M. “alla memoria”, attuate tutte le misure necessarie per la salvezza dei superstiti, diede l’ordine dell’autoaffondamento, rifiutandosi di salvarsi.
    Furono, inoltre, conferite M.A.V.M. a: C.F. Bravelli Franco di Milano “alla memoria”, GM Moni Sergio di Pisa “ alla memoria”, Cap. G.N. Parodi Salvo Giuseppe di Genova “ alla memoria”, Sc. mecc. Pellico Luigi di Manfredonia “ alla memoria”, Capo IEF 2° Cl. Piazzi Carlo di Bologna “alla memoria”, Cap. G.N. Quercietti Lamberti di Giulianova, GM Renato D’Antonio di Salerno.

    Incrociatore ZARA
    Capo classe di 4 unità (Fiume, Gorizia, Pola), il Zara aveva un dislocamento di 11.870 tonnellate, una lunghezza di 182 metri, una larghezza di 20,6 ed un’immersione di 6,2 metri; sviluppava una potenza di 95.000 HP ed una velocità di 35 nodi. Aveva un equipaggio di 841 uomini. Il suo armamento consisteva in 8 cannoni da 203/53; 16 cannoni da 100/47; 4 pezzi da 40/49 e 8 mitragliatrici da 13,2, nonché 2 aerei.

    Nel 1943, prima dell’Armistizio, si pensò di costruire 20 cacciatorpediniere della classe Comandanti Medaglie d’Oro, meglio armate e con migliori qualità nautiche delle navi della classe Soldati.
    Una era intitolata al Comandante Giannattasio, da costruirsi presso il cantiere navale CRDA di Monfalcone. Le altre erano:
    Comandante Baroni (O.T.O. – Livorno),
    Comandante Borsini (O.T.O. – Livorno),
    Comandante Botti (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Casana (C.N.R. – Ancona),
    Comandante Corsi (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante De Cristofaro (Cantieri del Tirreno – Riva Trigoso),
    Comandante Dell’Anno (C.N.R. – Ancona),
    Comandante Esposito (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Fiorelli (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Fontana (O.T.O. – Livorno),
    Comandante Giannattasio (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Giobbe(Cantieri del Tirreno – Riva Trigoso),
    Comandante Giorgis (Cantieri del Tirreno – Riva Trigoso),
    Comandante Milano (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Moccagatta (O.T.O. – Livorno),
    Comandante Novaro (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Rodocanacchi (O.T.O. – Livorno),
    Comandante Ruta (C.R.D.A. – Monfalcone),
    Comandante Toscano (Cantieri del Tirreno – Riva Trigoso).

    Nessuna di queste unità fu terminata o varata tranne il Margottini che fu varato dai tedeschi nel 1944. Undici navi non furono mai impostate.

    29.3.1941, Luigi Migliore disperso
    a cura Antonio Cimmino

    (Castellammare di Stabia, 9.1.1918 – Mare, 29.3.1941)

     

    29.3.1941, i dispersi della regia nave Alfieri
    di Antonio Cimmino

    A Pietro Di Capua disperso unitamente ad altri Marinai del regio cacciatorpediniere Alfieri il 28.3.1941 nella battaglia di Capo Matapan.
    La nave fu affondata da un siluro lanciato dal HMS Stuart.

    (Castellammare di Stabia, 1.4.1917 – Mare, 28.3.1941)

