Racconti

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Per Grazia Ricevuta,  Racconti,  Recensioni

    Un abbraccio grande come il mare della Divina Misericordia

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Prego ogni giorno Dio di farmi il dono della pazienza nel tempo della prova perché, anche in mezzo alla tempesta, non sono solo al timone della mia vita, ci siete voi che quotidianamente mi tenete compagnia lungo questa navigazione terrena.


    Non esistono parole per ricambiare il bene ricevuto e ricambiato con la grande famiglia dei Marinai, nuove esperienze, nuove conoscenze ma soprattutto rapporti umani ben oltre la distinzione di grado o di classe sociale.
    Non ho nulla da offrirvi se non il mio sorriso di sempre, quello che mi ha permesso anche in momenti bui di ritrovare la luce e la forza per andare sempre pari avanti adagio. Quel sorriso che esorto di mantenere vivo perché l’equipaggio deve essere un tutt’uno, solo così si raggiunge il traguardo finale.
    Si vince sempre uniti, da soli non si va da nessuna parte.
    Un abbraccio grande come il mare della Misericordia, perché in questo Suo mare, nonostante la Sua vastità, ci si incontra sempre.
    P.s. Non dimenticate di esternare i vostri sentimenti…

  • Marinai,  Racconti,  Recensioni

    Chi non conosce la tempesta in mare non può avere timore di Dio

    di Enrico Vardanega

    Una cosa che da giovanissimo mi cambiò la vita fu il primo imbarco, lontanissimo da casa, poiché lo volli.
    Girare il mondo, imparare tutto velocemente, ma proprio così non fu…
    I primi periodi furono duri perché marinaio non si nasce, il mare lo conoscevo solo dalla spiaggia sin da piccolo, ero un montanaro!
    Il mare ti conquista solo se ci stai sopra o sotto, e ci vivi, assapori i momenti belli e quelli tristi duri fino a quando una mattina in servizio di vedetta cominci a capire che i giorni, tra cielo e mare e mare e cielo, non sono mai uguali.
    Il silenzio assordante, le onde che mi portavano lontano con i miei pensieri più belli, e mi sentivo più vicino a DIO; e quel dondolio mi riportava alla mia infanzia, quando percorrevo la valla e poi il sentiero che mi conduceva in vetta, e mi sentivo più vicino a DIO.

    Imbarcai  sul cacciatorpediniere Geniere 555 (ex U.S PRICHETT), appresi gli insegnamenti dei vecchi lupi di mare. Eravamo novanta fratelli,  una grande famiglia allargata come si direbbe oggi, ed ognuno di noi svolgeva un compito ben preciso.
    Il nostromo  ripeteva:
    sarà bene impariate e che gli ordini impartiti siano rigorosamente eseguiti alla lettera perché, se solo uno di voi si sbaglia, provocherebbe una reazione a catena con disastri spiacevoli per voi stessi”.
    Solo allora capii la consapevolezza del dovere: ragionare e ubbidire, una grande famiglia.
    Arrivò il battesimo del mare che quel giorno era ingrossato e nel pomeriggio aveva raggiunto forza 3/4 e a cena forza 6/7; quella notte nessuno dormì, era impossibile.  Ogni ondata era un tuffo nell’abisso per poi ritornare su;  ore interminabili, si “raccava”  in continuazione.
    Le cuccette erano poste a poppa sottocoperta, sotto di noi il deposito munizioni, ma questo non ci dava fastidio…

    In quello sballottamento, il peggio erano sentire le eliche mandate a tutta forza, che giravano piano quando la poppa affondava ma quando ci alzavamo con l’onda sembrava di essere in groppa ad un cavallo imbizzarrito; e le eliche giravano talmente veloci che assomigliavano ad un aereo in fase di decollo.
    Le Bocche di Bonifacio sono sempre state per i marinai il banco di prova. Lo furono anche per me!
    Nelle prime ore del mattino il mare tornò calmo,  l’equipaggio provato dalla navigazione prendeva un boccata d’aria salmastra, e i nostri polmoni erano grati di respirare…
    Oggi, a distanza di anni, mi ricordo e comprendo quando il Nostromo ripeteva:
    “CHI NON CONOSCE TEMPESTA IN MARE NON PUÒ AVERE TIMORE DI DIO”.

