di Sabrina Forgione
Di tanto in tanto intinge il pennello in una tazza di rame e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri.
Le setole del pennello lasciano dietro di sé, l’ombra di una pallidissima oscurità che il vento immediatamente asciuga riportando a galla il bianco di prima. Acqua.
Nella tazza di rame c’è solo acqua. E sulla tela, niente.
Niente che si possa vedere. Soffia come sempre il vento da nord e la donna si stringe nel suo mantello viola.
“Plasson, sono giorni e giorni che lavorate quaggiù. Cosa vi portate in giro a fare tutti quei colori se non avete il coraggio di usarli?” Questo sembra risvegliarlo. Questo l’ha colpito.
Si gira ad osservare il volto della donna. E quando parla non è per rispondere. “Vi prego non muovetevi” – dice. Poi avvicina il pennello al volto della donna, esita un attimo, lo appoggia sulle sue labbra e lentamente lo fa scorrere da un angolo all’altro della bocca. Le setole si tingono di rosso carminio.
Lui le guarda, le immerge appena nell’acqua, e rialza lo sguardo verso il mare. Sulle labbra della donna rimane l’ombra di un sapore che la costringe a pensare “acqua di mare, quest’uomo dipinge il mare con il mare” ed è un pensiero che dà i brividi…..
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