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    17.12.1942, viene consegnata la regia nave Ardimentoso

    di Carlo Di Nitto (1)

    … a mio Padre Vincenzo (2), Capitano Superiore di Lungo Corso, guida e maestro di vita, amico sincero, Marinaio insuperabile (8 gennaio 1921 – 19 novembre 1995).

     

    La storia
    L’Ardimentoso, torpediniera di scorta Classe “Ciclone” (n° 16 unità: Ciclone, Ardito, Tifone, Animoso, Fortunale, Groppo, Uragano, Ardente, Monsone, Ardimentoso, Aliseo, Impavido, Impetuoso, Ghibli, Indomito, Intrepido) venne costruita nei cantieri Ansaldo di Sestri.
    Impostata il 18.6.1941, venne varata il 27.6.1942 per essere consegnata alla Regia Marina il 17.12.1942.
    La costruzione di questa classe di torpediniere di scorta fu imposta dall’immediata necessità di potenziare la protezione del traffico con l’Africa settentrionale, compito che altre torpediniere potevano svolgere solo in modo condizionato e con crescente difficoltà.
    Le unità della Classe “Ciclone” rappresentarono un sensibile miglioramento ed ammodernamento di quelle della classe “Pegaso“, dalle quali derivavano. L’armamento previsto dal progetto, elaborato dal Comitato Progetto Navi, potenziò notevolmente il numero ed il calibro delle mitragliere ed ammodernò quello antisommergibile con l’adozione di più efficienti lanciabombe. Alcune unità (tra le quali l’Ardimentoso) ebbero elevato il loro armamento contraereo a ben 12 canne da 20 mm, diventando così dei veri nidi di mitragliere che permettevano una difesa antiaerea ravvicinata decisamente efficiente. L’installazione di moderne apparecchiature di localizzazione subacquea conferirono a queste torpediniere ottime qualità per la caccia ai sommergibili. L’Ardimentoso, con alcune altre unità, fu dotata inoltre di radar che aumentò sensibilmente la sua complessiva efficienza bellica.

    Caratteristiche
    Lunghezza: 87,75 mt.;
    Larghezza: 87,75 mt.;
    Immersione: 9,90 mt;
    Immersione: 3,77 mt (media);
    Dislocamento: 925 tonn. (scarica) e 1652 tonn. (a carico normale);
    Apparato generatore:
    – 2 caldaie Tipo Yarrow con surriscaldatori ed una scorta di combustibile (a carico normale) di 442 tonn. di nafta;
    Apparato Motore:
    – 2 Turbine Tosi – Parsons per complessivi 16.000 HP di potenza e n° 2 eliche
    Velocità: 26 nodi;
    Autonomia:
    – 2800 miglia a 14 nodi; 2140 miglia a 20 nodi; 1400 miglia a 25 nodi;
    Armamento (di progetto):
    – n° 3 cannoni da 100/47 aa. Singoli;
    – n° 6 mitragliere da 20/70 aa. Binate;
    – n° 2 mitragliere da 20/70 aa. Singole;
    – n° 4 Lancia siluri da 450 in complessi binati;
    – n° 4 lanciabombe a.s. di costruzione tedesca;
    Armamento (definitivo):
    – n° 2 cannoni da 100/47 aa. Singoli;
    – n° 1 impianto quadrinato “Bofors” di mitragliere da 20/70 aa.;
    – n° 3 impianti binati di mitragliere da 20/65 aa.;
    – n° 2 impianti singoli di mitragliere da 20/65 aa;.
    – n° 4 Lancia siluri da 450 in complessi binati;
    – n° 4 lanciabombe a.s. di costruzione tedesca;
    – n° 2 tramogge scarica bombe di profondità
    – Radar di scoperta di tipo Tedesco “Dete”;
    Equipaggio: 177 uomini (dei quali n° 7 ufficiali).

    Attività
    All’entrata in servizio, venne assegnata alla 3a. squadriglia torpediniere di scorta e fu inviata a La Spezia per compiere l’addestramento ed ultimare l’installazione di parte delle apparecchiature di tiro e lancio.
    Nell’aprile 1943 iniziò la propria attività bellica con servizi di scorta e rifornimenti di combustibile per la Tunisia e, dopo la caduta di essa in mano anglo – americana, fu adibita alla protezione del traffico nel Medio e Basso Tirreno. Alla proclamazione dell’armistizio l’Ardimentoso aveva compiuto 43 missioni di guerra in zone fortemente contrastate specialmente dall’aviazione avversaria; durante tali missioni abbatté, in due riprese, tre aerei britannici (23 aprile e 12 luglio) e il 24 aprile condusse una decisa azione antisommergibile che sortì certamente il danneggiamento, per quanto non precisato, di una unità subacquea avversaria.
    Alla data dell’armistizio l’Ardimentoso, al comando del Capitano di Corvetta Domenico Ravera, si trovava a La Spezia per iniziare importanti lavori di manutenzione. Per quanto menomata nell’efficienza riuscì ad allontanarsi ed a raggiungere Malta. Durante la co-belligeranza con gli Alleati, effettuò otto missioni speciali lungo le coste albanesi e greche. Durante una di queste missioni (notte del 29 gennaio 1944) recuperò al completo l’equipaggio del sommergibile Axum incagliatosi e poi autodistruttosi nel golfo di Arcadia.
    Il 12 giugno 1944, alle ore 14.20, lasciò Brindisi con la motozattera Mz. 784 a rimorchio. Il punto designato per la missione speciale era a poche miglia da porto Palermo; le due unità vi giunsero poco dopo la mezzanotte e la motozattera alle ore 01.40 era di ritorno sotto il bordo della torpediniera che l’attendeva. Aveva sbarcato soltanto un quarto del materiale non avendo ritenuto prudente trattenersi a lungo per l’avvistamento da terra, avvenuto al tramonto, di quattro motosiluranti tedesche, presumibilmente in crociera di vigilanza; aveva però ricuperato 56 italiani, 63 inglesi di cui 6 ufficiali, 2 americani del Servizio Informazioni ed un albanese. L’Ardimentoso rientrò a Taranto con la motozattera alle 17.35 del 13 giugno.
    Sempre durante la co-belligeranza, disimpegnò inoltre servizio di scorta fra porti nazionali, portando a termine 47 missioni di scorta alle quali debbono aggiungersi due collegamenti speciali con il Grande Lago Amaro per necessità relative alle nostre corazzate colà dislocate.
    Anche dopo la cessazione delle ostilità la torpediniera fu molto attiva per servizi di trasporto materiali e personale fra il Sud ed il Nord; fu inoltre impiegata in missioni di repressione del contrabbando e per esercitazioni addestrative fino alla fine del 1946.
    L’Ardimentoso rimase quindi inattiva a Venezia; nel 1948 fu rimorchiata a Napoli per essere messa in condizioni di venire ceduta all’URSS in conto riparazioni.
    Con la sigla Z 19, la consegna alla Marina sovietica avvenne il 28 febbraio 1949 nel porto di Odessa.

    Motto: Audendun est (bisogna osare)

    Note
    (1) Presidente del gruppo di Gaeta dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia
    http://digilander.libero.it/carandin/index.htm

    Dallo stesso autore sul sito
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/01/alfonso-di-nitto/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/01/conchiglia-carlo-di-nitto/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/02/arturo-martini-e-la-beffa-di-buccari/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/02/stella-maris-2/

    Contatti
    http://www.anmigaeta.com
    carandin@iol.it
    carlo.dinitto@libero.it

    (2) Il Guardiamarina Vincenzo Di Nitto fu decorato di Croce di Guerra al Valor Militare “sul campo” con la seguente motivazione:
    Imbarcato su  torpediniera partecipava a numerose, ardite missioni notturne presso costa nemica dando prova di coraggio, abnegazione ed elevato sentimento del dovere
    (Coste Greco Albanese Iugoslave, 21.1.44 – 21.6.44)

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    17.12.1942, viene affondata regia nave Aviere

    di Carlo Di Nitto

    Il regio cacciatorpediniere “Aviere” (1°), classe “Camicia Nera” (o classe “Soldati, 1^ serie”), dislocava 2460 tonnellate a pieno carico. Costruito nei Cantieri O.T.O. di Livorno, era stato impostato il 16 gennaio 1937, varato il 19 settembre1937 ed era entrato in servizio il 31 agosto 1938.
    All’inizio della seconda Guerra Mondiale, facente parte della XI Squadriglia Cacciatorpedineri, fu inviato immediatamente in perlustrazione nel Canale di Sicilia e in missione di rifornimenti a Bengasi.
    Il 9 luglio successivo partecipò alla Battaglia di Punta Stilo, quando si portò a breve distanza dalle unità nemiche attaccandole con lancio di siluri.
    Nei mesi successivi svolse missioni di pattugliamento e scorta. In particolare, nella notte tra l’11 ed il 12 ottobre 1940, durante un ardito attacco ad un incrociatore nemico, fu centrato da due salve che provocarono gravi danni e 7 morti e lo costrinsero a dirigere ad Augusta a velocità ridotta.
    Effettuò numerose  missioni di scorta ai convogli diretti in nord Africa. Nel marzo 1942 prese parte alla Seconda Battaglia della Sirte e, nell’agosto 1942 alla Battaglia di Mezzo Agosto.
    Seguirono diverse altre missioni di scorta convogli per la Libia. Il 16 dicembre 1942 era partito da Napoli diretto a Biserta per scortare  la motonave tedesca “Ankara” insieme con il gemello “Camicia Nera”.

    Alle ore 11.15 del 17 dicembre il convoglio fu attaccato dal sommergibile britannico P228 “Splendid”. L’Aviere fu colpito da un siluro. L’esplosione spezzò l’unità in due tronconi che affondarono immediatamente, in pochi secondi, nel punto lat. 38° 00’ Nord e long. 10° 05’ Est (circa 44 miglia a NNE di Biserta).
    Nell’affondamento perirono oltre 200 Marinai. Tra i dispersi anche il Comandante C.V. Ignazio Castrogiovanni alla cui Memoria fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Nella motivazione si legge, tra l’altro:
    (…) Animato da nobile senso di altruismo e permeato dei più alti doveri di comandante, si preoccupava unicamente della salvezza dell’equipaggio. Naufrago in un mare gelido ed avverso, benché estenuato nelle forze, cedeva con sublime altruismo il suo posto su zattera ai più bisognosi; e scompariva poi nei flutti suggellando con generoso sacrificio la nobile esistenza tutta dedicata alla Patria e alla Marina.”
    ONORE AI CADUTI!

    Emilio Mercaldo (Larino, 21.11.1914 – Mare, 17.12.1942
    a cura Vincenzo Campese (*)

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    banca-della-memoria-www-lavocedelmarinaio-com(Molfetta, 8.2.1925 – Biserta, 17.12.1942)

    ….Ignazio Castrogiovanni e quelle strane coincidenze.

    …riceviamo e con immenso orgoglio pubblichiamo.

    Salve dott. Vinciguerra,
    vorrei chiederle, se possibile, di ricordare nel gruppo de “La voce del marinaio” della ricorrenza odierna dell’affondamento, il 17 dicembre di 75 anni fa, della regia nave “Aviere” (silurata da un sommergibile britannico “Splendid”.

    Mi chiamo Michele Balducci, sono il pronipote del marò Campana Edoardo, uno dei duecento marinai periti nel naufragio. Della vicenda vi siete occupati più volte grazie anche alle informazioni di Lucio Campana, mio cugino. A distanza di tanti anni, finalmente, abbiamo potuto commemorare la memoria di questo nostro parente – eroe della patria.

