Che cos'è la Marina Militare?

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    Quelle sentenze “del coccodrillo” che condanno la speranza dei servitori dello Stato

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    …e dei familiari, dei Fratelli Marinai che sono morti di asbestosi e mesotelioma pleurico, e anche delle vittime  dell’uranio impoverito che combattono l’impari lotta con la malattia.

    Ezio Pancrazio Vinciguerra (www.lavocedelmarinaio.com)Carissimi Frà, carissime vittime morte a causa delle fibre d’amianto, dell’uranio impoverito, o che quotidianamente combattete per sconfiggere queste malattie,
    Vi chiediamo perdono per coloro che ci hanno fatto toccare la merda con mano, la stessa che era giunta vicino al naso emanando nauseabondi miasmi e malattie.
    Questi illuminati di niente sono in via di estinzione semplicemente perché non credono in quello che fanno, nella buona e nella cattiva sorte. Non ascoltano le persone, non sanno cosa siano i sentimenti, si auto assolvono con cavilli burocratici rimpallandosi le colpe.
    Il fatto cade in prescrizione e nessuno dei politici si domanda se in un omicidio o meglio in un eccidio non sia da rivedere il termine prescrizione.
    La Magistratura, come Ponzio Pilato, se ne lava le mani perché sostiene giuridicamente ineccepibile queste sentenze “del coccodrillo” per mancanza di leggi adeguate e commisurate sulla cosiddetta prescrizione dei reati.
    Non voglio generalizzare perché so che nei Poteri dello Stato ci sono “martiri” in cammino, ci sono delle eccellenze ma sono state surclassate, purtroppo, da beceri individui che non sanno il male che hanno fatto  glissando sul peggiore dei peccati dell’uomo: l’omicidio!
    Nel mio paese, l’Italia, si annidano “serpi” che porteranno presto alle barricate della gente onesta.
    amianto-sulle-naviE’ così avverrà ben presto se non cambiamo rotta perché nessuno di noi verrà risparmiato.
    Il povero di “Spirito” sa edificare la povertà mentre non c’è peggio, in questo mondo, di un povero cretino che non sa ascoltare e perdonare.
    Prevedo inondazioni a meno che non rinunciamo ad ogni forma di violenza, anche verbale, anche nei rapporti quotidiani con i nostri simili per ri-ri-ricostruire nel mondo la pace.
    Agli argini di questa quotidiana “Via Crucis” ci si siamo noi, coloro che cerchiamo di non far procurare mai sofferenza ad alcuno, né con le parole, né con le azioni, né con l’esempio perché siamo ispirati dalla vicinanza silenziosa e solidale a ogni dolore e alla denuncia di ogni ingiustizia, come Lui ci ha insegnato, dandoci la Luce e non le tenebre e la Vita Eterna e non la morte ed il fuoco della Geenna.
    Le continue vessazioni che riceviamo non fanno altro che accrescere la mia e la nostra fede di “Speranza” perché la speranza è quella virtù che non si vede ma si desidera ed è quindi ottimismo e solidarietà allo stato puro.


    Diceva San Paolo:
    Quando voglio fare il bene, il male è accanto a me, io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora se quello che non voglio, non sono più io a farlo ma il peccato che abita in me, chi mi libererà da questo corpo di morte?
    Acconsento la legge di Dio ma nelle mie membra vedo un’altra legge che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra
    “.
    In buona sostanza Paolo dice che siamo infelici ma è anche una supplica ad essere liberati da questo fardello che è il Peccato.

    Preghiera per le Vittime dell’amianto
    (da internet)

    O Dio nostro Padre, Signore amante della vita.
    che riponi la tua gloria nell’uomo vivente,
    che hai impresso la tua immagine nel volto di ogni uomo;
    Ti preghiamo affinché la vita, ogni vita umana
    senza distinzione alcuna sia sempre amata e rispettata
    come il bene più grande da proteggere e da difendere.
    O Dio nostro Padre, Signore amante della vita
    che hai creato l’universo come un giardino, un vero paradiso
    nel quale l’uomo potesse realizzare la sua vita e il suo futuro,
    Ti preghiamo affinché nessuna scelta tecnica o scientifica,
    e ancor più nessun calcolo di interesse o di guadagno
    possa mai prevalere sul rispetto della vita umana, di ogni vita!
    O Dio nostro Padre, Signore amante della vita,
    che hai dato all’uomo l’intelligenza perché ogni scoperta
    possa migliorare la sua condizione di vita sulla terra,
    Ti preghiamo, fa che nessun uomo mai più utilizzi materiali
    inquinanti e nocivi come l’amianto e che prima di tutto
    ricerchi il suo vero bene, la salute, la giustizia e la pace.
    O Dio nostro Padre, Signore amante della vita,
    che hai promesso a tutti la vita e la felicità eterna,
    Ti preghiamo per le tante vittime dell’amianto:
    concedi loro, che almeno nell’altra vita possano godere di quella felicità di cui sono stati ingiustamente privati su questa terra; e per i loro familiari, perché siano riconosciuti i loro giusti diritti.
    AMEN.

