Poesie

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Poesie,  Racconti,  Recensioni

    Giuanno, il vecchio marinaio

    di Giovanni Presutti (*)

    Giuanno, il vecchio marinaio. Così lo chiamavano, secondo il vernacolare accento del suo paese d’origine.
    Si era arruolato in Marina e dopo una quarantina di anni di servizio, un po’ a terra e per circa 10 anni su diverse unità navali, una volta andato in pensione si era ritirato nella sua casa a mezza collina a La Maddalena. Me si sentiva sempre in servizio: ogni mattina, specie col vento di scirocco, gli giungevano le note dell’alzabandiera degli edifici militari, e la sera quelli dell’ammaina. Insomma Giugno era anziano ma il solino da marinaio se lo sentiva attaccato alla pelle.
    Certe mattine o di sera, d’estate scendeva alla marina, scalzo. Entrava in acqua fino al ginocchio. Gli piaceva sentire la risacca sugli arti. Per lui era come la richiesta di dialogo con un’antica conoscenza.
    Sulla banchina, il suo bel veliero di un tempo, il Palinuro, con i marinai che ramazzavano a poppa e altri lustravano gli ottoni.
    Contento di averlo rivisto, l’anziano tornò a casa tutto pimpante.
    Una mattina, di ritorno dal porto, Giuanno lasciò cadere sulla poltroncina. Le nipotine subito gli si buttarono sulle ginocchia, gli chiesero il perché degli occhi lucidi.
    Rispose soltanto: “la mia nave non c’è più!”.

    Contattatemi per i miei libri sulla mia pagina Facebook
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    (*) per saperne di più sull’autore, digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    Giovanni Presutti, nato a Campo di Giove, vi trascorre la prima giovinezza fino ai venti anni quando si arruola nella Marina Militare con la specializzazione di segretario.
    Ogni anno in agosto ritorna per un breve periodo alla sua casa paterna.
    Nel corso di circa quarant’anni di servizio , tra diverse destinazioni a terra e imbarchi, approda nell’isola sarda di La Maddalena, dove crea la sua nuova famiglia e vi risiede.
    In Marina frequenta corsi professionali negli Istituti militari, uno a Venezia e due a La Maddalena. Raggiunge il massimo grado di sottufficiale.
    Dedica il suo tempo libero all’approfondimento culturale e all’innata passione per le lettere. Diviene giornalista pubblicista. Ha collaborato per due anni alla pagina culturale del quotidiano “L’Isola” e a diverse riviste specializzate con articoli di critica artistica e letteraria. E’ inserito su svariate antologie e su alcuni libri di scrittori delle epopee garibaldine, del brigantaggio postunitario e di specifici episodi della Seconda Guerra Mondiale. Ha pubblicato quattordici libri. E’ Membro dell’Istituto Internazionale di Studi “G. Garibaldi”, sezione regionale Sardegna. Ha ottenuto diversi riconoscimenti e lusinghiere citazioni su quotidiani, riviste e libri. E’ stato nominato Accademico di Merito “ad honorem” dal “Centro Cultural, Literario, e Artistico” de “O Jornal de Felgueiras” (Portogallo). Nominato Accademico di Merito per meriti acquisiti nel campo delle lettere, dall’Accademia Culturale d’Europa, sezione italiana di Viterbo.

  • Poesie,  Recensioni

    Il pescatore (Luigi Russo)

    Il pescatore
    Luigi Russo (17 febbraio 2009)

    Il pescatore si alzava di notte,
    con la sua barca andava per mare.
    Non v’era pioggia, ne vento, ne onde,
    che il suo coraggio potesse fermare.
    Era felice con la sua barca,
    con le sue reti ed i suoi mulinelli
    di stare solo in mezzo a tant’acqua,
    ed ogni tanto ammirare le stelle.
    Quella è Zodiaco, l’altra è Orione,
    se allungo una mano le posso toccare.
    Ma lui pensava alla stella più bella
    che molto presto potea riabbracciare.
    Oh mio Signore,
    ti sono grato dia avermi dato fatica e sudore,
    ma più di tutto, io ti ringrazio, di avermi fatto trovare l’amore.
    Quando rientrava, stanco e felice, il suo pensiero era uno solo,
    correre a casa, e, finalmente, poter baciare il suo unico amore.
  • Marinai,  Marinai di una volta,  Poesie,  Recensioni

