Racconti

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    Titanic, per molti la nave dei sogni

    di Manuel Muttarini (*)
    www.titaniclegend.it

    Oggi questa frase potrebbe risultare banale, ma per il 1912 era l’equivalente dell’attuale Queen Mary 2. Il Titanic come la sua gemella Olympic, e la Britannic erano state costruite dalla White Star Line per competere con la rivale, Cunard Line (altra compagnia navale). Era senza dubbio il miglior modo per fare una traversata oceanica a bordo del transatlantico più lussuoso del mondo.
    Costruito presso i cantieri di Harland and Wolff di Belfast. Il progetto era stato realizzato da Thomas Andrews e da William Pirrie. Lo sviluppò richiese dal 1909 al 1912, tantè che i passeggeri al giorno dell’imbarco sentirono persino, il “profumo” di vernice fresca.
    Il motore era composto da 29 caldaie con una propulsione a vapore, (a differenza delle altre imbarcazioni che andavano a diesel) consumavano più di 700 tonnellate di carbone al giorno e con i suoi 51.000 cavalli, era il transatlantico più veloce al mondo, capace di raggiungere i 23 nodi, all’incirca 43 km/h. Pesava 46.000 tonnellate, per un’altezza di 52 m e una larghezza di 28 m e una lunghezza di 269m.
    Il Titanic era definito “inaffondabile”, grazie alla sua chiglia dotata di un doppio fondo cellulare, inoltre lo scafo era suddiviso in 16 porte stage che potevano essere chiuse anche dalla cabina di comando, con l’utilizzo della corrente elettrica.
    Ospitava ben 2.223 persone oltre alle 900 dell’equipaggio suddivisi tra camerieri, marinai ecc.

    (*) Manuel Muttarini è da sempre un appassionato del Titanic. Fin dalla tenera età ad oggi, ha letto diversi libri sia Italiani che Inglesi. Con l’avvento di Internet è riuscito a colmare il suo interesse, scoprendo numerosi documenti inerenti al naufragio. Oltre al Titanic, Manuel Muttarini è un grande appassionato di videogiochi. Ha condotto un’intera stagione del programma televisivo “Futur@”;, assieme a Massimo Carboni e Noemi Giunta nel 2000. Dal 2000 al 2002 si è occupato della sezione “Games” di oltreilgol.it
    Ha collaborato con altri siti, tra cui Internet-television.it di Giorgio Cajati. Scrive sul sito www.ayrion.it nella sezione “Games”, collaborando con il suo amico Massimo Carboni e, da oggi, anche su lavocedelmarinaio.com

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    Cosa significa essere sensibili?

    di Francesco Paolo Disegni

    … ricevo e con infinita commozione mista ad orgoglio pubblico:

    Riporto di seguito dal post precedente condiviso:
    << … È anche il momento di capire che essere sensibili vuol dire semplicemente che si è connessi in modo attivo e produttivo con se stessi.
    Quando siamo sensibili alle emozioni altrui, l’intensità diventa la migliore amica di tutte le emozioni: l’amore, il dolore, la delusione e l’allegria.
    La verità esiste per il saggio; la bellezza, per il cuore sensibile.
    Friedrich Schiller …
     >>

    Ora vi dico cosa significa per me.
    Ho il Diabete dal 1992, mi è scoppiato per lo stress a bordo di nave Libeccio esattamente dopo il rientro “Display Determination” una esercitazione N.A.T.O., sorvolo sulle cause che sono top secret 😎 fatto sta che il 4 luglio 1992 l’Asl di La Spezia mi comunica di avere un inizio di diabete, a pensare che imbarcai che ero sano come un pesce, subito dopo aver fatto le visita annuale per il rinnovo e mantenimento del brevetto di volo, presso l’Istituto Medico Legale dell’Aeronautica che superai brillantemente.
    Ebbene, da quel 1992, quando andavo in casa di amici e parenti, ho sempre detto di avere il diabete, nonostante ciò, mi venivano sempre offerti, con molta semplicità, pasticcini e bevande dolci che io naturalmente consumavo, sia per non offendere con un rifiuto, sia perché il diabete porta all’assunzione di zuccheri del quale se ne avverte una perenne mancanza, per cui è difficile resistere a tale impulso.
    Mi domandavo sempre perché amici e parenti, nonostante sapessero che avevo il diabete, mi offrissero con estrema disinvoltura e insistenza dei dolci, che mi facevano solo male eppure, secondo i dettami di quell’Uomo di 2000 anni fa l’ospite è sacro, credo che tutti loro avessero le idee confuse riguardo questa raccomandazione, per cui probabilmente pensavano di farmi cosa gradita e non del male.