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    28.11.1942, Carmelo Borg Pisani

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

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    Questo articolo recensisce libri che vogliono rendere “la degna sepoltura” ad un Marinaio, Maltese di nascita ma Italiano nel cuore, … che si chiamava Carmelo Borg Pisani” e fu giustiziato a Malta dagli inglesi come “traditore” ma insignito in Italia di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Dove sta la verita?
    In media stat veritas…

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Ho avuto il piacere e l’onore di aver ricevuto copia del libro “Carmelo Borg Pisani – Patriota italiano e maltese scritto da Henry Frendo e Paolo Gulminelli”. Il libro, a tiratura limitata e non in commercio, è stato scritto nella consapevolezza e certezza degli autori che il protagonista, eroe o irredentista, è l’esempio più eclatante di come si sia arrivato rimuovere la figura ed il ricordo di un giovane idealista che amava la vita e l’isola di Malta unita all’Italia.
    Il libro, corredato da illustrazioni, documenti, articoli e testimonianze, fuga ogni dubbio sul comportamento di “traditore” del protagonista mettendo piuttosto in evidenza il fatto che, a tutt’oggi, Carmelo Borg Pisani non ha una tomba su cui poter portare un fiore e pregare.
    I suoi resti mortali giacciono in una fossa comune senza sepoltura cristiana a Malta (e non si ha neppure la certezza se siano i suoi resti).
Per quanto sopra gli autori del libro e coloro che non vogliono far cadere nell’oblio la storia di questa Medaglia d’oro al Valor Militare (alla memoria) chiedono alle autorità Italo-Maltesi che i resti di Carmelo Borg Pisani abbiano degna traslazione a Bari nel Sacrario dei Caduti d’Oltremare 
affinché, come afferma Paolo Gulminelli, lo spirito dei governati che si sono succeduti nei due Paesi, un tempo confinanti ma oggi uniti nella Comunità Europea, la magnanimità cristiana prevalga sulla miseria umana.
    I ragionamenti distorti separano da Dio; ma la potenza, messa alla prova, spiazza gli stolti (dal libro della Sapienza).

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    Carmelo Borg Pisani

    Sottocapo Manipolo Milizia Artiglieria Marittima

    Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria



    carmelo-borg-pisani-copia-www-lavocedelmarinaio-comIrredento maltese e, come tale esente da obblighi militari, chiedeva ripetutamente ed otteneva di essere arruolato, nonostante una grave imperfezione fisica.
Come Camicia Nera partecipava alla campagna di Grecia, durante la quale contraeva una infermità per cui avrebbe dovuto essere sottoposto ad atto operatorio, al quale si sottraeva per non allontanarsi anche solo per pochi giorni dal campo di battaglia. Conseguita la nomina ad ufficiale della Milizia Artiglieria Marittima, chiedeva insistentemente di essere utilizzato in una rischiosissima impresa di guerra, alla quale si preparava in lunghi mesi di allenamento e di studio, in perfetta serenità di spirito e in piena consapevolezza della gravità del pericolo.
    Catturato dal nemico, riaffermava di fronte alla Corte Marziale britannica di Malta la sua nazionalità italiana e cadeva sotto il piombo del plotone di esecuzione al grido di “Viva l’Italia”.
    Fulgido esempio di eroismo, di fede, di abnegazione e di virtù militari, che si riallaccia alle più pure tradizioni dell’irredentismo. Malta, 1942

.

    Nacque a Malta il 10 agosto 1915. Irredento maltese, alla dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940, trovandosi a Roma all’Università, si arruolò come semplice camicia nera e dopo un breve periodo di addestramento partecipò all’occupazione di Cefalonia con la Compagnia Speciale del Gruppo CC.NN. da sbarco della 50a Legione.Rimpatriato nel settembre 1941, frequentò la Scuola Allievi Ufficiali a Messina e nominato Sottocapo Manipolo (Sottotenente) nell’aprile 1942, a domanda, passò alla Milizia Artiglieria Marittima (Milmart), dipendente dal Ministero della Marina. Incaricato di compiere una speciale missione a Malta nell’imminenza dell’Operazione “C.3”, raggiunta l’isola, dopo alcuni giorni fu riconosciuto e catturato. Processato da un Tribunale di Guerra inglese fu condannato all’impiccagione: sentenza eseguita poi il 20 novembre 1942 (fonte Ufficio Storico Marina Militare).

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    All’argomento si consiglia anche la lettura del libro di Stefano Fabei “Carmelo Borg Pisani (1915 – 1942) eroe traditore?

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    19.11.1888, i marinai del regio ariete torpediniere Lombardia muoiono di febbre gialla

    di Antonio Cimmino

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    Centinaia di marinai muoiono di febbre gialla in Brasile (19.11.1888).
    L’articolo è dedicato ai Marinai Lombardi che navigano su questo blog.

