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    24.7.1943, l’affondamento della regia corvetta Cicogna (classe Gabbiano)

    di Sergio Cavacece (*)

    Nel 1941 si decise di costruire delle nuove unità che avrebbero dovuto sostituire le numerose navi adibite ed adattate alla scorta dei convogli diretti in Libia, e che risultarono inidonee per le missioni alle quali erano state destinate. Dopo avere ovviato a questa situazione utilizzando vecchi battelli risalenti alla prima guerra mondiale, quali le vecchie torpediniere e i cacciatorpediniere di squadra, si iniziò la produzione di circa sessanta Corvette, il cui compito sarebbe stato quello di scortare i convogli e dare la caccia ai sommergibili nemici. Queste nuove unità, equipaggiate con ecogoniometro e dotate di un buon armamento, risultarono essere tra le migliori realizzate per conto della Regia Marina. Oltre ai motori diesel per la normale navigazione, erano dotate di due motori elettrici per la navigazione silenziosa nel momento in cui si sarebbe data la caccia alle unità subacquee nemiche. La peculiarità dei motori elettrici, consentiva la quasi totale assenza di vibrazioni e rumori, consentendo così alle unità di avvicinarsi al nemico senza essere scoperti.


    A Messina venne destinata la regia corvetta Cicogna (C15) classe Gabbiano, impostata nel cantiere di Sestri Ponente nel 1942, varata il 12 ottobre dello stesso anno ed entrata in servizio l’11 gennaio del 1943.
    E’ probabile che il 14 marzo 1943 l’unità, agli ordini del Tenente di Vascello Augusto Migliorini, abbia affondato al largo di S.Vito Lo Capo (TP), dopo avere effettuato un nutrito lancio di cariche di profondità, l’HMS Thunderbolt (N25) (ex HMS Thetis).
    Il 24 luglio del 1943 venne colpita ed affondata nel porto di Messina nel corso di uno dei tanti bombardamenti effettuati sulla città peloritana.

    Recuperata dopo il conflitto, venne definitivamente radiata il 18 ottobre del 1946.
    Attualmente sei dei suoi uomini componenti dell’equipaggio riposano nel Sacrario Militare di Cristo Re a Messina.

    (*) Sergio Cavacece è deceduto il 24.11.2019. Per conoscere gli altri suoi articoli digita, sul motore di ricerca del blog, il suo nome e cognome.

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    24.7.1943, l’affondamento della regia nave postale Santa Lucia

    di Carlo Di Nitto, Antonio Cimmino e Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Ancora una volta un semplice documento racconta una storia.
    Questa volta il documento ci ricorda la tragedia del Piroscafo “Santa Lucia” del quale ricorre il 76° anniversario dell’affondamento, causato dall’attacco di aerosiluranti britannici.
    Il “Santa Lucia” era il piroscafo postale che faceva servizio tra Gaeta e le isole Ponziane ed era familiarmente chiamato “il Tram dei Ponzesi”. In quel funesto 24 luglio del 1943 era comandato dal cap. L.C. Cosimo Simeone da Gaeta, un abilissimo uomo di mare  ed aveva un equipaggio composto da 17 marinai civili, oltre ad altri 7 marinai militari destinati alla difesa dell’unità da eventuali attacchi nemici.

    La nave era stata militarizzata per un breve periodo  dalla Regia Marina con la sigla F 73 ed era stata impiegata per il servizio di vigilanza foranea a Napoli. Per questo motivo era stata pitturata in grigio e le era stato montato un cannoncino a prua,. Nonostante fosse stata successivamente smilitarizzata e tornata al servizio civile, mantenne queste caratteristiche fino al giorno del suo affondamento.