    Fu così che un giorno, tra i tanti amici e parenti che mi venivano a trovare e che accoglievo con rispetto e un lauto pranzo, secondo i dettami di quell’Uomo, mi venne a trovare un caro amico con sua moglie che sapevo essere diabetico come me.
    Ebbene nel preparare l’accoglienza stavo per fare lo stesso errore degli amici e parenti che mi offrivano dolci ma, subito mi son ripreso e sono uscito a comprare prodotti adatti che non facessero male al mio ospite, caviale, salmone, mozzarella, pomodori e crostini integrali e preparai degli stuzzichini senza un solo dolce e vino bianco secco e acqua.
    Domanda: cosa mi ha reso differente da tutti gli altri?
    Risposta essere SENSIBILE VERSO GLI ALTRI!
    Non so se ho reso chiaro di cosa significa essere sensibili, scrive bene l’amico fraterno Ezio Pancrazio Vinciguerra:
    <<il nostro amore per gli altri deve essere così raffinato che non sia necessario che questi ci dicano di cosa hanno di bisogno, perché l’amore è intuitivo e si anticipa ai bisogni del prossimo facendoci assumere i desideri degli altri come i nostri. >>

    Quanta Verità c’è in questo pensiero, che denota un animo gentile, sensibile, da sincero e devoto cristiano. Un caro abbraccio Ezio, che il Signore sia sempre con te e i tuoi cari tutti per il tuo essere un “Giusto” su questa terra. ❤️

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    Francesco Caccavale (Taranto, 14.4.1915 – Caserta, 17.3.1963)

    di Maria Caccavale

    (Taranto, 14.4.1915 – Caserta, 17.3.1963)

    … riceviamo e con infinito orgoglio e commozione pubblichiamo.

    Buongiorno,
    mi chiamo Maria Caccavale, sono la figlia di Francesco Caccavale, nato a Taranto il 14 aprile 1915, 2° Capo Cannoniere Artificiere, imbarcato sulla regia nave Diana  al momento dell’affondamento avvenuto nel 1942.
    Papà fu salvato dalla Nave Ospedaliera, dopo giorni di galleggiamento.
    In questo periodo mi sono dedicata alla trascrizione (per adesso manuale, perché è molto difficile l’interpretazione di alcuni termini) del diario di quella tragedia vissuta da papà e dai suoi compagni, diario scritto subito dopo le cure e durante la convalescenza. De diario custodisco gelosamente una fotocopia e reca la data del 3 agosto 1942.
    Papà, purtroppo, ci ha lasciato troppo presto. È morto a Caserta il 17 marzo 1963, a soli 47 anni. 

    Papà è il primo in alto a sinistra 

    Non è possibile descrivere l’emozione che ho provato nel leggere quelle pagine piene di sentimenti, disperazione, coraggio. In quelle pagine ho riscoperto mio padre, uomo meraviglioso, uomo eroico che, con la sua disciplina, mi ha insegnato ad andare avanti da sola.

    Papà è quello che comanda il plotone di Marinai

    Il monito di papà, a noi quattro figli, era: STUDIARE, STUDIARE. Io gli ho dedicato la mia laurea.
    La vicenda tragica di mio padre e dei suoi compagni dovrebbe far riflettere la società attuale.

    Mi piacerebbe tanto avere un riscontro da parte di parenti di quei marinai che hanno vissuto la tragedia di papà.
    Grazie. 

    Queste foto che invio sono incorniciate e non ci permettiamo di toccarle. Le ha in custodia la prima sorella.

    La regia nave Diana. La nota è di papà.

    Il diario non ha copertina. Le mando la prima e l’ultima pagina dove sono riportati  i nomi dei suoi compagni.

    Papà con i suoi ragazzi

    Breve storia della regia nave Diana
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    L’avviso veloce Diana fu progettato come yacht del Capo del Governo e successivamente modificato per le esigenze belliche.
    Costruito presso i Cantieri del Quarnaro a Fiume fu impostato il 31.5.1939, varato il 25.5.1940 ed entrò in servizio il successivo 12 novembre.