    La preghiera del marinaio di Luciana Villotti

    di Luciana Villotti
    segnalata da Franco La Rosa (*)

    La preghiera del marinaio di
    Luciana Villotti

    Fammi arrivare in porto

    mio Signore,

    c’è mamma che m’aspetta

    sennò je spezzo er core.

    Io sono la sua vita,

    la gioia del tramonto,

    il suo sostegno

    la sua compagnia.

    Salvami Signore,

    fallo per mamma mia.

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  • Attualità,  Per Grazia Ricevuta,  Poesie,  Recensioni,  Storia,  Un mare di amici

    Diego Armando Maradona (Lanús, 30.10.1960 – Tigre, 25.11.2020)

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    LA MANO DI DIO

    (Lanús, 30 ottobre 1960 – Tigre, 25 novembre 2020)

    Cadere e rialzarsi

    La rassegnazione non è una cosa buona,
    non va proprio bene,
    E questo Diego lo sa.

    La sottomissione è una sconfitta,
    e si diventa rassegnati quando si sente
    che tutto è senza speranza,
    che niente è possibile.
    E questo Diego lo sa.

    Il desiderio è vita e
    la vita è ancora là…
    E questo Diego lo sa.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Poesie,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    23 ottobre – 4 novembre 1942 ad El Alamein è proprio vero: mancò la fortuna non il valore!

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra



    …Mancò la fortuna, non il valore, scrisse un bersagliere a 111 chilometri dalla città di Alessandria (23.10 – 4.11.1942).

    El Alamein dista circa 148 Km ad est di Marsa Matrouh e 104 Km ad ovest da Alessandria d’Egitto ed è stata denominata secondo il nome di una pietra che si trova tra la ferrovia e la costa del mare che si chiama Tel El Alamein (la collina delle vette gemelle). Tutto intorno si estende la vasta pianura desertica sulla quale si svolsero le già citate battaglie. In questa area sorgono i sacrari militari del Commonwealt (che raccoglie 7367 tombe di soldati della Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa, Grecia, Francia, India e Malaysia oltre i nomi di 11945 soldati i cui corpi non sono mai stati ritrovati e che sono elencati sui muri dell’ingresso); del cimitero greco; del cimitero tedesco (che raccoglie i corpi di 4.280 martiri) e del cimitero italiano (dove sono raccolte le spoglie mortali di 4.634 caduti dei quali 2.447 identificati e 2.187 ignoti, lungo il viale d’ingresso al sacrario è situato il cimitero degli Ascari libici dove riposano nell’annessa moschea 228 caduti e, nel 1960 è stato inoltre consacrato un sacello nel quale sono state raccolte le spoglie di 100 operai italiani periti nella costruzione delle grandi dighe egiziane di Assuan, Edfina ed Esme).
 La ricerca e l’esumazione delle salme fu particolarmente ardua e complessa a causa degli estesi campi minati, ancora efficienti, che provocarono la morte di 7 collaboratori indigeni. La raccolta delle salme venne completata a cura di una delegazione di Onorcaduti guidata dall’indomabile abnegazione del Ten. Col Paolo Caccia Dominoni. Oggi la custodia del sacrario è affidata ad un sottufficiale italiano che si avvale dell’aiuto di 4 collaboratori del posto per i lavori di manutenzione.


