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    Enzo Ghiandi (Piombino, 19.2.1919 – Castellammare di Stabia, 20.3.1991)

    di Antonio Cimmino

    Banca della memoria - www.lavocedelmarinaio.com

    (Piombino, 19.2.1919 – Castellammare di Stabia, 20.3.1991)

    Enzo Ghiandi - www.lavocedelmarinaio.com


Enzo Ghiandi, 2° Capo cannoniere armiere, matricola 70111, nacque a Piombino il 19 febbraio 1919. La sua famiglia si trasferì a Castellammare di Stabia quando aveva cinque anni.
    Partì per il militare e si trovò coinvolto nello scoppio della guerra. Dopo l’imbarco sulla regia corazzata Littorio, poi Italia, fu destinato sul regio incrociatore Scipione l’Africano.
    Dopo l’Armistizio fu inquadrato come “Guastatore nel Reggimento San Marco – battaglione Grado” al comando del Corpo Italiano di Liberazione cobelligerante con la V Armata Alleata fino all’8 maggio 1945.
    Fu mutilato ad un gamba causa di una mina.
    Salpò da Castellammare di Stabia, per l’ultima missione, il 20/03/1991.
    Al termine del conflitto gli furono riconosciuti distintivi e nastrini relativi alle campagne di guerra 1940-41-42-43-44-45 e il Certificate of Merit del Supreme Allied Commander Mediterranean Theatre.
    Si cercano ulteriori notizie/fotografie di commilitoni e conoscenti da inserire sulla “Banca della Memoria” e far recapitare alla famiglia.
    
Per non dimenticare mai.


    Regia nave Littorio - Italia - www.lavocedelmarinaio.com

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    Tonio Marasciulo (Monopoli, 25.10.1954 – Mesagne, 20.3.1974)

    di Nicolò Meo

    (Monopoli, 25.10.1954 – Mesagne, 20.3.1974)

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Buonasera Ezio,
    ti invio diverse foto relative al marinaio Tonio Marasciulo, nato a Monopoli il 25/10/1954, deceduto il 20/03/1974 in servizio a Mesagne  in un incidente stradale tra l’autocolonna del Battaglio San Marco ed un pullman che trasportava operai della Montecatini… aveva solo 19 anni!

    Scegli tu quelle da inserire per ricordarlo nella Banca della Memoria.

    Ti dico solo che ho conosciuto pochissime persone come Tonio, così socievole, sorridente, altruista, lavoratore,  compagnone, corretto, educato, mai dico mai una sola parola fuori posto, e non sono le solite cose che si dicono quando una persona  ci lascia…

    Al buon esempio che diamo, che si dà, mai si deve pretendere di ricevere qualcosa per tornaconti personali.

    A Dio, prima di tutto, perché e Lui che ci ha fatto dono, attraverso i primi suoi due Comandamenti, di questa immensa Cristiana Verità.

    I marinai di una volta siamo più che amici e, per questo, ci cerchiamo e ci chiamiamo ancora Frà, nel bene e nella cattiva sorte … proprio come i Discepoli di Cristo.

    Grazie. Un abbraccio.

  • Emigrante di poppa,  Il mare nelle canzoni,  Per Grazia Ricevuta,  Recensioni

    Giorgio Brancatelli, era mio padre

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    tratto da Emigrante di poppa (diritti riservati)