    La sua brevissima vita fu costellata anche da spiacevoli episodi. Un primo incidente si verificò il 28 settembre 1940 nel porto di Messina, quando entrò in collisione con il regio sommergibile Onice danneggiandolo; u secondo episodio avvenne il 1° novembre 1940 mentre la nave era in manovra nel porto di Fiume dove accidentalmente speronò e affondò il regio rimorchiatore Quarnero.
    Inviata nell’isola di Rodi per approvvigionamento viveri (il comandante ricevette una medaglia d’argento al valor militare da parte del governatore del Dodecaneso).

    La regia nave Diana fu impiegata anche come nave appoggio durante la fallimentare incursione della X Flottiglia MAS contro Malta. Salpò da Augusta al comando del Capitano di Corvetta Mario Di Mauro il 25 luglio 1940 con a bordo 9 barchini esplosivi e un motoscafo modificato che avrebbero dovuto distruggere le ostruzioni. L’attacco fu un totale fallimento per il rilevamento dei radar, tutti i barchini e gli SLC andarono distrutti o catturati, mitragliati da aerei britannici … solo in undici marinai si salvarono su una cinquantina di operatori.
    La regia nave Diana effettuò la sua ultima missione a Tobruk dove fu silurata ed affondata dal sommergibile HMS Thrasher il 29.6.1942 alle ore 11.45  e s’inabissò rapidamente a 75 miglia a nord del Golfo di Bomba (Cirenaica) in posizione 33°30’N e 23°30’E.
    I soccorsi arrivarono tra il 29 e il 30 giugno, da parte della nave ospedaliera Arno che si occupò del recupero dei superstiti.
    Perirono 336 uomini.

    Caratteristiche tecniche
    Dislocamento: normale: 2.487 tonnellate – pieno carico: 2.591 tonnellate
    Dimensioni: lunghezza: 113,9 (fuori tutto) mt. – larghezza: 11,7 mt. – immersione: 3,9 mt.
    Motori: 4 caldaie – 2 turbine – 2 eliche
    Potenza: 31.100 HP
    Velocità: 28 nodi
    Armamento: 2 pezzi da 102/35 – 6 pezzi da 20/65 – 2 scaricabombe A.S. – 87 mine
    Equipaggio : 152 uomini.

    Dello stesso argomento sul blog:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/06/29-6-1942-in-ricordo-di-erasmo-franciosa-e-laffondamento-del-regio-avviso-veloce-diana/

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    14.4.1912, Guglielmo Marconi e il Titanic

    di Marino Miccoli e Manuel Jobs Muttarini (*)

    Con piacere ho accolto l’invito dello stimato Manuel Muttarini (Gold Associate Member della prestigiosa Titanic Historical Society) (*) a scrivere un breve articolo che trattasse di quelle che furono le reazioni e le opinioni espresse dal grande scienziato italiano inventore del telegrafo senza fili Guglielmo Marconi in occasione del drammatico affondamento del transatlantico Titanic avvenuto la notte del 14 aprile 1912.

    (*) digita sul motore di ricerca del blog il nome e cognome degli autori per conoscere gli altri loro articoli.

    Occorre premettere che è stata l’apprezzata professionalità di uno stenografo a far sì che il trentottenne Guglielmo Marconi non si trovasse sul transatlantico Titanic il giorno del suo affondamento. Egli con la moglie era stato invitato dalla White Star Line a partecipare al viaggio inaugurale di quella meravigliosa quanto tristemente famosa nave ma egli, a causa delle numerose pratiche cartacee da sbrigare e della sua conoscenza dell’abile e svelto stenografo che prestava servizio sul Lusitania, preferì imbarcarsi tre giorni prima su quest’ultimo transatlantico per raggiungere New York.
    Apprese della grande sciagura quando, sbarcato negli Stati Uniti, seppe che a Cape Race (una località situata in Terranova, sulla costa atlantica del Canada, vicino alle rotte transatlantiche) era stato captato un radiomessaggio che lasciava supporre essere avvenuto un grave disastro in mare.
    Quando il Carpathia attraccò al molo 54 di New York carico dei naufraghi del Titanic, Marconi si recò subito dai radiotelegrafisti per apprendere direttamente da loro quello che era successo. Parlò con Thomas Cottam del Carpathia e con Harold Bride marconista in seconda del Titanic (il primo marconista J. G. Phillips era perito nel naufragio). Si fece un’idea di quello che era avvenuto e da subito sentì di dover intervenire in favore dei marconisti che erano stati ingiustamente criticati, soprattutto difese l’operato di Phillips, il giovane che guadagnava 30 dollari al mese e che era voluto rimanere stoicamente al suo posto, nonostante il Comandante del Titanic lo avesse dispensato da ogni responsabilità.
    Sebbene Guglielmo Marconi fosse fiero del comportamento dei marconisti, era però amareggiato perché convinto che si sarebbero potute salvare molte più vite. In particolare, leggendo il libro che la signora Degna Marconi Paresce (figlia del grande scienziato italiano) ha pubblicato alcuni anni addietro veniamo a conoscenza che egli affermò: “Certe navi non poterono ricevere la richiesta d’aiuto del Titanic perché stavano ricevendo il bollettino delle ultime notizie da Cape Cod. Se a bordo ci fossero sempre due marconisti, uno avrebbe potuto badare al notiziario e l’altro avrebbe dovuto stare all’ascolto di eventuali segnali di pericolo, senza con questo interferire sui messaggi a lunga distanza”.