    Di seguito le scrivo alcune righe sulla cerimonia di commemorazione e alcune foto. Grazie. Questa mattina si è svolta la commemorazione del caduto Campana Edoardo, ufficialmente disperso in mare, perito alla giovanissima età di 17 anni durante il secondo conflitto mondiale. Il giovanissimo marò era infatti imbarcato sulla regia nave Aviere, salpata da Napoli e affondata nel Canale di Sicilia da due siluri lanciati dal sommergibile britannico Spendid il 17 dicembre 1942.

    La breve cerimonia si è svolta presso la Stele dedicata “Ai Marinai molfettesi dispersi in mare” nel Cimitero di Molfetta alla presenza di Don F. de Lucia e dei familiari del caduto. A distanza di 75 anni, la vicenda della giovane vita spezzata nel fiore degli anni, sta ancora una volta a testimoniarci che in guerra non esistono vincitori, né vinti: in guerra, a perdere, è tutta l’umanità…

    …ricevemmo e con infinto orgoglio e riconoscenza pubblichiamo questo articolo anche in memoria di Edoardo Campana sollecitati e stuzzicati dalla memoria del nipote Lucio Campana che, a distanza di tanto tempo ricorda ancora con infinito affetto lo zio.

    Egregio sig. Ezio,
 confermo che nell’albo d’Oro della Marina è riportato che Campana Edoardo è deceduto il 17.12.1942 e viene indicato come disperso. La data coincide con il siluramento del regio cacciatorpediniere Aviere.
Consiglio a Lei e ai lettori del blog la lettura del secondo capitolo del libro “Guerra di Mare di Maffio Maffi del 1917” scritto a guerra ancora in corso in cui si narra del Guardiamarina Ignazio Castrogiovanni e del suo “primo siluramento”.
    Alla figlia di Castrogiovanni, deceduta recentemente, regalai  l’estratto del libro.
    Cordiali saluti
 Claudio Confessore

    copertina-guerra-di-mare-di-marco-fiamma-copia-www-lavocedelmarinaio-com

    Il Marò Campana Edoardo nato a Molfetta l’8 febbraio 1925 è stato imbarcato sul regio cacciatorpediniere Aviere i qualità di Specialista Direzione Tiro. E’deceduto il 17.12.1942 disperso nel Canale di Sicilia a nord di Biserta in 38°00’ Nord – 010°05’ Est posizione dell’affondamento della suddetta unità navale.

    eduardo-campana-marinaio-classe-1925-deceduto-sulla-regia-nave-aviere-il-17-12-1942-www-lavocedelmarinaio-com-f-p-g-c-della-famiglia-campana


    Il Comandante Ignazio Castrogiovanni

    ignazio-castrogiovanni-foto-marina-militareTra i morti e dispersi anche il Comandante Ignazio Castrogiovanni, che, dopo aver radunato ed incoraggiato gli uomini, cedette il proprio posto su una zattera ad un marinaio sfinito e scomparve in mare. Alla sua memoria fu conferita la medaglia d’oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Già valoroso combattente della guerra 1915-18, riprendeva il suo posto di combattimento nel conflitto 1940-43, confermando elevate doti di perizia e di ardimento.
Comandante di Squadriglia Cacciatorpedieri in ardue missioni ed in vittoriosi scontri navali, si distingueva per elevato spirito aggressivo e leggendario valore. Al comando di altra Squadriglia Ct. effettuava nuove, rischiose missioni di guerra, finché – durante scorta a motonave veloce lungo rotte aspramente contrastate dall’avversario – la sua unità veniva affondata in seguito ad insidioso fatale attacco subacqueo. Animato da nobile senso di altruismo e permeato dei più alti doveri di comandante, si preoccupava unicamente della salvezza dell’equipaggio. Naufrago in un mare gelido ed avverso, benché estenuato nelle forze cedeva con sublime altruismo il suo posto su zattera ai più bisognosi; e scompariva poi nei flutti suggellando con generoso sacrificio la nobile esistenza tutta dedicata alla Patria e alla Marina” (Canale di Sicilia, 17 dicembre 1942).

    Altre decorazioni

    • Medaglia d’Argento al Valore Militare (Basso Adriatico, novembre 1916);
    • Medaglia d’Argento al Valore Militare (Tobruk, luglio 1940);
    • Medaglia d’Argento al Valore Militare sul Campo (Mediterraneo centrale, giugno 1942);
    • Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Africa settentrionale, marzo 1941);
    • Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Mediterraneo centrale, gennaio 1942);
    • Medaglia di Bronzo al Valore Militare sul Campo (Africa settentrionale 1940 – Mediterraneo Centrale 1942);
    • Croce di Guerra al Valore Militare sul Campo (Mediterraneo centrale, 1941-1942);
    • Croce di Ferro tedesca di 2a Classe (ottobre 1942).

    regia-nave-aviere-1941

    Ultima missione del regio cacciatorpediniere Aviere
    Il regio cacciatorpediniere Aviere, con il gemello Camicia Nera, salpò da Napoli il 16 dicembre 1942 di scorta alla motonave tedesca Ankara diretta a Biserta.
Giorno 17 dicembre 1942, alle ore 11.15 in 38°00’ Nord – 010° 05’ Est fu colpito da due siluri lanciati dal sommergibile britannico P.228 Splendid. La nave si spezzò in due ed affondò rapidamente.
A bordo dell’Aviere c’erano 250 uomini (secondo altre fonti 220): di questi, un centinaio fecero in tempo ad abbandonare la nave, ma nessuno dei superstiti fu raccolto dal Camicia Nera o dall’Ankara, che si allontanarono a tutta velocità. L’affondamento della nave era stato così rapido e violento che solo due zattere di salvataggio, oltre a vari rottami, si erano staccate dalle sovrastrutture. Quando, durante il pomeriggio, le torpediniere Calliope e Perseo raggiunsero i naufraghi, solo 30 erano ancora vivi, tra cui il Comandante in Seconda ed un Ufficiale di macchina che successivamente morì.
    Maggiori notizie sulla regia nave Aviere sono reperibili al seguente link:
    
http://it.wikipedia.org/wiki/Aviere_%28cacciatorpediniere%29



    guardiamarina-castrogiovanni-e-i-suoi-compagni-copia-www-lavocedelmarinaio-com

    Le coincidenze
    Il 16 ottobre 1916 la regia torpediniera Nembo, con truppe a bordo, partì da Valona diretto a Santi Quaranta per scortare il piroscafo Bormida. Tra Valona e Saseno il convoglio fu attaccato dal sommergibile austroungarico U 16.
Il Nembo (stazza T. 340) fu silurato ed affondò rapidamente spezzato in due, nel punto 40°08’ N 019°30’ E, a poche miglia da Santi Quaranta nei pressi di una località conosciuta come Strade Bianche. L’U 16, Comandante Zopa, fu speronato dal Bormida
Su 55 uomini che formavano l’equipaggio del Nembo, 32 affondarono con la nave o scomparvero in mare (tra di essi il comandante Russo, il comandante in seconda, tenente di vascello Ceccarelli, ed il direttore di macchina, tenente del Genio Navale Meoli). I 23 superstiti furono recuperati da navi italiane o raggiunsero la costa a nuoto, come fece un gruppo di quattro naufraghi tra i quali il guardiamarina Ignazio Castrogiovanni, che rifiutarono di essere salvati da una zattera con a bordo alcuni superstiti dell’U 16.
Le coincidenze della vita vogliono che il Comandante Castrogiovanni che si era comportato eroicamente da Guardiamarina a seguito di un siluramento nella Prima Guerra Mondiale, eroicamente morì a seguito di altro siluramento nella Seconda Guerra Mondiale.
A lui la Marina Militare ha intitolato il centro addestramento reclute di Taranto (MARICENTRO).

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    Orlando Starace (Vico Equense, 6.7.1921 – Mare, 17.12.1942)
    di Antonio Cimmino

    banca-della-memoria-www-lavocedelmarinaio-com(Vico Equense, 6.7.1921 – Mare, 17.12.1942)

    Nasce a Vico Equense il 6 luglio 1921.
    Come tanti giovani è coscritto per partecipare al Secondo conflitto mondiale.
    Viene reclutato nella Regia Marina ed imbarcato sul regio cacciatorpediniere Aviere.
    La sua storia è comune a tanti marinai di quel periodo, sacrificati in una guerra iniziata male e terminata peggio.

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    Il 16 dicembre 1942 la nave salpò da Napoli per scortare a Biserta, insieme alla gemella Camicia Nera, la motonave Ankara.
    Alle 11.15 del 17 dicembre, una quarantina di miglia a nord di Biserta, il sommergibile britannico Spendid attaccò il convoglio con il lancio di alcuni siluri: uno centrò l’Aviere che esplose, sbandò sul lato di dritta, si spezzò in due d andò a fondo nel volgere di pochi secondi in posizione 38°00’ N e 10°05’.
    A bordo dell’Aviere c’erano tra i 230 e i 250 uomini, di questi un centinaio fece in tempo ad abbandonare la nave, ma nessuno dei superstiti fu raccolto dal Camicia Nera o dall’Ankara che invece si allontanarono a tutta velocità…

    sommergibile-splendid-www-lavocedelmarinaio-com

    L’affondamento della nave fu così rapido e violento che solo due zattere di salvataggio furono calate in mare oltre naturalmente i rottami che si erano staccati dalle sovrastrutture…
    Orlando Starace risultò disperso in mare e adesso riposa fra i flutti dell’Altissimo.

    Francesco Gullace (Gioia Tauro, 21.9.1922 – Mare, 17.12.1942)
    di Rosario Gullace e Giuseppe Magazzù (*)

    banca-della-memoria-www-lavocedelmarinaio-com

    (Gioia Tauro, 21.9.1922 – Mare, 17.12.1942)

    «Era il 17 dicembre 1942 e il Marinaio Fuochista di leva Francesco Gullace faceva parte dell’equipaggio del Regio cacciatorpediniere Aviere.regio-cacciatorpediniere-aviere-www-lavocedelmarinaio-comFu dichiarato disperso con l’affondamento della nave. 
Quel giorno l’Aviere, alla sua 41^ missione di scorta convogli, navigava unitamente al regio cacciatorpediniere Camicia Nera a protezione di un mercantile tedesco, con rotta da Napoli a Biserta. Giunto a circa quaranta miglia a nord della cittadina tunisina, il sommergibile britannico Splendid gli lanciò contro due siluri affondandolo.
    Solo trenta furono i superstiti».

    A mio Padre
    di Rosario Gullace

    17.12.1942 a mio papà marinaio fuochista sulla regia nave Aviere perito per la Patria
.

    …ero in fasce quando quando perì per la PATRIA e io lo ricordo così.
    17 dicembre 1942, il regio cacciatorpediniere Aviere, di 2460 tonnellate, viene improvvisamente colpito da due siluri lanciati dal sommergibile britannico P.228 Splendid affondando immediatamente alle ore 11.15 nel punto 38°00’N – 10°05’E, a nord di Biserta.
    L’unità era partita il 16 dicembre da Napoli insieme al regio cacciatorpediniere Camicia Nera, di scorta alla motonave tedesca Ankara, diretta a Biserta.

    Ho conosciuto in fasce;

    il mio genitore…
    
Un giovane ragazzo tutto Ardore.

    Mi teneva in braccio, 
    con AMORE…

    Sicuro… 
    Io sentivo 
Il suo Calore…
    
In guerra diede tutto.
    
Il suo valore…
    
La Patria… 
    Lo ricorda…
    
Vive in me….
    Il figlio mio.
    
Ne porta il nome.
    (16.12.2012)

    (*) IN MEMORIA DI GIUSEPPE MAGAZU’ SCOMPARSO NEL 2018.

