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    Erasmo Coccoluto (Gaeta, 2.6.1924 – 20.4.2019)

    a cura Carlo Di Nitto e Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Gaeta, 2.6.1924 – 20.4.2019)


    La guerra nel cuore di Erasmo Coccoluto, autobiografia del più giovane marinaio d’Italia, è la storia di un ragazzino di quindici anni che decide di arruolarsi nella Regia Marina perché in tempo di guerra la famiglia non riesce a sopravvivere e tutta la nazione è in condizioni disastrose.
    Dai primi mesi quasi tranquilli, il protagonista si trova in mezzo a un attacco feroce: riesce a nascondersi per miracolo ma alla fine viene catturato.

    Inizia così un calvario attraverso l’Europa, in mezzo a orrori ma con il naturale impeto dell’adolescente e una sensibilità non comune. In mezzo a crudeltà, orrori, degrado corporeo e mentale, verrebbe da chiedersi “se questo è un ragazzino”, parafrasando il capolavoro di Primo Levi.


    Da Lero alla Russia, dai lager ai bombardamenti, dal fascismo al comunismo, tutto è visto con gli occhi disincantati di un ragazzo che si scoprirà avere un cuore unico. Una storia senza tempo.

     Titolo: La guerra nel cuore.
    Autore: Erasmo Coccoluto.
    Editore: Rerum Milano.
    Anno: 2015.
    Pagine: 142.
    ISBN: 88-98591-15-2 – EAN: 9788898591152
    Prezzo: 9.90 euro

    A noi piace ricordarlo così il marinaio radiotelegrafista Erasmo Coccoluto, senza aggiungere altro, perché le testimonianze dei marinai di una volta e per sempre, ci hanno fatto da balia in questa navigazione, reale virtuale, denominata vita.

    Ciao Erasmo,  hai lasciato una scia indelebile della tua infinita bontà, nei tuoi familiari, nei tuoi amici, nei concittadini di Gaeta,  nei marinai per sempre.

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    2.6.2019, riconoscimento a Livio Pusceddu

    di Aldo Pusceddu

    (Guspini (CA), 2.12.1919 – 14.5.2013)

    … riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Buongiorno signor Ezio,
    a seguire una breve storia di mio padre Livio.

    Livio Pusceddu, nato a Guspini (CA) il 2 dicembre 1919, viene chiamato di Leva in Regia Marina a dicembre del 1939. Dopo un periodo di addestramento tra La Maddalena e Taranto, viene imbarcato come fuochista sulla motonave Sebastiano Caboto e trasferito nel Dodecaneso Italiano, prima a Rodi e poi di stanza definitiva a Lero. Qui viene comandato progressivamente in alcune batterie di difesa dell’isola, divenuta importante base della Regia Marina in quella zona dell’Egeo. Nella primavera del 1943 è di stanza al Comando Marina di Portolago. Subito dopo l’armistizio del settembre 1943, partecipa alla battaglia italiana – inglese di Lero contro i tedeschi. Fatto prigioniero al momento della resa del novembre 1943, viene deportato in Germania e  rifiutandosi di collaborare con i tedeschi e la Repubblica Sociale Italiana, viene condannato, tra privazioni e maltrattamenti, al lavoro coatto per l’industria bellica tedesca. In Germania, nello stammlager di HEMER VI A prossimo alla città di Dortmund, rimane sino alla liberazione alleata e solo ad agosto del 1945 riesce a tornare dalla famiglia in Sardegna, che lo considerava disperso.

    Ha lasciato questo mondo terreno il 14 maggio 2013, il 2 giugno 2019 ha ricevuto come Internato Militare Italiano la Medaglia d’Onore della Presidenza della Repubblica.


    Regia cannoniera Sebastiano Caboto
    di Carlo Di Nitto

    La regia cannoniera “Sebastiano Caboto” dislocava 1050 tonnellate a pieno carico. Costruita nei Cantieri Navali Riuniti di Palermo, era stata commissionata nell’ottobre 1910 ed impostata il 3 marzo 1911. Progettata dal colonnello del Genio Navale Ettore Berghinz, rispondeva a precise direttive della Regia Marina che voleva un’unità destinata allo stazionamento in acque d’oltremare ed avente caratteristiche tali da poter operare lungo i grandi fiumi cinesi e sud americani.  Per questo motivi la “Caboto”, grazie ad una particolare ripartizione dei pesi, pur possedendo un dislocamento di circa 1000 tonnellate, aveva un pescaggio piuttosto limitato ed un armamento alquanto notevole per una unità del genere. Anche le sistemazioni per il personale erano particolarmente curate tanto da farla utilizzare, quando non impiegata oltremare, come nave appoggio sommergibili.
    Fu varata il 20 luglio 1913 ed entrò in servizio il 23 novembre dello stesso anno. Terminato a Napoli l’allestimento, l’ 11 dicembre 1913 partì alla volta di Shangai dove giunse il 14 aprile 1914 dopo aver sostato in numerosi porti del mar Rosso e dell’Oceano Indiano.