    antonio-cimmino-per-www-lavocedelmarinaio-com_1Nel 1887 l’Italia, per incrementare più velocemente la sua flotta militare, acquistò dal cantiere americano Armstrong-Elsiwick una nave con scafo in acciaio classificata come “ariete-torpediniere”. Denominata Dogali, l’unità possedeva uno sperone a prora, sotto la linea di galleggiamento, nonché una compartimentazione interna di tipo cellulare che assicurava la galleggiabilità anche in caso di falle alle murate sotto il ponte corazzato.
    Lo sperone, nonostante il rapido mutamento della tattica navale che cominciò ad adottare cannoni a retrocarica di potenza e portata mai viste fino ad allora, fu eliminato dalla costruzione navale solo dopo la guerra russo-giapponese (1904-5) che dimostrò che non erano più possibili combattimenti ravvicinati con speronamenti della carena della nave avversaria.
    Il Generale Ispettore del Genio Navale, il napoletano Edoardo Masdea (che fu Direttore anche del regio cantiere di Castellammare di Stabia), sulla scorta delle caratteristiche del Dogali, progettò una serie di navi, sempre classificate come “ariete-torpediniere” ed inquadrate nella classe Regioni o Lombardia e cioè: Lombardia, Umbria, Etruria, Liguria, Elba e Puglia.
    Il Lombardia e l’Elba furono costruite nel cantiere navale di Castellammare di Stabia. La prima nave della serie, fu il Lombardia.. L’apparato motore era costituito da 4 caldaie alimentate a carbone e 2 motori alternativi che sviluppavano, sulle due eliche, una potenza di 7.000 cavalli per una velocità di 17 nodi.
    In origine, unitamente alle altre unità della stessa classe, il Lombardia possedeva 2 alberi velici trasformati, poi, in alberi militari. Le unità della classe Regioni risultarono poco protette avendo solo il ponte corazzato, ma dotate di buona stabilità in quanto riuscivano a tener bene il mare in condizioni meteorologiche difficili. Tale caratteristica era molto importante sia per la manovrabilità e sia soprattutto per la precisione dei tiri di artiglieria.

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    Consegnato alla Regia Marina il 16 febbraio 1893 a Napoli al comando del Cap. di fregata Michele Zattera, dopo una crociera in Marocco e nei Dardanelli, il Lombardia salpò, il 17 ottobre 1895 per l’America Meridionale e arrivò a Bahia il 18 novembre ed a Rio de Janeiro il 17 dicembre. Qui si trovò nel bel mezzo di una epidemia di febbre gialla che mieteva migliaia di vittime tra la popolazione. Spinti dalla solidarietà e da altruismo, caratteristiche di tutti i marinai,l’equipaggio della nave si adoperò per soccorrere gli ammalati. Ma ben 137 marinai contrassero la pestilenza e morirono. A ricordo del loro sacrificio, il Circolo Operaio e la Società Italiana di Beneficenza e di Mutuo Soccorso di Rio, nel 1901 eressero nel cimitero di Cajù, un monumento. Un obelisco sormontato da una statua rappresentante l’Italia con alla base un’altra statua di un marinaio con la bandiera ammainata, da più di un secolo testimoniano l’eroismo dei marinai del Lombardia.
    Alcuni marinai furono insigniti di onorificenze.
    Medaglie d’Argento al Valor Militare “alla memoria” furono concesse al 2° Capo Cannoniere Vittorio Grassi ed al 2° Capo Timoniere Antonio Ortolani con la seguente motivazione:” Sin dal primo infierire dell’epidemia, stante le deficienze di infermieri, si offerse, con grande spontaneità, di accorrere nell’assistenza di molti ammalati, essendo di esempio agli altri che lo seguirono tanto che finì, dopo aver durato lungo tempo, di cadere vittima del proprio dovere”.
    Medaglie di Bronzo furono concesse al Cannoniere Francesco Colantonio, al Sottomaestro Veliero Gaetano Montera ed al Sottocapo Torpediniere Francesco Pepeperché, ognuno di loro, “ Si offrì volontariamente per assistere i compagni colpiti a bordo da una epidemia di colera, mostrandosi zelantissimo e sprezzante del gravissimo pericolo cui andava incontro. Stessa medaglia anche al Marinaio Infermiere Gaetano Ricciardi perché:” Durante tutta la lunga durata che ebbe l’epidemia compì il suo ufficio in modo inappuntabile, giorno e notte, dimostrando, oltre che coraggio, intelligenza, tanto da destare l’ammirazione generale”.

