Poesie

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    23 ottobre – 4 novembre 1942 ad El Alamein è proprio vero: mancò la fortuna non il valore!

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra



    …Mancò la fortuna, non il valore, scrisse un bersagliere a 111 chilometri dalla città di Alessandria (23.10 – 4.11.1942).

    El Alamein dista circa 148 Km ad est di Marsa Matrouh e 104 Km ad ovest da Alessandria d’Egitto ed è stata denominata secondo il nome di una pietra che si trova tra la ferrovia e la costa del mare che si chiama Tel El Alamein (la collina delle vette gemelle). Tutto intorno si estende la vasta pianura desertica sulla quale si svolsero le già citate battaglie. In questa area sorgono i sacrari militari del Commonwealt (che raccoglie 7367 tombe di soldati della Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa, Grecia, Francia, India e Malaysia oltre i nomi di 11945 soldati i cui corpi non sono mai stati ritrovati e che sono elencati sui muri dell’ingresso); del cimitero greco; del cimitero tedesco (che raccoglie i corpi di 4.280 martiri) e del cimitero italiano (dove sono raccolte le spoglie mortali di 4.634 caduti dei quali 2.447 identificati e 2.187 ignoti, lungo il viale d’ingresso al sacrario è situato il cimitero degli Ascari libici dove riposano nell’annessa moschea 228 caduti e, nel 1960 è stato inoltre consacrato un sacello nel quale sono state raccolte le spoglie di 100 operai italiani periti nella costruzione delle grandi dighe egiziane di Assuan, Edfina ed Esme).
 La ricerca e l’esumazione delle salme fu particolarmente ardua e complessa a causa degli estesi campi minati, ancora efficienti, che provocarono la morte di 7 collaboratori indigeni. La raccolta delle salme venne completata a cura di una delegazione di Onorcaduti guidata dall’indomabile abnegazione del Ten. Col Paolo Caccia Dominoni. Oggi la custodia del sacrario è affidata ad un sottufficiale italiano che si avvale dell’aiuto di 4 collaboratori del posto per i lavori di manutenzione.


    Da luglio a novembre 1942, 54.000 soldati italiani e 50.000 tedeschi, con 500 carri armati, 100 cannoni e 240 aerei da combattimento, guidati dal Generale Ervin Rommel, combatterono per superare uno sbarramento di 195.000 uomini dell’Ottava Armata Britannica, comandata dal Generale Montgomery, con 1.000 carri e quasi altrettanti aerei; 17.000 uomini morirono nel deserto di El Alamein, quasi 5.000 italiani – tra cui Marò del Battaglione San Marco – oltre 4.000 tedeschi e 8.000 britannici.

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    Le tre battaglie di El Alamein furono sostanzialmente una guerra di sfinimento reciproco, tra due opposti schieramenti: da un lato le truppe dell’Africa Korps e il Secondo Corpo d’Armata italiano, dall’altro le truppe Britanniche, ben consce della propria prevalenza aerea e navale, che potevano contare su un flusso sempre crescente di rifornimenti, di artiglieria e di mezzi corazzati.
 Per contro le forze dell’Asse furono costrette ad una guerra di logoramento, a causa del rallentato afflusso di rinforzi e rifornimenti.
 Ad El Alamein esisteva una grossa postazione difensiva, su un fronte lungo 60 chilometri, dove gli inglesi avevano potuto schierare truppe dalla Siria, lontane dal teatro di operazioni; all’altezza di El Alamein il deserto egiziano si restringe fra il mare e la depressione di El Kattara: questi enormi ciglioni sabbiosi costituiscono un’importante difesa naturale, che si dimostrò impenetrabile alle truppe dell’Asse. 
Nei mesi di luglio ed agosto del 1942 le forze di Rommel tentarono di stroncare le difese, ma furono respinte e persero terreno.