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    2.3.1922, Raffaele Vingiani il marinaio di Sant’Antonio da Padova

    di Vincenzo Antonio Vingiani



    PER GRAZIA RICEVUTA

    Raffaele Vingiani, mio padre, era associato alla Sezione Mutilati di guerra di Castellammare di Stabia (Napoli), percepiva due pensioni di guerra che devolveva, per grazia ricevuta, all’Orfanotrofio di S. Antonio di Padova, in quanto sosteneva che una volta affondato la sua nave, nel Mediterraneo, naufrago tra le onde, gli apparve S. Antonio che lo rassicurò dicendogli che da li a poco sarebbero arrivati i soccorsi e infatti, dopo un po’, una nave raccolse i naufraghi e mio padre fu curato dalle numerose ferite in un ospedale militare di Bengasi.

    Incrociatore Montecuccoli copia
    Venni a conoscenza di queste notizie grazie al Presidente dei Mutilati di Guerra, intervenuto al funerale di papà con il loro gagliardetto. Diversamente non l’avrei saputo.
    Era il 29 agosto del 1994.
    Papà, a ciascuno dei cinque figli, ha imposto come secondo nome quello di Antonio o meglio al primo maschio Giovanni Antonio (il nome del nonno paterno); alla secondogenita Maria Antonia (il nome della nonna materna) a me, terzogenito, Vincenzo Antonio per onorare il nonno materno e poi, una volta assolto al doveroso omaggio ai nonni, al quartogenito l’ha chiamato solo Antonio.
Io ho fatto la Prima Comunione da Donna Sciurella (*) sempre per onorare il Santo e il mio vestito da alto ufficiale della Marina fu donato a qualche famiglia bisognosa, ovviamente sempre a nome di Donna Sciurella, che mantenne l’anonimato…

    (*) Donna Sciurella – Fiore- era una signora che gestiva una cappella privata dedicata a Sant’Antonio. Era tollerata dalla chiesa ufficiale per il gran numero di devoti di Castellammare che si recavano a pregare. Curava anche le prime comunioni dei meno abbienti e organizzava pranzi per i poveri specialmente il 13 giugno.

     

    …riceviamo questa segnalazione e pubblichiamo con la precisazione che ci contraddistingue.

    Caro Ezio, relativamente all’emozionante racconto “13 giugno Raffaele Vingiani”, ti volevo evidenziare che potrebbe trattarsi della regia nave  Trento, affondato il 15 giugno 1942? Un carissimo saluto
    Carlo Di Nitto

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    Ugo Caia (Siracusa, 1.3.1917 – Bordo, 1.7.1947)

    di Odette Triacca

    (Siracusa, 1.3.1917 – Bordo, 1.7.1947)

    …riceviamo e con immenso orgoglio e commozione pubblichiamo questa struggente testimonianza.

    Buongiorno Ezio,
    ho bisogno che le scriva la storia di mio zio morto anche lui sul dragamine Panigaglia?
    Comunque io le scrivo brevemente la storia … poi vedrà lei quando ha tempo se pubblicarla sulla rubrica la voce del marinaio.

     


    La storia inizia dai racconti dei miei genitori e da quelli di mia zia Ilva, sorella di mia madre.
    Nel 1947 la zia avrebbe dovuto sposarsi con il suo amato fidanzato Ugo Caia. Essendo incuriosita da quei racconti a me così lontani cominciai  a cercare nel web informazioni più precise. Ebbi la fortuna di avvicinarmi ad uno scrittore che nel suo libro narrava la vita del padre e che scampò alla sciagura perché la sorte aveva deciso diversamente. In seguito conobbi uno storico che aveva curato una rubrica dedicando molte pagine sulla tragedia del dragamine Panigaglia e mi accorsi che sulla lista dei marinai deceduti lo zio Ugo non figurava e, per un errore di trascrizione, il Sergente Ugo Caia, nato a Siracusa il 1/3/1917 e deceduto il 1/7/1947 non presenziava nei deceduti. Finalmente dopo tantissimi anni ho voluto rendere onore al fidanzato di mia zia.