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    Dopo una quarantena nell’Isola Grande, l’unità fece ritorno a La Maddalena il 15 maggio 1896. dopo alcune crociere nel Mediterraneo, il 15 ottobre 1902 salpò per la Cina ove era scoppiata la cosiddetta rivolta dei Boxer, stazionando in quelle acque fino al 1903. I Boxer, letteralmente “pugilatori” e in cinese “ pugni patriottici”, faceva parte di una società segreta che si prefiggeva di contrastare l’infiltrazione e l’espansione degli occidentali in Cina. Dopo rivolte ed eccidi, le potenze occidentali ed il Giappone, inviarono numerosi contingenti militari e debellarono, nel sangue, la rivolta e costrinsero la Cina a svantaggiose condizioni di pace. L’Italia inviò numerosi navi ed un contingente di marinai del Battaglione San Marco; i marinai si distinsero per coraggio e molti furono decorati con numerose onorificenze. Nella città di Tien Tsin l’Italia ottenne una concessione perpetua che fu restituita ufficialmente alla Cina solamente nel 1947 in virtù del Trattato di Parigi.
    Al rientro dalla Cina, il Lombardia si recò diverse volte nel Mar Rosso, dal 1903 al 1905, presso il Comando della Stazione Navale del Mar Rosso e Oceano Indiano, sempre per tutelare gli interessi nazionali. L’Italia, infatti, imitando le altre potenze europee, alla fine dell’800 costituì sue colonie nel Corno d’Africa. Basi commerciali, accordi, protettorati ed occupazioni militari resero sempre più massiccia la presenza italiana in tale settore, favorita anche dall’apertura, nel 1869, del canale di Suez. Nel 1905 con un accordo con la Gran Bretagna fu proclamata la colonia italiana di Somalia.
    L’11 maggio 1905 il Lombardia assumerà il comando della Forza Navale del Levante (al comando del Capitano di Vascello Onorato Buglione di Monale), stazionando a Creta assieme alla corazzata Sardegna (Capitano di Vascello Enrico Nicastro), all’ariete torpediniere Giovanni Bausan (Capitano di Vascello Arturo Rolla), incrociatore torpediniere Minerva (Capitano di Fregata Antonio Nagliati). Tale decisione fu presa in occasione della rivolta antiturca guidata dal greco Eleutero Vinizélo.
    L’intervento italiano in questa zona “calda” del Mediterraneo, già oggetto di invii di altre unità, fu causata da una sanguinosa rivolta a Candia – 800 cristiani massacrati e il viceconsole, un ufficiale, 4 marinai e 8 soldati inglesi uccisi, una quarantina di feriti – comportò l’invio a Creta di altre navi delle Potenze. Dall’Italia salpò il Lombardia con il II btg. (644 soldati) del 49° rgt. Fanteria, agli ordini del maggior Pisanelli di stanza a Napoli.
    Tra il 1905 e il 1908 il Lombardia fu adattato a nave appoggio sommergibili in considerazione che anche l’Italia si stava dotando di tale arma subacquea. Negli anni seguenti stazionò nelle basi del Tirreno e durante la guerra italo-turca e la 1° guerra mondiale, svolse sempre tali funzioni nelle basi dell’Adriatico e del Tirreno. La nave fu radiata e demolita nel 1920 dopo quasi trent’anni di variegate attività in pace ed in guerra.

    Marinai decorati con Medaglia d’Argento al Valor Militare (Brasile gennaio-marzo 1896 “….per essersi distinti nell’assistenza ai malati colpiti da epidemia…”)
    – 2° Capo Cann. Vittorio Grassi “ alla memoria”;
    – 2° Capo Timon. Antonio Ortolani “ alla memoria”.

    Marinai decorato con Medaglia di Bronzo al Valor Militare
    – Cannn. Francesco Colantonio;
    – Sottomaestro veliero Gaetano Montera;
    – Sottocapo torp. Francesco Pepe;
    – Sottocapo Infer. Gaetano Ricciardi.

    La febbre gialla bordo del Lombardia nella versione brasiliana
    Antonio Mottin e Enzo Casalino nel loro libro” Italianos no Brasil: contribuibuicones na literatura e nas ciencias, seculo XIX e XX” (Edilpucrs, Port Alegre,1999) a pag 245 così raccontano l’episodio dell’epidemia a bordo del Lombardia:” Nel 1896 l’equipaggio del regio incrociatore Lombardia, fu inviato dal governo italiano, ufficialmente per trasportare il pluripotenziario De Martino, ma in realtà come strumento di pressione sull’andamento delle trattative con il governo brasiliano per il problema delle compensazioni per i danni arrecati ai coloni italiani. Si erano verificate manifestazioni contro gli immigrati italiani a Sao Paulo e in altre zone del Brasile da parte delle popolazioni locali contrarie alla politica dei risarcimenti. Ebbene, l’equipaggio dell’incrociatore rimase vittima di una epidemia di febbre gialla già al suo arrivo a Bahia. Quando giunse nella Baia di Rio, non più di una dozzina di uomini non erano ancora sani. Dovettero essere curati, oltre che dal medico di bordo, dai sanitari della Accademia militare di Rio de Janeiro e vennero confinati nello speciale lazzaretto del’Isola Granda. Lì furono assistiti per oltre un mese (dal 21 febbraio al 25 marzo) da don Antonio Varchi, un sacerdote salesiano italiano messo a disposizione dall’Internunziatura. Si dovette attendere l’arrivo di un’altra nave, il “Piemonte”, espressamente inviata dall’Italia, con un doppio equipaggio per riportare i superstiti e l’incrociatore in patria”.