    
Le due armate rafforzarono le rispettive difese con trincee facendo un largo impiego di campi minati, anticarro ed anti uomo, molto estesi e molto profondi, in attesa dell’ultima battaglia.
 Lo scontro principale iniziò il 3 ottobre su un fronte di dieci chilometri: gli alleati avanzarono lentamente e la durissima lotta durò 12 giorni durante i quali migliaia di uomini, da tutte due le parti persero la vita.
Il 3 novembre, costrette dalla mancanza di rifornimenti e rinforzi ad una estenuante gara di ardimenti e sacrifici, le forze dell’Asse si ritirarono. La forte disparità numerica delle forze in campo nei due schieramenti risultò condizionante.

    El Alamein, quei ricordi indelebili
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Mi accade spesso di viaggiare con la fantasia fra ricordi ed avvenimenti lontani, esperienze personali vissute o immagini irreali che si proiettano sullo schermo della mia mente. Immagini che si sovrappongono, si rincorrono, si combinano per caso fra loro in una sequenza scenica, come dentro un film. Ci sono luoghi, ricordi, emozioni ma soprattutto persone che è impossibile cancellare dalla propria memoria e dai propri cuori. Queste persone indimenticabili le guardo negli occhi e loro fanno lo stesso con me. Non c’è bisogno di dialogo tra di noi, nasce quel che si dice “feeling”. Nascono così affinità elettive tra individui.
 Queste sensazioni forti le ho provate la prima volta che ho visitato il Sacrario di El Alamein durante la cerimonia commemorativa del 61° anniversario scrutando negli occhi dei compagni di viaggio, dei reduci di guerra e parenti e, soprattutto, nella folta compagine di giovani presenti, ascoltando le loro storie e le loro sensazioni per percepirne le più recondite emozioni.
Parlare o scrivere di El Alamein è difficile, significa ricordare degli uomini entrati ormai nella legenda.

    Uomini veri le cui odissee personali hanno contribuito a formare la grande drammatica epopea della gloriosa divisione sul fronte dell’Africa settentrionale. Soldati uomini apparentemente come tutti gli altri ma che più degli altri seppero accettare il loro destino e che pur consci dell’impossibilità del ritorno dalle infuocate sabbie del deserto, opposero alla sorte segnata, la dignità ed il coraggio dei veri uomini.
 Sacrifici e sofferenze vissuti in nome dell’idea di Patria che esula dalla retorica ma concetto che è forma mentis di uomini provenienti sì da situazioni ambientali, culturali, societarie diverse ma legati sempre fra loro da indissolubili esperienze comuni, da indomabile spirito di corpo.

    Senza ombra di retorica, il nostro Esercito scrisse ad El Alamein una pagina memorabile di dedizione e di eroismo e acquisì un patrimonio morale e spirituale che appartiene all’intero popolo italiano e che va consegnato alle nuove generazioni di oggi.
Queste nuove generazioni erano con noi ufficiali e sottufficiali più anziani a celebrare una pagina di storia che conoscevamo solo perché studiata sui libri di testo. Tra essi una delegazione di studenti vincitori di un concorso a tema indetto dalla Provincia di Novara e una delegazione interforze formata anche da giovani ufficiali, sottufficiali e personale della truppa.
    Durante la cerimonia scrutavo attentamente gli occhi delle autorità presenti, dei reduci e dei loro familiari, di Rasoul anziano custode del Sacrario e del suo giovane aiutante. Percepivo nel loro sguardo dolore misto a commozione. Alla fine della cerimonia non abbiamo scambiato nemmeno una parola, sarebbe stato superfluo. 
Porterò nel mio cuore il ricordo degli occhi affranti di Luca, Enrico, George, Gabriele, Antonio, Alessandro Fabrizio e Carmelo giovani militari di carriera. Loro, domani da questa esperienza trarranno insegnamento e stimolo a meglio operare in tempo di pace perché hanno capito che “una Nazione senza memoria storica non si aspetti un avvenire”.

    U surdatu scurdatu (El Alamein)

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    El Alamein, 12 ottobre 2003

    ANNANZI A MMIA C’E’ LU MARI.
    ANNANZI A MMIA
    C’E’ SEMPRE TEMPU E LIBERTA’,
    MA QUANTU MARI, VENTU, FOCU
    E MARI SENZA PIETA’.