    Antonio “Dino” Pau (Cagliari, 17.5.1918 – Mare, 17.12.1942)
    di Francesco Melis

    (Cagliari, 17.5.1918 – Mare, 17.12.1942)

    Nasce a Cagliari il 17 maggio 1918, marinaio cannoniere imbarcato sul regio cacciatorpediniere Aviere mancava ilall’affetto dei suoi cari in seguito ad azione di guerra il 17 dicembre 1942, immolando la sua giovane vita per la Patria disperso nel mare di Sicilia.

    La sua storia è comune a tanti marinai di quel periodo, sacrificati in una guerra iniziata male e terminata peggio.

    regio-cacciatorpediniere-aviere-www-lavocedelmarinaio-com

    Il 16 dicembre 1942 la nave salpò da Napoli per scortare a Biserta, insieme alla gemella Camicia Nera, la motonave Ankara.
    Alle 11.15 del 17 dicembre, una quarantina di miglia a nord di Biserta, il sommergibile britannico Spendid attaccò il convoglio con il lancio di alcuni siluri: uno centrò l’Aviere che esplose, sbandò sul lato di dritta, si spezzò in due d andò a fondo nel volgere di pochi secondi in posizione 38°00’ N e 10°05’.
    A bordo dell’Aviere c’erano tra i 230 e i 250 uomini, di questi un centinaio fece in tempo ad abbandonare la nave, ma nessuno dei superstiti fu raccolto dal Camicia Nera o dall’Ankara che invece si allontanarono a tutta velocità…

    sommergibile-splendid-www-lavocedelmarinaio-com

    L’affondamento della nave fu così rapido e violento che solo due zattere di salvataggio furono calate in mare oltre naturalmente i rottami che si erano staccati dalle sovrastrutture…
    Antonio “Dino” Pau risultò disperso in mare e adesso riposa fra i flutti dell’Altissimo.

    Francesco Paolo Buffa (Trapani, 14.7.1923 – Mare, 17.12.1942)
    di Raffaele Buffa

    rafbuffa@tiscali.it

    Banca della memoria - www.lavocedelmarinaio.com(Trapani, 14.7.1923 – Mare, 17.12.1942)

    …riceviamo e con infinita commozione e orgoglio pubblichiamo.
    Nel ringraziare il dottor Raffaele Buffa per averci reso partecipe di questi ricordi personali, ci preme sottolineare, qualora ce ne fosse ancora di bisogno che: Marinai una volta, Marinai per sempre …e questo vale anche per i parenti.

    Siamo convinti che Francesco Paolo adesso riposa in pace nell’immenso mare dell’Altissimo perché sa che in questa Gerusalemme terrena c’è un fratello e un mare di amici che non si dimenticheranno di Lui e di chi non fece rientro alla base.

    Alla redazione de “LA VOCE DEL MARINAIO”

    Sono il fratello del marinaio nocchiere Francesco Paolo Buffa, disperso in quel tragico 17 dicembre 1942 in cui venne affondato il regio cacciatorpediniere “AVIERE”.

    Francesco Paolo Buffa - www.lavocedelmarinaio.com
    Francesco Paolo si era arruolato “volontario” all’età di 17 anni, pertanto ne aveva appena meno di venti quando si è verificata la tragedia. In quel periodo prestavano servizio militare altri due fratelli: Sebastiano, nell’aviazione, e Silvestro, anch’egli nella Regia Marina (il quale ha prestato servizio delle seguenti regie imbarcazioni: motovedetta “Nioi”, Cacciatorpediniere “Zeffiro” e nave “Firenze”). 
    Tutti e tre erano figli di primo letto di mio padre (la madre era deceduta), mentre il sottoscritto, nato il 10 marzo 1940 e un altro fratello nato nel 1937, eravamo troppo piccoli per ricordare quegli eventi. 
    Nella foto seguente dell’equipaggio dell’Aviere, Francesco Paolo è il terzo da destra della seconda fila.

    Regia nave Aviere - equipaggio - www.lavocedelmarinaio.com

    Questo è l’atto di nascita di mio fratello:

    Certificato di nascita di Francesco Paolo Buffa - www.lavocedelmarinaio.com

    Questo è il documento che attesta la scomparsa di mio fratello:

    Verbale di irreperibilità di Francesco Paolo Buffa - www. lavocedelmarinaio.com
    Questa è una delle ultima lettere spedite, unica in mio possesso:

    Lettera di Raffaele Buffa spedita al fratello Franscesco - www.lavocedelmarinaio.com

    Questo dovrebbe essere l’equipaggio della nave “Firenze o del Cacciatorpediniere Zeffiro” nel quale era imbarcato Silvestro, l’altro fratello:

    Regia nave Firenze o Zeffiro - equipaggio - www.lavocedelmarinaio.com

    Penso che la presente documentazione potrebbe interessare a persone che nelle foto ravvisassero qualche loro parente.
    Dr. Raffaele Buffa
    rafbuffa@tiscali.it

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    Gennaro Bali (Torre Annunziata, 15.12.1919 – Mare, 29.3.1941)

    di Vincenzo Marasco – Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

    (Torre Annunziata, 15.12.1919 – Mare, 29.3.1941)

    Alla cara e lieta Memoria del Marinaio Bali Gennaro, Figlio di Torre Annunziata.

    Gennaro è figlio di una Torre Annunziata diversa da quella che era rappresentata da quelle sue viscere di dedali, da cui tanti ragazzi si sono levati per la Patria. Egli nasce tra il Vesuvio e il mare e di sicuro non avrebbe mai pensato, in quella sua giovane fanciullezza che la sua vita sarebbe finita proprio su quel vasto mare che fronteggia la delicata costa vesuviana torrese.
    Gennaro nasce il 15 dicembre del 1919 a Torre Annunziata da Giovanni e Pepe Emilia. Poco dopo la famiglia risiederà a Boscoreale in Via Tenente Angelo Cirillo, al civico 18, poi si trasferirà in Via Vesuvio, nel comune di Torre Annunziata al civico 60, lì dove arriverà anche ad egli la chiamata alle Armi: la cartolina!

    Arruolato tra le fila degli equipaggi della Regia Marina, parte per La Spezia dove una volta inquadrato, e avuta la categoria di Marò Servizi Vari, viene destinato all’imbarco su Unità da guerra. Gennaro sale a bordo dell’Incrociatore Pesante Zara, dell’omonima classe, una delle navi ammiraglie della Regia Marina, tra le più potenti che l’Italia avesse a disposizione per l’epoca. E fu così che quella nave, per qualche anno, divenne la sua casa e la sua piazza.
    Alla fine del marzo del 1941, la guerra di superficie chiama ancora una volta in ballo la Regia Marina la quale si contendeva l’egemonia del Mediterraneo contro la potente flotta inglese. Il piano di Supermarina messo in essere a partire dalla notte del 26 marzo, prevedeva due rapidi incursioni della Squadra Navale italiana, posta per l’occasione a comando dell’Ammiraglio Iachino, nelle acque dell’isola di Creta, a caccia dei convogli Alleati e le loro relative scorte. Tutto doveva essere concentrato sull’effetto sorpresa, che a dire il vero venne subito sfatato, in quanto già nella serata del giorno successivo il comando navale inglese di Alessandria d’Egitto aveva intercettato e decifrati i messaggi che annunciavano le operazioni italiane.

    Dopo un primo scontro tra le unità navali italiane e inglesi avvenuto nella mattinata del 28 nelle acque dell’isola di Gaudo, non molto lontano da Creta, benché fossero in superiorità, cominciò lo stillicidio delle navi italiane a cui venne ordinato di invertire la rotta verso l’Italia, e con esse dei loro equipaggi. L’inseguimento inglese fu tanto coraggioso quanto spietato continuando senza sosta fino a quando non si arrivò nelle acque a sud di Capo Matapan. Nonostante gli equipaggi italiani continuarono a battersi con estremo valore e da grandi eroi, scansando e ricevendo colpi che arrivavano dal mare e dal cielo, senza il risparmio di risposte da parte delle unità per cui combattevano e in alcuni casi anche riparando in mare aperto i danni subiti dai siluramenti delle loro navi, per la loro fotta non ci fu scampo. La sera e la notte che seguirono furono quelli dell’agonia del Pola, del tentativo di soccorrerla da parte degli incrociatori Zara e Fiume e dello scatenarsi dell’inferno per queste ultime.
    Chissà Gennaro cosa pensò, e se ebbe tempo di pensare, in quel momento di estrema confusione. In tal caso vogliamo immaginarlo come un uomo coraggioso alla pari di tutti i suoi altri compagni, insieme spinti nel dovere dal motto “NESSUNO INDIETRO!”.
    La stessa sera, le due unità italiane da battaglia comandate dall’ammiraglio Cattaneo che ebbe l’ordine di ritornare incontro alla nave danneggiata per soccorrerla, arrivate nelle vicinanze del Pola agonizzante, non si accorsero della presenza delle corazzate inglesi che, appena le scorsero, cominciarono a cannoneggiarle da distanza ravvicinata.
    Alle 22.30 circa lo Zara e il Fiume vennero investiti da un’ondata di fuoco nemico, senza avere nemmeno il tempo di reagire. In pochi minuti, le esplosioni scatenate a bordo dai proietti navali della flotta inglese, che colpirono anche le santa barbare di bordo e dal fuoco che divampò ovunque, fecero strage di marinai che non ebbero modo di potersi salvare. Il colpo di grazia allo Zara arrivò poco dopo da parte del cacciatorpediniere inglese Jervis che la centrò con due siluri facendola saltare in aria.
    Dei 1098 uomini di equipaggio ne morirono 798. Tra questi il giovane torrese Bali Gennaro, il comandante Capitano di Vascello Luigi Corsi che non volle abbandonare la nave con i suoi uomini e lo stesso ammiraglio Cattaneo. Dai flutti vennero ripescati dagli inglesi solo 279 che furono condotti in prigionia.
    Era il 29 marzo del 1941!
    Evviva il Marinaio Bali Gennaro!


    Dedicato a tutti quei ragazzi che persero la vita durante la Battaglia di Capo Matapan. Italiani e Inglesi!
    Si ringraziano le signore Anna De Nicola, nipote, e Fortunata Bali, sorella, per avermi concesso la foto del loro congiunto.

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    14.12.1943, viene sequestrato il piroscafo Terni

    di Claudio Confessore

    Il piroscafo francese “Azrou” della compagnia di navigazione “Paquet”, utilizzato come nave mista passeggeri e merci sulla rotta Marsiglia – Libia – Marocco, nel secondo conflitto mondiale fu sequestrato dai tedeschi, il 14 dicembre 1942, e successivamente consegnato all’Italia.
    Le principali caratteristiche tecniche dell’unità erano le seguenti:
    – Tipo = Piroscafo da carico
    – Cantiere = Atel & Ch. De Bretagne – Nantes (Francia)
    – Anno di costruzione = 1930
    – Stazza = 2998 tsl.
    – Lunghezza = 104,2 metri
    – Larghezza = 13,13 metri
    – Apparato motore = 2 steam turbine DR (HelsingörsJernsk & M.)
    – Carico = Derrate alimentari/materiali e 94 passeggeri
    Con il nuovo nome “Terni” la Regia Marina, lo impiegò sulla rotta Napoli – porti della Sicilia orientale per il trasporto di viveri e materiali che poi dovevano essere inviati sul fronte africano.