    Elenco personale deceduto o disperso di nave Alfieri

    Ludovico Abate, sottocapo segnalatore (disperso) – Antonio Addis, capo cannoniere (disperso) – Giulio Alberti, marinaio (disperso) – Aldo Antonucci, cannoniere (disperso) – Andrea Arone (o Araneo), tenente medico (disperso) (decorato) – Giuseppe Artico, cannoniere (deceduto) –  Raffaele Aruta, silurista (disperso)  – Mario Ascione, fuochista (disperso) – Angelo Balderi, motorista navale (disperso) –  Elio Balò, cannoniere (disperso) – Renzo Bartaini, meccanico (disperso) –  Bianco Bartolucci, fuochista, da Numama (disperso) – Giordano Battelini, cannoniere (disperso) – Erminio Battistini, fuochista (deceduto) – Carlo Bellante, fuochista (disperso) – Flaviano Bernardi, cannoniere (disperso) – Quinto Bertozzini, fuochista (disperso) – Vincenzo Bilotti, marinaio (disperso) – Nunzio Bonaiuto, sottocapo cannoniere (disperso) – Andrea Bonavita, silurista (disperso) –  Aldo Borezzi, cannoniere (disperso) – Angelo Borsato, fuochista (disperso) –  Attilio Bracciale, sottocapo cannoniere (disperso) –  Niccolò Bradizza, marinaio (disperso) –  Zoel Brandinelli, capo meccanico (disperso) –  Pasquale Brando, fuochista (disperso) – Giovanni Bricca, radiotelegrafista (disperso) – Nello Bronzi, marinaio (disperso) – Luigi Bruna, fuochista (disperso) – Ettore Bruni, fuochista (disperso) – Pietro Gaetano Busolli, capitano di corvetta (disperso) – Agostino Cacace, fuochista (disperso) – Lino Cadia, segnalatore (disperso) – Salvatore Caldacci, fuochista (disperso) – Rodolfo Campana, elettricista (disperso) – Renato Campi, cannoniere (disperso) – Giuseppe Carbone, sottocapo meccanico (disperso) – Carlo Carillo, fuochista (disperso) – Giacomo Caristi, cannoniere (disperso) – Marcello Carlesso, sergente meccanico (disperso) – Gustavo Carlomagno, sergente radiotelegrafista (disperso) – Cornelio Carpeneti, specialista direzione tiro (disperso) –  Oreste Caruso, marinaio (disperso) – Augusto Castardi, fuochista (disperso) – Alighiero Ciacci, cannoniere (disperso) – Cataldo Cigliola, cannoniere (disperso) – Pasquale Cioffi, marinaio (disperso) – Gaetano Cippolletta, marinaio (deceduto) – Raffaele Colella, cannoniere (disperso) – Vittorio Conte, cannoniere (disperso) – Angelo Corbaccio, torpediniere (disperso) – Giuseppe Cordoni, fuochista (disperso) – Calogero Corsini, fuochista, 22 anni, da Porto Empedocle (disperso) – Giovanni Costamagna, capo radiotelegrafista (disperso) (decorato) – Giuseppino Crespi, torpediniere (disperso) – Giovanni Daniele, fuochista (disperso) – Pietro D’Augenti, marinaio (disperso) – Giuseppe Davi, fuochista (disperso) –  Marino De Giorgi, marinaio (disperso) – Salvatore De Sio, fuochista (disperso) – Alfiero De Stefani, sergente meccanico (disperso) – Mario De Zorzi, meccanico (disperso) – Pietro Dell’Isola, cannoniere (disperso) – Calogero Destro, marinaio (disperso) –  Pietro Di Capua, specialista direzione del tiro (disperso) – Vincenzo Di Franco, marinaio (disperso) – Leonardo Di Pierro, marinaio (disperso) – Antonio Di Pinto, marinaio (disperso) –  Michele Di Sante, marinaio (disperso) – Enzo Doddi, sottocapo cannoniere (disperso) –  Arturo D’Onofrio, capo meccanico (disperso) – Pietro Dotto, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Giuseppe D’Urso, fuochista (disperso) – Antonio Elia, cannoniere (disperso) – Roberto Erramonti, elettricista (disperso) – Luigi Evangelista, capo elettricista (disperso) – Pacifico Fala, fuochista (disperso) – Darlo Falcone, fuochista (disperso) – Aldo Fani, cannoniere (disperso) – Ettore Fasolin, sottocapo cannoniere (disperso) – Carlo Femminili, furiere (disperso) – Furano Ferrarese, marinaio (disperso) – Rodolfo Ferraro, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Agostino Ferrazzi, sergente silurista (disperso) – Ferruccio Ferreri, sergente radiotelegrafista (disperso) – Luigi Fumagalli, sergente radiotelegrafista (disperso) – Ermanno Fuser, elettricista (disperso) –  Alessandro Gambini, fuochista (disperso) – Aldo Gams, marinaio (disperso) – Gaetano Gangarossa, fuochista, 21 anni, da Porto Empedocle (disperso) – Osvaldo Garbati, fuochista (disperso) – Fortunato Genangeli, sergente meccanico (disperso) – Alfonso Ghezzi, capo meccanico, 31 anni, da Prata Camportaccio (disperso) – Claudio Giannini, sergente cannoniere (deceduto) – Italo Giannini, sottocapo cannoniere (disperso) – Giuseppe Giordano, sottocapo elettricista (disperso) – Alfeo Giorgetti, fuochista (disperso) – Bruno Giubilei, nocchiere (disperso) – Pietro Giugliano, fuochista (disperso) – Enrico Giuntini, cannoniere (disperso) – Angelo Grassi, sottocapo cannoniere (disperso) –  Ciro Grossi, secondo capo furiere (disperso) – Giovanni Ierala, sottocapo infermiere (disperso) – Antonio Improta, specialista direzione del tiro (disperso) – Accursio Indelicato, marinaio (disperso) – Francesco Isgrò, marinaio (disperso) – Salvatore La Rosa, fuochista (disperso) –  Vincenzo Lamia, nocchiere (disperso) – Castone Lanza, secondo capo meccanico (disperso) – Michele Lavafila, cannoniere (disperso) – Vittorio Levi, fuochista (disperso) – Salvatore Licata, marinaio, 23 anni, da Licata (disperso) – Antonio Limpido, fuochista (disperso) – Pietro Livigni, silurista (disperso) – Felice Lorenzut, marinaio (disperso) – Giulio Lotterò, fuochista (disperso) – Antonio Maddaluno, sottocapo cannoniere (disperso) – Luigi Maio, cannoniere (disperso) – Mauro Malone, cannoniere (disperso) – Oberto Manfredi, sottotenente di vascello (disperso) – Giuseppe Mangione, sottocapo specialista direzione del tiro (disperso) – Raffaele Mantone, sottocapo segnalatore (disperso) – Marcello Marangoni, sottocapo elettricista (disperso) – Mario Marini, sergente silurista (disperso) – Emanuele Marini, marinaio (disperso) – Arturo Martinotti, sottocapo silurista (disperso) (decorato) – Bruno Marzolla, fuochista (disperso) – Giuseppe Masiello, sottocapo radiotelegrafista (disperso) – Carlo Masotti, capo meccanico (disperso) – Giuseppe Mattei, secondo capo meccanico (disperso) – Giuseppe Mazzilli, capo meccanico (disperso) – Giovanni Millo, elettricista (disperso) – Luigi Minetto, specialista direzione del tiro (disperso) – Luigi Miniussi, fuochista (disperso) – Pietro Misuraca, sottocapo silurista (disperso) – Mario Mittino, elettricista (disperso) – Giorgio Modugno, capitano del Genio Navale (direttore di macchina) (deceduto) (MOVM) – Giuseppe Monaldini, fuochista (disperso) – Giovanni Mondera, nocchiere (disperso) – Michele Montalto, marinaio (disperso) – Umberto Morelli, segnalatore (disperso) – Giovanni Moretta, secondo capo cannoniere (disperso) – Vittorio Mucci, cannoniere (disperso) – Francesco Musicò, cannoniere (disperso) – Italo Naitana, nocchiere (disperso) – Sicialfredo Navilli, cannoniere (disperso) – Giovanni Negrich, marinaio (disperso) – Renzo Nesti, sottocapo cannoniere (disperso) – Vittorio Nicoli, cannoniere (disperso) – Onofrio Nocerino, marinaio (disperso) – Aldo Novelli, cannoniere (disperso) – Ivan Occhiali, cannoniere (deceduto) – Alessandro Ottolino, marinaio (disperso) – Tommaso Ottonello, marinaio (disperso) – Giuseppe Panarinfo, maestrino ufficiali (deceduto) – Egidio Panigo, capo cannoniere (disperso) – Nicola Paparella, cannoniere (disperso) – Bartolomeo Parodi, capo (disperso) – Giuseppe Parrella, secondo capo radiotelegrafista (deceduto) – Arturo Penitenti, cannoniere (disperso) (decorato) – Salvatore Peraino, specialista direzione del tiro (disperso) – Giacinto Perfetti, fuochista (disperso) – Pietro Piacquadio, sottocapo cannoniere (disperso) – Duilio Picchianti, marinaio (disperso) – Gastone Picciolut, fuochista (disperso) – Andrea Polatri, fuochista (disperso) – Francesco Ponticiello, capo segnalatore (disperso) – Paolo Proietto, marinaio (disperso) – Antonio Protopapa, fuochista (disperso) – Giovanni Raffaelli, elettricista (disperso) – Gaetano Reitano, marinaio (disperso) – Alessandro Rezzi, meccanico (disperso) – Rosario Ritunno, marinaio (disperso) – Rocco Rizzi, specialista direzione del tiro (disperso) (MBVM) – Domenico Robusto, marinaio (disperso) –  Giovanni Romano, cuoco ufficiali (disperso) – Siro Rossi, capo meccanico (deceduto) – Beniamino Ruggero, secondo capo radiotelegrafista (deceduto) – Romeo Salvi, elettricista (disperso) – Francesco Sanfilippo, fuochista (disperso) – Luigi Sarnataro, fuochista (disperso) –  Giovanni Savini, marinaio (disperso) – Giuseppe Scaglia, silurista (disperso) – Mario Scavo, radiotelegrafista (disperso) – Gilberto Schillani, fuochista (disperso) – Alfredo Schiocchetti, capo meccanico (disperso) –  Vincenzo Scialone, fuochista (disperso) – Antonio Sciutto, sergente cannoniere (disperso) – Vincenzo Scoglio, marinaio (disperso) – Vittor Ugo Scortichini, sottocapo radiotelegrafista, 21 anni, da Fabriano (disperso) – Vincenzo Scuderi, cannoniere (disperso) – Nicola Sernicola, sottocapo meccanico, 29 anni, da Cava de’ Tirreni (disperso) – Augusto Simonelli, nocchiere di seconda classe (disperso) (decorato) – Giuseppe Soave, secondo capo (disperso) – Gino Squizzato, elettricista (disperso) – Paolo Stabile, cannoniere (disperso) – Giuseppe Tassoni, sottocapo cannoniere (disperso) – Antonio Testi, secondo capo cannoniere (disperso) – Giuseppe Tiralongo, sottocapo radiotelegrafista (disperso) – Marino Torregiani, cannoniere (disperso) – Salvatore Toscano, capitano di vascello (comandante; caposquadriglia della IX Squadriglia Cacciatorpediniere) (deceduto) (MOVM) – Mario Trifoglio, cannoniere (disperso) – Giovanni Urbani, marinaio (disperso) – Giuseppe Valerio, fuochista (disperso) – Walter Valleri, nocchiere (disperso) – Adriano Vecchiotti, tenente commissario (disperso) – Antonio Villa, segnalatore (disperso) – Baldassarre Vinci, marinaio (disperso) – Giovanni Vitelli, sottotenente del Genio Navale Direzione Macchine (disperso)  – Giuseppe Wararan, secondo capo specialista direzione del tiro (disperso) – Luigi Zanone, cannoniere (disperso).