    In seguito l’attenzione di Marconi si concentrò sull’opportunità di dotare le scialuppe di salvataggio di un apparecchio rice-trasmittente di facile uso, affinché anche un uomo profano in materia potesse azionarle; finalmente nel 1926 una lancia così attrezzata del Royal National Lifeboat Institution riuscì a comunicare con una base a terra distante 185 miglia.
    In merito al fatto che il Carpathia aveva ritrovato i naufraghi del Titanic a notevole distanza dalla posizione originariamente segnalata (a ben 34 miglia di distanza…) egli sostenne la necessità di istituire dei radio-fari sulle coste dell’oceano, in modo tale da impedire errori di localizzazione di tale gravità che poi nei fatti si traducevano in un elevato numero di vite umane perdute.
    Egli evidenziò inoltre la necessità di dotare le grandi navi di linea di stazioni rice-trasmittenti più potenti, che fossero così in grado di collegarsi con entrambe le rive dell’oceano.
    L’illustre scienziato italiano fu senz’altro gratificato allorquando i superstiti dell’affondamento si recarono in massa da lui in albergo per manifestargli tutta la loro gratitudine e riconoscenza per la sua invenzione; durante quella commovente visita gli donarono una medaglia d’oro su cui era raffigurato Apollo, il nume profetico e splendente della sua bellezza. Guglielmo Marconi li ringraziò commosso.
    Anche noi siamo e dobbiamo essere grati al grande scienziato italiano perché nella storia recente dell’umanità la sua invenzione è stata di importanza capitale per la salvezza di un numero incalcolabile di vite umane. Consideriamo ciò un motivo di orgoglio in più per noi di essere Italiani.

    Transatlantico fotografato a Napoli, dalla coperta del Regio Esploratore Alvise da Mosto,sullo sfondo appare il Vesuvio al tramonto (foto d’epoca degli anni ’30)

    (*) 
    Cari Ezio e Marino,
    Vorrei che prima di questo splendido saggio aggiungeste questo pezzettino dedicato a voi.
    Ho conosciuto Ezio Vinciguerra qualche anno fa. Chiedendogli umilmente uno scambio di Link. Ho trovato ben altro di un sito. Una persona vera, sincera e amichevole. Ho cominciato a postare per tutti voi le mie ricerche. Mi avete dato la forza di continuare. Ogni parola scritta sul mio sito, è stata scritta su un’iphone e spedita al mio webmaster Stefano a cui devo molto. Molte notti con ore piccole, molte foto di persone scomparse, molte note della mia armonica dedicate a quella sciagura da sempre mi danno la forza di approfondire in modo semplice..Qualche Domenica fa, il signor Miccoli, con la sua gentilezza e cultura mi ha informato di una vicenda che non conoscevo cosi bene. Cosi l’articolo che leggerete tra breve sarà sul mio sito con una dedica al signor Miccoli a cui devo molto. Caro Marino spero di ricevere ancora suoi articoli e le stringo la mano per avermi illuminato con il suo sapere.

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    Ferruccio Castellani (Venezia, 29.7.1906 – Mar Mediterraneo Centrale, 13.4.1943)

    di Bruno Henning Castellani

    (Venezia, 29.7.1906 – Mar Mediterraneo Centrale, 13.4.1943)

    Ricevemmo e con immenso infinito orgoglio ripubblichiamo.