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    I salesiani assistono i marinai del Lombardia
    Il Bollettino Salesiano n.7 del luglio 1896 riporta un’ampia descrizione dell’assistenza prestata ai marinai del Lombardia colpiti da febbre gialla e ricoverati nel lazzaretto dell’Isola Grande nella Baia di Rio de Janeiro. Don Antonio Varchi, il sacerdote inviato dalla Internunziatura, così scrisse al suo superiore il maggio del 1896:” Per obbedire al mio Direttore, le do relazione di quanto è passato tra noi Salesiani ed i poveri Italiani attaccati dalla febbre gialla sull’incrociatore Lombardia e confinati nell’ Isola Grande. Già le è noto come quest’ incrociatore, su cui stavano parecchie centinaia di persone, per un caso più unico che raro, venne talmente colpito dalla febbre gialla che, eccettuati forse quattro o cinque soldati, tutti gli altri che componevano l’equipaggio, dal primo all’ultimo, furono assaliti dalla terribile epidemia. Per le diligenti e sollecite cure dei medici e degli infermieri in buon numero guarirono; tuttavia la maggior parte morirono, e fra questi si contano il Comandante Olivari, che fu dei primi a soccombere, varii capitani ed ufficiali e quasi tutti i sotto-ufficiali, macchinisti e fochisti”. Recatosi al consolato italiano per ottenere il visto per il lazzaretto, don Varchi incontrò il ministro italiano che lo esortò a portare il suoi conforti agli sventurati marinai. Imbarcatosi sul vaporetto e dopo 9 ore di viaggio, giunse a destinazione. “Alla vista della grave condizione, in cui si trovavano quei poveri infermi, tosto cominciai ad esercitare il mio sacro ministero. facendo loro coraggio e disponendoli a ricevere i SS. Sacramenti. Era per me di sollievo vedere come in generale si arrendevano alle mie esortazioni, confessandosi con belle disposizioni e con grande loro consolazione. Frattanto il numero degli infermi cresceva ogni dì più, ed anch’io il giorno 24 febbraio mi sentii la febbre in dosso; tuttavia continuai fino a notte nell’esercizio del mio ministero”. Tra le sue braccia spirò anche Fermo Zannoni, medico di bordo, campione di scacchi in Italia, considerato nel gioco “ Freddo, impassibile, tenace, prudente, avveduto, profondo analizzatore, si trincera nel fondo della scacchiera e aspetta. È forse il solo giocatore italiano che possa aspirare con qualche fondamento di rappresentare fra qualche anno con onore l’Italia all’estero” Il sacerdote descrisse con dovizia di particolari le condizioni di salute dei marinai ivi ricoverati: ”La notte dal 28 al 29 febbraio fu la più terribile e desolante. In una piccola infermeria mi pareva di trovarmi su un campo di battaglia dopo il combattimento. In ciascun letto vi era un morto o almeno un moribondo. Varie volte mi trovai dubbioso e perplesso, se dovevo prestare i soccorsi religiosi prima a questo che a quello, perché chi moriva di qua, chi soccombeva di là, e succedeva che quando assisteva un moribondo in una infermeria, morivano altri in altra infermeria, senza poter prestare loro l’estrema assistenza. Vi fossero stati anche cinque o sei Sacerdoti, avrebbero trovato lavoro tutti. Era veramente uno spettacolo raccapricciante veder spirare in così breve spazio di tempo tanti giovani, pieni di vita e nel fior degli anni! Procedendo il male di tal passo, in pochi giorni furono assaliti quasi tutti.

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    Il caso viene discusso in Parlamento
    Nella seduta della Camera dei deputati del 28 aprile 1896, il caso della morte della maggior parte dell’equipaggio del Lombardia, trovò vasto eco ed il Ministro della Marineria on.le Benedetto Brin, così rispose ad un delle numerose interrogazioni:” La Camera riconosce i dolorosi fatti accaduti a bordo dell’incrociatore Lombardia, che era di stazione a Rio de Janeiro. L’equipaggio fu colpito dalla febbre gialla e più della metà ebbe a soccombere al feral morbo. L’onorevole Santini vorrebbe dedurre da questi fatti dolorosi una misura generale, che sarebbe quella di disciplinare il numero dei medici a bordo di tutte le navi che abbiano più di cento uomini di equipaggio. Ora dalle notizie che questi fatti dolorosi non sono succeduti dalla mancanza di cure mediche, perché si sono chiamati, oltre quello di bordo, quattro medici distinti di Rio de Janeiro, i quali sono più pratici di di quel genere di malattia speciale a quel paese. Dunque le cure mediche non sono mancate all’equipaggio del Lombardia, ma sarebbe grave, per un fatto isolato, adottare le misure di disciplinare il personale medico a bordo dei bastimenti, mentre il numero attuale è stato determinato da lunghissima esperienza e corrisponde a quello che tutte le marine militari hanno a bordo dei bastimenti rispetto agli equipaggi relativi”. Brin assicurò che, per particolari missioni, era possibile imbarcare più medici e riferì, inoltre, che il comandante Olivieri era morto a casa del ministro italiano a Petropolis e che, su 25 uomini, ben 135 rimasero vittime. L’unico rammarico è quello che, alla notizia dell’epidemia, non siano stati inviati in Brasile due o tre medici di marina, che seppur in ritardo di 15-20 giorni, avrebbero potuto supportare il lavoro degli altri sanitari. Brin fa presente che il comandante del Lombardia avrebbe voluto allontanarsi da Rio dopo le prime avvisaglie, per evitare la diffusione del morbo, ma il ministro italiano a Rio desiderava che fosse presente in rada una regia nave per appoggiare i reclami dei connazionali.

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    Incrociatore corazzato LOMBARDIA
    Progettato: Edoardo Masdea (Ingegnere generale)
    Classe: Regioni (Calabria, Elba, Etruria, Liguria, Puglia, Umbria)
    Impostato: 19 novembre 1888
    Varato: 12 luglio 1890
    In servizio: 16 febbraio 1893
    Dislocamento: 2.800 tonn (a pieno carico) – 2.389 tonn (normale)
    Lunghezza: 84,80 metri (fuori tutta) – 80 metri (fra le perpendicolari)
    Larghezza: 12,03 metri
    Immersione: 5,20 metri
    Apparato motore: 4 caldaie; 2 motrici alternative verticali a triplice espansione; 2 eliche
    Potenza: 7.000 cavalli vapore
    Combustibile: 500 tonnellate di carbone
    Velocità massima: 17 nodi
    Autonomia: 2.500 miglia a 10 nodi
    Protezione: 50 mm sul ponte e torrione
    Artiglieria: 4 cannoni a tiro rapido da 152/32; 6 cannoni singoli tipo Elswick Pattern da 120/40 mm; 8 cannoni singoli tipo Hotchkiss Mk a tiro rapido da 57 mm; 8 cannoni singoli a tiro rapido tipo Hotchkiss da 37 mm; 2 mitragliere; 3 tubi lanciasiluri da 450 mm
    Alberatura: 2 alberi a vela trasformati in alberi militari nel 1905
    Equipaggio: 257 uomini
    Radiata: 4 luglio 1920.