    Il 16 giugno 1943 il Terni, scortato dalla Torpediniera Orione, partì da Napoli con destinazione Siracusa per portare rifornimenti in Sicilia. Alle 05.18 si aggregarono alla scorta la Corvetta Persefone e la gemella Driade. Le unità furono posizionate dall’Orione (capo scorta) ai due lati del Terni.
    Alle 06.36 sopraggiunsero i velivoli della scorta aerea. Alle 13.45 il convoglio imboccò lo stretto di Messina. Alle 19.04 l’Orione comunicò alla Persefone di aver rilevato due eco sospette, nel punto 37°19’30” N – 015°14’39” E e nel punto 34°20’ N – 015°15’10” E.
    Quella sera davanti alle acque di Acireale pattugliava il sommergibile britannico “HMS Unison”, comandato dal Lt. A.R. Daniell. Il battello alle 18.22, in posizione 37° 26’N – 015 ° 15’E, avvistò il fumaiolo e il fumo del gruppo di navi sul rilevamento 349°. Inizialmente il sommergibile si immerse rapidamente senza poter calcolare la rotta della formazione navale ma alle 1840 il battello tornò a quota periscopica ed osservò una nave mercantile scortata da “un cacciatorpediniere e due torpediniere una per lato”. Chiarita la situazione tattica, a prescindere dalla errata valutazione del tipo delle unità di scorta, il comandante Daniell decise di attaccare.

    Alle 19.05, in posizione 37° 29’N – 015° 13’E, il sommergibile lanciò 4 siluri ad una distanza di circa 915 metri. Il primo andò a segno seguito da una forte esplosione e probabilmente andò a segno poco dopo anche un secondo siluro. Alle 19.09 sul Terni, colpito sul lato sinistro, avvenne una fortissima esplosione in PSN 37°21’20” N – 015°13’ E (a circa sette miglia per 170° da Capo Molino – Catania). Il Comandante della nave cercò di salvare il piroscafo accostando verso la vicina costa con l’intenzione di farlo arenare. Nel frattempo il Comandante della scorta dispose che Driade e Persefone dessero la caccia al sommergibile e che recuperassero eventuali naufraghi. Furono lanciate in mare ben 30 cariche di profondità senza alcun esito. Furono recuperati solo 10 naufraghi (uno morì successivamente). A bordo oltre all’equipaggio del piroscafo c’era anche una aliquota di personale della Regia Marina.

    Nonostante il tentativo del Comandante di far arenare il piroscafo, il Terni affondò ed ancora oggi il relitto giace capovolto a circa 2 miglia al traverso della Timpa di Acireale, con la chiglia ed i timoni in alto, ad una profondità variabile tra i 25 ed i 38 metri.
    Recentemente l’Istituto tecnico Nautico “Duca degli Abruzzi” di Catania, anche se con qualche piccola imprecisione, ha ricostruito la tragedia del 16 giugno 1943 inserendo un video su YouTube nel quale viene ricostruito il tentativo del Comandante del piroscafo di salvare nave TERNI dall’affondamento.
    https://www.youtube.com/watch?v=ZDEFUNnURBI&spfreload=10
    Il relitto è anche meta, da anni, di molte escursioni subacquee. I video e le fotografie possono essere visti ai seguenti link:
    https://www.youtube.com/watch?v=a7qOHPrVMF0&spfreload=10
    https://www.youtube.com/watch?v=1RXNtxd5JZQ&spfreload=10
    https://www.pucciosan.it/video/il-terni/mappa-del-sito-terni/
    http://www.underwater4u.com/cms/nave-terni-ex-azrou

    Nell’Albo d’Oro della Marina Mercantile sono riportati i sotto notati nominativi dei componenti dell’equipaggio deceduti il 16 giugno del 1943:
    Amato Corrado, Tenente G N (D M) Arena Pietro di Torre Faro (fraz. Messina), Marinaio Beltrami Carlo, Marinaio Benevento Carmine, Panettiere Boniello Giuseppe di Livorno, Borriello Ciro, Marinaio Cavanno Vincenzo, Marinaio Celio Salvatore, Marinaio Chinapri Tommaso, Marinaio Colantuno Antonio, Marinaio Colantino Antonio, Marinaio Coppola Francesco, Marinaio Costa Salvatore, Cambusiere D’Amato Giuseppe, Marinaio D’Urso Salvatore, Marinaio Flugi Federico, Marinaio Fontana Giuseppe, Carbonaio Fragalà Giorgio, Marinaio Gai Domenico, Marinaio Gemito Raffaele, Marinaio Iaccarino Raffaele, Marinaio Iacono Silverio, Fuochista Iovino Aniello, Marinaio Liguori Giuseppe, Marinaio Maisto Gennaro, Operaio Mangini Eugenio di Genova, Carbonaio Marmorato Rocco, Marinaio Morelli Luca, Fuochista Pierini Fortunato, Macchinista Rossi Potito, Giovanotto Russo Antonio, Marinaio Russo Giuseppe, Mozzo Salvatori Michele, Marinaio Scalia Francesco, Marinaio Siringo Salvatore, Carbonaio Strazzullo Carlo, Ingrassatore Suarti Antonino, Giovanotto Tagliamonte Raffaele.
    In data 27 luglio 1943 decedeva anche il Marinaio Terlizzi Vito, uno dei superstiti.
    A bordo era presente anche personale della Regia Marina. Elencare il personale deceduto che era imbarcato non è immediato con la sola consultazione dell’Albo d’Oro della Marina Militare poiché il reparto di appartenenza viene indicato con la generica frase “non specificato 012” (stessa cosa, ma con numerazione diversa, avviene per indicare i mezzi minori quali motozattere, dragamine, le navi ospedali, gli incrociatori ausiliari, il Reggimento San Marco ed altri …..). Poiché il 16 giugno 1943 l’unico mercantile affondato appare essere solo il Terni, l’elenco del personale risulta essere il seguente (da confermare dopo la consultazione della cartella dell’unità presso l’Ufficio Storico della Marina):
    2 Capo Radiotelegrafista Cattaneo Elmi Mario di Borgosesia (Genova), Marinaio Canepa Giobatta di Genova, Marinaio Segnalatore Colaianni Vitantonio di Bari, Marinaio Fuochista Esposito Vincenzo di Napoli, Sergente Segnalatore Martinelli Giovanni di Ferrara, Marinaio Fuochista Palmeri Attanasio di Palermo, Marinaio Fuochista Sannino Vincenzo di Portici (Napoli), Marinaio Fuochista Santoro Carmelo di Messina e Marinaio Fuochista Schisano Roberto Napoli.
    Ricordarli è un dovere ed un onore.

    A CATTANEO ELMI, SECONDO CAPO RADIOTELEGRAFISTA

    Buongiorno sig. Vinciguerra.
    Un mio zio, come da lettera in mio possesso firmata dal Comandante Superiore del Corpo Reali Equipaggi Marittimi Ettore Sportiello, è stato dichiarato disperso in seguito ad azione di guerra compiuta il 16 giugno 1943.
    La lettera porta la data del 10 luglio 1943.
    Ho provato a fare una ricerca sul sito del ministero della difesa ma, incredibilmente il mio congiunto non risulta tra i caduti.
    Si chiamava, Cattaneo Elmi, Secondo Capo Radiotelegrafista.
    Altro purtroppo non so.
    Le sarei molto grato se potesse farmi avere qualsiasi notizia.
    Silvio Cattaneo <cattaneobonini@gmail.com> 18 lug 2017

    Buonasera signor Silvio Cattaneo, la ringrazio anticipatamente per la fiducia.
    Le chiedo se è a conoscenza del comando/unità di appartenenza o quantomeno dell’invio del documento in modo da risalire a più fonti (cercando di incrociare varie notizie con gli altri blogger e, non per ultimo con il ministero della difesa) … ci potrebbe essere errore di trascrizione o di date ed allora procederemo per le azioni, come afferma Lei, del 16 giugno 1943.
    In attesa di suo riscontro
    riceva un abbraccio grande come il mare.
    Cordialità Ezio
    Ezio Vinciguerra <eziovinciguerra@gmail.com> 18 lug 2017 

    Grazie di tutto sig. Vinciguerra.
    Con mail a parte le ho trasmesso gli unici documenti in mio possesso.
    Ho trovato su internet che l’unica nave affondata il 16 giugno 1943 è il piroscafo Terni…..
    Chissà, il mio congiunto poteva essere temporaneamente imbarcato su quella nave. Ho visto che alcuni militanti avevamo avuto un passaggio.

    Silvio Cattaneo <cattaneobonini@gmail.com> 19 lug 2017

    Buonasera Signor Silvio, 
    abbiamo appena pubblicato la storia del Piroscafo Terni cercando di fare del nostro meglio e nelle nostra possibilità.
    Speriamo che la nostra ricerca sia di suo gradimento ed esaustiva, comunque siamo sempre a disposizione e aperti al dialogo.
    Riceva gradito da questo petulante marinaio, emigrante di poppa, un abbraccio grande come il mare e, soprattutto, grande come il suo cuore pio e misericordioso di nipote. Zio Cattaneo adesso riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo ed è a conoscenza del suo e nostro amore …”per il dialogo” (Primo e Secondo Comandamento che Lui ci ha donato).
    Cordialità Ezio
    P.s. Colgo l’occasione per ringraziare Claudio Confessore, mia ancora di salvezza …riuscirò un giorno a sdebitarmi? Che Dio ti protegga e ti benedica!

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    13.12.1941, affondamento della regia nave Alberico Da Barbiano

    a cura Marinaio di Spirito Santo + altriCaratteristiche tecniche
    Dislocamento 6.954 tonnellate a pieno carico
    Lunghezza: 160 mt.
    Larghezza: 15,5 mt.
    2 eliche. Potenza: 95.000 HP
    Velocità: 37 nodi
    Combustibile: 1.250 t di nafta
    Autonomia: 3800 miglia a 16 nodi
    Era armato da:
    8 cannoni da 152/53 mm.
    6 cannoni da 100/47 mm
    2 mitragliere da 40/39 mm.
    8 mitragliere da 13,2 mm.
    4 tubi lanciasiluri da 533 mm.
    2 aeroplani
    Equipaggio: 507

    Ottavio Battista era un marinaio imbarcato su  questo incrociatore che trovò la morte, insieme ad altri 534 Caduti, per l’affondamento della nave da parte di 4 navi inglesi.
    Il 12 dicembre 1941 l’incrociatore Alberico da Barbiano lasciò il porto di Palermo insieme alla nave gemella Alberto di Giussano per trasportare rifornimenti urgenti di carburante per aerei da Palermo a Tripoli.
    Venne intercettato al largo di Capo Bon da quattro cacciatorpediniere nemici (i britannici Sikh, Legion e Maori e l’olandese Hr. Ms. Isaac Sweers).

     

    Prima di avere il tempo di reagire (solo poche mitragliere poterono aprire il fuoco), la nave, centrata da almeno tre siluri lanciati dal Sikh, dal Legion e dal Maori, e da varie cannonate, s’incendiò all’istante, senza scampo per chi si trovava sottocoperta.

    Fuori controllo, la nave italiana andò alla deriva scosso da varie esplosioni, e affondò, capovolgendosi, alle 3.35 del 13 dicembre 1941, a meno di dieci minuti dall’inizio dell’attacco.
    Su 784 uomini dell’equipaggio i morti furono 534, fra di loro l’ammiraglio Antonino Toscano, comandante della IV Divisione, ed il comandante della nave.
    Il Cigno (nave di scorta), mancato dai siluri degli avversari, si prodigò per raccogliere i naufraghi, in condizioni disperate: sulla superficie del mare, piena di nafta, si svilupparono molti incendi, cui si aggiunsero i pescecani giunti sulla zona.

    Con l’aiuto di pescatori tunisini e di un idrovolante italiano, furono recuperati 687 naufraghi, poi trasportati a Trapani.
    Nella Battaglia di Capo Bon del 13 dicembre 1941 navi alleate affondarono due incrociatori italiani l’incrociatore Barbiano e il Giussano, uccidendo 817 persone. Una pagina nera, nella storia della Marina.