    TERRA MIA
    QUANTU AJU ASPITTARI
    PRIMA DI TURNARI?
    TURNARI VIVU MAGARI,
    PRIMA CA SCINNI LU SULI.

    TENENTE QUANNU VENI
    L’URA DI TURNARI?
    ARRERI A MMIA C’E’ L’AFRICA
    E ANNANZI SI IAPRI LU MUNNU
    E A LIBERTA’
    … MA C’E’ LU MARI.

    TENENTI MIU
    QUANTU AJU ASPITTARI
    PRIMA DI TURNARI?

    TERRA MIA
    DI JORNU TI PENSU
    E DI NOTTI TI SOGNU,
    MA QUANTU MARI,
    VENTU, FOCU E…
    MARI SENZA PIETA’.

    JE’ L’URA DI TURNARI,
    TURNARI VIVI MAGARI,
    PRIMA CA SCINNI LU SULI.

    ARRERI A MMIA C’E’ L’AFRICA,
    LU VENTU, LU FOCU E
    ANNANZI C’E’ NA STRADA LONGA,
    FATTA DI ACQUA E SALI
    CA SI CHIAMA
    MARI: …MARI SENZA PIETA’!

    TENENTE BEDDU
    RIMMI CA JE’ ARRIVATA
    L’URA DI TURNARI.

    TURNARI VIVI
    PRIMA CA CALA LU SULI
    O CA MI MANCIA

    LU FOCU, LA RRINA O LU …MARI.

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    El Alamein, 12 ottobre 2003

    Da luglio a novembre 1942, 54.000 soldati italiani e 50.000  tedeschi, con 500 carri armati, 100 cannoni e 240 aerei da combattimento, guidati dal Generale Ervin Rommel, combatterono per superare uno sbarramento di 195.000 uomini dell’Ottava Armata Britannica, comandata dal Generale Montgomery, con 1.000 carri e quasi altrettanti aerei; 17.000 uomini morirono nel deserto di El Alamein, quasi 5.000 italiani – tra cui Marò del Battaglione San Marco – oltre 4.000 tedeschi e 8.000 britannici.

    Le tre battaglie di El Alamein furono sostanzialmente una guerra di sfinimento reciproco, fra due opposti schieramenti: da un lato le truppe dell’Africa Korps e il Secondo Corpo d’Armata italiano, dall’altro le truppe Britanniche, ben conscie della propria prevalenza aerea e navale, che potevano contare su un flusso sempre crescente di rifornimenti, di artiglieria e di mezzi corazzati.

    Per contro le forze dell’Asse furono costrette ad una guerra di logoramento, a causa del rallentato afflusso di rinforzi e rifornimenti.

    Ad El Alamein esisteva una grossa postazione difensiva, su un fronte lungo 60 chilometri, dove gli inglesi avevano potuto schierare truppe dalla Siria, lontane dal teatro di operazioni; all’altezza di El Alamein il deserto egiziano si restringe fra il mare e la depressione di El Kattara: questi enormi ciglioni sabbiosi costituiscono un’importante difesa naturale, che si dimostrò impenetrabile alle truppe dell’Asse.

    Nei mesi di luglio ed agosto del 1942 le forze di Rommel tentarono di stroncare le difese, ma furono respinte e persero terreno.

    Le due armate rafforzarono le rispettive difese con trincee facendo un largo impiego di campi minati, anticarro ed anti uomo, molto estesi e molto profondi, in attesa dell’ultima battaglia.

    Lo scontro principale iniziò il 3 ottobre su un fronte di dieci chilometri: gli alleati avanzarono lentamente e la durissima lotta durò 12 giorni durante i quali migliaia di uomini, da tutte due le parti persero la vita.

    Il 3 novembre, costrette dalla mancanza di rifornimenti e rinforzi ad una estenuante gara di ardimenti e sacrifici, le forze dell’Asse si ritirarono. La forte disparità numerica delle forze in campo nei due schieramenti risultò condizionante.