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    18.11.2017 a Marotta in ricordo delle undici eroine del Faà di Bruno (18.11.1917)

    di Francesco Dalla Lega

    Francesco Dalla Lega per www.lavocedelmarinaio.comL’Associazione Malarupta ha ristrutturato nel 2015, a Marotta, la stele commemorativa dedicata al gesto eroico delle undici ragazze marottesi.
    La storia della stele è stata molto travagliata: in occasione del cinquantesimo anniversario (1967) dell’episodio accaduto durante la prima guerra mondiale di fronte la costa marottese, precisamente il 18 Novembre 1917, venne offerta dal Comune di Roma una lapide commemorativa con una lupa in bronzo, che venne posata in Piazza Kennedy, per esaltare e ricordare le gesta delle undici ragazze.
    In occasione del settantesimo anniversario (1987) con una importante cerimonia la stele venne spostata nei giardinetti sul lungomare, poi nel 1992 quando l’amministrazione del Comune di Fano decise di rifare i giardinetti la lapide venne tolta, per permettere i lavori di ristrutturazione, e nell’indifferenza generale fu riposta nei magazzini della ditta senigalliese che eseguì i lavori per essere successivamente distrutta. Riscoperta è stata prelevata dal Comune di Mondolfo è lasciata nel rimessaggio comunale.
    In occasione del 98° anniversario, la stele riposizionata nei giardini Faà di Bruno, troverà la sua destinazione definitiva per testimoniare la sempre viva riconoscenza verso le undici giovani eroine marottesi.
    21.11.2015 a 11 ragazze marottesi - www.lavocedelmarinaio.comstele18.11.1917 Faa di Brno Eroismo in rosa

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    7.11.1978, Letterio “Liu” Donato

    di Francesco Venuto

    banca-della-memoria-www-lavocedelmarinaio-com

    (Messina, 15.3.1895 – 7.11.1978)

    … e le verità conclamate su l’azione di Premuda.

    francesco-venuto-per-www-lavocedelmarinaio-com-copiaMESSINA – Il dieci giugno di ogni anno si celebra la Festa della Marina militare in ricordo dell’impresa di Premuda avvenuta nello stesso giorno del 1918. Impresa che cambiò il corso della guerra. L’allora capitano di corvetta Luigi Rizzo, al comando di due Mas affondò la Santo Stefano, cioè la corazzata-orgoglio della marina austriaca. Quindi è anche la festa in memoria di un messinese; anzi di due: a bordo dell’angusto motosilurante, assieme a Rizzo c’era anche “Liu”, come lo chiamava il suo comandante.
    “Liu” era Letterio Donato, classe 1895, messinese del villaggio Pace, marinaio sufficientemente esperto perché aveva trascorso la sua giovinezza a bordo delle navi mercantili. Prima di quell’impresa aveva già partecipato a missioni rischiose e, anche per questo, Rizzo lo voleva spesso accanto a sé. Donato e l’eroe di Grado e di Premuda si intendevano benissimo: spesso bastavano pochi cenni con il capo e, talvolta, Rizzo gli impartiva i suoi ordini direttamente in siciliano.
    Nelle concitate fasi dell’affondamento della Santo Stefano, ad un certo punto il milazzese disse al Pacioto: “Liu, sugno n’te to mani” (Liu, sono nelle tue mani).
    Donato nell’organizzazione del Mas, mezza dozzina di uomini d’equipaggio più il comandante, svolgeva diversi compiti: a lui toccò il compito di sparare il secondo siluro contro la corazzata austriaca durante l’attacco iniziale, per poi spostarsi a poppa, dove l’attendeva il dispositivo di lancio delle bombe di profondità per permettere al motosilurante numero 15 di guadagnarsi la fuga durata più di tre ore. Letterio Donato è morto il 7.11.1978, sessant’anni dopo la straordinaria impresa che lo rese un eroe, ma con una storia personale profondamente diversa da quella del suo comandante di allora.
    Tornato nella sua Messina fatta di baracche e di degrado, “Liu” fu accolto trionfalmente. Poi la vita ritornò quella di sempre: il ritorno in mare sulle navi mercantili, qualche piccola attività a “terra” senza grandi risultati, poi la vecchiaia trascorsa con nella mente il ricordo di quella straordinaria esperienza e molti rimpianti.