    Ma che cosa avvenne quella notte? E perché questo scontro segnò i destini della guerra? Il 1941 fu un anno durissimo per la Marina italiana.
    Il 21 ottobre 1941, la Gran Bretagna aveva inviato a Malta la “Forza K”, un gruppo di navi che affondavano sistematicamente i convogli italiani diretti alle colonie in Africa. In un solo mese, era arrivato a destinazione meno del 40% dei carichi di carburante e di armi.  Era la “guerra dei convogli”, organizzata per indebolire le forze dell’Asse in Africa. Di fronte al rischio che le truppe inglesi avanzassero in Libia, impossessandosi dello strategico porto di Bengasi, a dicembre 1941 il governo italiano aveva deciso di inviare un grosso carico di munizioni e carburante a bordo di navi veloci.
    La missione fu affidata ai 2 incrociatori leggeri: l’Alberico da Barbiano e l’Alberto di Giussano. Le navi dovevano caricare viveri, materiali e armi nei porti di Brindisi e di Palermo, per poi dirigersi a Tripoli il 9 dicembre, costeggiando la Tunisia.
    Ma l’operazione partiva male.
    Le navi che dovevano scortare gli incrociatori (Bande Nere e Climene) erano in panne: così la scorta fu affidata alla sola torpediniera Cigno. In più non era possibile la copertura aerea da Tripoli, perché in Libia mancava il carburante per gli aerei.  Così fu deciso di caricare sui due incrociatori diverse tonnellate di benzina per aerei, ma non nelle solite lattine impiegate per il trasporto su unità da guerra, bensì in fusti, la cui tenuta non era oltretutto ermetica. I fusti furono caricati in coperta, nella zona poppiera: un carico esplosivo, che rendeva gli incrociatori vulnerabili a ogni attacco, sia aereo che navale.
    In totale il carico imbarcato era di 100 tonnellate di benzina avio, 250 di gasolio, 600 di nafta e 900 di viveri, oltre a 135 militari destinati a Tripoli: un equipaggio di 1.504 persone, più 155 a bordo del Cigno.La missione era pericolosa: lo scafo degli incrociatori leggeri non era idoneo per resistere ai siluri né ai tiri d’artiglieria e l’unico loro punto di forza, la velocità (potevano toccare i 37 nodi, pari a 68,5 km/h) per risparmiare nafta in modo da poterne scaricare di più a Tripoli, fu imposta la velocità di 22 nodi (40,7 km/h).  Così, non volendo giocare la carta della velocità, si cercò in tutti i modi di tenere segreta la missione e, per evitare incontri con i ricognitori provenienti da Malta, si era decisa una rotta più a occidente delle isole Egadi.
    L’arrivo a Capo Bon era previsto alle 2:00 del 13 dicembre; poi si doveva puntare alle isole Kerkennah, dove la 4a Divisione doveva incontrarsi con le torpediniere Calliope e Cantore, per essere scortata fino a Tripoli, con arrivo previsto alle 13:00.
    Per proteggere la spedizione, la Marina dispose alcuni pattugliamenti aerei lungo a est e a ovest di Capo Bon.
    Un ricognitore avvistò 4 cacciatorpediniere britannici a 60 miglia da Algeri, diretti a Capo Bon e i tedeschi avevano avvisato il comando italiano che di notte alcuni piroscafi inglesi avrebbero lasciato Malta per Gibilterra.
    Per i caccia la Marina italiana calcolò la loro ora di passaggio a Capo Bon: ipotizzando una velocità costante a 20 nodi (quella calcolata dai ricognitori) sarebbero arrivati alle 5:00, se avessero aumentato a 28 nodi alle 3:00, un’ora dopo gli italiani. Così non fu considerato necessario annullare la missione o accelerare la velocità di navigazione. Ma l’Italia non aveva fatto i conti con il servizio di decrittazione britannico “Ultra”, in grado d’intercettare e decifrare i messaggi in codice inviati dalle forze dell’Asse con la macchina Enigma.
    Gli inglesi seppero tutto nei dettagli, comprese le velocità degli incrociatori, e inviarono contro gli italiani 4 cacciatorpediniere già in rotta verso l’Egitto (Sikh, Maori, Legion e Sweers): dopo aver lasciato Algeri aumentarono la velocità a 30 nodi.
    Intanto, le navi italiane (il Cigno in testa, seguito dal da Barbiano e dal di Giussano) arrivarono a Capo Bon alle 3:00 del 13 dicembre: ma la Marina non lo seppe e non ordinò di recuperare il ritardo.
    Poco prima, alle 2:45, le unità italiane sentirono un rumore d’aereo: era un ricognitore della Raf di Malta, che aveva individuato le nostre navi.
    La Cigno allertò il da Barbiano con i proiettori luminosi, ma lo scambio fu notato dai cacciatorpediniere britannici, che si stavano avvicinando a Capo Bon a grande velocità.
    Il comandante Toscano allertò il convoglio: alle 3:20 il da Barbiano invertì la rotta mettendo le macchine alla massima forza e comunicò la manovra alle altre due navi. Il di Giussano lo seguì; il Cigno non se ne accorse e proseguì fino alle 3:25, quando invertì la rotta, restando distanziato a sud.
    Sul da Barbiano intanto, l’ammiraglio ordinò di aprire il fuoco contro le navi nemiche, ormai distanti solo 300 metri.
    Ma dal Sikh erano partiti 4 siluri: due colpirono il da Barbiano sulla sinistra, causando un’esplosione e un incendio. Il Legion lanciò 6 siluri, uno dei quali colpì il di Giussano.
    Alle 3:26 il Maori si accanì contro il da Barbiano in fiamme, falciando il ponte di comando e lanciandogli contro due siluri, uno dei quali andò a segno.  Il da Barbiano, colpito al centro e a poppa, sbandò e affondò in 4-5 minuti, in un inferno di nafta e benzina in fiamme.
    Il di Giussano, colpito da un siluro e da due granate, privo di energia per utilizzare le artiglierie, con il centro nave sconvolto dallo scoppio del siluro, sbandava sempre più.
    Prima che l’incendio in sala macchine si propagasse ai fusti di benzina in coperta, il comandante ordinò di abbandonare la nave. Alle 4:42 il di Giussano si spezzò in due e affondò.
    Il Cigno, mancato dai siluri degli avversari, si prodigò per raccogliere i naufraghi, in condizioni disperate: sulla superficie del mare, piena di nafta, si svilupparono molti incendi, cui si aggiunsero i pescecani giunti sulla zona. Con l’aiuto di pescatori tunisini e di un idrovolante italiano, furono recuperati 687 naufraghi, poi trasportati a Trapani: nello scontro erano morte 817 persone.

    Ottavio Battista (Mola di Bari, 28.10.1915 – Mare, 13,12.1941)
    di Associazione “il Mondo Solidale”

    (Mola di Bari, 28.10.1915 – Mare, 13.12.1941)

    SIAMO ALLA RICERCA DI FOTO DI OTTAVIO BATTISTA


    Luigi De Rosa (Torre Annunziata (NA), 6.6.1919 – Mare, 13.12.1941)
    di Vincenzo Marasco – Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

    (Torre Annunziata (NA), 6.6.1919 – Mare, 13.12.1941)

    Alla cara e lieta memoria del Marinaio De Rosa Luigi, figlio di Torre Annunziata. 

    Ormai non riesco più a fermarmi. Lo stimolo che mi spinge a scrivere le storie delle migliaia di ragazzi della Circoscrizione di Torre Annunziata, che da qualche mese sto pian piano recuperando da uno degli archivi più belli che io abbia mai consultato, è irrefrenabile.
    Quella che segue è la pagina di storia che vogliamo dedicare al MARO’ Servizi Vari De Rosa Luigi, nato a Torre Annunziata il 6 giugno 1919, e vissuto in quegli stessi dedali dove ho trascorso la mia infanzia e dove è cresciuta la mia famiglia.
    Luigi prima di partire militare per La Spezia, chiamato dalla Patria per asservire al suo dovere, abitava al civico 28 di Vico Asilo Infantile insieme ai genitori Eduardo e Rosa. 

    Venne imbarcato come Marò addetto ai vari servizi di bordo, agli inizi del ’41, sulla Regia Nave “Alberico de Barbiano”: un incrociatore veloce con 784 uomini di equipaggio, che già era stato impegnato nella Battaglia di Punta Stilo (9 luglio 1940).
    La sera dell’11 dicembre del 1941, quando tutti già assaporavano la licenza natalizia che da lì a poco sarebbe stata concessa e il tanto atteso rientro a casa per riabbracciare finalmente i propri cari e gli amici, arrivò l’ordine dal Ministero della Marina con cui si comandava l’Unità, insieme alla sua gemella, l’incrociatore Alberto di Giussano, di dirigere urgentemente verso Palermo e poi a Tripoli, per scortare un convoglio carico di carburanti necessari per lo sforzo bellico delle truppe di terra.
    La sera del 12 dicembre ha inizio l’insidiosa traversata dello Stretto di Sicilia, lì dove le unità navali inglesi erano sempre in agguato per intercettare e affondare i convogli italiani diretti in Africa Settentrionale. 

    Alle 3.25 circa del 13 dicembre, al largo delle coste della Tunisia il convoglio italiano venne agganciato dalle siluranti inglesi. L’attacco fu cruento e veloce. Il de Barbiano venne centrato da tre siluri e da varie cannonate che lo devastarono. Le fiamme lo avvolsero in una velocità impressionante, senza dare alcuno scampo ai marinai che si trovavano sottocoperta. La nave oramai compromessa, scossa dalle esplosioni, andò alla deriva fino a capovolgersi, per poi affondare al largo di Capo Bon.
    Dei 784 uomini dell’equipaggio 385 non ce la fecero. Tra i caduti e i dispersi, oltre all’Ammiraglio Antonino Toscano, comandante della IV Divisione navale che seguiva le operazioni, e il comandante dell’Unità, capitano di vascello Giorgio Rodocanacchi, vi era anche il giovane marinaio torrese De Rosa Luigi. 

    Di quel ragazzo cresciuto nei vicoli della Pruvulera, levato alla Patria come tanti altri in quei tristi anni, non si seppe più nulla. Oggi a ricordarlo vi è una sua foto affissa al cippo marmoreo che sorge accanto al Monumento ai Caduti del Cimitero di Torre Annunziata su cui da anni, insieme all’amico Antonio Papa, si concentrano le nostre ricerche.