    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/07/1-7-1947-la-nave-panigaglia/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2019/07/1-7-1949-marcello-mastrolorenzo/

     

    Buongiorno signora Odette, è una storia commovente e allo stesso tempo struggente… ma anche una storia d’amore e di carità, la sua! Le prometto che la pubblicherò e li celebreremo, a Dio volendo ogni ricorrenza di nascita/dipartita sulla banca della memoria per non dimenticare mai.
    Un abbraccio a Lei grande come il mare immenso della Misericordia divina e grande come il suo cuore. Ezio
    6.7.2019

    Grazie di cuore Ezio per queste parole, spero che zia e Ugo possano essersi ritrovati .. anche perché mia zia non sé mai più ne sposata ne ha avuto altri amori ha lavorato nella piccola latteria di sua proprietà tutta la vita, avevano tutto pronto dovevano sposarsi ma la sorte non è stata dalla loro parte . GRAZIE INFINITAMENTE.
    Odette
    6.7.2019

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    28.2.1949, viene ceduta la regia nave Ardimentoso

    di Carlo Di Nitto (1)

    … a mio Padre Vincenzo (2), Capitano Superiore di Lungo Corso, guida e maestro di vita, amico sincero, Marinaio insuperabile (8 gennaio 1921 – 19 novembre 1995).

     

    La storia
    L’Ardimentoso, torpediniera di scorta Classe “Ciclone” (n° 16 unità: Ciclone, Ardito, Tifone, Animoso, Fortunale, Groppo, Uragano, Ardente, Monsone, Ardimentoso, Aliseo, Impavido, Impetuoso, Ghibli, Indomito, Intrepido) venne costruita nei cantieri Ansaldo di Sestri.
    Impostata il 18.6.1941, venne varata il 27.6.1942 per essere consegnata alla Regia Marina il 17.12.1942.
    La costruzione di questa classe di torpediniere di scorta fu imposta dall’immediata necessità di potenziare la protezione del traffico con l’Africa settentrionale, compito che altre torpediniere potevano svolgere solo in modo condizionato e con crescente difficoltà.
    Le unità della Classe “Ciclone” rappresentarono un sensibile miglioramento ed ammodernamento di quelle della classe “Pegaso“, dalle quali derivavano. L’armamento previsto dal progetto, elaborato dal Comitato Progetto Navi, potenziò notevolmente il numero ed il calibro delle mitragliere ed ammodernò quello antisommergibile con l’adozione di più efficienti lanciabombe. Alcune unità (tra le quali l’Ardimentoso) ebbero elevato il loro armamento contraereo a ben 12 canne da 20 mm, diventando così dei veri nidi di mitragliere che permettevano una difesa antiaerea ravvicinata decisamente efficiente. L’installazione di moderne apparecchiature di localizzazione subacquea conferirono a queste torpediniere ottime qualità per la caccia ai sommergibili. L’Ardimentoso, con alcune altre unità, fu dotata inoltre di radar che aumentò sensibilmente la sua complessiva efficienza bellica.