    L’ultima partita di campionato mi riservò gioia e dolore. La gioia per aver segnato il primo gol della mia vita in un torneo ufficiale. I compagni mi sostennero, mi abbracciarono, gioivano per “Ricciolino” che finalmente aveva segnato un gol. In quella partita ricevetti un calcio al volto, più esattamente nella guancia destra, dove ancora oggi porto una cicatrice che sembra avermi scolpito, quando rido, una fossetta. Ma non fu il vero dolore, per me che aspettavo la fine dell’incontro di calcio per rientrare a casa e dare la bella notizia ai miei familiari. Ma l’uscio era spalancato. La casa piena di vicini con aria mesta, triste e sconsolata. Le donne piangevano, percepivo le voci dei vicini che esclamavano:
    – “Ecco è arrivato il figlio, povero bambino”.
    Capii. Corsi verso la ringhiera del balcone per nascondere le lacrime, mi accartocciai su me stesso in posizione fetale per covare il dolore. Piangevo, singhiozzavo e mi soffiavo ripetutamente il naso. Se ne era andato troppo in fretta: non avevo fatto a comunicargli che suo figlio aveva fatto finalmente “goal”, che aveva vinto qualcosa di importante e che adesso l’avrebbe fatto felice anche studiando la musica.
    Giorno triste, per quel bambino che si apprestava a diventare ragazzo. Senza un fratello, senza un confidente.
    Nell’immediatezza non ebbi il coraggio di guardare mio padre sul letto di morte. Volevo ricordarlo da vivo, mi parve. Solo l’insistenza di parenti e conoscenti mi convinsero a vederlo prima che fosse chiuso nella sua povera bara di legno di ebano liscio lucidato. Giaceva fermo e rigido sul talamo nuziale al centro della stanza con due enormi candelabri ai piedi del letto, una coroncina del rosario fra le mani e l’immaginetta di San Giorgio, il suo santo protettore, adagiata su quell’esile corpo ridotto a pelle ed ossa.
    La messa ed il funerale furono maggiormente strazianti. Il dolore di mia madre, la disperazione delle mie sorelle, specialmente di mia sorella Angela, ricordo; e l’interminabile omelia funebre del sacerdote che, pur esaltando i pregi in vita di mio padre, non esitò a dire che la vita, seppur nel dolore, continua. Continua un corno, pensavo io.
    Il rientro a scuola fu ancora piú difficile per Ricciolino, anche se erano gli ultimi giorni di lezioni. Alla vista dei compagni scoppiai in lacrime. Avvertivo come un senso di vergogna. L’insegnante di matematica, la professoressa Sozzi, mi venne subito incontro, il suo alunno prediletto aveva perso il genitore: l’unico della classe con tale lutto. Lei non era sposata ma ci sapeva fare con i ragazzi. Aveva modi spiccioli, decisi e atteggiamenti quasi maschili. Mi disse di non piangere e di comportarmi da uomo. In effetti non aveva torto.
    Il bambino che era in me, invece di diventare ragazzo, divenne uomo. Tra poco iniziavano le vacanze estive e si ritornava a Castelmola.
    Ma di quell’estate non ricordo nulla!

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    Vittorio Marulli (Roma, 16.9.1922 – Roma, 19.3.2000)

    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Roma, 16.9.1922 – Roma, 19.3.2000)