    Umberto Palummo (Castellammare di Stabia, 17.4.1920 – Trapani, 13.12.1941)
    di Antonio Cimmino


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    (Castellammare di Stabia, 17.4.1920 – Trapani, 13.12.1941)

    marinaio-umberto-palummo-www-lavocedelmarinaio-com

    Umberto Palummo, matricola 55613, marinaio di 20 anni, nasce a Castellammare di Stabia (Napoli) il 17 aprile 1920 e morto durante l’affondamento della sua Unità navale, la regia nave Alberico Da Barbiano.
    La sua salma fu rinvenuta sulla spiaggia di Trapani il 13 dicembre 1941 e fu sepolto nel locale cimitero comunale, tomba n° 6 – zona R.M. (processo verbale di identificazione firmato dal Tenente Cappellano Mario Coppi e dal Sottotenente medico Leonardo Pancotto).
    La regia nave Alberico Da Barbiano fu affondata al largo di Capo Bon, dei 784 componenti l’equipaggio 534 furono i morti.
    Riposate in pace tra i flutti dell’Onnipotente.

    regia-nave-alberico-da-barbiano-www-lavocedelmarinaio-com

     

    Alvaro Battista Aimone (Cuprgnè (TO), 10.7.1920 – Mare, 13.12.1941)
    di Giorgio Battista Aimone (classe 1927)

    Mio cugino, Alvaro Battista Aimone, figlio di Pietro (fratello di mio padre) e di Paola Matilde (detta Tilde), era nato a Cuorgnè (To) il 10 luglio 1920. Per parlare di lui, devo tornare indietro, negli anni 1939-1942, facendomi aiutare da mia figlia Ornella Aimone.
    Io allora avevo dai 12 ai 15 anni…

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    il-marinaio-avaro-battista-aimone-foto-collezione-privata-fam-aimone-per-gentile-concessione-a-www-lavocedelmarinaio-com_Alvaro era un bellissimo ragazzo. Figlio unico come me, un po’ viziato, ma bravissimo. Ricordo quando andavo con i miei a trovare lui e gli zii, che abitavano nella storica via Arduino e quando andavamo a giocare assieme, nonostante la differenza d’età che ci separava (7 anni).
    Diventato adulto e terminata la scuola dell’obbligo, tramite mio padre trovò lavoro presso un’officina meccanica locale; si distinse subito come un gran lavoratore, mentre i suoi genitori erano artigiani materassai.
    La sua passione, dopo il lavoro, era la bicicletta, che i suoi gli comprarono ed iniziò a correre nella categoria dilettanti, ottenendo anche molte vittorie. Era quel che si dice un bravissimo giovane.
    Durante il periodo fascista, con a capo Benito Mussolini, il “duce”, Alvaro, che era avanguardista, tutti i sabato pomeriggio, con gli altri coetanei, faceva il cosiddetto “esercizio pre-militare obbligatorio” nella piazza d’armi del paese.
    Il 10 giugno 1940 l’Italia era appena entrata nella seconda guerra mondiale, alleata con la Germania. Alvaro, essendo abile al servizio militare, venne destinato alla marina, nella Compamare Savona con matricola militare 22291 e mansioni di marinaio allievo fuochista.
    via-arduino-a-cuorgne-foto-ornella-aimone-per-www-lavocedelmarinaio-com_Un giorno, infatti, ricevette la cartolina “precetto di arruolamento”. Ricordo che egli ripeteva spesso ai suoi genitori:
    – “Per fortuna che ho imparato il nuoto, quando andavo a bagnarmi nel torrente Gallenca…!”.
    Successivamente fu stabilita la data della sua partenza. Era una domenica sera, quando andai con i miei genitori a casa sua per salutarlo, poiché egli sarebbe partito il mattino seguente. Alvaro, quando ci congedammo da loro, ci accompagnò sotto casa, in Via Arduino e guardando l’orologio della storica e famosa “torre quadrata”, che segnava le ore 24, proferì:
    – “Domani, a quest’ora, sarò già sulla nave nel mare Mediterraneo”.
    Infatti Alvaro. il giorno seguente, si imbarcò a bordo dell’incrociatore leggero “Alberico Da Barbiano” della classe “Alberto Di Giussano” della Regia Marina, che salpò da Palermo verso la fine del 1941. Il suo ruolo era di marinaio allievo fuochista.
    L’incrociatore “Da Barbiano” nel Mediterraneo agiva come copertura a distanza per convogli truppe e rifornimenti diretti in nord Africa.
    Dopo aver imbarcato in coperta sulla poppa duecentocinquanta fusti di benzina ed alcuni fusti di olio, destinati all’esercito italiano in Africa, il 12 dicembre 1941 il “Da Barbiano” lasciò il porto di Palermo insieme alla nave gemella “Alberto Di Giussano”, con la torpediniera “Cigno” di scorta, per rifornire di carburante gli aerei a Tunisi, nonché munizioni e viveri per le truppe combattenti in Libia. Purtroppo, nella notte del 13 dicembre 1941, il “Da Barbiano” venne intercettato a due miglia e mezzo al largo di Capo Bon dai caccia torpedinieri Legion, Maori e Sikn (inglesi) e Isaac Sweers (olandese) e colpito a prora da un primo siluro alla dinamo. Un secondo siluro tagliò di netto un terzo della nave verso poppa. La benzina sulla poppa prese fuoco immediatamente. Lingue di fiamme rosse divampavano fino ad un’altezza di una decina di metri.

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    Il “Da Barbiano” affondò alle 4,22 in meno di cinque minuti. Un terzo siluro colpì l’incrociatore “Di Giussano” che navigava alle sue spalle, raggiungendo il deposito viveri, dove dei sacchi di zucchero attutirono l’esplosione della testata, ma non impedirono il suo affondamento, che avvenne in un paio d’ore. I superstiti di questi incrociatori furono calcolati in 218, però Alvaro non figurava fra loro. Fu dichiarato “disperso” in mare ed i genitori non ebbero, purtroppo, mai più notizie del loro amato figlio dopo quel 13 dicembre 1941. Disperati, si rivolsero alle autorità competenti all’epoca della tragedia, sperando di trovarlo ancora in vita, magari senza memoria a causa del trauma. Addirittura, come ultima spiaggia, si rivolsero a una presunta sensitiva la quale, dopo aver palpato un indumento del ragazzo portato dai fiduciosi genitori, disse loro che Alvaro era vivo, ma in realtà non poteva sapere nulla più di loro…
    Il padre, anche a causa del dispiacere di aver perduto quell’unico figlio, negli anni successivi si ammalò e cessò di vivere nel 1953, all’età di 59 anni. La madre, rimasta vedova chiamò da Valperga la sorella minore Ida, nubile, a vivere con lei. Tilde svolse ancora fino ad una certa epoca il mestiere di materassaia e morì nel 1982 in un ricovero per anziani, all’età di 89 anni.

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    Di mio cugino Alvaro, che non ebbe il tempo di assaporare le cose che un giovane di 21 anni sogna nella vita, gli unici ricordi tangibili che mi rimangono sono costituiti da alcune fotografie, una pagina di un giornale del partito nazionale fascista che lo dichiarava marinaio disperso, una lapide dei caduti nella seconda guerra mondiale al cimitero di Cuorgnè nel cui elenco figura il suo nome, un’epigrafe sulla tomba del padre Pietro con le date 1920-1941 e, forse la cosa più importante, lo strumento di cui Alvaro era appassionato autodidatta: un violino, che conservo gelosamente.

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    Franco Storelli (Gualdo Tadino (PG), 28.12.1918 – Mare, 13.12.1941)
    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Gualdo Tadino (PG), 28.12.1918 – Mare, 13.12.1941)

    Il  Tenente di Vascello del Genio Navale nasce a Gualdo Tadino (PG) il 28 dicembre 1918.
    Allievo della Regia Accademia Navale di Livorno dal 1937, il 5 giugno 1940 conseguì la nomina ad Aspirante Sottotenente e fu destinato sul regio incrociatore Duca d’Aosta con il quale partecipò alla battaglia di Punta Stilo. Fu sbarcato per frequentare la Facoltà di Ingegneria all’Università di Genova, presso la quale avrebbe dovuto laurearsi nel 1942 ma, il 25 luglio 1941, fu destinato sul regio incrociatore Alberico da Barbiano e durante il breve, ma intenso combattimento del 13 dicembre, continuò a lavorare nel locale macchine già invaso dal vapore e con l’aria ormai resa irrespirabile per i fumi di un incendio provocato dallo scontro. Ciò per assicurare il funzionamento dell’apparato motore. Invitato a porsi in salvo, si preoccupava dell’incolumità del personale dipendente e moriva poco dopo nella nave che affondava.


    Fu insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria con la seguente motivazione:
    “Imbarcato su incrociatore, impegnato in combattimento e gravemente colpito, accorreva nei locali caldaie e, nonostante il forte sbandamento dell’unità e la sopravvenuta interruzione dell’energia elettrica, si prodigava con prontezza e perizia per assicurare il funzionamento dell’apparato motore.
    Benché il locale fosse invaso da vapore, che rendeva difficile la respirazione e la visibilità, pure a breve distanza, rimaneva con elevata fermezza d’animo nei locali, intento all’attuazione del suo disegno e, invitato a rinunciare alla pericolosa operazione ed a mettersi in salvo, mentre si preoccupava dell’incolumità dei propri dipendenti, rispondeva con fiere parole dalle quali emanava tutto l’ardore della propria decisione, di compiere sino all’ultimo il suo dovere nella vana, quanto generosa, volontà di essere ancora utile alla sua nave.

    Scompariva poco dopo con l’unità che s’inabissava, offrendo con azione improntata al più sublime e cosciente eroismo, la nobile sua esistenza al servizio della Patria”.
    Mediterraneo Centrale, 13 dicembre 1941

    Antonino Aiello (Castellammare di Stabia, 22.10.1901 – Mare, 13.12.1941)
    a cura Antonio Cimmino

     

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Pittori di mare,  Racconti,  Storia

    RD 36

    di Antonio Cimmino e Marino Miccoli
    di Antonio Cimmino

    Banca della memoria - www.lavocedelmarinaio.com

    Antonio-Cimmino-per-www.lavocedelmarinaio.com_1Tra il 1916 ed il 1929 la Regia Marina fece costruire circa 50 dragamine della classe RD (Rimorchiatore-Dragamine), progettati per appoggiare e soccorrere unità maggiori danneggiate e/o trovatesi in campi minati. A Castellammare di Stabia ne furono costruiti 25 appartenenti a diverse classi (RD1-2; RD3-4-5-6-; RD15-16-17-18-19-20-21-22; RD23-24-25-26; RD31-32-33-34-35-36-37). Lo scafo era in acciaio dolce, possedevano attrezzature per il dragaggio meccanico tipo “Oropea”. Tale tipo di dragaggio utilizzava un cavo di acciaio seghettato atto a tagliare il cavo di ormeggio delle mine, tenuto ad una data profondità da un immersore e scostato lateralmente alla linea di rotta da un divergente.
    Il loro dislocamento variava da 196 a 201 tonnellate; la lunghezza tra i 35 ed i 38,1 metri, la larghezza andava da 5,4 a 6 metri mentre l’immersione variava tra 1,54 e 2,2 metri. Generalmente erano armati con 1 cannone da 76/40 sistemato sul castello a prora e da 2 mitragliatrici antiaeree da 6,5 mm. collocate sul ponte di comando. L’equipaggio era composto da 21 uomini.
    Il rimorchiatore-dragamine RD 36, della classe RD 31, fu varato nel regio cantiere di Castellammare di Stabia nel mese di agosto del 1919 ed entrò in servizio nello stesso anno. Successivamente fu trasferito alla Finanza di Mare. Il 19 agosto del 1939 fu aggregato alla XI Squadriglia della VII Flottiglia Rimorchiatori-Dragamine di stanza a Porto Empedocle in Sicilia.