    29.3.1941, Catello Maresca (sopravvissuto)
    a cura Antonio Cimmino

    28-29.3.1941, Marinai dispersi in mare
    a cura Antonio Cimmino

    29.3.1941, Giorgio Modugno
    a cura Antonio Cimmino

    (Genova, 30.4.1991 – Mare, 29.3.1941)

    28-29.3.1941, il personale a bordo della regia nave Carducci
    a cura Francesco Carriglio

    28-29.3.1941, battaglia di Capo Matapn: due episodi strani, misteriosi e inquietanti
    di Salvatore Amodio

    segnalato da Carlo Di Nittto

    Ciao Ezio, 
    ti inoltro un articolo a firma Salvatore Amodio, pubblicato sul notiziario dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia del Mese di Marzo 1996, in occasione del 55° anniversario della tragica battaglia navale di capo Matapan. In quel luttuoso evento, accaduto il 29 marzo 1941, la Regia Marina Italiana perse cinque splendide unità: gli incrociatori pesanti “Fiume”, “Pola”, “Zara” e i Cacciatorpediniere “Alfieri” e “Carducci”. Nello scontro e nei giorni successivi trovarono la morte 2331 Marinai italiani. 
    Nell’articolo sono riportati due strani ed inquietanti episodi, già noti agli studiosi di storia navale, ai quali ancora oggi non si riesce a dare una spiegazione razionale.

    ACCADDE ALL’ALBA PRIMA DELLO SPUNTAR DEL SOLE
    “… Durante l’ultima guerra il marinaio Giovanni Pinta era imbarcato sul “Fiume” quando l’incrociatore fu mortalmente colpito dal fuoco delle corazzate inglesi nel corso della battaglia di Capo Matapan. Il comandante Giorgi aveva dato l’ordine di abbandonare la nave, quand’erano risultati inutili tutti i tentativi di spegnere gli incendi divampati a bordo, e si era lasciato affondare con essa.
    Un gruppo di superstiti, vagando alla deriva su una zattera, senz’acqua e senza viveri, fu raccolto dopo cinque giorni; ma all’alba del secondo giorno…
    All’alba del secondo giorno vissero un’esperienza, che Giovanni Pinta una volta a terra narrò ad un suo ex comandante, l’ammiraglio Aldo Cocchia (noto storico navale n.d.r), il quale ne fece oggetto di un articolo pubblicato da “Il Tirreno” dell’’11 febbraio 1951.
    “Fu all’alba, poco prima che spuntasse il sole, (cito dall’articolo del com.te Cocchia) – mi disse Pinta. Mare, soltanto mare, un mare calmo, oleoso. Non avevamo da bere né da mangiare e qualcuno di noi già smaniava per la disperazione, ma la nave la scorgemmo tutti, un quattro – cinque miglia lontano da noi. Spuntava dal mare: lo capimmo subito. Prima gli alberi, il fumaiolo, il torrione. Chi di noi non avrebbe riconosciuto il “Fiume”?

    “Venne fuori il ponte di comando, poi spuntarono i cannoni. Affiorò fin quasi alla coperta, ma con una lentezza che ci pareva di morire. Qualcuno urlò, ma in quello scafo apparso su dal mare c’era qualcosa che non dava gioia, qualcosa che agghiacciava, invece di rallegrarci.
    “Per un lungo istante fummo convinti che il “Fiume” si sarebbe avvicinato, che sarebbe venuto a prenderci, che ci avrebbe tolto dall’agonia nella quale vivevamo… La nave rimase ferma lì, per un po’ di tempo, senza riuscire a venir fuori tutta, poi, poco a poco, quasi insensibilmente, scomparve”.
    Questo fu l’episodio narrato da Giovanni Pinta al suo superiore; alcuni uomini, sperduti sul mare, “rivedono” la loro nave affondata due notti prima col suo comandante. Fu un episodio vissuto in uno stato particolare, di disagio e di angoscia, ma vissuto da più uomini i quali, in seguito, confermarono il racconto di Pinta.
    Ma questo non fu il solo fenomeno fuori dell’ordinario verificatosi in occasione della tragedia di Capo Matapan; nello stesso scritto del comandante Cocchia viene riferito un altro fatto inspiegabile.
    In quella battaglia primo ad essere colpito fu il nostro incrociatore “Pola” che, in preda alle fiamme, rimase immobilizzato in mezzo al mare. In suo soccorso mossero gli incrociatori “Fiume” e “Zara” scortati da quattro caccia. Purtroppo anch’essi erano destinati a subire la stessa sorte del “Pola”, come s’è visto dall’episodio precedente a proposito del “Fiume”.
    Le nostre navi, dunque, navigavano in soccorso del “Pola” ignare di essere state, a loro volta, già rilevate dai radar avversari. Questa nuova apparecchiatura, della quale gli italiani erano privi, ebbe peso determinante sull’esito di quella sfortunata battaglia.
    Gli inglesi rilevarono le nostre navi e poi individuarono “prima attraverso i radar e poi direttamente, un incrociatore tipo “Colleoni” a proravia delle due maggiori “Fiume” e “Zara”, quasi battistrada della formazione italiana.

    “Lo videro tutti dalle navi britanniche, lo videro e ci spararono contro, finché quello, incendiato, non si allontanò dal campo di battaglia…”
    L’avvistamento e l’azione che ne seguì furono annotate dall’ammiraglio Cunningham, comandante della formazione avversaria, nel suo rapporto ufficialeAnche i superstiti del “Pola”, che assisté inerte allo scontro, affermarono di aver visto un “Colleoni” abbandonare in fiamme il campo.
    Ebbene risulta con assoluta certezza, da varie fonti storiche che esaminarono minuziosamente, minuto per minuto, tutto quanto avvenne durante quella battaglia, che “nessun’altra nave italiana” si trovava in quelle acque quella notte, oltre quelle che navigavano in soccorso del “Pola”.
    Non solo, ma “lo strano è che proprio in quelle acque dell’Egeo – prosegue in comandante Cocchia – circa otto mesi prima di Matapan, l’incrociatore “Colleoni” era affondato combattendo valorosamente contro il “Sidney” britannico”.
    Dunque il “Colleoni” non poteva essere. Nessuna altra unità navale italiana si trovava in quelle acque.
    Contro chi spararono gli inglesi?
    Anche questo fu un fenomeno di allucinazione collettiva?
    Si noti che anche l’apparecchiatura radar rilevò il presunto battistrada in testa alla nostra piccola formazione.
    Questi interrogativi rimasero senza risposta”.

    29.3.1941, Emilio Gianni
    di Mario Veronesi

    (Lodi, 1.4.1919 – Mare, 29.3.1941)

    29.3.1941, Carmine Cennamo
    a cura Antonio Cimmino

    (Pomigliano d’Arco, 23.4.1921 – Mare, 29.3.1941)

    29.3.1941, Carlo Cattaneo
    a cura Antonio Cimmino

    (S.Anastasia, 6.10.1883 – Mare, 29.3.1941)

    29.3.1941, Antonio Santopuoli
    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Riccia, 8.10.1920 – Mare, 29.3.1941)

    … nell’annuario dei Caduti e Dispersi della Marina Militare risulta Santopoli Antonio.