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    Donato agli amici e ai suoi familiari ripeteva spesso che a scorgere i fumaioli della Santo Stefano, quella mattina del 1918, fu proprio lui: “Rizzo dormiva”, ripeteva tra l’incredulità generale.
    A Letterio Donato e agli altri undici marinai dei due mas toccò la medaglia d’argento, a Rizzo e Aonzo (il comandante dell’altro Mas) la medaglia d’oro. In un’intervista rilasciata al senatore Alfredo Cesareo, allora corrispondente de L’Ora, Donato raccontò solo un episodio della lunga serie di festeggiamenti in onore degli uomini che cambiarono il corso della guerra:
    “Il Re ci offrì il pranzo a Milano. Quando Rizzo arrivò e scoprì che i suoi equipaggi erano stati sistemati in una sala accanto si recò al suo posto manifestando ai presenti il suo disappunto”. Rientrato l’”incidente diplomatico”, Donato prese posto sulla destra del suo comandante, cui rivolse lo sguardo assieme ai commilitoni quando fu il momento di mangiare il pollo. Rizzo ordinò di mangiarlo con le mani. Di “Liu” Letterio Donato restano le foto in divisa con i compagni del fortunato equipaggio (tutti con i baffi, comandante compreso), le medaglie, una scuola elementare a lui intitolata nel suo villaggio e il ricordo ancora vivo nella testa dei suoi familiari.
    La moglie dell’eroe di Pace, nel 1955, fu invitata per fare da madrina al varo della motonave “Lipari”.
    Poi una lunga serie di delusioni, come l’assenza del nome di Donato nell’elenco dei decorati al valor militare pubblicato nel 1983 dalla Federazione provinciale dell’istituto del Nastro azzurro.
    Ma questa è un’altra storia…

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    Motivazione della Medaglia d’argento al Valor Militare
    Facente parte dell’equipaggio di due piccole siluranti in perlustrazione, con animo forte coadiuvava i comandanti nel portare a fondo l’attacco contro una poderosa forza navale nemica. Durante tutta l’operazione che condusse al siluramento di due grosse corazzate, dava prova di bello ardimento e grande freddezza, fulgido esempio di virtù militari e di devozione al dovere” (Costa Dalmata, notte sul 10 giugno 1918) – (R.D.19 giugno 1919).

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    L’azione di Premuda e le verità conclamate
    di Claudio Confessore

    dipinto-di-claudus-su-azione-di-premudaL’azione di Premuda è stata condotta da Luigi Rizzo che era il Capo Sezione dei due M.A.S.
    E’ lui che ha scelto la tattica e condotto l’azione. Ogni componente dell’equipaggio ha fatto la sua parte nel bene e nel male (per quella azione sono state distribuite medaglie ma qualcuno è stato anche punito).
    In una intervista rilasciata al Senatore Giovanni Alfredo Cesareo, collaboratore del giornale «l’Ora» di Palermo, il Letterio parlò di un cacciatorpediniere che inseguiva il M.A.S. 15 e disse: «Paria un liuni, signuri, un liuni chi s’abbintava supra di nui».
    Benché la frase rende bene l’idea della fase successiva all’affondamento del Santo Stefano e della fuga dei due M.A.S. inseguiti dalle unità di scorta, si citava un cacciatorpediniere mentre, in realtà, si trattava di una torpediniera.
    Donato Letterio non si è mai lamentato del suo Comandante e Rizzo non ha mai oscurato i meriti di nessuno dei suoi dipendenti. E’ certo invece che le lamentele di alcuni ufficiali, destinati a Venezia e gelosi dei successi di Rizzo, contribuirono a far trasferire lo stesso Rizzo da Venezia ad Ancona. Peraltro, la sua carriera stava per essere distrutta se non fosse fallito il tentativo degli austriaci, sbarcati il 4 aprile 1918 a 17 Km da Ancona, per cercare di riprendere la torpediniera austriaca B 11, di distruggere le opere portuali ed i sottomarini ed impadronirsi dei MAS eliminando gli equipaggi.
    luigi-rizzo-foto-internetMi risulta che il Letterio, rientrato a Villaggio Pace, fu accolto come un eroe e che a lui furono intitolate una scuola elementare presso il rione e, non so se si tratta della stessa struttura, anche di un edificio dell’Istituto Complessivo Paradiso di Messina.
    Per l’azione di Premuda, Luigi Rizzo venne insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia; ma, in virtù del R.D. 25 maggio 1915 n. 753 che vietava di conferire alla stessa persona più di tre medaglie al valore cumulativamente d’argento e d’oro, non fu fregiato della seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare. Tale limitazione fu abrogata con il R.D. 15 giugno 1922 n. 975 e quindi con R.D. 27 maggio 1923 gli fu revocata la nomina a Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia e concessa la Medaglia d’Oro.
    Ad Aonzo fu conferita la Medaglio d’Oro al Valor Militare ed a tutti gli altri la Medaglia d’Argento al Valor Militare a meno del Torpediniere Lorenzo Feo a cui fu addebitata la colpa del mancato scoppio del siluro di sinistra del MAS di Aonzo.
    Di seguito la composizione degli equipaggi dei MAS che hanno partecipato all’azione di Premuda.
    COMANDANTE DELLA SEZIONE MAS 15 E 21 IMBARCATO SUL MAS 15
    Capitano di Corvetta Luigi Rizzo
    M.A.S. 15
    Comandante Capo timoniere di 2^ Classe Armando Gori
    Volontario Motorista di 2^ Classe Emilio Manfredi
    Sottocapo Cannoniere Giorgio Varchetta
    Fuochista Salvatore Annaloro
    Fuochista Giuseppe De Fano
    Torpediniere Scelto Eraldo Bertucci
    Marinaio Scelto Letterio Donato
    Marinaio Scelto Francesco Bagnato
    M.A.S. 21
    Comandante Guardiamarina di Complemento Giuseppe Aonzo
    Sottonocchiere Luigi Rossi
    Cannoniere Scelto Guerino Capuano
    Torpediniere Bruno Santarelli
    Torpediniere Lorenzo Feo
    Fuochista Giovanni Callipari
    Fuochista Ugo Tomat.