    6 febbraio 2017 ore 11.42
    Buongiorno,
    io mi chiamo Bruno Henning Castellani, figlio di Ferruccio Castellani deceduto nella tragedia della nave Loredan. Mio padre veniva salvato il 10 aprile 1943, portato a Cagliari all’ospedale Regio, moriva il 13 1943. Brutta storia che ha colpito tante famiglie, compresa la nostra.
    Mia madre, giovane sposa, viveva a Venezia. Mio padre Ferruccio era veneziano puro sangue, era molto giovane, ed io allora ero un piccolo bimbo. La sua perdita fu un dolore immenso, anche per i miei nonni paterni, perdere un figlio così giovane per la barbaria umana…
    Mi piacerebbe conoscere conoscere se c’è qualche familiare (di morti o sopravvissuti) della nave.
    Sarebbe bellissimo poterli conoscere. Se potete aiutarmi sarebbe un bel ricordo per tutti.
    Che il mare benedica tutti, anche il Capitano medico Cesarino Gatta (di cui non avevo sentito parlare fino ad adesso, un eroe anche lui.
    Saluti
    Bruno Henning Castellani

    6 febbraio 2017 ore 11.42
    Buongiorno signor Bruno Henning Castellani,
    di seguito riportiamo le notizie reperite.
    La Motonave mista Loredan di 1357 tonnellate di Stazza fu costruita nel 1936.
    Apparteneva alla Società Anonima di Navigazione Adriatica con sede a Venezia. Iscritta al Compartimento Marittimo di Venezia con la matricola n. 290.
    Fu requisita dalla Regia Marina a Barletta il 27 luglio 1941 e, in pari data, iscritta con la sigla D.19 nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, ed impiegata nel servizio di scorta ai convogli.
    Il 10 Aprile del 1943, durante la navigazione Cagliari – La Maddalena, alle ore 18.20, a 12 miglia per 100° da Punta Elia, fu silurata dal sommergibile britannico Safari ed affondata. Con la stessa data derequisita e radiata dal ruolo del naviglio ausiliario. (Notizie tratte da “Navi Mercantili Perdute” – Ufficio Storico Marina Militare Italiana).
    Il relitto dell’incrociatore armato Loredan giace adagiato sul fianco sinistro, con la poppa gravemente danneggiata dal siluro lanciato dal sommergibile ad una profondità compresa tra i 52 ed i 67 metri, sui fondali del golfo di Cagliari, in posizione 39°08′ N e 9°23′ E, a circa 12 miglia per 100° da Punta Elia (Cagliari). Notizie/foto sono reperibili su INTERNET poiché il relitto è frequente meta dei subacquei.
    Non abbiamo trovato, purtroppo, un elenco dei superstiti.
    Per quanto precede occorrerebbe vedere se ci sono documenti più dettagliate all’Ufficio Storico della Marina.
    Cordialità Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    6 febbraio 2017 ore 14.30
    Grazie della Sua gentile risposta , mi ha fatto molto piacere che questa tragedia non sia stata dimenticata.
    Per la mia famiglia, in particolare mia madre giovane sposa di circa 19 anni, è stato un colpo terribile, anche per la famiglia di nonno e nonna di origine veneziane.
    Dalle storie che mia madre e i miei nonni mi hanno raccontato sulla tragedia e la morte di tante vite umane, compresa quella di mio padre, ho capito che mio padre Ferruccio Spartaco era speciale, come tutti i figli pensano dei padri. La mia famiglia proviene da una nobile famiglia veneziana, i Castellani Conti di MALO vicino SCHIO. Mia madre aveva conosciuto mio padre in giovane età a Savona.
    Mio padre era nella Capitaneria in Via Santa Lucia a Savona e i miei nonni materni abitavano nelle vicinanze. L’amore sbocciò e i miei genitori si sposarono e andarono a vivere a Venezia.
    Nel 1943 mio padre Ferruccio era destinato in qualità di Guardia Marina penso sulla LOREDAN.

    Proprio quel tragico 10 aprile 1943, mentre la nave affondava nelle vicinanze di Cagliari, ricorreva il compleanno di mia madre.
    Mio padre venne recuperato, come naufrago ferito, e portato a Cagliari nell’ospedale regio ma, come già detto, il 13 aprile 1943 moriva. Una delle cause fu anche anche l’aver ingerito petrolio…
    Un dramma immenso, una tragedia dover annunciare ai miei nonni la perdita del loro primo figlio.
    Mia madre sconvolta lasciò Venezia, con me piccolissimo, per trasferirsi a Savona presso i genitori, fortunatamente i miei nonni materni si trovavano in buone condizioni finanziarie. Mia madre mi ha allevato molto bene, assieme all’amore dei miei nonni e, molto spesso, mi venivano a trovare anche i nonni paterni, zii fratelli di mio padre da Venezia.