    Da luglio a novembre 1942, 54.000 soldati italiani e 50.000 tedeschi, con 500 carri armati, 100 cannoni e 240 aerei da combattimento, guidati dal Generale Ervin Rommel, combatterono per superare uno sbarramento di 195.000 uomini dell’Ottava Armata Britannica, comandata dal Generale Montgomery, con 1.000 carri e quasi altrettanti aerei; 17.000 uomini morirono nel deserto di El Alamein, quasi 5.000 italiani – tra cui Marò del Battaglione San Marco – oltre 4.000 tedeschi e 8.000 britannici.

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    Le tre battaglie di El Alamein furono sostanzialmente una guerra di sfinimento reciproco, tra due opposti schieramenti: da un lato le truppe dell’Africa Korps e il Secondo Corpo d’Armata italiano, dall’altro le truppe Britanniche, ben consce della propria prevalenza aerea e navale, che potevano contare su un flusso sempre crescente di rifornimenti, di artiglieria e di mezzi corazzati.
 Per contro le forze dell’Asse furono costrette ad una guerra di logoramento, a causa del rallentato afflusso di rinforzi e rifornimenti.
 Ad El Alamein esisteva una grossa postazione difensiva, su un fronte lungo 60 chilometri, dove gli inglesi avevano potuto schierare truppe dalla Siria, lontane dal teatro di operazioni; all’altezza di El Alamein il deserto egiziano si restringe fra il mare e la depressione di El Kattara: questi enormi ciglioni sabbiosi costituiscono un’importante difesa naturale, che si dimostrò impenetrabile alle truppe dell’Asse. 
Nei mesi di luglio ed agosto del 1942 le forze di Rommel tentarono di stroncare le difese, ma furono respinte e persero terreno.

    
Le due armate rafforzarono le rispettive difese con trincee facendo un largo impiego di campi minati, anticarro ed anti uomo, molto estesi e molto profondi, in attesa dell’ultima battaglia.
 Lo scontro principale iniziò il 3 ottobre su un fronte di dieci chilometri: gli alleati avanzarono lentamente e la durissima lotta durò 12 giorni durante i quali migliaia di uomini, da tutte due le parti persero la vita.
Il 3 novembre, costrette dalla mancanza di rifornimenti e rinforzi ad una estenuante gara di ardimenti e sacrifici, le forze dell’Asse si ritirarono. La forte disparità numerica delle forze in campo nei due schieramenti risultò condizionante.

    El Alamein, quei ricordi indelebili
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Mi accade spesso di viaggiare con la fantasia fra ricordi ed avvenimenti lontani, esperienze personali vissute o immagini irreali che si proiettano sullo schermo della mia mente. Immagini che si sovrappongono, si rincorrono, si combinano per caso fra loro in una sequenza scenica, come dentro un film. Ci sono luoghi, ricordi, emozioni ma soprattutto persone che è impossibile cancellare dalla propria memoria e dai propri cuori. Queste persone indimenticabili le guardo negli occhi e loro fanno lo stesso con me. Non c’è bisogno di dialogo tra di noi, nasce quel che si dice “feeling”. Nascono così affinità elettive tra individui.
 Queste sensazioni forti le ho provate la prima volta che ho visitato il Sacrario di El Alamein durante la cerimonia commemorativa del 61° anniversario scrutando negli occhi dei compagni di viaggio, dei reduci di guerra e parenti e, soprattutto, nella folta compagine di giovani presenti, ascoltando le loro storie e le loro sensazioni per percepirne le più recondite emozioni.
Parlare o scrivere di El Alamein è difficile, significa ricordare degli uomini entrati ormai nella legenda.

    Uomini veri le cui odissee personali hanno contribuito a formare la grande drammatica epopea della gloriosa divisione sul fronte dell’Africa settentrionale. Soldati uomini apparentemente come tutti gli altri ma che più degli altri seppero accettare il loro destino e che pur consci dell’impossibilità del ritorno dalle infuocate sabbie del deserto, opposero alla sorte segnata, la dignità ed il coraggio dei veri uomini.
 Sacrifici e sofferenze vissuti in nome dell’idea di Patria che esula dalla retorica ma concetto che è forma mentis di uomini provenienti sì da situazioni ambientali, culturali, societarie diverse ma legati sempre fra loro da indissolubili esperienze comuni, da indomabile spirito di corpo.

