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    Salvatore Scilanga (23.2.1969 – 10.4.2020)

    di Antonio Paparo e Stefano Pugliese

    (23.2.1969 – 10.4.2020)

    Ciao Salvatore,
    sarò nell’aria che respirerai, 
    nel vento dei ricordi che rimembrerai,
    nei sorrisi che accennerai
    Ti guiderò nei passi della tua esistenza
    donandoti l’amore di cui avrai bisogno,
    e quando penserai che me ne sia andato,
    io avrò trovato la vita per l’eternità.

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo.

    A Salvatore Scilanga
    di Stefano Pugliese (29.1.2022 ore 20.41)

    Nella Vita quotidiana, se tale possa definirsi…dopo un tale/straziante DOLORE; potrebbe sembrare che ci siamo dimenticati della tua forzata assenza.
    In realtà spesso ci soffermiamo, con lo sguardo verso il vuoto e il cuore spaccato da un destino crudele. Ci soffermiamo dalla vergogna verso il tuo IMMENSO AMORE, quando si festeggia in compagnia, quando il divertimento ed una risata prende il sopravvento, quando regaliamo un abbraccio ai nostri cari, quando cerchiamo di remare verso la normalità…in questi precisi frammenti di tempo un brivido attraversa la nostra coscienza che lascia intuire la TUA insostituibile mancanza.
    Sono ormai passati molti mesi, e tra una festa di compleanno, una laurea, una qualsiasi festività nella quale cerchiamo di tornare a sorridere lo facciamo con la consapevolezza che SEI tra di noi, in una lampadina che sbarbella, in un cinguettio, in una fuoco che arde con colori di pace e amore, in una folata di vento fresco d’estate e calda d’inverno…e quindi se avvolte siamo distratti dai nostri pensieri, dalla nostra fame di costruire, dal nostro senso di insoddisfazione…PERDONACI, nel rendercene conto, il nostro pensiero va a TE… spesso ci rendiamo conto di dare importanza a problemi futili, togliendo il saluto al nostro sangue e sorridendo ai nostri nemici, eppure continuiamo a sbagliare per orgoglio. Solo TU riusciVI a colmare l’odio e la cattiveria con la TUA saggezza, il TUO amore, il TUO sorriso.
    Il TUO sostegno semplice e pulito per chiunque ha reso la tua immensità in luce che brilla in noi e ci da forza nei momenti di sconforto. Grazie per tutto ciò che hai fatto per noi, veglia sui tuoi cari come hai sempre fatto in Vita. Manchi talmente tanto da NON accettare la tua assenza.
    Che TU possa sempre guidarci.
    29.01.2022

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    10.4.1937, radiazione del regio sommergibile Lazzaro Mocenigo

    a cura Carlo Di Nitto

    Il regio sommergibile “Mocenigo (1°)” apparteneva alla classe “Micca”.
    Impostato a guerra iniziata tra il 1915 ed il 1916, era stata concepito come una classe di battelli di grande dislocamento capaci di operare in tutto il Mediterraneo e per lunghi periodi. Tuttavia a causa di esigenze belliche tese a favorire i mezzi di superficie, la costruzione procedette molto lentamente tanto che soltanto una unità riuscì a partecipare ad azioni belliche.
    Questa classe di sommergibili non fu molto indovinata essendo i suoi battelli soggetti a frequenti avarie. Inoltre dal 1923 gli scafi furono radicalmente modificati nelle strutture prodiere al fine di migliorarne la navigazione in superficie.
    Il “Mocenigo (1°)”, costruito nei cantieri del Regio Arsenale di La Spezia, era stato impostato nel febbraio 1916. Varato il 26 luglio 1919, entrò in servizio il 16 agosto successivo. Dislocava 842 tonnellate in emersione e 1244 tonnellate in immersione.
    Svolse prevalentemente attività e crociere addestrative anche per gli allievi dell’Accademia Navale.
    Venne radiato il 10 aprile 1937.
    Ebbe due motti: “Semper paratus” e “Emergit vigliante leone”.

    Nella foto il battello è ripreso con la struttura prodiera e la falsa torre modificate dopo il 1923.

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    10.4.2017, in ricordo di Maurizio Papa

    di Gianfranco Iannetta (*)

    Ciao Maurizio,
    sono già trascorsi sette anni dalla tua dipartita. Anche se molti non ti conoscevano, mi sento di ribadire a nome di tutta la grande famiglia dei Marinai, che occuperai per sempre un posto speciale nei nostri cuori.
    Anche se la tua vita non è stata lunga l’hai sicuramente vissuta intensamente e fuori dal comune, una vita straordinaria come la tua fine terrena, tra cielo e mare, tra i sogni e i ricordi indelebili, tracciati nell’onda, lungo la scia, fra i flutti. Un abbraccio grande, profondo e trasparente, a te e ai tuoi cari, come quel mare che ci portiamo dentro e che nessuno mai potrà inquinarci.
    Adesso che sei salpato per l’ultima missione, risposa in pace, nel grande mare di Nostro Signore.