    quadro RD 36 - copia - www.lavocedelmarinaio.com

    Allo scoppio della guerra fu impiegato in missioni di dragaggio esplorativo ed esecutivo, di ricerca, distruzione e recupero di mine alla deriva, di trasporto uomini e materiali nelle Isole Egadi.
    Il 21 agosto del 1941 la nave subì un durissimo attacco aereo mentre, insieme con il dragamine ausiliario R.189 – Santa Gilla, effettuava il dragaggio a sciabica nelle acque di Pozzallo in provincia di Ragusa. Nell’attacco cadde eroicamente il comandante Brigadiere Francesco Mazzei e due finanzieri Esposito e Russo; l’unità, benché danneggiata, poté rientrare alla base.
    Al comandante, nativo di Marciana nell’isola d’Elba, fu poi concessa una Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione:
    ” Comandante di dragamine fatto segno a ripetuti attacchi di aereo nemico, si sostituiva volontariamente al puntatore di una mitragliera ammalato ed iniziava una intensa reazione di fuoco contro il veicolo attaccante. Con sereno coraggio e cosciente ardimento proseguiva animosamente nel serrato duello finché, colpito al petto da una raffica di mitraglia, si abbatteva esanime sull’arma ancora puntata contro il nemico. Acque di Pozzallo 21 agosto 1941”
    L’attività della piccola unità continuò incessante nelle acque di Licata, Trapani, Messina e Reggio Calabria.
    Tenente di vascelllo Giuseppe Di Bartolo - www.lavocedelmarinaio.comL’RD 36 passò in forza alla XL Flottiglia – comandata dal Tenente di Vascello Giuseppe Di Bartolo – e trasferito in nord Africa facendo base, dall’8 settembre 1942, a Tripoli. Nelle acque di Tripoli l’unità compì diverse missioni di dragaggio, vigilanza antisom e scorte a piccoli convogli.
    Dallo scoppio della guerra l’RD36 aveva effettuato ben 317 missioni, percorrendo 18.700 miglia e con 2560 ore di moto.
    Con l’aggravarsi della situazione bellica il passaggio nel Canale di Sicilia dei convogli italiani, divenne sempre più drammatico; decine di mercantili e relative navi di scorta subirono violenti attacchi dagli inglesi che, con le loro forze aereo navali e subacquee denominate Forza Q con base a Bona in Tunisia e Forza K, con base a Malta, decimarono la flotta italiana provocando migliaia di vittime tra marinai, soldati trasporti e marittimi della Marina Mercantile.
    Nel contesto della guerra dei convogli si inserisce l’eroica ultima missione del RD 36.
    Avvicinandosi la caduta di Tripoli, il Comando di Marilibia il 19 gennaio del ’43, ordinò l’evacuazione della città ed il trasferimento in Sicilia di tutto il naviglio.
    Alle ore 18,00 unitamente RR.DD. 31 e 39 (Capo Squadriglia Sottotenente di Vascello Renato Landin), all’RD 37 ad altro naviglio di uso locale (N.U.L.) , l’RD 36, comandato dal Maresciallo della Guardia di Finanza ramo mare Aldo Oltramonti, uscì in formazione mettendosi alla testa del piccolo convoglio. Sull’unità imbarcò il Comandante della XL Flottiglia Tenente di Vascello Giuseppe Di Bartolo.
    In serata la formazione, a circa 18 miglia a levante di Zuara, fu attaccata da cacciatopedinieri della Forza K e principalmente dallo Javelin e dal Kelvin.
    Subito iniziò una impari lotta, Di Bartolo diede ordine alle altre unità di disperdersi ed avvicinarsi alla costa africana e, con la sua piccola nave, si avventò contro il potente avversario.
    Tutto il fuoco dei cacciatorpediniere si concentrò sul RD36 che, con il cannone e le due mitraglie combatté con enorme eroismo. Davide contro Golia! Ma il piccolo battello fu frantumato dai colpi di cannone delle navi nemiche ed affondò con tutto l’equipaggio. Anche le altre unità, nonostante il sacrificio del RD36, furono raggiunte ed affondate.
    Alcuni superstiti poterono raggiungere a nuoto la costa altri, recuperati in mare, furono sbarcati a Sfax.
    Al Tenente di Vascello Giuseppe Di Bartolo – nativo di Palermo e già Capitano Marittimo con esperienze belliche nel primo conflitto mondiale a 17 anni d’età – conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla memoria” con la seguente motivazione:
    ” Comandante di flottiglia dragamine dislocata in zona avanzata oltremare, resasi necessaria l’evacuazione della base ed avuto ordine di trasferire in Patria flottiglia, apprestava alla lunga navigazione – con competenza e capacità – le unità dipendenti, nonostante le ininterrotte, violente incursioni aeree. Nel corso del trasferimento, attaccato di notte da preponderante formazione di supercaccia avversari, nel sublime tentativo di salvare le altre unità, impartiva l’ordine di dirottare verso la costa mentre con la propria – offerta al supremo olocausto – muoveva decisamente incontro all’attaccante, nel disperato tentativo di opporsi alla schiacciante superiorità dei mezzi avversari. Giunto a portata di tiro delle proprie mitragliere impegnava impari lotta, sorretto dall’entusiasmo e dalla fede degli eroi, colpita la sua imbarcazione più volte, prossima ad affondare, rispondeva al nemico facilmente vittorioso, con le ultime raffiche di mitraglia, inabissandosi con la nave e l’intero equipaggio. Fulgido esempio di estrema dedizione alla Patria e di luminose virtù di comando – Mediterraneo Centrale, 20 gennaio 1943”.

    Gli eroi del glorioso RD 36 sono:
    Tenente di Vascello Giuseppe Di Bartolo di anni 43, capo Flottiglia;
    Maresciallo Aldo Oltramonti, Comandante;
    Maresciallo Vincenzo Genna, di anni 39, Direttore di macchina;
    Brigadiere Pietro Laganà, di anni 32, Meccanico;
    Sottobrigadiere Antonio Sanna, di anni 39, Nostromo;
    Appuntato Giuseppe Salone, di anni 38, Fuochista;
    Finanziere Giuseppe Inzucchi, di anni 37, Cannoniere;
    Finanziere Gaetano Rizzi, di anni 38, Marinaio;
    Finanziere Costabile Di Sessa, di anni, 30, Meccanico;
    Finanziere Vincenzo Coppola, di anni 26, Marinaio;
    Finanziere Giuseppe D’Aleo, di anni 34, Nocchiere;
    Finanziere Domenico Balzamo, di anni 31, Fuochista;
    Finanziere Nino Baccile, di anni 20, Fuochista;
    Finanziere Amato Fusco, di anni 26, Fuochista;
    Finanziere Giovanni Cavatorto, di anni 33, Fuochista;
    Finanziere Francesco Nunziante, di anni 20, Fuochista.

    gli eroi col solino giallo RD 36 foto pellegrino Giuseppe per www.lavocedelmarinaio.com copia

    Brigadiere Pietro Laganà - www.lavocedelmarinaio.com CopiaNel 1949 al brigadiere Laganà fu concessa la Croce di Guerra al Valor Militare con la seguente motivazione:
    ”Brigadiere di Finanza-ramo mare-imbarcato con mansioni di meccanico su dragamine in partenza verso altra zona per evacuazione di importante base navale oltremare, si prodigava sotto violenta azione aerea avversaria per l’imbarco di importante carico. Successivamente, attaccata l’unità da soverchianti forze navali che ne provocavano l’affondamento, partecipava all’impari lotta fino all’estremo sacrificio della vita. Esempio di sereno ardimento e sentimento del dovere- Mare Mediterraneo, 20 gennaio 1943”.

    Medaglia d’Argento per il naviglio della Guardia di Finanza concessa con D.P. del 29 luglio del 1949:
    ”Nel corso di lungo ed aspro conflitto cooperava con la Marina Militare, con perfetta efficienza di uomini e di mezzi, nell’assolvimento del gravoso compito di vigilanza alle coste nazionali e di oltremare, di dragaggio alle rotte di sicurezza, di caccia ai sommergibili e di scorta ai convogli, contrastando sempre l’agguerrito avversario con valore, tenacia ed alto sentimento del dovere. Successivamente all’armistizio, tenendo fede alle leggi dell’onore militare, concentrava le superstiti unità e, pur menomato nei mezzi e negli uomini per le notevoli perdite subite, iniziava con rinnovato ardimento la lotta contro il tedesco aggressore. Perdeva complessivamente, nella dura lotta, il cinquanta per cento delle unità, contribuendo con eroici sacrifici singoli e collettivi, a mantenere in grande onore il prestigio delle armi italiane – Mediterraneo, 10 giugno 1940-8 settembre 1943. Tirreno-Adriatico, 9 settembre 1943-8 maggio 1945”

    Nel 1972 il Presidente della Repubblica concesse al dragamine RD 36 la Medaglia d’oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
    “Dragamine comandato ed armato da personale della Guardia di Finanza, agli ordini del Comandante della Flottiglia, attaccato nella notte del 20 gennaio 1943 da preponderanti forze navali nemiche, correva incontro all’avversario nell’eroico intento di coprire e salvare le tre unità della formazione, fino a trovarsi a portata delle proprie modestissime armi di bordo. Aperto il fuoco, cercava di arrecare al nemico la maggiore possibile offesa continuando a sparare, benché colpito più volte, fino a quando soccombeva nell’impari lotta, inabissandosi con il Comandante e l’intero equipaggio. Sublime esempio di indomabile spirito aggressivo, di sovrumana determinazione e di dedizione al dovere sino al supremo sacrificio”.

    Al brigadiere Pietro Laganà, nato a Montebello Jonico, sono state intitolate: il Comando regionale della Guardia di Finanza di Catanzaro (Legione Taranto); le unità navali G79 prima e G116 dopo.
    A Saline Joniche, invece, il 1° dicembre 2007 è stata inaugurata una stele in sua memoria.
    Una lapide nell’ex caserma Teseo Tesi di Portoferraio ed un’altra unità navale della G. di F., sono state intitolate al brigadiere Francesco Mazzei.

    RD37 - www.lavocedelmarinaio.com - copia

    La sorte dei Rimorchiatori-Dragamine RD costruiti nel cantiere di Castellammare di Stabia
    RD 1 varato nel 1916, consegnato nel 1916, perso/radiato nel 1919;
    RD 2 varato nel 1916, consegnato nel 1916,Naufragato nelle acque antistante Ancona per condizioni di mare avverso nel 1919;
    RD 3 varato nel 1916, consegnato nel 1916, perso/radiato nel 1921;
    RD 4 varato nel 1916, consegnato nel 1916, affondato per attacco aereo il 29.01.1943 mentre effettuava il dragaggio del canale di Skerki.
    RD 5 varato nel 1916, consegnato nel 1917, perso/radiato nel 1921
    RD 6 varato nel 1916, consegnato nel 1917, consegnati alla Marina Jugoslava nel 1948;
    RD 15 varato nel 1916, consegnato nel 1917, perso/radiato nel 1921;
    RD 16 varato nel 1917, consegnato nel 1917, consegnato alla Marina Jugoslava nel 1948;
    RD 17 varato nel 1917, consegnato nel 1917, perduto dopo l’Armistizio 1943/1947;
    RD 18 varato nel 1917, consegnato nel 1917, affondato da aerei alleati il 6.5.43 mentre era in
    navigazione da Diserta per la Sicilia. Armato con personale della Guardia di Finanza;
    RD 19 varato nel 1917, consegnato nel 1917, perso/radiato nel1921;
    RD 20 varato nel 1917, consegnato nel, Perso/radiato nel 1956;
    RD 21 varato nel 1917, consegnato nel 1918,1948, consegnato alla Marina Jugoslava nel 1948;
    RD 22 varato nel 1917, consegnato nel 1918, affondato nel periodo di cobelligeranza il 25.10.43 per il brillamento di una mina magnetica mentre si accingeva ad iniziare il dragaggio;
    RD 23 varato nel 1918, consegnato nel 1918, affondato da aerei alleati il 5.5.43 mentre si trovava nel porto di La Goletta.
    RD 24 varato nel 1918, consegnato nel 1918, affondato per cattive condizioni di mare il 18.2.43 mentre navigava da Trapani diretto in Tunisia.
    RD 25 varato nel 1918, consegnato nel 1918, consegnato alla Marina Jugoslava nel 1948;
    RD 26 varato nel 1918, consegnato nel 1918, radiato/perso nel 1943/47;
    RD 31 varato nel 1918, consegnato nel 1919, intercettato, unitamente ai RR.DD. 36-37-39 ed altre unità minori il 20.1.43 da cacciatorpediniere inglesi a levante di Zuara mentre erano in navigazione da Tripoli diretti a Trapani. Il convoglio fu distrutto. Il RD 36 fu insignito con MOVM.
    RD 32 varato nel 1919, consegnato nel1919, radiato/perso nel 1956;
    RD 33 varato nel 1919, consegnato nel1919, si perse per sinistro marittimo il 22.1.43 nel golfo di Tunisi.
    RD 34 varato nel 1919, consegnato nel 1919, perso dopo l’8 settembre 1943;
    RD 35 varato nel 1919, consegnato nel 1920, perso dopo l’8 settembre 1943;
    RD 36 varato nel 1919, consegnato nel 1919, radiato/perso nel 1943/46;
    RD 37 varato nel 1919, consegnato nel 1920, radiato perso nel 1943/46.