    29.3.1941, Domenico Ciro De Falco
    a cura Antonio Cimmino

    (Somma Vesuviana, 5.11.1919 – Mare, 29.3.1941)

    29.3.1941, Francesco Satirio
    di Carlo Di Nitto

    (Formia, 1.12.1912 – Mare, 29.3.1941)

    2° Capo Meccanico Francesco Satirio, di Saturnino e di Franzini Angela.
    Decorato di Croce al Merito di Guerra.
    Disperso nell’affondamento del regio incrociatore Fiume il 28 marzo 1941 durante la battaglia di Capo Matapan.
    L’unità, faceva parte, con i regi incrociatori Zara e Pola della I Divisione. Aveva partecipato ad una incursione a sud di Creta. Sulla via del ritorno verso Taranto il Pola rimase immobilizzato a seguito di un attacco aereo; gli altri incrociatori con quattro cacciatorpediniere invertirono la rotta per portargli assistenza ma furono sorpresi da una consistente, superiore squadra britannica della quale non era nota la presenza in zona. Le unità inglesi, con l’ausilio del radar, centrarono subito i tiri.
    Sul Fiume, colpito da alcune salve da 381, si verificarono avarie non riparabili e consistenti vie d’acqua. In circa 25 minuti, alle ore 23.15, affondò di poppa abbattendosi sulla sinistra.
    Francesco Satirio era nato il 01 dicembre 1912 a Formia.
    (foto p.g.c. della Famiglia)

    29.3.1941, Scipione Galeanda disperso
    di Giovanni Greco

    (Taranto, 7.8.1914 – Mare, 29.3.1941)

    … riceviamo e pubblichiamo.

    Il suo nome: Galeanda Scipione vittima della seconda guerra mondiale .Era imbarcato su una Unità.
    Come fare per avere qualche informazione in più? Grazie Ezio Pancrazio Vinciguerra .

    Buongiorno signor Giovanni Greco,
    grazie per la testimonianza.
    Scipione Gaelanda è nato a Taranto il 7.8.1914. Imbarcato sulla regia nave Zara con la categoria di meccanico risultò disperso nel Mar Mediterraneo Centrale il 29.3.1941.

    Per quanto concerne la sua richiesta si rivolga per foto e materiale storico (libri, ecc. ecc.):
    – Ufficio Storico della Marina che ha sede in Roma, presso il comprensorio militare della Caserma “Angelo Paolucci”, sito in Via Taormina n. 4. – Telefono/Fax: 06-3680-7220
    oppure all’indirizzo e-mail: 
    ufficiostorico@marina.difesa.it
    L’Ufficio Storico, come tutti gli istituti dello Stato in possesso d’archivi, non effettua ricerche per conto terzi.
    L’Ufficio Storico, per la consultazione di tutta la documentazione, è aperto al pubblico dal lunedì al venerdì previo appuntamento telefonico ai nr. 06/36807233 oppure 06/36807227 (per l’Archivio Storico) – 06/36807234 (per l’Archivio Fotografico).

    Per le informazioni relative al passato militare di una persona, le richieste vanno inoltrate, nel rispetto delle leggi vigenti, alla:
    Direzione Generale del Personale Militare
    5° Reparto – 11ª Divisione – 2ªSezione (Ufficiali), tel. 06/517050173
    5° Reparto – 11ª Divisione – 4ªSezione (Sottufficiali e Truppa), tel. 06/517050187
    Gli uffici si trovano in Viale dell’Esercito, 186 – (00143) ROMA
    Un abbraccio grande come il mare della Misericordia.
    Ezio 

    29.3.1941, Matteo Aprile
    a cura Vincenzo Campese (*)

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    Pasquale de Pascale (Barletta, 5.5.1920 – Mare, 29.3.1941)
    di Giovanni De Pascale

    (Barletta, 5 maggio 1920 – Mare, 29 marzo 1941)

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Egregio Ezio Pancrazio Vinciguerra,
    mi chiamo Giovanni de Pascale nato a Napoli il 18 gennaio 1939 ed appartengo al 2/39; arruolato in Marina Militare ho completato i 26 mesi di ferma: un anno al Ministero Marina e successivamente in Capitaneria di Porto di Livorno con il grado di S.C. furiere ordinario dove mi congedati per fine ferma.
    Ho letto tante volte le sue brillanti recensioni su Facebook e Le chiedo se posso inviarle una foto di un mio cugino Pasquale de Pascale, marinaio scomparso nell’affondamento dell’incrociatore Pola a Capo Matapan.
    Purtroppo la sua salma non fu ritrovata e mio zio Giuseppe, fratello di mio Padre, si è disperato per il mancato ritrovamento.
    Le chiedo se può pubblicare su Facebook la foto in divisa di mio cugino scomparso, in onoranze della sua dipartita dalla terra.
    Se me lo concede, invieròla foto in mio possesso.
    La ringrazio anticipatamente per l’attenzione.
    Cari saluti marinareschi.

    Egregio signor Vinciguerra,
    Le accludo la foto di mio cugino Pasquale de Pascale (marinaio elettricista) disperso in mare a seguito dell’affondamento del regio incrociatore Pola nella battaglia di Capo Matapan ed il cui corpo non fu mai ritrovato. Era originario di Barletta.
    La ringrazio in anticipo se può farla pubblicare.
    Distinti saluti ed auguri per il santo Natale.
    La mia e-mail è: gde.pascale@alice.it

    L’EROICO REGIO INCROCIATORE PESANTE “POLA”
    di Carlo Di Nitto

    Bella foto – cartolina aziendale realizzata il 5 dicembre 1931 in occasione del varo del regio incrociatore pesante “Pola” e viaggiata il 9 dicembre successivo, quattro giorni dopo la cerimonia.
    L’unità completerà l’allestimento ed entrerà in servizio il 21/12/1932.
    Costruito nei Cantieri Navali O.T.O. di Livorno, il “Pola”, classe “Zara”, dislocava 14360 tonnellate.
    Il 14 dicembre 1940 venne gravemente danneggiato durante un bombardamento aereo su Napoli che causò la perdita di 22 marinai.
    La regia nave “Pola” fu affondata durante lo scontro di Capo Matapan il 28 marzo 1941.
    Nell’affondamento persero la vita altri 336 uomini del suo equipaggio.
    ONORE AI CADUTI !

    Andrea Frazzetta (Brindisi, 20.3.1918 – Mare, 29.3.1941)
    di Letizia Malara
    letizia.malara.arch@gmail.com

    (Brindisi, 20.3.1918 – Mare, 29.3.1941)

    – S.O.S. RICHIESTA NOTIZIE E FOTO – 

    … riceviamo e con orgoglio e commozione pubblichiamo nella speranza che arrivino notizie utili da far pervenire alla ricerca della signora Letizia Malara.

    Buonasera,
    sono alla ricerca di notizie su un prozio Andrea Frazzetta nato a Brindisi il 20/03/1918 e morto durante la Battaglia di Capo Matapan.
    Alla famiglia venne inviata una cartolina con la foto dello Zio in divisa e sul retro la comunicazione della sua morte “deceduto 29-03-41…navale sul Mediterraneo quando hanno affondato tre incrociatori fra la Zara …e …cacciatorpedinieri” , null’altro si seppe più.


    Da ricerca effettuata presso il sito del Ministero della Difesa il suo nominativo risulta negli elenchi dei morti (anche se errata la città di nascita Reggio Calabria). Ho già inviato una richiesta di informazioni alla Banca Dati dei Caduti e dispersi del Ministero della Difesa, ma attendo notizie.
    In nessun altro elenco trovato on-line è stato possibile rintracciare il suo nominativo.
    Se ha informazioni, potrebbe aiutarmi a capire e a trovare risposte alle tante domande come:
    su quale imbarcazione si trovasse, quale fosse il suo grado o il suo incarico sulla nave, se sia mai stato recuperato il cadavere, quale possa essere il luogo della sua sepoltura…
    Spero che possa aiutarmi a far riaffiorare dall’oblio la storia di Andrea.
    La ringrazio infinitamente, Letizia