    Nato a Roma il 16 settembre 1922 nobile dei conti Marulli, nobile di Barletta, entrato nell’Accademia navale di Livorno nel 1939, ne è uscito nel febbraio 1942 col grado di guardiamarina.
    Nel corso della seconda guerra mondiale ha prestato servizio sulla nave da battaglia Vittorio Veneto quale ufficiale sottordine è successivamente sulla torpediniera Orsa quale direttore del tiro.
    Tra il 1966 e il 1969 ha diretto l’allestimento dell’incrociatore lanciamissili Vittorio Veneto, di cui è stato, con il grado di capitano di vascello, il primo comandante, mantenendone il comando fino al 1970 al termine della crociera addestrativa tenutasi fra il 25 aprile e il 23 agosto 1970 in nord Atlantico, toccando diversi porti americani ed europei ed effettuata dopo un anno dall’entrata in servizio e di messa a punto. Successivamente ha ricoperto fino al 1972 l’incarico di Capo Ufficio Operazioni del 30º Reparto dello Stato Maggiore Marina.
    Promosso contrammiraglio nel dicembre 1972, venne assegnato allo Stato Maggiore Difesa quale Capo Ufficio del Capo di Stato Maggiore. Tra aprile 1975 e settembre 1976 ha ricoperto la carica di Capo di Stato Maggiore del Comando in Capo della Squadra Navale e del Mediterraneo Centrale; l’anno seguente, con il grado di ammiraglio di divisione ha comandato la I Divisione navale e dal novembre 1977 al dicembre 1978 ha ricoperto la carica di Ispettore per l’allestimento delle unità di nuova costruzione presso lo Stato Maggiore della Marina.
    Promosso ammiraglio di squadra, dal dicembre 1978 al settembre 1980 ha ricoperto l’incarico di Comandante in Capo del Dipartimento Militare Marittimo dello Jonio e del Canale d’Otranto e, dal 28 settembre 1980 al 15 settembre 1981, quello di Presidente del Centro Alti Studi per la Difesa. Dal settembre 1981 al gennaio 1984 è stato Comandante in Capo della Squadra Navale e del Mediterraneo Centrale, e dal 7 febbraio 1984 al 15 ottobre 1985 Capo di Stato Maggiore della Marina.
    In questo incarico ha svolto un ruolo particolarmente rilevante nel sostenere e promuovere un’azione determinante per la costituzione della componente ad ala fissa dell’Aviazione Navale ed è stato sotto la sua direzione e sotto il suo costante stimolo che l’argomento è stato portato all’attenzione delle autorità politiche, sino a sfociare in un disegno di legge governativo. Il 20 dicembre 1984, mentre il nuovo incrociatore portaeromobili Garibaldi era ancora in allestimento nel cantiere di Monfalcone venne presentato, su sollecitazione da parte dell’ammiraglio Vittorio Marulli il disegno di legge n. 1083 con cui veniva richiesta l’istituzione dell’Aviazione Navale della Marina. La proposta firmata da 19 senatori venne presentata all’allora Presidente del Senato Cossiga aveva come primo firmatario il senatore democristiano, nonché ammiraglio in congedo Severino Fallucchi e il 26 gennaio 1989, fu approvata la proposta di legge 2645, come legge 36, che autorizzava la Marina Militare a dotarsi di velivoli ad ala fissa.
    Sempre in veste di Capo di Stato Maggiore della Marina, ha autorizzato il capitano di fregata Francesco Cossiga ad accettare l’incarico di Capo dello Stato Repubblica Italiana, autorizzazione che gli Ufficiali della Marina Militare per tradizione chiedono prima di assumere cariche pubbliche.
    L’ammiraglio Marulli è stato insignito di due Croci al merito di guerra e dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e Con Real Decreto numero 2076/1984, gli è stata conferita dal Re di Spagna la Gran Croce con decorazione bianca dell’Ordine del Merito Navale.
    L’ammiraglio Vittorio Marulli è morto a Roma il 19 marzo 2000.

    Onorificenze
    Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana — 28 febbraio 1984
    Croce al merito di guerra (2 volte) – nastrino per uniforme ordinaria Croce al merito di guerra (2 volte)
    Gran Croce con decorazione bianca dell’Ordine del Merito Navale – nastrino per uniforme ordinaria Gran Croce con decorazione bianca dell’Ordine del Merito Navale — 1984

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    Riccardo Paladini (Montopoli in Val d’Arno (Pisa), 12.9.1879 – Livorno, 19.3.1943)

    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Montopoli in Val d’Arno (Pisa), 12.9.1879 – Livorno, 19.3.1943)