    Caratteristiche
    Lunghezza: 87,75 mt.;
    Larghezza: 87,75 mt.;
    Immersione: 9,90 mt;
    Immersione: 3,77 mt (media);
    Dislocamento: 925 tonn. (scarica) e 1652 tonn. (a carico normale);
    Apparato generatore:
    – 2 caldaie Tipo Yarrow con surriscaldatori ed una scorta di combustibile (a carico normale) di 442 tonn. di nafta;
    Apparato Motore:
    – 2 Turbine Tosi – Parsons per complessivi 16.000 HP di potenza e n° 2 eliche
    Velocità: 26 nodi;
    Autonomia:
    – 2800 miglia a 14 nodi; 2140 miglia a 20 nodi; 1400 miglia a 25 nodi;
    Armamento (di progetto):
    – n° 3 cannoni da 100/47 aa. Singoli;
    – n° 6 mitragliere da 20/70 aa. Binate;
    – n° 2 mitragliere da 20/70 aa. Singole;
    – n° 4 Lancia siluri da 450 in complessi binati;
    – n° 4 lanciabombe a.s. di costruzione tedesca;
    Armamento (definitivo):
    – n° 2 cannoni da 100/47 aa. Singoli;
    – n° 1 impianto quadrinato “Bofors” di mitragliere da 20/70 aa.;
    – n° 3 impianti binati di mitragliere da 20/65 aa.;
    – n° 2 impianti singoli di mitragliere da 20/65 aa;.
    – n° 4 Lancia siluri da 450 in complessi binati;
    – n° 4 lanciabombe a.s. di costruzione tedesca;
    – n° 2 tramogge scarica bombe di profondità
    – Radar di scoperta di tipo Tedesco “Dete”;
    Equipaggio: 177 uomini (dei quali n° 7 ufficiali).

    Attività
    All’entrata in servizio, venne assegnata alla 3a. squadriglia torpediniere di scorta e fu inviata a La Spezia per compiere l’addestramento ed ultimare l’installazione di parte delle apparecchiature di tiro e lancio.
    Nell’aprile 1943 iniziò la propria attività bellica con servizi di scorta e rifornimenti di combustibile per la Tunisia e, dopo la caduta di essa in mano anglo – americana, fu adibita alla protezione del traffico nel Medio e Basso Tirreno. Alla proclamazione dell’armistizio l’Ardimentoso aveva compiuto 43 missioni di guerra in zone fortemente contrastate specialmente dall’aviazione avversaria; durante tali missioni abbatté, in due riprese, tre aerei britannici (23 aprile e 12 luglio) e il 24 aprile condusse una decisa azione antisommergibile che sortì certamente il danneggiamento, per quanto non precisato, di una unità subacquea avversaria.
    Alla data dell’armistizio l’Ardimentoso, al comando del Capitano di Corvetta Domenico Ravera, si trovava a La Spezia per iniziare importanti lavori di manutenzione. Per quanto menomata nell’efficienza riuscì ad allontanarsi ed a raggiungere Malta. Durante la co-belligeranza con gli Alleati, effettuò otto missioni speciali lungo le coste albanesi e greche. Durante una di queste missioni (notte del 29 gennaio 1944) recuperò al completo l’equipaggio del sommergibile Axum incagliatosi e poi autodistruttosi nel golfo di Arcadia.
    Il 12 giugno 1944, alle ore 14.20, lasciò Brindisi con la motozattera Mz. 784 a rimorchio. Il punto designato per la missione speciale era a poche miglia da porto Palermo; le due unità vi giunsero poco dopo la mezzanotte e la motozattera alle ore 01.40 era di ritorno sotto il bordo della torpediniera che l’attendeva. Aveva sbarcato soltanto un quarto del materiale non avendo ritenuto prudente trattenersi a lungo per l’avvistamento da terra, avvenuto al tramonto, di quattro motosiluranti tedesche, presumibilmente in crociera di vigilanza; aveva però ricuperato 56 italiani, 63 inglesi di cui 6 ufficiali, 2 americani del Servizio Informazioni ed un albanese. L’Ardimentoso rientrò a Taranto con la motozattera alle 17.35 del 13 giugno.
    Sempre durante la co-belligeranza, disimpegnò inoltre servizio di scorta fra porti nazionali, portando a termine 47 missioni di scorta alle quali debbono aggiungersi due collegamenti speciali con il Grande Lago Amaro per necessità relative alle nostre corazzate colà dislocate.
    Anche dopo la cessazione delle ostilità la torpediniera fu molto attiva per servizi di trasporto materiali e personale fra il Sud ed il Nord; fu inoltre impiegata in missioni di repressione del contrabbando e per esercitazioni addestrative fino alla fine del 1946.
    L’Ardimentoso rimase quindi inattiva a Venezia; nel 1948 fu rimorchiata a Napoli per essere messa in condizioni di venire ceduta all’URSS in conto riparazioni.
    Con la sigla Z 19, la consegna alla Marina sovietica avvenne il 28 febbraio 1949 nel porto di Odessa.