    Di mio padre posseggo quello che è rimasto, un orologio che portava al polso, quasi per nulla corroso dall’acqua, ma per me un grande ricordo, tante fotografie sue, e la sua croce di guerra con attestato che dopo anni è stata rilasciata a mia madre.
    Mi farebbe tanto piacere che i lettori del vostro blog potessero parlare di mio padre.
    Vi allego alcune belle fotografie e anche la foto di quell’orologio, è tutto quello che posseggo di lui.
    Spero che voi possiate onorare mio padre che riposa nel cimitero San Michele di Cagliari assieme ai suoi altri compagni Caduti in guerra.
    Vi allego foto anche della sua tomba.
    Per chi volesse contattarmi per scambiare notizie:
    Bruno Henning Castellani
    Via F. Sivori 311a (scala c) – 16136 GENOVA
    Tel. 3287406420
    mail: br.henning@gmail.com

    P.s. se dovessi trovare altre foto o cimeli ve li invierò, sicuro che Lei, carissimo Ezio, costruirà una bella storia su mio padre Ferruccio. Che DIO la benedica.
    Bruno HENNING CASTELLANI di MALO
    Ecco anche fotografie mie, una da giovane bimbo e una di adesso.

    6.2.2017 ore 19.06
    SIG. EZIO VINCIGUERRA,
    ECCO ALTRE FOTO UNA DEL ROTTAME DELL’OROLOGIO LONGINES CHE MIO PADRE PORTAVA AL POLSO AL MOMENTO DELLA TRAGEDIA.

    E POI UNA SUA FOTOGRAFIA E DELLA LAPIDE CHE A VENEZIA LIDO RICORDA I CADUTI DEL MARE. IL NOME DI MIO PADRE E’ IL QUINTO A SINISTRA. ANCORA GRATO DELO SUO INTERESSAMENTO E DELL’ARTICOLO CHE IO TERRO’ STRETTO AL MIO CUORE.
    UN CARO SALUTO BRUNO HENNING CASTELLANI di MALO.

    Nota
    Sull’elenco dei Caduti e Dispersi della 2^ Guerra Mondiale della Marina Militare risulta essere deceduto il 14.4.1943.

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    Elia Soriente (Torre Annunziata (NA), 12.4.1922 – Mare, 1.4.1942)

    a cura di Vincenzo Marasco(*)  e Antonio Papa – Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”

    (Torre Annunziata (NA), 12.4.1922 – Mare, 1.4.1942)

    Alla lieta e cara memoria del Sottocapo Palombaro Soriente Elia, Figlio di Torre Annunziata.