    (*)  per conoscere glia tri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    10.4.1943, La Maddalena e il cimitero dei Marinai della Regia Marina

    di Giovanni Presutti (*)

    Questo racconto tratto dal mio libro “Dai monti al mare tra i loro segreti incanti” è dedicato all’ammiraglio Carlo Bergamini, ai Marinai della regia corazzate Roma e del regio incrociatore Trieste, ai Marinai che non fecero rientro alla base e al Capo di 1^ classe “scelto” Carmine Trigilio (superstite della regia nave Roma).
    Per gentile concessione a www.lavocedelmarinaio.com (vietata ogni duplicazione di immagini e dello scritto, anche parziale, senza la necessaria autorizzazione).

    Il cimitero, che da uno dei rilievi più alti dell’isola accoglie tutti i venti dell’arcipelago, potrebbe essere definito il “cimitero dei marinai”. In esso hanno trovato sepoltura non soltanto i marinai locali ma di ogni parte d’Italia, deceduti in quest’isola o nelle sue acque. E quello della Maddalena é sempre stato un popolo di marinai.
    La natura già da millenni aveva concepito l’arcipelago, oggi invidiato da mezzo mondo, bello e seducente. Mi piace pensare per questo, molti morti del regio incrociatore pesante Trieste, affondato il 10 aprile 1943 nelle acque tra Palau e La Maddalena, finirono galleggiando col vento di ponente sui nostri scogli di Padule e Nido d’Aquila: vollero tornare a bordo di quest’isola.nave, per udire ancora l’urlo del maestrale e del mare in perpetuo con quell’alto cimitero dei marinai. Camposanto che, a guisa di sentinella delle acque dell’Arcipelago, respira i venti che impregnati di “scavicciu” (elicriso), di lentisco, d’erica in fiore e di gioiose ginestre, portano fin lassù il sapore della salsedine. La notte sembra unire i marinai isolani, periti in mari lontani, a quelli morti sulle nostre navi da guerra in queste acque e rimasti senza un fiore in fondo al mare. Ora, da morti, tutti presenti, tornano a navigare in eterno a bordo di questa nave che la natura ha incastonato tra le scogliere granitiche del mare di Sardegna.
    Così, ogni sera quando il frastuono dei vivi cessa, pare udirsi ancora dal megafono di bordo la voce del comandante: Prora, salpa! Poppa molla!, mentre il nostromo incalza nelle svelte manovre di disormeggio.
    Allora, sembra vedersi srotolare nel cielo delle Bocche di Bonifacio, la dolorosa pergamena con le toccanti parole dell’ammiraglio Carlo Bergamini ai suoi marinai, quando dovette partire da La Spezia per consegnare la sua flotta agli Alleati. Ma, fedele al giuramento fatto alla Patria, deviò invece per La Maddalena, trovando la morte con 1254 uomini a bordo della regia corazzata Roma, colpita da aerei tedeschi e colata a picco nelle acque dell’Asinara.

    Cosicché, al tramonto, quando di solito certi fenomeni atmosferici si placano, con la bonaccia, nelle acque dell’affondamento pare percepirsi l’incessante riecheggiare della parte finale di quel proclama:
    “ …ciò che conta nella storia dei popoli, non sono i sogni e le speranze e le negazioni della realtà, ma la coscienza del dovere compiuto fino in fondo, costi quel che costi”.
    E i gabbiani candidi, leggeri e alti nel cielo, cessano i loro acuti gridi per dare risalto a queste parole che si affidano a tutti i venti del quadrante per essere ripetute in perpetuo. Solidale con i gabbiani, le imbarcazioni a vela a decine silenziosamente sciamano dalle isole minori dell’arcipelago per far ritorno alla Maddalena.
    Isola superba e ammaliatrice, ha sviluppato e trafitto di dolcezza il cuore di tutti i marinai che vi hanno posto piede. Basta una sferzata di vento, un odore di mirto o di rosmarino selvatico, perché si ritrovino tutti con gli occhi lucidi di commozione, che rispecchiano le straordinarie trasparenze di questo mare e i delicati riflessi dorati quasi metallici di alcune calette di sabbia rosa.
    Quasi ogni giorno al vespero, un maddalenino, militare o borghese, pianta una nuova croce in quell’aereo cimitero e mentalmente ripete commosso le suggestive note del silenzio fuori ordinanza, mentre il vento porta fin lassù il fischio del nocchiere che annuncia l’ammainabandiera in tutti gli edifici militari dell’Isola.
    Al tramonto, sulle navi in navigazione, raccolta la bandiera tra le braccia di un marinaio, il più giovane ufficiale legge la Preghiera del Marinaio, la cui parte finale, nel pensiero di ognuno di bordo, viene affidata all’amico vento per essere trasportata alla famiglia di ciascuno di loro:
    “… Benedici, o Signore, le nostre case lontane, le care genti. Benedici nella cadente notte il riposo del popolo, benedici noi che per esso vegliamo in armi sul mare!” .
    Ma domani è un nuovo giorno ed é bello porgere l’orecchio al vento che, dopo il fischio dell’alzabandiera, reca le toccanti note dell’inno dei sommergibilisti. E nell’isola riprende la vita di sempre, mentre i forti venti tornano alla loro consueta, incessante opera di scolpire nel tempo i macigni dell’arcipelago in fantasmagoriche figure.