    Motto: Audendun est (bisogna osare)

    Note
    (1) Già Presidente del gruppo di Gaeta dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia
    http://digilander.libero.it/carandin/index.htm

    Dallo stesso autore sul sito
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/01/alfonso-di-nitto/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/01/conchiglia-carlo-di-nitto/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/02/arturo-martini-e-la-beffa-di-buccari/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/02/stella-maris-2/

    Contatti
    http://www.anmigaeta.com
    carandin@iol.it
    carlo.dinitto@libero.it

    (2) Il Guardiamarina Vincenzo Di Nitto fu decorato di Croce di Guerra al Valor Militare “sul campo” con la seguente motivazione:
    Imbarcato su  torpediniera partecipava a numerose, ardite missioni notturne presso costa nemica dando prova di coraggio, abnegazione ed elevato sentimento del dovere
    (Coste Greco Albanese Iugoslave, 21.1.44 – 21.6.44)

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    28.2.1943, affondamento regio sommergibile FR 111

    Giovanni Celeste
    di Sergio Cavacece (*)


    (Messina, 22.1.1905 – Mare, 28.2.1943)

    …il sommergibilista sportivo.

     

    A ROSINELLA CELESTE

    Se a Messina dici “Giovanni Celeste” la gente ti risponde “campo di calcio”.
    E’ vero, a Messina uno dei due stadi dove si gioca a calcio è intitolato a Giovanni Celeste.
    Nato a Messina il 22 gennaio 1905, da giovane si dedica allo sport giocando nella locale società di calcio della U.S. Peloro, nel 1930 si laurea in Discipline Nautiche presso il Regio Istituto Superiore di Napoli.
    Successivamente decide di intraprendere la carriera Militare entrando nella Regia Scuola C.R.E.M. (Corpi Reali Equipaggi Marittimi). Partecipa alla operazioni militari in Spagna e nel 1937, si sposa. La sua carriera militare continua e, come Ufficiale, si imbarcherà su numerose unità di superficie e subacquee, fino a quando nel 1942 subentra al comando del Regio sommergibile Toti in sostituzione del Capitano di Fregata Primo Longobardo, svolgendo numerose missioni di rifornimento tra la madre Patria e l’A.S.
    Agli inizi del 1943 gli viene affidato il suo primo effettivo comando e a bordo del sommergibile FR 111 di preda bellica Francese viene destinato alla base di Augusta.
    Al rientro dall’isola di Lampedusa, intorno alle ore 15,00 del 28 febbraio 1943, l’unità viene sottoposta a mitragliamento e bombardamento da parte di aerei nemici e nel giro di poco tempo il Sommergibile FR 111 con il suo Comandante e l’intero equipaggio affonda al largo del Capo Murro di Porco (Siracusa).
    Il Comandante Tenente di Vascello Giovanni Celeste fu decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare, Medaglia di Bronzo al Valor Militare, Croce di Guerra, Medaglia commemorativa intervento in Spagna, Cavaliere della Corona d’Italia.
    Nel 1948 su delibera del consiglio comunale di Messina, lo stadio di “Gazzi”, inaugurato nel 1932, venne intitolato a Giovanni Celeste.

    REGIO SOMMERGIBILE FR 111 (ex sommergibile francese Phoque)
    a cura Carlo Di Nitto
    Il regio sommergibile FR 111 era stato costruito per la Marine Nationale (marina militare) francese con il nome di Phoque. L’8 dicembre 1942 fu catturato a Biserta unitamente ad altri sommergibili francesi.
    Ribattezzato FR 111 fu l’unico sommergibile francese catturato ad essere effettivamente rimesso in condizioni di operare nella Regia Marina Italiana. Stanziato nella base di Augusta, l’ FR 111 ebbe il tempo di svolgere una sola missione. Era partito dalla base alle ore 15,30 del 27 febbraio 1943 per trasportare materiali e munizioni a Lampedusa. A causa di avaria alle linee d’asse delle eliche, il mattino del 28 chiedeva di rientrare ad Augusta; alle ore 10.40, avuta l’autorizzazione, invertiva la rotta procedendo in superficie su rotte costiere dove fu attaccato all’improvviso da aerei nemici (forse statunitensi). Il mitragliamento e gli spezzoni lanciati causarono gravi falle che provocarono l’affondamento del battello in pochi minuti alle ore 14.45 circa , a miglia 10 per 220° al largo di Capo Murro di Porco (Sicilia).