    Questa altra breve storia che voglio raccontare ha anch’essa inizio a Torre Annunziata. Precisamente in quel suo comprensorio, che nei primi anni del Secolo Breve, era considerato ai locali per lo più come un luogo riservato alla borghesia locale, in quanto meno urbanizzato e lontano dal trambusto di quegli agglomerati cittadini in cui era relegato per lo più il popolo torrese.
    Così, nella nascente via Vesuvio, che agli inizi degli anni ‘20 non era altro che una piccola arteria circondata da rigogliosi giardini e su cui si affacciavano poche villette e palazzotti, che dalla industriosa Torre Annunziata menava al più rurale borgo di Trecase, il 12 aprile del 1922 da Francesco e Iovino Lucia, al civico 61, nasce Elia Soriente.
    Elia, per Francesco e Lucia era quel figlio maschio tanto atteso e voluto, considerato come un dono del cielo. Ma a parte le emozioni terrene, egli, come tanti torresi ancora oggi si considerano, nasce come figlio del mare, e attratto da quell’elemento principe in quella lingua di terra dove è cresciuto, un giorno insieme ad un suo caro amico decise di intraprendere la “Carriera”. Fu così che lui e De Santis, il cui nome non ci è dato ricordare, partirono alla volta di Taranto arruolandosi in quella gloriosa Regia Marina Italiana, considerata la regina del Mediterraneo.
    Dai racconti vivi nelle memorie dei suoi parenti, nipoti e cugini, che sono cresciuti con il suo ricordo, si apprende che i due vennero fin da subito assegnati all’equipaggio dell’Incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere, e che solo pochi giorni dal momento della partenza dell’unità navale per un’operazione di guerra in mare aperto, avvenuta da Messina nelle prime ore della notte del 20 marzo del 1942, i due vennero divisi: toccò al De Santis sbarcare e salire a bordo di un’altra unità navale della Marina.
    Fu così che il destino di Elia cominciò a prendere la sua forma e a manifestarsi.
    Il Giovanni delle Bande Nere, uscito dal porto di Messina, così come gli venne ordinato da Supermarina, insieme alla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere, incrociò la rotta verso il Sud del Mediterraneo con lo scopo di intercettare un convoglio navale inglese partito da Alessandria e diretto verso Malta.
    L’operazione non partì sotto il buon auspicio meteorologico. Ciò è dimostrato dai notevoli ritardi accorsi sulle partenze degli incrociatori pesanti, sempre da Messina che facevano parte della stessa divisione navale, i quali a causa del forte vento da SE ebbero problemi a lasciare gli ormeggi. Ma nonostante questo l’operazione andava portata a compimento, nonostante il mare dalla mattinata del 21, montato da un fortissimo vento di Scirocco, divenisse sempre più impetuoso.
    Nella tarda mattinata del 22, l’intera Divisione Navale comandata dall’Ammiraglio Iachino, arrivata poco lontani del Golfo della Sirte, incrociò a lunga distanza il convoglio inglese. Le due squadre cominciarono così a studiarsi con manovre di grande perizia e, lì dove potevano, a scambiarsi colpi di artiglieria navale. Nonostante le condizioni meteo marine fossero in ulteriore peggioramento e rendessero difficile sia la navigazione, sia il contatto visivo tra i convogli che la precisione dei tiri dei cannoni, l’inseguimento e lo scontro tra italiani e inglesi durò per tutta la giornata.
    Alle 16.44, ad avere il primo successo fu proprio il Giovanni delle Bande Nere su cui era imbarcato Elia, che da 14.000 metri centrò con una salva da 152mm l’incrociatore inglese Cleopatra di scorta al convoglio e ammiraglia in quel frangente, arrecandogli seri danni all’angolo destro poppiero della controplancia, lì dove vi erano i sistemi di tiro contraereo. Oltre ciò, per quella salva, il Cleopatra perse 16 marinai.
    Calato il buio volse a termine anche la battaglia, passata poi alla storia come seconda battaglia della Sirte.
    Dopo il combattimento tra le due Marine fu la tempesta di Scirocco, che nel frattempo si era scatenata oltre ogni aspettativa, a rendere alla flotta italiana difficile il rientro verso Messina e Taranto.
    A soffrire più di tutti furono le navi cacciatorpediniere come la Giovanni delle Bande Neve, che per contenere il fortissimo rollio furono costrette a ridurre sensibilmente la velocità di navigazione. Ma nonostante tutti gli accorgimenti presi, i danni del maltempo causato alle unità minori furono ingenti, tanto che due di queste, la Scirocco, ironia della sorte, e la Lanciere, all’alba del 23 marzo vennero affondate dalle sferzate di un mare arrivato fino a forza 8!
    Il Giovanni delle Bande Nere, con un equipaggio già stremato dalla lunga battaglia e da una navigazione difficilissima, proseguì in libertà di manovra verso Messina, presentandosi nel primo pomeriggio del 24 alle sue ostruzioni senza non poche avarie.
    Vista la situazione precaria della nave, bisognosa di urgenti interventi riparatori, venne deciso di cantierizzarla presso La Spezia. Ed è così che la mattina del 1° aprile del 1942, effettuato il posto di manovra, il Giovanni delle Bande Nere, scortato dall’Aviere, dal Fuciliere e dal Libra – quest’ultimo subito rientrato per un’avaria – lasciano l’ormeggio di Messina per dirigersi verso la base navale spezzina.
    Ma c’era poco da stare tranquilli e l’equipaggio lo sapeva benissimo. In quel periodo nessuna navigazione poteva definirsi sicura, maggiormente per un’unità navale malconcia come lo era in quel momento il Giovanni delle Bande Nere.