    Nacque a Montopoli in Val d’Arno, provincia di Pisa, il 12 settembre 1879 e fu ammesso a frequentare la Regia Accademia Navale di Livorno nel 1893 uscendone, cinque anni dopo, col grado di Guardiamarina. Negli anni successivi prestò servizio sul regio incrociatore Amerigo Vespucci, sulla regia corazzata Enrico Dandolo e nel 1908-1909 sul regio incrociatore protetto Ettore Fieramosca, dislocato in acque sudamericane.
    Nel 1911-1912 partecipò alla guerra italo-turca col grado di tenente di vascello, inizialmente imbarcato sull’ariete torpediniere Piemonte ed in seguito come Comandante in seconda del regio cacciatorpediniere Espero.
    Durante la prima guerra mondiale comandò inizialmente alcune torpediniere; nel 1917 fu promosso Capitano di corvetta e comandò in successione le regie navi Ostro, Euro e Rosolino Pilo, ricevendo una Croce di guerra al valor militare ed una Croce al merito di guerra. Terminato il conflitto, fu comandante militare marittimo dell’isola di Lussino tra il 1919 ed il 1920.
    Dopo la promozione a Capitano di fregata nel 1920, fu nel 1923-1924 comandante della difesa militare marittima di Gaeta e nel 1924-1925 comandante della Flottiglia MAS Mobile; tra il 1925 ed il 1926 comandò l’esploratore Leone, e nel 1926 fu promosso Capitano di vascello. Tra il 1927 ed il 1929 fu capo divisione ufficiali al Ministero della Marina, poi comandò il II Gruppo Esploratori dal 1929 al 1932, con bandiera sull’esploratore Antonio da Noli. Divenne poi comandante in seconda dell’Accademia Navale di Livorno dal 2 marzo 1932 al 31 agosto 1933; nel 1933 fu promosso a Contrammiraglio e nominato segretario del Consiglio Superiore della Marina.
    Dal 1º novembre 1934 all’11 gennaio 1936 comandò l’Accademia Navale, ritornando a Livorno, periodo durante il quale fu promosso, nel 1935, ad Ammiraglio di divisione. Per alcuni mesi comandò in successione la I Divisione Navale (dal gennaio 1936 con insegna sulla regia nave Gorizia) e poi la III Divisione Navale (dal 1º ottobre 1936 al 21 gennaio 1937, con insegna sulla regia nave Trento); nel 1937-1938 resse il Comando Militare Marittimo Autonomo della Sicilia e poi (dopo la promozione ad Ammiraglio di squadra) fu comandante a Taranto del Dipartimento Militare Marittimo dello Ionio e del Canale d’Otranto dal 7 giugno 1938. Il 16 agosto 1939 divenne comandante della 2ª Squadra Navale, composta dagli incrociatori pesanti della I e III Divisione e dagli incrociatori leggeri della VII Divisione, con bandiera sulla regia nave Pola.
    Partecipò il 9 luglio 1940 alla battaglia di Punta Stilo. La sua partecipazione attiva al conflitto terminò bruscamente dopo solo un mese e mezzo: il 25 luglio 1940, infatti, fu colpito da angina pectoris e dovette essere sbarcato, cedendo il comando della 2ª Squadra all’ammiraglio Angelo Iachino. Nel settembre 1940 tornò a comandare l’Accademia Navale di Livorno; durante questo periodo, nel 1942, fu promosso ad Ammiraglio di squadra designato d’armata. Il 12 settembre 1942 fu posto in ausiliaria per limiti di età ma immediatamente richiamato in servizio, sempre come comandante dell’Accademia Navale; nel gennaio 1943 venne promosso ad Ammiraglio d’armata.
    E’ deceduto a Livorno il 19 marzo 1943, per problemi cardiaci.

    Onorificenze
    –  
    Ufficiale dell’Ordine militare di Savoia – nastrino per uniforme ordinaria Ufficiale dell’Ordine militare di Savoia— Regio Decreto 12 gennaio 1942;
    – Croce di guerra al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Croce di guerra al valor militare con la seguente motivazione: «Comandante di cacciatorpediniere, attaccava con pronta e ardita manovra un sommergibile nemico facendolo desistere da successivi attacchi contro piroscafi che si trovavano nelle vicinanze, e riusciva a danneggiarlo. Capo Vaticano, 9 dicembre 1917»;
    – Croce al merito di guerra – nastrino per uniforme ordinaria Croce al merito di guerra;
    – Grand’Ufficiale dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro – nastrino per uniforme ordinaria Grand’Ufficiale dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro;
    – Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Corona d’Italia – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Corona d’Italia;
    – Commendatore dell’Ordine coloniale della Stella d’Italia – nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell’Ordine coloniale della Stella d’Italia.