    Buongiorno signora Letizia,
    per quanto di mia conoscenza confermo quanto da Lei scritto.
    E’ stato un marinaio con la categoria Cannoniere che risulta disperso nel Mar Mediterraneo Occidentale.
    Effettivamente se è come afferma Lei c’è una discrepanza del luogo di nascita Reggio Calabria e/o Brindisi.
    Per quanto premesso e in attesa dei tempi biblici di risposta degli Enti a cui si è rivolta Le consiglio secondo i dettami delle leggi vigenti:
    – di accertarsi con un estratto del certificato di nascita presso i Comuni sopra elencati.
    – appurato con certezza il luogo di nascita chieda all’Archivio di Stato competente per luogo di nascita la documentazione.
    – in ultima ipotesi all’archivio della Città del Vaticano.
    Da  parte nostra se ci manda una foto di suo zio Andrea Frazzetta possiamo pubblicarla, col suo permesso,
    sul nostro blog per iniziare una ricerca sulla banca della memoria a similitudine di quanto facciamo con altri marinai dispersi o Caduti.
    Nel frattempo le consiglio la lettura del seguente articolo:
    http://conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com/search?q=Zara
    In attesa di un suo riscontro, riceva gradito un abbraccio grande come il mare della Misericordia Divina.
    Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Buongiorno,
    la ringrazio per la celere risposta!
    Ho già consultato il sito http://conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com/search?q=Zara  utilissima fonte di conoscenza storica, e ho provveduto a contattare anche loro.
    Le inoltro le foto del prozio Andrea.
    Attendo notizie, Letizia
    letizia.malara.arch@gmail.com

    Incrociatore ZARA
    Capo classe di 4 unità (Fiume, Gorizia, Pola), il Zara aveva un dislocamento di 11.870 tonnellate, una lunghezza di 182 metri, una larghezza di 20,6 ed un’immersione di 6,2 metri; sviluppava una potenza di 95.000 HP ed una velocità di 35 nodi. Aveva un equipaggio di 841 uomini. Il suo armamento consisteva in 8 cannoni da 203/53; 16 cannoni da 100/47; 4 pezzi da 40/49 e 8 mitragliatrici da 13,2, nonché 2 aerei.

    Grazie infinite!
    La sua disponibilità è stata per tutta la nostra famiglia un dono prezioso, particolarmente perchè, avrebbe sicuramente riempito il cuore di gioia del mio amatissimo nonno Giacomo, anche lui militare durante la Seconda guerra mondiale, che mai fino all’ultimo giorno si rassegnò alla morte del giovane fratello Andrea.
    Questa mia ricerca è dedicata ad entrambi…
    Ora che ho conosciuto http://conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com continuerò a tenermi in contatto…
    Letizia Malara
    letizia.malara.arch@gmail.com

    Integrazione ricevuta in data 10.12 2023
    di Letizia Malara

    ANDREA FRAZZETTA MARINAIO CANNONIERE DISPERSO DURANTE LA BATTAGLIA DI CAPO MATAPAN 28-29 MARZO 1941.

    Andrea Frazzetta nasce a Brindisi il 20 marzo 1918, figlio di genitori siciliani originari di Caltagirone, Rosario e Vincenza Sinatra. Ancora piccolo, si trasferisce con la famiglia a Reggio di Calabria dove vi rimarrà fino all’età di 20 anni.
    Andrea è il secondo genito di tre figli maschi, tutti chiamati alle armi, assieme al padre, durante la Seconda Guerra Mondiale.
    Andrea viene arruolato quale iscritto di leva del Compartimento marittimo di Reggio di Calabria il 14 agosto del 1937, classificato come allievo cannoniere, rimarrà in congedo illimitato provvisorio in attesa di avviamento alle armi.Il 15 marzo del 1938 raggiungerà il Corpo presso il Maridepo di Messina.
    Il suo numero di matricola è il 51986.
    Dopo soli 18 giorni dal suo arruolamento il 2 aprile 1938 viene imbarcato nel R. N. Cacciatorpediniere Pessagno, sul qualerimarrà per un anno, fino al 15 gennaio del 1939. Già il 16 gennaio verrà imbarcato sul R. N. Cacciatorpediniere Pigafetta fino al 15 agosto del 1939. Il 16 agosto del 1939 viene assegnato al R.N. Cacciatorpediniere Malocello fino al 20 aprile del 1940.
    Il suo ultimo e sventurato imbarco sarà presso il R.N. Incrociatore Zara il 21 aprile 1940, che si concluderà tragicamente, a seguito degli accadimenti del 28-29 marzo 1941 durante la Battaglia di Capo Matapan.
    Andrea sarà tra i marinai dichiarati dispersi.
    I genitori appresa la notizia e non avendo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale in merito, cominciano una straziante ricerca di informazioni sulla sorte del figlio, che sarà dolorosamente portata avanti per molti anni.
    Il padre Rosario, falegname di professione, al momento del terribile accadimento, all’età di 52 anni si trovava arruolato nella Milmart di Reggio Calabria con il grado di Artigliere Marò scelto, avendo già prestato servizio durante la Grande Guerra. Questi, solo dieci giorni dopo la disfatta della battaglia, invierà una lettera al Segreteria di Stato del Vaticano:

    Beatissimo Padre, il padre di Andrea Frazzetta, cannoniere presso il R.I. Zara, non ha più notizie di lui. Angosciato si rivolge alla bontà paterna di Vostra Santità affinché vogliate disporre che ne siano fatte ricerche…

    Ancora lo stesso, si rivolgerà alla Curia Metropolitana di Reggio Calabria che invierà il 2 giugno 1941 una richiesta di notizie alla Segreteria di Stato del Vaticano.

    Entrambe le missive rimarranno senza risposta.

    Il Comando Superiore CREM di La Spezia il 24 aprile 1941 invia una raccomandata al Signor Podestà di Reggio Calabria contenete la comunicazione da notificare alla famiglia: “…che il loro congiunto deve considerarsi disperso dal 29 marzo 1941.”. La notifica non verrà consegnata, ma sarà restituita, in quanto riportato errato il cognome del marinaio, benché l’indirizzo di residenza fosse corretto: “Si restituisce la lettera … non si sono potuti rintracciare i di lui parenti. Si prega quindi di controllare le generalità del suddetto militare”.

    Il padre Rosario, non avendo ancora alcuna comunicazione, il 24 aprile del 1941 scrive all’Ufficio informazioni della Regia Marina:

    “Il padre del marinaio Andrea Frazzetta, imbarcato sulla R.N. Zara, prego codesto ufficio di volergliene dare notizia. Con ossequi…”.

    Nuovamente il 16 maggio 1941 il Comando Superiore CREM di La Spezia inoltra al signor Podestà di Reggio Calabria, una raccomandata in sostituzione del foglio precedentemente inviato con la correzione delle generalità.

    Ancora il 13 maggio 1941 il padre Rosario lacerato nella ricerca di notizie, scriverà su carta intestata del Dopolavoro Forze Armate:

    “Illustrissimo S. Comandante … ora prego la V.S.I. di compiacersi a potermi comunicare da uomo di stato e da padre da tutta la sua dipendenza di una rassegnazione difinitiva del suo caro e adorato figlio che gia da 54 giorni abandona i suoi genitori e la sua Patria Sacra, ora io pogo a V.S.I. di concedermi questa grazia di comunicazione e darmi una parola giusta e santa come a potermi rassegnarmi con la mia famiglia e no stare con la speranza e di sofrimendo e dolore al mare dei suoi genitori e dei suoi fratelli e parenti. Mi rivolgo a voi dunque a questo compiacimendo”.

    Il Comando Superiore del C.R.E.M. il 18 giugno 1941 invia al Comando 613 Beleno di Villa S. Giovanni la seguente risposta:

    “Il militare Frazzetta Rosario, alle dipendenze di codesto Comando, ha indirizzato una lettera a questo Comando Superiore, nella quale chiede ulteriori notizie nei riguardi di suo figlio, Cann. O. Frazzetta Andrea.

    Si prega comunicargli che nessun’altra notizia è pervenuta nei suoi riguardi, né il suo nome risulta incluso negli elenchi dei prigionieri sinora pervenuti. Il medesimo deve tuttora considerarsi disperso”.