    ONORE AI CADUTI
    Aniello Aprea, comune
    Antonino Barone, guardiamarina
    Luigi Bottecchia, sergente
    Michele Brero, sergente
    Mario Cali, comune
    Filippo Caruso, capo di terza classe
    Arturo Casolari, sottocapo
    Pietro Castano, sottocapo
    Giovanni Celeste, tenente di vascello (comandante)
    Luigi D’Amora, capo di seconda classe
    Gaetano De Nichili, sergente
    Carmelo Di Bella, tenente del Genio Navale
    Antonio Di Fazio, comune
    Mario Di Ferdinando, comune
    Guerrino Fabri, comune
    Antonio Faggiano, comune
    Giuseppe Fusco, secondo capo
    Raffaele Guarnieri, sottocapo
    Sergio Lonati, guardiamarina
    Duilio Neri, comune
    Francesco Niccoli, sottotenente di vascello
    Enrico Peracchi, sergente
    Francesco Zangari, sergente

    Il comandante Celeste, messinese, trentottenne, che in tempo di pace era stato calciatore e capitano della squadra Unione Sportiva Peloro – tanto da essere scherzosamente soprannominato “il capitano dei capitani” –, lasciò una figlia di quattro anni, Rosinella. Alla sua memoria furono conferite la Medaglia d’Argento e di Bronzo al Valor Militare e la Croce di Guerra al Valor Militare. Messina gli ha intitolato, nel 1948, il proprio stadio di calcio.

    (*) Sergio Cavacece è deceduto il 24.11.2019. Per conoscere gli altri suoi articoli digita, sul motore di ricerca del blog, il suo nome e cognome.

    Luigi D’Amora
    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Nocera Inferiore, 8.9.1903 – Mare, 28.2.1943)

    A ROSINELLA CELESTE

    Luigi D’Amora nasce a Nocera Inferiore l’8.9.1903. Fu Capo Elettricista 1^ classe imbarcato sul regio sommergibile FR 111. Fu insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare – alla Memoria – con la seguente motivazione:
    “Imbarcato su sommergibile attaccato alla superficie da cacciabombardieri avversari e gravemente danneggiato, anziché abbandonare l’unità rimaneva volontariamente a bordo nel disperato tentativo di salvare il battello.
    Si inabissava con il sommergibile, lasciando esempio di elevatissimo sentimento del dovere e di strenuo amore di Patria, spinto fino all’estremo sacrificio” (Acque di Siracusa 28 febbraio 1943 – D.P. 11 aprile 1951 registrato alla Corte dei Conti il 27 novembre 1951, foglio n. 217 del 9 febbraio 1952).
    A Luigi D’Amora è stato dedicato il gruppo Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Nocera Inferiore.

    Antonio Di Fazio
    a cura Carlo Di Nitto

    (Gaeta, 14.9.1922 – Mare, 28.2.1943)

    A ROSINELLA CELESTE

    Il Marinaio motorista Antonio Di Fazio di Giovanni risultò disperso nell’affondamento del regio Sommergibile “FR111”.
    Mare Mediterraneo (al largo di Capo Murro di Porco), 28 febbraio 1943.
    Era nato a Gaeta il 14/09/1922.
    (foto p.g.c. della Famiglia)

    Scomparvero col battello il Comandante, Tenente di Vascello Giovanni Celeste, 4 ufficiali e 18 tra sottufficiali, sottocapi e comuni. Tra questi fu dichiarato disperso il nostro concittadino, marinaio motorista, Di Fazio Antonio di Giovanni, nato il 19/09/1922.
    In questa foto il battello è ripreso quando, con il nome Phoque, ancora navigava sotto la bandiera francese.