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    Mario Giorgini (Massa, 19.3.1900 – Firenze, 23.1.1977)

    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Massa, 19.3.1900 – Firenze, 23.1.1977)

    Mario Giorgini nacque a Massa il  19 marzo 1900 da Vittorio Giorgini e Florence Rochat. Entrato all’Accademia Navale di Livorno nel 1914, venne nominato Guardiamarina nel 1920; fu promosso Capitano di Corvetta nel 1934, Capitano di Vascello nel 1946, Contrammiraglio nel 1950, Ammiraglio di Squadra nel 1959.
    Il 24 febbraio 1940, sostituendo il collega Paolo Aloisi, fu nominato comandante della I Flottiglia MAS, per un breve tempo denominata Flottiglia MAS Speciale. Dopo il trasferimento del reparto a Bocca di Serchio, nella Casina di Caccia della tenuta Salviati, il comando aveva deciso il cambio di guardia fra il tecnico Paolo Aloisi e l’organizzatore Mario Giorgini; questo cambio avvenne il 24 febbraio 1940.
    Nel maggio 1940, sul Ametista vennero imbracati in coperta tre maiali; scopo della missione il forzamento della base navale di La Spezia, obiettivo l’incrociatore Quarto ancorato all’interno delle ostruzioni retali. Sull’Ametista con Giorgini si trovavano il principe Junio Valerio Borghese e Teseo Tesei. A sud dell’isolotto del Tino, a circa due miglia dalla base ligure, l’Ametista rilasciò tre coppie di operatori (Tesei – Pedretti, Birindelli – Paccagnini, Toschi – Lazzeri) che, con la testa appena emergente (quota occhiali) dall’acqua si allontanarono per la prima volta all’attacco di una vera unità navale. Due apparecchi fecero avaria ma il terzo riuscì a fissare trecento chili di sabbia alle alette di rollio dell’incrociatore Quarto; il Comando si lasciò convincere dalle argomentazioni di Giorgini e due modernissimi sommergibili della classe Adua, lo Scirè e il Gondar, vennero distaccati dal servizio ordinario per essere destinati ad uso esclusivo della I Flottoglia MAS: era necessario rimuovere il cannone prodiero e installare dei cassoni trasportatori per non danneggiare gli SLC col continuo e logorante contatto con il mare.
    Il 10 giugno Mussolini annunciò l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania.
    A luglio l’ammiraglio Raffaele De Courten, responsabile dei mezzi d’assalto, arrivò a Bocca di Serchio per assistere ad un’esercitazione e, nonostante le resistenze di Giorgini, ben conscio dei difetti ricorrenti sugli SLC e della mancanza dei cassoni trasportatori, volle che venissero preparate le quattro migliori torpedini per impiegarle contro le corazzate nemiche nel porto di Alessandria d’Egitto.
    La prima di queste missioni, G.A.1, venne effettuata dalla torpediniera Calipso, con destinazione costa Cirenaica dove avvenne il trasbordo sul sommergibile Iride, mezzo trasportatore.
    Il Capitano Giorgini insistette per accompagnare i suoi uomini invece di restare nel suo ufficio a La Spezia; i quattro equipaggi erano composti da Toschi (con Lazzari come palombaro) e Tesei (con Pedretti) quali inventori e gli altri (Birindelli – Paccagnini e Franzini – Lazzaroni) furono estratti a sorte inserendo dei bigliettini coi nomi dentro il cappello di Giorgini.
    Il viaggio durò dal 19 al 21 agosto; all’arrivo oltre all’Iride era pronta la motonave Monte Gargano; il giorno 22 era tutto pronto per dare inizio a G.A.1 quando, durante un rinfresco a bordo della Monte Gargano tre biplani inglesi Swordfish trasportanti siluri riuscirono ad affondare la nave e a colpire violentemente l’Iride, mentre la Calipso colpì il siluro a lei destinato, variandone la traiettoria.