    monumento al brigadiere Laganà - www.lavocedelmarinaio.com - copia

    Marino-Miccoli-2014-per-www.lavoce-delmarinaio.com_2Il 19 gennaio 1943, pochi minuti dopo la a mezzanotte, il Rimorchiatore-Dragamine R.D. 36 della Regia Guardia di Finanza – Mare comandato dal Maresciallo Aldo Tramonti, facente parte della flottiglia di 11 Unità comandata dal Tenente di vascello Giuseppe Di Bartolo fu affondato da due cacciatorpediniere inglesi a levante di Zuara (località situata sull’estremità occidentale della costa libica)  nel compimento di un gesto eroico che merita di essere ricordato.
    L’equipaggio di questo vetusto e piccolo dragamine costiero (dislocamento: t. 155; lunghezza: m. 35,35; larghezza: m. 5,80 armato di un unico cannone da 76/50 mm. e due mitragliere Colt), svolgeva il proprio dovere per proteggere il resto delle unità della flottiglia che stavano facendo rotta per la Sicilia. Il comandante Di Bartolo non esitò ad avventarsi contro due supercaccia britannici in procinto di attaccare il convoglio italiano, ben consapevole di avere di fronte unità inglesi veloci, molto ben armate e che sicuramente in poco tempo lo avrebbero disintegrato.
    In quell’azione non si salvò nessun componente dell’equipaggio della Regia Guardia di Finanza – Mare e analoga sorte toccò all’unità gemella “R.D. 37″.
    Sebbene anche le altre unità italiane furono affondate dal tiro micidiale e inesorabile dei cacciatorpediniere britannici, quell’azione di contrattacco consentì alle unità scortate di avvicinarsi alla costa africana e ai molti naufraghi di salvarsi, approdando sulla vicina spiaggia.
    Questi Eroi si sono sacrificati affinché le altre unità della propria flottiglia potessero trovare scampo manifestando quel coraggio e l’innato valore che i militari italiani hanno dimostrato di possedere durante l’ultimo conflitto mondiale.
    A seguito di questi fatti la Bandiera di Guerra del Regio Rimorchiatore-Dragamine “R.D. 36″ e il suo Equipaggio (che tengo a precisare erano Marinai col solino rigato di giallo) furono decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare.



    Regio-Rimorchiatore-Dragamine-www.lavocedelmanrinaio.com-foto-Marino-Miccoli
    L’EROICO EQUIPAGGIO DEL RIMORCHIATORE DRAGAMINE “R.D. 36”:
    • Maresciallo Oltramonti Aldo, Comandante;
    • Maresciallo Genna Vincenzo, Conduttore Macchine;
    • Brigadiere Laganà Pietro, Meccanico;
    • Sottobrigadiere Sanna Antonio, Nostromo;
    • Appuntato Salone Giuseppe, Fochista;

    
Regie Guardie di Finanza-Mare
    • Inzucchi Giuseppe, Cannoniere,
    • Di Sessa Costabile, Meccanico;
    • Coppola Vincenzo, Marò;
    • Balzano Domenico, Marò;
    • Rizzi Gaetano, Marò;
    • D’Aleo Giuseppe, Nocchiere;
    • Baccile Nino, Fochista;
    • Cavatorto Giovanni, Fochista,
    • Fusco Amato, Fochista;
    • Nuziale Francesco, Fochista.

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    Mario Pellegrini (Vignola (MO), 7.12.1880 – Modena, 2.4.1954)

    di Antonio Cimmino

    (Vignola (MO), 7.12.1880 – Modena, 2.4.1954)

    Mario Pellegrini, di Vincenzo e di Elisa Setti, nacque a Vignola di Modena il 7 dicembre 1880.
    Divenne Guardiamarina nel 1902 dopo il corso nell’Accademia Navale di Livorno. Come Tenente di vascello, durante la guerra italo-turca del 1911-12  fu imbarcato sull’incrociatore corazzato Francesco Ferruccio nave, progettata da Benedetto Brin,  caratterizzata dalla potenza di fuoco di una corazzata e da velocità e manovrabilità di un incrociatore. Durante la campagna di Libia, il 22 dicembre 1911, la nave partecipò alle operazioni di appoggio dei reparti che sbarcarono a Tobruch, nonché ai bombardamenti sulle coste dell’Asia Minore. Sempre il Ferruccio, unitamente alla nave gemella Giuseppe Garibaldi, il 24 febbraio 1912 affondò, al largo di Beirut, la cannoniera turca Avnillah.
    Scoppiato il primo conflitto mondiale il Tenente di Vascello Mario Pellegrini fu imbarcato, quale direttore di tiro sull’incrociatore protetto Libia armato con 2 cannoni da 152/50mm e 8 da 120/45 mm più 2 tubi lancia siluri da 450mm. L’unità era destinata alla Turchia, nel 1911 iniziato il conflitto, fu requisita nei cantieri navali di Genova dalla Regia Marina. Il Libia prese parte al combattimento contro l’incrociatore austro-ungarico Helgoland che, unitamente ad alcuni cacciatorpedinieri erano intenti a bombardare le coste pugliesi. (L’Helgodan, dopo la guerra fu consegnata all’Italia in conto danni di guerra e denominata Brindisi su cui fu imbarcato  come Capitano di vascello Mario Pellegrini).
    Come Comandante in seconda, sempre durante la guerra, Mario Pellegrini fu imbarcato sul regio cacciatorpediniere Corazziere, sull’ariete torpediniere Puglia e sull’esploratore.Cesare Rossarol.
    Nel mese di gennaio 1917 ebbe il comando della torpediniere 11 P.N. (costruita nei cantieri Pattison di Napoli), partecipando, nel successivo mese di ottobre, ad importanti missioni durante il ripiegamento della 3° Armata dall’Isonzo in occasione della dodicesima battaglia dell’Isonzo prima della disfatta di Caporetto. Per il suo comportamento  Pellegrini fu insignito di “Croce di Guerra al Valor Militare”.
    Mario Pellegrini cooperò con il Comandante Luigi Rizzo il 10 dicembre all’affondamento della nave austriaca Wien nella rada di Trieste, meritandosi una “Medaglia d’Argento al Valor Militare” con la seguente motivazione:
    ”Quale comandante di silurante dava prova di alte qualità militari e marinaresche, efficacemente cooperando alla riuscita di un’arditissima e difficile operazione di guerra nella munita rada di Trieste” (R.D. 22.12.1917).
    Nel mese di aprile del 1918 assunse del battaglione “Bafile” del reggimento “San Marco” operante sul Piave. Il 9 aprile infatti il Battaglio “Monfalcone” venne re-intitolato ad Andrea Bafile comandate del “Reggimento fanteria di marina San Marco” che il giorno 12 marzo cadde combattendo a Cortellazzo (Jesolo). Nel mese di maggio 1918 Mario Pellegrini fu promosso Capitano di corvetta.
    Subito si offrì volontario per effettuare una incursione, con uno speciale motoscafo denominato Grillo, nel porto di Pola per silurare una nave tipo Viribus Unitis. In questo porto stavano ormeggiate al sicuro quattro potenti “dreadnought” costruite nel biennio 1910-12: oltre alla Viribus Unitis, la Prinz Eugen, la Theghetoff e la Szent Isvan.


    Il Grillo, unitamente alla Pulce, Cavalletta e Locusta,  faceva parte della classe di quattro mezzi d’assalto, costruiti appositamente per penetrare nel porto di Pola difesa da cinque sbarramenti. I battelli o tank marini avevano ai lati due catene continue munite di ganci e ramponi azionate da pulegge come i cingoli di un carro armato. I cingoli erano azionati da un motore elettrico permettendo al mezzo di aggrapparsi alla rete di ostruzione e di scavalcarla.
    La notte del 14 maggio 1918, alcune unità della Regia Marina con mare ingrossato dal vento si diressero verso l’Istria. Alle ore 1,30 si fermarono ed un gruppo di siluranti si staccò dalla formazione dirigendosi verso Pola, fermandosi ad un miglio dalla diga che proteggeva il porto. Una silurante, quella del comandante Pellegrini,  alle ore 2,00 si diresse verso l’isola di San Gerolamo, un isolotto posto a sud-est dell’arcipelago delle isole Brioni presso il canale di Fasana. Scoperto mentre superava un primo sbarramento e fatto oggetto di nutrito fuoco di artiglieria sia da terra e sia dalle navi in rada, riuscì a raggiungere la quarta ostruzione. Qui gli si parò davanti una motovedetta austriaca e il C.C. Pellegrini fu costretto ad autoaffondare il  Grillo con tutti i siluri a bordo lanciando un segnale luminoso:” Distruggo la mia imbarcazione, ogni soccorso è inutile”. Fu fatto prigioniero unitamente ai tre uomini dell’equipaggio: 2° Capo torpediniere Antonio Milani, Fuochista Giuseppe Corrias e Sottonocchiere  Francesco Angelino; quest’ultimo, a causa da colpo i cannone di piccolo calibro,  subì l’amputazione dell’avambraccio sinistro e ferite alla gamba sinistra ed al capo. Tutti furono decorati successivamente con Medaglie d’Oro al Valor Militare con la stessa motivazione del loro comandante.
    Il convoglio delle navi italiane allora, all’alba del 15 maggio,  virò  di bordo e si diresse verso la base di partenza. Il Grillo fu successivamente recuperato dagli austriaci che lo copiarono costruendone un altro simile denominato Barrikadenkletterboot, ossia Barchino arrampicatore di sbarramenti. La guerra, ormai stava per terminare ed il loro progetto si arenò. I marinai italiani furono fatti prigionieri e ritornarono in Italia a novembre dello stesso anno a guerra finita. Per questa azione Mario Pellegrini fu promosso Capitano di fregata e gli fu concessa una Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Con sublime spirito di sacrificio e supremo disprezzo di ogni pericolo, si offriva volontario al comando di un motoscafo destinato a forzare il porto di Pola. Con meravigliosa audacia e salda volontà, affrontando intrepido mortali pericoli, penetrava nel porto nemico, mirabile esempio di ogni militare virtù”.

    Tornato in Patria assunse il comando di una squadriglia di cacciatorpediniere  e successivamente dell’esploratore Premuda, poi comandante dei Marina a Zara. Promosso Capitano di vascello, nel mese di marzo 1925, rivestì il compito di Capo di S.M. del Comando in Capo del Dipartimento R.M. di Taranto, poi di quello di La Spezia e comandò le navi Cavour e Brindisi. In ausiliaria, a domanda, dal dicembre del 1928, fu promosso Contrammiraglio nel luglio del 1932 e Ammiraglio di divisione nella riserva nel dicembre del 1936.
    Morì a Modena il 2 aprile 1954.