Ho fatto il giornalista, ma in divisa, sul mare

di Salvatore Spoto

Avevamo vissuto tanti anni insieme, è stato un grande compagno di gioventù e di bagordi emiliani: lunghe passeggiate in bici lungo i canali della Bassa Reggiana, splendide serate sotto i portici di Strada Maggiore, a Bologna, e poi le calde estati siciliane, all’ombra dell’Etna, tra nuotate nel mare blu profumato di miti e passeggiate in via Etnea, a Catania, nell’atmosfera di Giovanni Verga, Vitaliano Brancati, Vincenzo Bellini, e mi fermo. Era robusto, riusciva a schiacciare le noci, sempre da solo. Grazie di tutto! Se n’è andato, in silenzio, con una puntura di anestetico. L’ho salutato commosso e dolorante mentre il dentista lo gettava nella pattumiera.
Addio mio caro Turi Schiaccianoci “dente del senno”
!

All’inizio de
l nuovo anno, è mia abitudine tornare indietro nel tempo, sbirciando vecchi scritti e antiche agende custodi di pensieri. Credo di avere avuto un passato di giornalista, con la “schiena dritta”, (ormai si dice così!). Ho iniziato (per caso) in Emilia il giorno dopo aver compiuto 18 anni, ho finito a Roma, tre giorni prima di compiere 63 anni. Ma sto continuando per non perdere il piacere della “notizia” anche se scrivo libri. Ebbene, ne ho visti di tutti i colori. Biagi mi fece scrivere tante volte un “pezzo”. Era simpatico ma esigente, ancora giovane, aveva la stoffa del grande maestro. Ho fatto anche il giornalista, ma in divisa, sul mare. Sempre ho masticato moltissima cronaca, in particolare quella nera. E’ una grande palestra per chi si avventura nel giornalismo. Nei grandi giornali dai quali sono passato, dal “Giornale radio” della Rai, al “Il resto del carlino”, “Avvenire d’Italia”, “Espresso”, “Panorama” e gli ultimi 35 anni a “Il messaggero”, la parola d’ordine, è: “si diventa giornalista con l’esperienza, quella quotidiana, a contatto con le amarezze della vita. davanti a una scena di delitto, tra il sangue, il pallore della morte, le manette all’omicida, mi sono sempre chiesto perché gli esseri umani non riescono a dialogare e preferiscono usare forza e perfidia. Pena per i morti ma anche per l’assassino. Mi sono chiesto se nascondesse un tassello di bontà capace di farlo piangere di vergogna. Me lo sono anche chiesto quelle tante volte la mia penna è stata costretta a restare ferma perché “giochi di palazzo” o di politica mi avevano escluso, reo di avere la penna affilata e troppo tagliente per i “poteri forti”. E allora cercavo rifugio nel pensiero di antichi maestri. In un vecchio taccuino di tanti anni fa ho trovato un appunto su una frase ascoltata da Indro Montanelli: «La deontologia professionale sta racchiusa in gran parte, se non per intero, in questa semplice e difficile parola: onestà. È una parola che non evita gli errori: essi fanno parte del nostro lavoro. Gli sbagli generosi devono essere riparati, ma non macchiano chi li ha compiuti. Sono gli altri, gli sbagli del servilismo e del carrierismo – che poi sbagli non sono, ma intenzionali stilettate – quelli che sporcano».
La lascio in ricordo agli amici più giovani che sognano di diventare giornalisti.

Commenti

  • Ezio carissimo, grande è il piacere nel leggere queste mie antiche righe sul tuo "la voce del marinaio", ancor più grande è la stima per te che sai perpetuare grandi valori riproponendo semplici pensieri. Ti ringrazio con il cuore e invio cari fraterni marinareschi saluti
    Salvatore Spoto

  • EN EL MUELLE DE SAN BLAS

    lei salutò il suo amore
    lui partì su una barca nel molo di San Blas
    lui giurò che sarebbe tornato
    e lei inzuppata di lacrime giurò che lo avrebbe aspettato
    mille lune passarono
    e lei stava sempre nel molo
    aspettando
    molti pomeriggi si annidarono
    nei suoi capelli
    e nelle sue labbra

  • La vita andrebbe scritta non su un libro di storia ma su un giornale di bordo, affinché la sua rotta sia sempre sotto controllo.

  • Lezione di vita di un grande maestro, signore d'altri tempi e marinaio per sempre: Salvatore Spoto

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