    Tratto dal libro Dai Monti al Mare tra i loro segreti incanti di Giovanni Presutti (Longo S.p.A Bolzano maggio 2016).
    Il libro è un tributo d’amore al paese d’origine dell’autore, Campo di Giove, “Cuore Verde d’Abruzzo” e a quello in cui vive da diversi decenni, La Maddalena, splendida isola del mare di Sardegna
    Testi e foto di Giovanni Presutti per gentile concessione a www.lavocedelmarinaio.com (diritti riservati dell’autore).

    (*) Giovanni Presutti, nato a Campo di Giove, vi trascorre la prima giovinezza fino ai venti anni quando si arruola nella Marina Militare con la specializzazione di segretario.
    Ogni anno in agosto ritorna per un breve periodo alla sua casa paterna.
    Nel corso di circa quarant’anni di servizio , tra diverse destinazioni a terra e imbarchi, approda nell’isola sarda di La Maddalena, dove crea la sua nuova famiglia e vi risiede.
    In Marina frequenta corsi professionali negli Istituti militari, uno a Venezia e due a La Maddalena. Raggiunge il massimo grado di sottufficiale.
    Dedica il suo tempo libero all’approfondimento culturale e all’innata passione per le lettere. Diviene giornalista pubblicista. Ha collaborato per due anni alla pagina culturale del quotidiano “L’Isola” e a diverse riviste specializzate con articoli di critica artistica e letteraria. E’ inserito su svariate antologie e su alcuni libri di scrittori delle epopee garibaldine, del brigantaggio postunitario e di specifici episodi della Seconda Guerra Mondiale. Ha pubblicato quattordici libri. E’ Membro dell’Istituto Internazionale di Studi “G. Garibaldi”, sezione regionale Sardegna. Ha ottenuto diversi riconoscimenti e lusinghiere citazioni su quotidiani, riviste e libri. E’ stato nominato Accademico di Merito “ad honorem” dal “Centro Cultural, Literario, e Artistico” de “O Jornal de Felgueiras” (Portogallo). Nominato Accademico di Merito per meriti acquisiti nel campo delle lettere, dall’Accademia Culturale d’Europa, sezione italiana di Viterbo.

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    Salvatore Pelosi (Montella, 10.4.1906 – Terranova di Sibari, 21.10.1974)

    di  Ottaviano De Biase

    (Montella, 10.4.1906 – Terranova di Sibari, 21.10.1974)