    Il Sottocapo torrese Elia Soriente, che aveva stretto e sposato l’indissolubile legame col mare, lo sapeva benissimo!
    Alle 8.41 il convoglio navale italiano venne intercettato dal sommergibile britannico Urge, in appostamento nei pressi dell’Isola di Stromboli, lì dove vi era l’accesso settentrionale allo Stretto di Messina. Alle 8.54, l’Urge, già in posizione di tiro, come il cacciatore si pone di fronte alla sua preda, da una distanza di quasi 5000 metri lancia 4 siluri verso il Bande Nere. Dopo alcuni minuti una prima esplosione si verificò a centro nave, seguita da un’altra dopo nemmeno dieci secondi dalla prima: era arrivata la sua fine e con essa si stava compiendo anche il destino del nostro Elia Soriente.
    La nave colpita al cuore, nemmeno in due minuti, sbandò, si piegò nel suo centro fino a spezzarsi in due tronconi che presero la forma di due braccia alzate al cielo nel tentativo di una vana richiesta d’aiuto. Quel momento cruento durò nemmeno tre minuti e della Regia Nave Giovanni delle Bande Nere non restò più nulla se non tanti ricordi e una miriade di storie appartenenti ai suoi marinai, tra cui vi è quella del giovanissimo Elia Soriente, che sarebbe diventato ventenne da lì a qualche giorno.
    Dei 772 marinai del suo equipaggio, 381 scomparvero tra i flutti. Chi ebbe la fortuna di salvarsi, successivamente, ebbe modo poi di raccontare ogni attimo di quanto accadde in quel momento, rendendo così viva la Memoria di quei loro compagni scomparsi tra l’immensità del mare.
    Evviva il Sottocapo Palombaro Elia Soriente!

    Fonti: Archivio Anagrafe di Torre Annunziata, sez. Leva;
    www.difesa.it/Il_Ministro/Onorcaduti.it;
    www.conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com;
    www.regiamarina.netwww.elgrancapitan.orgwww.world-war.co.uk.
    (*) digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome per conoscere gli altri suoi articoli. 

  • Attualità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Racconti,  Storia

    Quando i figli dei marinai si incontrano in rete

    di Francesco Venticinque, Valerio Civetta e Salvatore Caruso

    …e dialogano, in data 16.3.2019, sul profilo Facebook di Ezio Pancrazio Vinciguerra.

    Francesco Venticinque Ciao Ezio, il mio papà, l’ottavo da destra , seduto in prima fila.


    Francesco Venticinque Dragamine Castagno. Passaggio sotto il ponte girevole – Taranto 07.07.1956 . D.M. Capo 2.a Classe Tm/Mn….il mio papà.

    Ezio Pancrazio Vinciguerra
     Buonasera Francesco Venticinque carissimo e stimatissimo, sono foto storiche bellissime che apprezzo tantissimo e condivido nella banca della memoria.
    Mi piacerebbe se mi scrivessi qualcosa del tuo papà in modo da celebrarlo sul sito e quindi a perenne memoria sulla già citata banca della memoria. Grazie.

    Francesco Venticinque Ciao Ezio, grazie . Lo farò! Ti abbraccio.

    Francesco Venticinque Primo corso Motoristi Regia Marina. Sede Grandi Motori Navali Fiat -Torino – per addestramento nuova motorizzazione sommergibili classe Millelire e Durbo .

    Civetta Valerio Il mio Papà è in seconda fila dal basso verso l’alto 6°, da destra a sinistra (Civetta Giovanni)

    Civetta Valerio Poi imbarcato sul Regio Sommergibile Berillo.

    Francesco Venticinque Era conoscitore della foto? I nostri papà! Il mio , …..poi capo macchina del regio sommergibile Millelire ed a seguire del Durbo.

    Civetta Valerio Si la foto c’è l’ho anch’io, come l’ho vista l’ho riconosciuta subito. Mio Padre classe 1921 ha fatto anche il CREM di Pola.

    Francesco Venticinque Anche il mio.

    Civetta Valerio Sono contento di conoscerti…

    Francesco Venticinque Anch’io. Ci accomuna essere figli di veri tecnici …sommergibilisti …bellici. Buona serata.

    Civetta Valerio Buona serata Francesco …sono stato in Marina anch’io scuole CEMM – Em corso 72VA. …2 anni alle scuole. Poi imbarcato sul Cacciatorpediniere Impavido.

    Francesco Venticinque Anch’io, …tanti anni.

    Civetta Valerio Ho notato che la Tua foto è un po’ rovinata …appena posso ti scannerizzo la mia e te la mando.
    Francesco Venticinque Ok.

    Salvatore Caruso Carissimo Direttore bellissimi ricordi

    Ezio Pancrazio Vinciguerra
     LEGGERE I VOSTRI COMMENTI DI FIGLI E DI AMICI E’ RESPIRARE OSSIGENO PURO CHE DISINCROSTA, SEMPRE DI PIU’, QUESTO CUORE PECCAMINOSO DI MARINAIO EMIGRANTE DI Emigrante di poppa PER SEMPRE (MA VOTATO A DIO, PATRIA E FAMIGLIA).

    • SE VI DICO CHE VI VOGLIO BENE, MI CREDETE?