    Il 23 luglio 1943, durante il viaggio di andata da Gaeta verso le isole, il “Santa Lucia” era già stato fatto oggetto di un attacco aereo nemico, ma le abili manovre del comandante Simeone erano riuscite ad evitare il peggio.  La mattina del giorno successivo, 24 luglio, il piroscafo ripartì da Ponza per il viaggio di ritorno verso il continente, ma a circa due miglia al traverso di Punta Eolo a Ventotene, venne attaccato da una squadriglia di aerosiluranti inglesi. A nulla valsero questa volta le manovre diversive attuate dal comandante Simeone. Colpita da un siluro, la nave si spezzò in due ed affondò in meno di un minuto trascinando con se la maggior parte delle persone che trasportava. I superstiti furono soltanto cinque e tra questi il comandante Simeone che, raccolto gravemente ferito in mare, morirà due giorni dopo a Napoli. Le vittime accertate furono 65, delle quali 46 passeggeri civili. Si ipotizza però che furono molte di più per la possibile presenza a bordo di confinati politici e di militari germanici.

    Come in altre occasioni, nella mia costante ricerca di materiale inerente la storia della Marina ho trovato la scheda statistica relativa all’imbarco sul “Santa Lucia” del cannoniere armaiolo Riccardi Luigi da Barra (Napoli), classe 1915, che scomparirà disperso nell’affondamento.


    Questo documento non è più in mio possesso. L’ho infatti donato alla Signora Mirella Romano figlia di Carmine Romano, disperso nella tragedia, e curatrice a Ponza di un piccolo Museo dedicato alla Memoria delle vittime. Non potevo affidarlo a mani migliori.
    I Marinai non dimenticano.
    Onore ai Caduti.

    Nave postale Santa Lucia
    di Antonio Cimmino, Pancrazio “Ezio” Vinciguerra e Carlo Di Nitto

    Il 24 luglio 1943 la nave postale postale Santa Lucia con molti passeggere a bordo, oltre l’equipaggio civile e 7 marinai della Regia Marina, salpato da Ponza e diretto a Ventotene, fu attaccato da 7 aerosiluranti britannici Bristol-Beaufighter chevolavano a pelo d’acqua provenienti da Tunisi.

    Il comandante Cosimo Simeone, esperto capitano di lungo corso, tentò di manovrare zigzagando accostandosi a Ventotene, ma la piccola nave fu colpita da un siluro che la spezzò in due e, in meno di un minuto, affondò portandosi in fondo al mare decine di uomini.
    Nonostante l’invio di unità di soccorso, solo 5 superstiti furono recuperati.
    I soccorsi furono effettuati da 2 pescherecci, il motoscafo Medolino della Pubblica Sicurezza, un aereo per idro-soccorso decollato da Napoli, la regia corvetta Euterpe e la regia torpediniera Ardimentoso.
    Passeggeri imbarcati
    – 17 marinai equipaggio civile;
    – 7 marinai della regia Marina addetti al cannoncino di bordo;
    – 46 passeggeri
    per un totale di 70 persone.

    Si salvarono:
    – il Comandante Cosimo Simeone poi deceduto nell’ospedale di Napoli;
    – Luigi Ruocco, marinaio di coperta, classe 1904, matricola 42495 di Compamare Castellammare di Stabia.

    Furono recuperati:
    – fante Fernando Capoccioli nato a Roma l’11.8.1909;
    – carabiniere Vincenzo Moretti, nato a Palestrina il 10.6.1920;
    – Francesco Aprea, nato a Ponza il 3.5.194.

    Cadaveri recuperati:
    – fuochisti Giuseppe Esposito, classe 1902, matricola 4279 di Compamare Castellammare di Stabia;
    – fuochista- carbonaio Ettore Albanelli, classe 1904, matricola 71812 di Napoli.

    Morirono tutti i 7 uomini della Regia Marina.

    Il “Santa Lucia” faceva servizio di linea fra Gaeta e le Isole Ponziane. Il Comandante Cosimo Simeone era di Gaeta. Nel 2013 a Gaeta il Gruppo A.N.M.I. e la Sezione Medaglie d’Oro Lunga Navigazione Marina Mercantile, unitamente con il Comune, hanno fatto intitolare un largo cittadino alle Vittime del Santa Lucia.
    Il 24 luglio 2013 è stata collocata la targa da seguente foto:

    (foto dalla rete)


    Cosimo Simeone, capitano di lungo corso
. Scomparso per l’affondamento del Piroscafo “Santa Lucia” del quale era il Comandante. Mare Mediterraneo (Isola di Ventotene), 24 luglio 1943.