    Senza ombra di retorica, il nostro Esercito scrisse ad El Alamein una pagina memorabile di dedizione e di eroismo e acquisì un patrimonio morale e spirituale che appartiene all’intero popolo italiano e che va consegnato alle nuove generazioni di oggi.
Queste nuove generazioni erano con noi ufficiali e sottufficiali più anziani a celebrare una pagina di storia che conoscevamo solo perché studiata sui libri di testo. Tra essi una delegazione di studenti vincitori di un concorso a tema indetto dalla Provincia di Novara e una delegazione interforze formata anche da giovani ufficiali, sottufficiali e personale della truppa.
    Durante la cerimonia scrutavo attentamente gli occhi delle autorità presenti, dei reduci e dei loro familiari, di Rasoul anziano custode del Sacrario e del suo giovane aiutante. Percepivo nel loro sguardo dolore misto a commozione. Alla fine della cerimonia non abbiamo scambiato nemmeno una parola, sarebbe stato superfluo. 
Porterò nel mio cuore il ricordo degli occhi affranti di Luca, Enrico, George, Gabriele, Antonio, Alessandro Fabrizio e Carmelo giovani militari di carriera. Loro, domani da questa esperienza trarranno insegnamento e stimolo a meglio operare in tempo di pace perché hanno capito che “una Nazione senza memoria storica non si aspetti un avvenire”.

    U surdatu scurdatu (El Alamein)

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    El Alamein, 12 ottobre 2003

    ANNANZI A MMIA C’E’ LU MARI.
    ANNANZI A MMIA
    C’E’ SEMPRE TEMPU E LIBERTA’,
    MA QUANTU MARI, VENTU, FOCU
    E MARI SENZA PIETA’.

    TERRA MIA
    QUANTU AJU ASPITTARI
    PRIMA DI TURNARI?
    TURNARI VIVU MAGARI,
    PRIMA CA SCINNI LU SULI.

    TENENTE QUANNU VENI
    L’URA DI TURNARI?
    ARRERI A MMIA C’E’ L’AFRICA
    E ANNANZI SI IAPRI LU MUNNU
    E A LIBERTA’
    … MA C’E’ LU MARI.

    TENENTI MIU
    QUANTU AJU ASPITTARI
    PRIMA DI TURNARI?

    TERRA MIA
    DI JORNU TI PENSU
    E DI NOTTI TI SOGNU,
    MA QUANTU MARI,
    VENTU, FOCU E…
    MARI SENZA PIETA’.

    JE’ L’URA DI TURNARI,
    TURNARI VIVI MAGARI,
    PRIMA CA SCINNI LU SULI.

    ARRERI A MMIA C’E’ L’AFRICA,
    LU VENTU, LU FOCU E
    ANNANZI C’E’ NA STRADA LONGA,
    FATTA DI ACQUA E SALI
    CA SI CHIAMA
    MARI: …MARI SENZA PIETA’!

    TENENTE BEDDU
    RIMMI CA JE’ ARRIVATA
    L’URA DI TURNARI.

    TURNARI VIVI
    PRIMA CA CALA LU SULI
    O CA MI MANCIA

    LU FOCU, LA RRINA O LU …MARI.

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    El Alamein, 12 ottobre 2003

    Da luglio a novembre 1942, 54.000 soldati italiani e 50.000  tedeschi, con 500 carri armati, 100 cannoni e 240 aerei da combattimento, guidati dal Generale Ervin Rommel, combatterono per superare uno sbarramento di 195.000 uomini dell’Ottava Armata Britannica, comandata dal Generale Montgomery, con 1.000 carri e quasi altrettanti aerei; 17.000 uomini morirono nel deserto di El Alamein, quasi 5.000 italiani – tra cui Marò del Battaglione San Marco – oltre 4.000 tedeschi e 8.000 britannici.