    Negli anni successivi, continueranno da parte della famiglia le richieste di informazioni ufficiali sulla sorte del figlio, ancora Il padre Rosario continuerà ascrivere al Ministero della Difesa Marina a Roma, “…di non avere mai avuta alcuna comunicazione di morte ma di essere in possesso solo del foglio di ricognizione che in atto trovai nella pratica dell’organizzazione dei Caduti di Guerra”.

    Solo dopo 17 anni di attesa, verrà inviata al padre, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la copia del verbale di scomparizione e di dichiarazione di morte.

    Per molti decenni, di Andrea, non rimase che solo la foto di un marinaio in divisa della Regia Marina, dove sul retro qualcuno, che poi si scoprirà essere suo padre Rosario, appuntò: “deceduto 29-03-41 … combattimento navale sul Mediterraneo quando hanno affondato tre incrociatori fra la Zara … e dal cacciatorpediniere”.

    Oggi il ricordo di Andrea non è più disperso!

    Eliseo Evangelisti (Giubbiasco (Svizzera), 16.8.1910 – Mare, 29.3.1941)
    di Alessio Brescia

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Racconti,  Recensioni,  Un mare di amici

    Giorgio Gianoncelli (29.3.1935 – 7.9.2022)

    di Giorgio Gianoncelli (*)

    (29.3.1935 – 7.9.2022)

    Il dovere morale è un sentimento collettivo.

    Ricordare le tragiche vicende che hanno visto protagonisti ragazzi e uomini del tempo passato non è un dovere morale, è un sentire. È un sentimento intimo che pervade l’anima individuale dell’essere umano ed è anche sentimento collettivo che passa come un vento leggero e teso attraverso l’anima di tutti gli umani, anche di quelli di scòrza dura. Le vicende narrate dalla storia appagano lo spirito dei protagonisti che ancòra vivono e hanno avuto la fortuna di essere ritornati, sono un sereno ricordo per i familiari ed è un segnale alle generazioni emergenti, se hanno la pazienza di leggere fra le righe, che la guerra è un disvalore rispetto al valore della vita, ma la Patria deve essere difesa.

    Durante l’anno scolastico del 1942 ho il primo incontro con la divisa della Marina italiana, per il semplice fatto che un ragazzo mio coetaneo e vicino di casa, nei giorni festivi veste alla marinara. Ho sette anni, abito nella contrada (quartiere per i cittadini) più vivace del Comune di Tresivio che si trova nella provincia di Sondrio, a quota 600 m sulla sponda destra del fiume Adda e frequento la seconda classe elementare.
    Francamente della guerra in corso, e come me i miei coetanei, non ce n’accorgiamo affatto, tanto sono prevalenti gli interessi al gioco piuttosto che allo studio o alle cose degli adulti. Dell’assenza permanente del marito di mia madre, mobilitato per la guerra e dai discorsi che sento fare tra parenti e conoscenti, comincio ad intuire che in qualche luogo molto lontano da noi c’è qualche cosa di diverso dalla normale vita quotidiana tra familiari, persone della contrada e quelle del paese. È la guerra. Intuisco allora che nella guerra ci sono i soldati che sparano con il fucile come i cacciatori alle lepri, ma con tutto il rispetto dovuto, data l’età, poco mi riguarda perché sono molto più interessato al vestitino alla marinara del mio compagno ed al gioco delle “cicche” con gli amici.


    Il vestitino alla marinara m’intriga molto, in particolare mi attirano il cordoncino bianco e il schietto appeso ad una lucida catenella; confesso che spesso mi viene il desiderio di farmeli dare e non escludo di averglieli chiesti.
    La mia famiglia non vive nell’agiatezza, mia madre è titolare di un negozietto di sali e tabacchi e, da quanto ho saputo più tardi, a causa della guerra i prodotti per la vendita sono razionati, il sale manca sempre e la maggioranza dei potenziali clienti fumatori è in guerra, pertanto, lo scarso guadagno giornaliero serve appena per sbarcare il lunario, quindi, non mi è possibile chiedere in regalo un tale vestitino, così, per alcuni anni vivo con il desiderio di vestire… alla marinara.
    Nell’anno 1945 termino la scuola elementare e, attraverso gli avvenimenti 1943/45, maturo una precisa cognizione del momento. Tanto per cominciare in terza elementare mi rifiuto di indossare la divisa di figlio della lupa, ma non per ragionamento, credo, per un semplice fatto istintivo, forse dovuto agli incontri negativi con alcuni caporioni fascisti che indossano un camicione nero e lucidi stivaloni che mi mettono paura; sono obbligato a fare il saluto alla romana, cosa che non amo fare. Poi la presenza in paese di molti Patrioti (Partigiani), i discorsi delle persone adulte ed in seguito alcuni tragici avvenimenti che hanno colpito la comunità, credo che abbiano cominciato a formare il mio giovane pensiero verso una direzione ben precisa, con molto riferimento al Risorgimento garibaldino più che mazziniano e di sicuro indirizzo repubblicano.

    Devo dire che lo studio della storia mi ha sempre attirato e gli avvenimenti del periodo, forse anche inconsciamente li ho assorbiti, metabolizzati e nel tempo, anche concretamente analizzati.
    Il secondo incontro con la divisa dei marinai è avvenuto tra la tarda primavera e l’estate dell’anno 1945. Come ho già detto abito nel Comune di Tresivio con la casa proprio di fianco alla strada principale che porta agli ospedali sanatoriali nelle località di Alpemugo e Prasomaso a quota 1.200/1.250 m, dove, dalla tarda primavera di quell’anno no alla ne dell’estate tutti i giorni a mezzogiorno e la sera alle diciotto, passa l’autocorriera stracarica di soldati per essere ricoverati in quegli ospedali; molti di questi sono in divisa di marinaio. Il passaggio dei soldati che salutano dai finestrini del mezzo di trasporto o addirittura dal tetto dove sono stipati tra i bagagli, i marinai che agitano il berretto, mi danno una strana sensazione e nel mio intimo sento il desiderio di rendere loro qualche cosa: forse, è un segno premonitore.
    Intanto cresco e con il ritorno a casa dei soldati la vita delle famiglie si ricompone: anche se non tutti gli uomini purtroppo sono tornati dalla guerra, molti reduci ritornano al lavoro agricolo, altri in cerca di lavoro diverso e tutte le famiglie hanno bisogno di sistemare tutto.
    Dopo il mese di maggio dell’anno 1945 gli animi si placano, chi ha subito delle ingiustizie nel corso degli ultimi mesi di guerra, pur nel suo dolore, ha messo il cuore in pace e quelli che le avevano fatte subire, bontà loro, sono scomparsi dal paese.
    Un bel giorno anche per me arriva il momento di fare delle scelte. A scuola non sono stato negativo, ma nemmeno tra i migliori, sono frenato dall’aritmetica, le frazioni mi fanno impazzire e la scelta è: smettere o continuare, sono spaesato e confuso. Mia madre con suo marito m’invitano a continuare seriamente, ma la mia caparbietà è più forte del loro desiderio, allora la mamma prende una decisione che mi va bene: mi iscrive ad un doposcuola che chiamano sesta elementare. È questa un’iniziativa sperimentale organizzata per scolari un po’ asini come me, utile per colmare lacune precedenti, ma per questo corso la Direzione scolastica non rilascia attestati di frequenza se non per una richiesta ben motivata; in ogni caso, frequento il corso con profitto, in seguito, un corso di disegno tecnico e sono abbastanza bravo; in ne, una scuola per corrispondenza che abbandono a metà del corso. Tutto questo studiare sconclusionato mi è ugualmente utile, anche se non riconosciuto per attestati di qualifica.