    Era ora necessario organizzare una missione di soccorso per i superstiti dell’Iride: il sommergibile infatti era spezzato in due tronconi, gli unici superstiti erano nella camera lancia siluri. Purtroppo tutta l’attrezzatura subacquea si trovava all’interno del sommergibile, era necessario far arrivare mezzi e uomini dalla base di Tobruk. Il problema più urgente era immettere aria attraverso i condotti di emergenza (ma il compressore usato per questo scopo andò in avaria), dopo di che un rimorchiatore strappò via il portello e poterono così uscire i superstiti. Ma il fondale era a sedici metri, tutti conoscevano i pericoli dell’embolia polmonare e anche i soccorritori erano in pericolo perché gli aerei inglesi continuarono a cercare possibili bersagli. Alla fine i superstiti uscirono da soli, due non ce la fecero, sei sì.
    Dopo una notte di riposo alla base, l’unico desiderio dell’equipaggio era recuperare gli SLC; al termine Tesei salvò anche la bandiera. Per la missione di soccorso ogni componente del gruppo fu decorato con la Medaglia al Valore Militare.
    Il 21 settembre iniziò la seconda missione G.A.: gli equipaggi Toschi – Ragnati, Stefanini – Scappino, Franzini – Cacioppo partirono in treno verso Messina, dove si imbarcarono sul sommergibile Gondar, partito da La Spezia con i semoventi; ancora una volta il comandante della missione era Giorgini; mentre a comandare il Gondar c’era Brunetti, che già aveva comandato l’Iride.
    Era stata imposta la massima cautela, di notte in superficie e di giorno in immersione, per evitare ogni contatto con le navi nemiche prima dell’inizio della missione. Giunti all’imboccatura del porto d’Alessandria, però, giunse un’amara delusione: la flotta inglese era uscita al completo per scortare un convoglio a Malta.
    Brunetti invertì la rotta ma non ordinò l’immersione: questo li fece intercettare dal caccia australiano Stuart che, unica nave nemica rimasta ad Alessandria per un guasto alle caldaie, poteva contare su un nuovo apparato, l’Asdic, che emettendo ultrasuoni ne radiogoniometrava la fonte di riflessione, individuando la zona da saturare con le bombe di profondità.
    Il sommergibile venne braccato per ore, ogni tentativo di salvarlo fu inutile e così Brunetti prese la decisione di affondarlo, per non far scoprire ai nemici l’arma segreta.
    Fece indossare all’equipaggio le cinture di salvataggio, sistemò in una valigia appesantita (che un ufficiale gettò in mare) i cifrari segreti e le pubblicazioni di bordo, fece emergere il Gondar e, mentre l’equipaggio abbandonava l’unità, non pensò a porsi in salvo ma rimase in torretta per assicurarsi della perfetta esecuzione dell’azione: infatti un’eventuale cattura del mezzo da parte del nemico sarebbe stata una vera onta per qualsiasi Marina.
    Gli uomini sulle zattere di salvataggio lo videro sprofondare, in torretta sull’attenti, ma una corrente ascendente lo riportò, vivo, in superficie. Nonostante gli inglesi fossero riusciti a fotografare i cassoni sul Gondar, da Giorgini e dagli assaltatori non riuscirono ad ottenere alcuna informazione sul loro uso. Giorgini e compagni furono inviati in prigionia in India dove il comandante rimase fino al 21 aprile 1946. Nonostante l’insuccesso delle due prime missioni G.A., dalla I Flottiglia si creò la X Flottiglia MAS che affondò trentadue navi.
    Rimase in prigionia dal 1940 al 1946. In seguito fu imbarcato sulla nave Pacinotti e sull’incrociatore Garibaldi. Dal 1956 al 1959 ricoprì l’incarico di Giudice effettivo del Tribunale Supremo Militare ed in seguito quello di membro effettivo della Comm. Mil. Consul. Unica per la concessione e perdita di decorazioni al Valor Militare.
    E’ deceduto a Firenze il 23.1.1977.

    Onorificenze
    – Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana
    – Medaglia d’argento al Valor Militare
    – Due medaglie di bronzo al Valor Militare
    – Due Croci al Merito di guerra
    – Medaglia commemorativa nazionale della guerra Italo-Austriaca 1915 – 1918
    – Croce d’Oro per anzianità di servizio (40 anni)
    – Medaglia di benemerenza per i volontari di guerra
    – Medaglia d’argento per lunga navigazione nella M.M.

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