    Le tre battaglie di El Alamein furono sostanzialmente una guerra di sfinimento reciproco, fra due opposti schieramenti: da un lato le truppe dell’Africa Korps e il Secondo Corpo d’Armata italiano, dall’altro le truppe Britanniche, ben conscie della propria prevalenza aerea e navale, che potevano contare su un flusso sempre crescente di rifornimenti, di artiglieria e di mezzi corazzati.

    Per contro le forze dell’Asse furono costrette ad una guerra di logoramento, a causa del rallentato afflusso di rinforzi e rifornimenti.

    Ad El Alamein esisteva una grossa postazione difensiva, su un fronte lungo 60 chilometri, dove gli inglesi avevano potuto schierare truppe dalla Siria, lontane dal teatro di operazioni; all’altezza di El Alamein il deserto egiziano si restringe fra il mare e la depressione di El Kattara: questi enormi ciglioni sabbiosi costituiscono un’importante difesa naturale, che si dimostrò impenetrabile alle truppe dell’Asse.

    Nei mesi di luglio ed agosto del 1942 le forze di Rommel tentarono di stroncare le difese, ma furono respinte e persero terreno.

    Le due armate rafforzarono le rispettive difese con trincee facendo un largo impiego di campi minati, anticarro ed anti uomo, molto estesi e molto profondi, in attesa dell’ultima battaglia.

    Lo scontro principale iniziò il 3 ottobre su un fronte di dieci chilometri: gli alleati avanzarono lentamente e la durissima lotta durò 12 giorni durante i quali migliaia di uomini, da tutte due le parti persero la vita.

    Il 3 novembre, costrette dalla mancanza di rifornimenti e rinforzi ad una estenuante gara di ardimenti e sacrifici, le forze dell’Asse si ritirarono. La forte disparità numerica delle forze in campo nei due schieramenti risultò condizionante.

    El Alamein dista circa 148 Km ad est di Marsa Matrouh e 104 Km ad ovest da Alessandria d’Egitto ed è stata denominata secondo il nome di una pietra che si trova tra la ferrovia e la costa del mare che si chiama Tel El Alamein (la collina delle vette gemelle). Tutto intorno si estende la vasta pianura desertica sulla quale si svolsero le già citate battaglie. In questa area sorgono i sacrari militari del Commonwealt (che raccoglie 7367 tombe di soldati della Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa, Grecia, Francia, India e Malaysia oltre i nomi di 11945 soldati  i cui corpi non sono mai stati ritrovati e che sono elencati sui muri dell’ingresso); del cimitero greco; del cimitero tedesco (che raccoglie i corpi di 4.280 martiri) e del cimitero italiano (dove sono raccolte le spoglie mortali di 4.634 caduti dei quali 2.447 identificati e 2.187 ignoti, lungo il viale d’ingresso al sacrario è situato il cimitero degli Ascari libici dove riposano nell’annessa moschea 228 caduti e, nel 1960 è stato inoltre consacrato un sacello nel quale sono state raccolte le spoglie di 100 operai italiani periti nella costruzione delle grandi dighe egiziane di Assuan, Edfina ed Esme).

    La ricerca e l’esumazione delle salme fu particolarmente ardua e complessa a causa degli estesi campi minati, ancora efficienti, che provocarono la morte di 7 collaboratori indigeni. La raccolta delle salme  venne completata a cura di una delegazione di Onorcaduti guidata dall’indomabile abnegazione del Ten. Col Paolo Caccia Dominoni.

     

    Oggi la custodia  del sacrario è affidata ad un sottufficiale italiano che si avvale dell’aiuto di 4 collaboratori del posto per i lavori di manutenzione.

    Mancò la fortuna, non il valore, scrisse un bersagliere a 111 chilometri dalla città di Alessandria.