    Salvatore Alfonso Nicola Pelosi, di Silvio e Adelina Giannetti, nasce a Montella (AV) il 10 aprile 1906. Dopo le elementari e gli studi classici, nel 1921 entra in Accademia Navale di Livorno. Nel 1926 consegue la nomina a Guardiamarina e imbarca sulla nave da battaglia Caio Duilio. Nel 1928 passa sull’incrociatore Libia e parte per una missione in Estremo Oriente. Tra il 1928 e il 1930 lo ritroviamo prima a Tientsin, in Cina, presso il Distaccamento della nostra Marina, e poi presso un reparto del Battaglione San Marco dislocato a Chinhgwantau.
    Nel 1930 rientra in Italia e partecipa al Corso Superiore presso l’Accademia Navale di Livorno, ove consegue la specializzazione di Direzione di Tiro. Al termine viene promosso Tenente di Vascello ed imbarca sul cacciatorpediniere Bettino Ricasoli e poi sull’esploratore Pantera con l’incarico di Direttore di Tiro di bordo; prosegue infine sull’incrociatore Bolzano ove gli si affida l’incarico di Ufficiale di Rotta.
    Nel 1933 lo ritroviamo a Pola dove familiarizza con i Sommergibili lì destinati e dove s’incontra frequentemente con il suo conterraneo questore Giovanni Palatucci (Montella, 31 maggio 1909 – Dachau, 10 febbraio 1945). Stesso anno imbarca sull’incrociatore Gorizia a bordo del quale, tra l’ottobre 1935 e il maggio 1936, prende parte al conflitto Italo-Etiopico. Tra il 1936-1938 è di nuovo in Italia per assumere il Comando di una Squadriglia di Mas in Sicilia e poi per partecipare alla guerra civile spagnola, al comando di una torpediniera. Nel 1937 arriva ad Addis Abeba, a Dessié, sul Lago Haik. Nel 1938 viene promosso Capitano di Corvetta. Nell’aprile del 1939 prende il Comando del sommergibile Torricelli, della 41,ma Squadriglia Sommergibili: destinazione, Africa Orientale, con sede a Massaua fin dal 1935, ove partecipa a varie ed eroiche missioni di guerra. Ed è là, racconto in un libro a lui dedicato, che il 23 giugno 1940, al comando del Torricelli, si scontra con le forze navali inglesi: zona di operazione, Mar Rosso, Golfo di Perin, conclusosi con l’affondamento di alcune navi inglesi e dello stesso Torricelli.
    Un gesto di alto eroismo riconosciuto dagli stessi avversari i quali gli concedono gli Onori delle Armi e il plauso degli stessi ammiragli comandanti presenti a Massaua.
    Segue, in stato di prigionia, assieme ai restanti suoi uomini, a bordo del Piroscafo Takliva, per l’India, ove viene rinchiuso nei campi dapprima di Ahmadnagar, presso Bombay, e poi in quelli di Ramgarh, nell’India Meridionale.

    Nel 1945 che rientra in Italia gli sono conferiti i gradi di Capitano di Fregata, con data retroattiva dal 1942. Seguono il conferimento della M. O. V. M., e la nomina a Capo di Stato Maggiore del Comando Sommergibili; il 21 luglio, conduce all’altare Francesca Paola Tripodo. Il figlio Giancarlo nasce a Messina il 12.11.1947.
    Nel 1948 assume il comando del cacciatorpediniere Alfredo Oriani ed è promosso Capitano di Vascello. Dal 1948 al 1949 frequenta l’Istituto di Guerra Marittima. Dal 1949 al 1951 assume dapprima il Comando della Marina Militare Italiana in Somalia e subito dopo quella di Capo di Stato Maggiore presso il Comando in Capo del Basso Tirreno. Dal 1951 al 1953 assume il Comando delle Forze Navali Costiere. Segue, nel 1953, sull’incrociatore Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, su cui ricopre l’incarico di Capo di Stato Maggiore della 2^ Divisione Navale.
    Dal luglio 1954 è Capo di Stato Maggiore del Comando Militare Marittimo Autonomo in Sicilia. Il 1 gennaio 1957 è promosso Contrammiraglio; dopodiché, frequentato il Centro Alti Studi Militari, assume l’incarico di Ispettore delle Scuole CEMM di La Maddalena e di Presidente della Commissione Ordinaria di Avanzamento con sede a Roma. Nel maggio 1961 viene promosso Ammiraglio di Divisione ed assume il Comando del Gruppo Dragamine. Dal 1962 al 1963 è alla guida del Comando Militare Marittimo Autonomo in Sicilia, con sede a Messina. Nel 1964 è promosso Ammiraglio di Squadra; con tale grado ricopre la carica di Comandante in Capo del Dipartimento Militare Marittimo dello Jonio e Canale d’Otranto, ricoprendo anche dall’ottobre 1967 la carica di Presidente del Consiglio Superiore delle FF. AA., Sezione Marina.

    Dall’Ottobre 1967 ad aprile 1969 è Presidente (Sezione Marina) del Consiglio Superiore delle FF. AA.
    L’11 aprile 1969 è collocato in ausiliaria per limiti di età. Dal 1969 al 1974 copre la carica di Presidente dei Cantieri Navali di Taranto (Gruppo Fincantieri).
    La sera del 21 ottobre 1974, al termine di un fine settimana in famiglia, lascia Messina e alla guida della sua auto parte alla volta di Taranto, dove, alle otto del mattino, era atteso da una importante riunione di lavoro: muore sulla statale ionica, al seguito di un incidente automobilistico, nei pressi di Terranova da Sibari.


    Le tre foto: riceve la visita del generale Eisenhower, consegna a Bari della bandiera di guerra del nuovo Torricelli, attuale sommergibile Salvatore Pelosi.