    Diede subito inizio alla propria attività operativa navigando nel fiume Yangtze, accolta con felicità dalle missioni religiose che venivano così ad essere protette dagli attacchi dei pirati, di sbandati xenofobi e dalle prevaricazioni dei cosiddetti “signori della guerra”, continuamente in lotta fra di loro.
    Allo scoppio della prima guerra mondiale, rischiò l’internamento da parte delle autorità cinesi ma, tagliando gli ormeggi, riuscì a partire ed  a rifugiarsi a Nagasaki, in Giappone, dove si trattenne per 18 mesi. Nel 1917, quando anche la Cina ebbe dichiarata guerra agli Imperi Centrali, ritornò a svolgere un attivissimo servizio di pattugliamento fluviale, diventato più complesso anche a causa dell’inizio della guerra civile cinese.
    Si dispose di farla rimpatriare soltanto nel 1934, dopo quasi vent’anni di servizio coloniale sui fiumi cinesi, anche perché ormai logorata e in ridotta efficienza operativa.
    Rientrata in Mediterraneo, venne dislocata a Rodi a disposizione del Comando Navale dell’Egeo. Nel 1938, fu riclassificata “nave appoggio sommergibili”; con queste funzioni, allo scoppio del secondo conflitto mondiale sempre facendo base a Rodi, partecipò alla difesa contraerea della base.
    Alla proclamazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943 era adibita a nave caserma. Immediatamente si approntò per prendere il mare, ma in relazione della resa dell’isola, si decise di sabotarla e abbandonarla. Venne così catturata dai Tedeschi il 12 settembre. Questi tentarono di rimetterla in efficienza, ma venne colpita durante un bombardamento aereo inglese. Quanto rimaneva della “Sebastiano Caboto”, secondo l’ipotesi più accreditata, alla liberazione di Rodi, fu portato fuori dal porto e qui affondato.
    Ebbe come motto: “Nulla nos via tardat euntes” (nessun ostacolo ci arresta).

    Le due foto sono state estratte dal sito:
    http://navyworld.narod.ru/Cannoniere.htm

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    Umberto Maglione (Aquilonia (AV), 2.6.1938 – Roma, 24.5.2021)

    di Marinaio di Spirito Santo

    (Aquilonia (AV), 2.6.1938  – Roma, 24.5.2021)

    Umberto Maglione nasce ad Aquilonia (AV) il 2 giugno 1938, arruolato in Marina con la categoria di Segnalatore ha vinto anche il concorso per il passaggio ad Ufficiale del Corpo Specialisti congedandosi con il grado apicale.
    Nella sua navigazione terrena è stato un marinaio fedele alla Patria, un uomo di rispetto, pieno di dignità, che ha cresciuto la sua famiglia trasmettendo i valori cristiani della vita. Pacato, silente, operoso, uno dei tanti servitori, esempio impeccabile per chi lo ha frequentato e conosciuto.
    Dal carattere unico, un irpino di altri tempi forte e gentile come si diceva, era assai poco loquace. Mai una lamentela, mai una imprecazione contro la sorte che gli aveva portato via affetti a lui cari. Lo ricordiamo sempre con quella sua fierezza di aver fatto il proprio dovere e di aver trascorso la sua vita, sia come Marinaio e poi anche con l’associazione (A.N.M.I. Roma), anni bellissimi a bordo, a terra…indimenticabili!
    Chi lo conosceva bene sa che era un uomo molto ironico, dal sorriso malinconico, occhi di marinaio fiero che si inumidivano quando sentiva l’Inno nazionale e la marcia d’ordinanza.
    Umberto è salpato da Roma, per la sua ultima missione, il 24 maggio 2021 e adesso riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo nell’immenso mare della Misericordia Divina.