    Gli anni passano e il ragazzo ch’è dentro di me cresce.
    Tutta la Nazione è in fermento politico, nel periodo estivo, nelle ore serali e nei giorni festivi, i comizi sulle piazze sono frequenti, richiamano molte persone e i ragazzi sono presenti in gran numero. Gli oratori tutti usciti dall’esperienza della guerra hanno tante cose da raccontare, io non perdo un comizio di Giulio Spini, di Ezio Vanoni e del Comandante “Foglia” (Franco Zappa), ma di più lo Spini: la sua veemenza oratoria e i suoi argomenti mi entusiasmano, per di più, sventola un ciuffo di capelli corvini che sembra il piumetto del copricapo dei bersaglieri e soprattutto le sue parole mi danno il senso dell’azione operativa nella costruzione della libertà, nella direzione politica da lui prospettata che riguarda l’uguaglianza sociale ed economica. È un oratore gagliardo e chiaro (politicamente non gli è andata molto bene, perché altri politici, maliziosi, che non amano tanto la sua proposta popolare e popolana lo hanno contrastato anche in modo non troppo leale).
    Dopo le mie titubanze e le mie sconquassate vicende scolastiche, mi trovo un giorno nella bottega di una importante Impresa elettrica della città di Sondrio, la ditta “Butti Ida”. Imparo l’attività di elettricista e ho due buoni maestri: Italo Ciampini e Quinto Gilardi, ai quali sono ancora oggi riconoscente e legato di amicizia, come sono per i titolari della ditta.
    Un mattino percorrendo la strada dalla stazione ferroviaria alla sede della ditta, vedo un manifesto con un aereo che vola nel cielo azzurro, è dell’Aeronautica; leggo e leggo bene, che per presentare la domanda bisogna avere diciassette anni, io ne ho sedici ma provo lo stesso; salgo al Distretto militare su al castello Masegra, il maresciallo, che è proprio dell’aviazione mi dice: “Ragazzo! presentati il prossimo anno e vedremo cosa fare”. Due giorni dopo appare sui muri della città un altro manifesto, è della Marina Militare: rappresenta il braccio di un marinaio con l’uniforme bianca, cha porta in mano una valigetta e in trasparenza nella valigia si vede una nave a vela che solca il mare, con la scritta: “Imparerai un mestiere e girerai il Mondo ”.
    In quel momento mi riappare il vestitino alla marinara del mio giovane amico e la divisa dei veri marinai reduci dalla guerra: il desiderio è diventato frenesia e la volontà di vedere almeno il mare e qualche città italiana mi ha messo una tale euforia in dosso, al punto che mia madre, in quel momento, s’è preoccupata della mia salute mentale.
    Devo anche dire che l’attività sportiva di allievo “ciclista” che avevo intrapreso in quegli anni di crescita, ha accantonato in qualche angolo del cervello la visione della divisa dei marinai, ma la vista di quel manifesto ha risvegliato tutti i sentimenti accumulati negli anni da poco tempo passati.
    Al manifesto si è aggiunto la presenza in paese di un ufficiale della Marina Militare, il Capitano di Corvetta Franco Traverso, figlio di Donna Maria Pia Guicciardi, in quel momento ospite della famiglia materna. Incontro spesso nelle sue passeggiate l’ufficiale che, informato del mio desiderio, mi dà consigli e stimola la mia curiosità con alcune sue storie importanti. Una volta incontro in divisa il Sergente di Marina Erminio Mauro che mi racconta alcune sue vicende della guerra e diventiamo amici per tutta la vita.
    In un battibaleno raccolgo tutta la documentazione necessaria, ci vuole la visita preliminare d’idoneità sica di un ufficiale medico delle Forze Armate, ho la fortuna, per mezzo del Segretario Comunale Ragioniere Pietro Luzzi di trovare il Colonnello Medico dr. Leandro Giuliani di Ponte in Valtellina, ma quello che mi mette in apprensione è l’attestato di frequenza alla I classe del- la scuola d’avviamento o media, che io non ho e senza quell’attestato la mia richiesta non è accolta. Non mi perdo d’animo: chiedo alla Direzione della scuola per corrispondenza l’attestato di frequenza che, dopo aver sostenuto sempre per corrispondenza l’esame necessario, mi ha rilasciato, chiedo anche alla Direzione scolastica la dichiarazione della frequenza della sesta classe elementare che ottengo, in ne spedisco tutta la documentazione al Ministero della Marina di Roma. Ho qualche timore proprio per via del mancato attestato scolastico e in realtà, sono passati quattro mesi tra l’invio della domanda e la conferma favorevole o meno di poter affrontare l’esame del concorso, ma un giorno, verso la ne di febbraio dell’anno 1952, arriva una lettera dalla Marina Militare con l’invito a presentarmi a Venezia entro il 12 marzo dello stesso anno. La gioia di affrontare il mio primo lungo viaggio in treno, da solo, vedere Venezia come prima importante città d’Italia, è una sensazione meravigliosa, e Venezia, è sempre rimasta nel mio cuore.
    Esco dalla stazione ferroviaria di Venezia alle ore sei di una giornata limpida, i bagliori del mattino brillano sull’acqua del canale e le punte degli alberi delle imbarcazioni ormeggiate sembrano stelle. In acqua e sulla banchina è gran trambusto di navicelle e continuo via vai di gente, richiami ad alta voce, ruggito di motori dei traghetti passeggeri in manovra, insomma, un meraviglioso movimento che non avevo mai visto; immagine di grandi colori visti solamente sui libri di scuola o sui pochi giornalini per ragazzi che ho letto, un’impressione meravigliosa di vivacità e per quanto molte persone stanno lavorando, danno l’impressione d’essere gioiose.
    Il mare che vedo per la prima volta non mi impressiona, mi appare subito familiare, forse, per via dello studio della geografia scolastica questa distesa d’acqua è già nella mia anima.
    In poco tempo, dopo avere chiesto informazioni per raggiungere il luogo indicato dalla lettera di convocazione, mi trovo al Deposito della Marina Militare in Campo san Daniele n. 27. Finalmente tra i veri marinai!

    In quel cortile incontro molti ragazzi provenienti da tutte le Regioni del Nord Italia, della mia provincia nessuno. Subito un sottufficiale ci chiama in riga per tre e ci accompagna in un ampio camerone dove ad ognuno consegna un grosso involucro e assegna un posto. Proprio non mi rendo conto di cos’è quel sacco di tela ruvida e pesante, ma quando il sottufficiale ci mostra due puntali con dei ganci, sistemati a distanza e in linea tra loro come i pali di sostegno dei tralci nelle vigne, capisco che non può essere altro che il letto, la classica amaca. Lo stanzone è disastrato, alle finestre mancano dei vetri e altri sono rotti, all’esterno le pareti degli edifici sono segnate dalle schegge di granate, segni di guerra dappertutto, un grosso buco è ancòra aperto al centro del cortile, causato da una bomba d’aereo. Siamo nell’anno 1952, solamente sette anni dopo la ne della Seconda Guerra Mondiale, evidentemente ricostruire tutto ciò che è stato distrutto non è cosa semplice.