    Marinaio mitragliere Luigi Maggiacomo, disperso il 24 luglio 1943 nell’affondamento del piroscafo “Santa Lucia” (già vedetta foranea F 73) avvenuto a circa 2 miglia per 350° da Punta Eolo, isola di Ventotene.
    L’unità, attaccata da aerosiluranti britannici verso le ore 10.00 circa, nonostante le manovre diversive effettuate venne colpita da un siluro, si spezzò in due ed affondò in meno di un minuto trascinando con sé la maggior parte delle persone che trasportava.
    Luigi Maggiacomo era nato ad Itri (compartimento marittimo di Gaeta) il 26 ottobre 1917.

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    24.7.1905, impostazione della regia nave Amalfi

    di Carlo Di Nitto e Antonio Cimmino

    Il regio incrociatore corazzato Amalfi, classe”Pisa”, dislocava 10600 tonnellate a pieno carico.
    Fu impostato il 24 luglio 1905 e varato il 5 maggio 1908 presso i Cantieri Odero di Genova ed entrò in servizio il 1° settembre 1909 partecipando immediatamente, nell’ottobre successivo, alle esercitazioni della flotta nel Tirreno in squadra con le navi “Garibaldi” e “Varese”.
    L’anno successivo, la sua attività fu caratterizzata da ulteriori esercitazioni seguite da un periodo di lavori, per nuove prove e collaudi all’impianto di propulsione.

    Nel maggio 1911 effettuò una crociera nelle acque del Levante. In previsione della guerra con la Turchia, nel mese di settembre successivo fu dislocato ad Augusta per la difesa da eventuali attacchi di siluranti. Dopo l’inizio delle ostilità, diresse verso Bengasi per impedire lo sbarco di rinforzi ottomani. Partecipò quindi al bombardamento della stazione telegrafica di Derna, alle operazioni per lo sbarco e l’occupazione di Tobruk, alla quale prese parte anche un suo reparto. Continuò quindi una intensa attività bellica con l’occupazione di Derna ed il bombardamento di Bengasi dove sbarcò ed appoggiò contingenti di marinai proteggendo con le sue artiglierie l’arrivo di truppe terrestri. Rimase quindi in crociera sulle coste della Cirenaica fino alla fine dell’anno.

    Rientrato in Italia fu sottoposto ad un ciclo di lavori al termine dei quali tornò in servizio appoggiando lo sbarco per l’occupazione di Stampalia e di Rodi e continuando con una intensa attività nelle acque dell’Egeo.
    Rientrato nuovamente in Italia, riprese un’intensa attività di squadra e di rappresentanza. In questo periodo, il 3 agosto 1913, ricevette ad Amalfi la Bandiera di Combattimento.


    La bandiera di seta (m. 6 x 4) era contenuta in un cofano (cm. 92x46x55) decorato con la storia della città (stemma, bussola, fondazione Ordine Cavalieri Ospitalieri, Pendette e Tavole Amalfitane). Sul coperchio una riproduzione della battaglia di Ostia del ‘846 contro i Turchi (dipinto di G. Romano, Vaticano, Sala dell’Incendio di Raffaello).
    “Ardimento ed impeto” era il motto di questa nave.

    All’inizio del Primo conflitto mondiale era dislocato a Taranto. Il 7 luglio 1915 uscì da Venezia per condurre, con altre unità, un’azione esplorativa nell’Alto Adriatico, Nel corso della missione il sommergibile austriaco U 26 (che di fatto era il tedesco UB 14 operante sotto bandiera austro-ungarica nonostante l’Italia non fosse ancora in guerra con la Germania), riuscì a silurare l’AMALFI che affondò in pochi minuti.
    Nel siluramento perirono 72 uomini dell’equipaggio (secondo alcune fonti 67). Tra questi il Marinaio fuochista Luigi IANNITTI, primo Marinaio di Gaeta caduto nella Grande Guerra.


    Il suo motto fu: « Ardimento ed impeto ».
    ONORE AI CADUTI !