    Si consiglia di leggere il libro Luigi Rizzo di Fabio Andriola edito dall’Ufficio Storico della Marina Militare.
    Prima biografia ufficiale di una delle figure di spicco della Marina Militare, narrata senza retorica ma con piglio letterario; dalla fama di “Affondatore” (così soprannominato da D’Annunzio) guadagnata sul campo negli ultimi anni della prima guerra mondiale (leggendarie le imprese di Grado e di Premuda), alle vicende del primo dopoguerra; i rapporti con D’Annunzio e con il Fascismo; il richiamo in Marina allo scoppio della seconda guerra mondiale e l’assunzione della Direzione dei Cantieri Riuniti dell’Adriatico, fino al triste e faticoso rientro in Italia dopo il periodo di prigionia in Germania, che si rivelò fatale per il suo fisico.

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    Titolo: Luigi Rizzo
    Autore:Fabio Andriola
    Edizione: 2000
    Pagine: 356
    Illustrazioni: 32
    Prezzo intero (full price): 15,00 € Prezzo ridotto (reduced price): 10,40 €
    Peso: 1000 g
    ISBN: 978-88-98485-45-1

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    18.11.1923, nasceva Luigi Di Massa

    di Antonio Cimminobanca-della-memoria-www-lavocedelmarinaio-comantonio-cimmino-per-www-lavocedelmarinaio-com_1Luigi Di Massa nasce a Gragnano (Napoli) il 18 novembre 1923. Dopo aver combattuto per mare su unità di superficie e sommergibili, il marinaio Luigi Di Massa, dopo l’8 settembre 1943, all’atto della ricostruzione del nuovo Esercito Italiano per scacciare i tedeschi dall’Italia, fu inquadrato nel Reggimento San Marco che, unitamente ai paracadutisti della Nembo, artiglieri e soldati del Genio, partecipò alla Guerra di Liberazione nel XIII corpo britannico.
    Per il suo coraggio ebbe numerosi riconoscimenti:
    luigi-di-massa-www-lavocedelmarinaio-com_– Attestato della città di Livorno per aver “contribuito all’eroica lotta per la riconquista della Libertà e della Democrazia”.
    
– Attestato di benemerenza della Regione Umbria.

    – Cittadinanza Onoraria del comune di Belvedere Ostriense per “ aver combattuto nei reparti del Corpo di Liberazione a rischio della propria vita, per cacciare da queste contrade le truppe nazifasciste nel luglio del 1944, restituendo alle nostre terre Libertà, Pace e Speranza di un avvenire migliore”.
    
– Cittadinanza Onoraria del comune di Borgo Rossignano: “Benemerito combattente del Corpo Italiano di Liberazione del gruppo di Combattimento “Folgore” che nel febbraio, marzo e aprile 1945, operò vittoriosamente nel territorio comunale”.
    Dopo il pensionamento, trasferitosi a Montefalco (Perugia), rivestì la carica di Presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Foligno.
    E’ salpato per l’ultima missione il 4 febbraio 2003.

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    17.11.2015, in ricordo di Massimo Cecconi

    banca-della-memoria-www-lavocedelmarinaio-com
    Ciao Massimo,
    sono già passati due anni dalla tua dipartita e, anche se molti non ti conoscevano, mi sento di dire, a nome di tutta la grande famiglia dei marinai, che occuperai per sempre un posto speciale nei nostri cuori.
    Anche se la tua vita non è stata lunga l’hai sicuramente vissuta intensamente e fuori dal comune, una vita straordinaria come la tua fine terrena, tra cielo e mare, tra i sogni e i ricordi indelebili, tracciati nell’onda, lungo la scia, fra i flutti…
    Un abbraccio grande, profondo e trasparente, a te e ai tuoi cari, come quel mare che ci portiamo dentro e che nessuno mai potrà inquinarci.
    Siamo certi che risposi in pace, nel grande mare di Nostro Signore e se puoi: prega per noi e perdona i nostri peccati.

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    Per far comprendere meglio il tuo amore per la vita, per il mare e per la Marina Militare, riporto di seguito la mail che mi mandasti il 2 ottobre 2012 e che con commozione pubblicai.

    Che cos’è la Marina Militare?
    di Massimo Cecconi

    …si verissimo e’ una malattia da cui non si guarisce…quella del marinaio.
    Sono appena da un anno lontano dal mare e già mi manca, io non ho figli ma non e’ mai troppo troppo tardi anche se l’età biologica non è clemente:
    E’ un piacere conoscerti Ezio…un abbraccio a risentirci.
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2012/10/massimo-cecconi-marinaio/

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    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2012/06/massimo-cecconi-sottuficiale-di-marina/

    P.s. Massimo ho deciso di pubblicare la foto con Claudio Cecca che ringrazio per averci fatto conoscere e per far comprendere, qualora ce ne fosse ancora di bisogno, che cos’è l’amicizia per i marinai per sempre come noi.

    claudio-cecca-e-massimo-cecconi-per-www-lavocedelmarinaio-com