    Dormo per la prima notte da marinaio e dormo profondamente avvolto nel ruvido letto. Il mattino seguente hanno inizio le prime visite mediche e i primi esami d’idoneità; personalmente sono sempre piuttosto apprensivo ed anche insicuro, perché vedo molti ragazzi davanti a me, per un motivo o per l’altro, anche per cose di poco conto, che vengono respinti. I verdetti negativi più frequenti sono dovuti al difetto dei “piedi piatti” oppure al “soffio al cuore”. Chi è respinto rimane male e molti ragazzi scoppiano in lacrime. Fanno pena e mettono ancòra più apprensione agli altri.
    Nel giro di tre giorni si completano visite mediche e attitudinali, mi rimandano a casa con uno stampato sul quale è scritta l’idoneità all’arruolamento ma anche che “limitatamente ai concorrenti idonei al concorso, ammessi alla definitiva selezione” sarei stato informato; questo significa che devono ancòra valutare alcune cose, quindi non mi sento ancòra… sulla cresta dell’onda.
    Passa la primavera e se ne sta andando anche l’estate, non conosco come stanno le cose e quasi abbandono l’idea di diventare marinaio. Medito di fare richiesta d’arruolamento nell’Esercito, ma verso la ne del mese di agosto, arriva la seconda lettera della Marina Militare con l’invito di raggiungere il Distaccamento di Roma entro il 25 settembre, per essere inviato alle scuole C.E.M.M. sull’isola di La Maddalena in Sardegna per la scuola di Motorista Navale.
    In quel momento il mondo è tutto mio. Quel mese d’attesa non finisce più, non passa mai. Sarei partito anche a piedi pur di limitare il tempo e ho passato quei giorni d’attesa a sistemare le mie cosette: ho venduto la bicicletta da corsa, la tromba che usavo per suonare nella Banda del paese, le scarpe da calcio che da pochi giorni ho comperato (vendute ad un amico che non mi ha mai pagato) e con i soldi racimolati ho comperato le cose necessarie per partire e il rimanente l’ho consegnato a mia madre che me lo ha conservato.
    Al Deposito della Marina Militare di Roma i candidati alla scuola motorista sono convocati per il mattino del 25 settembre e in quel luogo hanno inizio le prime amicizie che si consolidano nel tempo del servizio ed anche dopo. Tra queste amicizie amo ricordare in particolar modo Fernando Garti di Busto Arsizio e Andrea Lugo di Peschiera del Garda amici carissimi da allora ad oggi.
    Pranzo alle ore 13,00, poi tutti su autocarri militari e trasportati al porto marittimo di Civitavecchia per essere imbarcati sulla motonave “Città di Alessandria”, una vecchia unità commerciale che ha partecipato alla seconda guerra mondiale come nave ospedale. Tutti i ragazzi sono sistemati sul ponte esterno per chi vuole passare la notte sotto coperta c’è il gavone di prora. Ci vado per cercare un posto dove potermi sistemare per la notte, ma la oca luce delle lampade di bordo mi offre uno spettacolo agghiacciante: con noi giovani aspiranti marinai viaggiano molti detenuti, sono incatenati l’uno all’altro e con le braccia inchiavardate. Sono questi uomini in traduzione verso le carceri della Sardegna. L’impressione che ho è forte e negativa, non ho mai visto uomini incatenati in tal guisa; essi hanno l’aspetto di animali in cammino verso il macello, una pratica di così elevata inciviltà dopo una guerra feroce come quella appena terminata non me l’aspettavo. Me la sono trovata in faccia e realizzo che le “prediche” degli oratori del dopoguerra, sono rimaste nelle piazze. Questo incontro mi turba e penso che l’umanità dichiarata finisce tra gli anelli di una catena d’acciaio e non si conosce mai la moralità di chi tira la catena e quella di chi chiude gli anelli.
    Il mattino seguente alle ore 08,30 la motonave ormeggia alla banchina del porto di Olbia, una motozattera della Marina Militare è in attesa per trasportarci alla vicina isola di La Maddalena, proprio davanti alla Scuola, un grande edificio, di fronte al quale si eleva l’alto pennone dove sventola la Bandiera Nazionale con al centro della banda bianca lo stemma delle Repubbliche del Mare italiane. Sbarchiamo rapidamente ed entriamo nell’edificio. Seguono immediate le operazioni necessarie: dati anagrafici, impronte digitali, domande di particolare necessità, in ne il numero di matricola, il mio è 011770, poi al deposito vestiario per il cambio dei vestiti.
    Alle ore 18,00 del 26 settembre 1952 anch’io vesto alla marinara, ma l’uniforme questa volta è vera; ho preso la rivincita sul mio amico d’infanzia con il suo vestitino intrigante e la sua lucida catenina. In quel momento ho avuto un pensiero anche per quei marinai che mi salutavano dalla corriera, un pensiero di solidarietà che le loro vicende di salute si siano risolte positivamente. Alle ore 22 tutti in branda e con l’armoniosa dolcezza delle note del silenzio si chiude la prima giornata per i giovani marinai, qualcuno piange per la commozione.
    Dal giorno dopo inizia la mia breve e intensa avventura di Marinaio d’Italia, durata 79 mesi, avventura che mi ha dato molte soddisfazioni, allargato gli orizzonti conoscitivi, consolidato l’amore per la Bandiera e formato il sentimento di responsabilità.

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    Riposa in pace fra le nuvole che sovrastano le montagne e l’immensità del mare della Misericordia Divina, onore a te Giorgio. Hai rappresentato tanto sia per me che per gli attenti lettori della “voce del marinaio”. Ognuno di noi, nel bene e nel male, lascia una scia indelebile nella navigazione terrena. Di te non dimenticherò mai la dedica del tuo libro:
    “IL DOVERE MORALE E’ UN SENTIMENTO COLLETTIVO”.
    Questo marinaio, emigrante di poppa, del Sud, che pensa piano ma con i sentimenti, si ricorderà di te, Marinaio delle Alpi, a imperitura memoria.
    Adesso riposa in pace.
    Ezio
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    Filippo Tamburrino (Ausonia, 28.3.1918 – Formia, 5.12.1980)

    di Antonio Tamburrino

    Mio papà nocchiere

    (Ausonia, 28 marzo 1918 – Formia, 5 dicembre 1980)

     

    Il regio cacciatorpediniere Dardo (2°), classe “Freccia”, dislocava 1890 tonnellate a pieno carico. Costruito nei Cantieri O.T.O. di Genova Sestri, era stato impostato nel 1929, varato il 6 settembre 1930 ed era entrato in servizio il 25 gennaio 1932.
    Nei primi anni, oltre alla normale attività addestrativa e di squadra, svolse alcune crociere e missioni in Medio Oriente, in Mar Rosso durante la guerra di Etiopia, e nelle acque iberiche durante la guerra di Spagna.
    Durante la seconda guerra mondiale partecipò alle Battaglie di Punta Stilo e di Capo Teulada e venne prevalentemente impiegato nella difesa del traffico con l’Africa settentrionale.
    Il 17 aprile 1941, in porto a Tripoli, fu colpito da schegge durante un bombardamento aereo che provocarono lievi avarie e qualche perdita tra il personale.
    Il 23 settembre 1941, essendo stato notevolmente alleggerito per effettuare lavori in bacino a Palermo, mentre veniva rimorchiato, si capovolse provocando la perdita di ben quaranta membri dell’equipaggio.
    Rimesso a galla, rimase ai lavori fino a giugno 1943, quando riprese l’attività bellica. Dopo circa un mese, lo scoppio di una turbina lo immobilizzò per cui venne rimorchiato a Genova dove rimase fino alla proclamazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943.
    Catturato dai tedeschi la mattina del 9 settembre, venne da questi incorporato nella Kriegsmarine con la sigla T.A. 31 e brevemente utilizzato.
    Venne affondato a Genova il 24 aprile 1945. Recuperato nel novembre 1946, venne avviato alla demolizione.


    Nonostante i lunghi periodi di fermo obbligato, il “Dardo” svolse una notevole attività bellica percorrendo 34.000 miglia, compiendo 51 missioni di guerra (delle quali 27 di scorta), in acque fortemente contrastate dal nemico.

    In questa foto l’unità è ripresa mentre sosta in rada a Gaeta. Sullo sfondo, l’inconfondibile sagoma del Monte Redentore.

    Nella foto il recupero del relitto avvenuto nel dopoguerra.