    El Alamein dista circa 148 Km ad est di Marsa Matrouh e 104 Km ad ovest da Alessandria d’Egitto ed è stata denominata secondo il nome di una pietra che si trova tra la ferrovia e la costa del mare che si chiama Tel El Alamein (la collina delle vette gemelle). Tutto intorno si estende la vasta pianura desertica sulla quale si svolsero le già citate battaglie. In questa area sorgono i sacrari militari del Commonwealt (che raccoglie 7367 tombe di soldati della Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa, Grecia, Francia, India e Malaysia oltre i nomi di 11945 soldati  i cui corpi non sono mai stati ritrovati e che sono elencati sui muri dell’ingresso); del cimitero greco; del cimitero tedesco (che raccoglie i corpi di 4.280 martiri) e del cimitero italiano (dove sono raccolte le spoglie mortali di 4.634 caduti dei quali 2.447 identificati e 2.187 ignoti, lungo il viale d’ingresso al sacrario è situato il cimitero degli Ascari libici dove riposano nell’annessa moschea 228 caduti e, nel 1960 è stato inoltre consacrato un sacello nel quale sono state raccolte le spoglie di 100 operai italiani periti nella costruzione delle grandi dighe egiziane di Assuan, Edfina ed Esme).

    La ricerca e l’esumazione delle salme fu particolarmente ardua e complessa a causa degli estesi campi minati, ancora efficienti, che provocarono la morte di 7 collaboratori indigeni. La raccolta delle salme  venne completata a cura di una delegazione di Onorcaduti guidata dall’indomabile abnegazione del Ten. Col Paolo Caccia Dominoni.

     

    Oggi la custodia  del sacrario è affidata ad un sottufficiale italiano che si avvale dell’aiuto di 4 collaboratori del posto per i lavori di manutenzione.

    Mancò la fortuna, non il valore, scrisse un bersagliere a 111 chilometri dalla città di Alessandria.

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    4 ottobre San Francesco Patrono d’Italia

    a cura Marinaio di Spirito Santo

    Dolce è sentireCome nel mio cuoreOra umilmenteSta nascendo amore
    Dolce è capireChe non son più soloMa che son parteDi un’immensa vita
    Che generosaRisplende intorno a meDono di LuiDel suo immenso amor
    Dono di LuiDel suo immenso amorDono di LuiDel suo immenso amor
    Sia laudatoNostro SignoreChe ha creatoL’universo intero
    Sia laudatoNostro SignoreNoi tutti siamoSue creature
    Dono di LuiDel Suo immenso amoreBeato chi Lo serve in umiltà
    FILM COMPLETO
    San Francesco 
    Guarda San Francesco
    Sul suo cammino
    A piedi nudi
    Il poverino
    Dorme la notte
    Presso il mulino
    Divide il pane
    Col contadino
    Guarda San Francesco
    Che va bel bello
    E non ha niente
    Nel suo fardello
    Saluta il vento
    Buon giorno amico
    E dice al fuoco
    Sei mio fratello
    Guarda San Francesco
    Sul suo cammino
    Che porta in braccio
    Gesù Cristino
    Inventa giochi per il Bambino
    Racconta favole all’uccellino
    Guarda San Francesco
    Sul suo cammino
    Guarda San Francesco
    Guarda San Francesco Francesco
    Guarda San Francesco
    Guarda San Francesco
    Sul suo cammino
    Vinicius De Moraes Sergio Endrigo Sergio Bardotti
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    26.9.2020, Aurelio Visalli

    di Giorgio Gianoncelli (*)

     

    Aurelio Visalli
    di Giorgio Gianoncelli (*)
    Mazzara del Vallo 26.09.2020

    Irrompe sulla spiaggia
    L’onda
    E la spinge il vento
    Fischiano le sirene
    Giovani  bagnanti
    Si buttano al richiamo
    Battono
    le sartie sugli alberi

    Come petulanti campanelli
    Si tuffano gli Arditi del mare
    Agguantano i pericolanti
    Soffocato
    L’Audace uomo di mare
    Dall’onda violenta
    Il mare
    Trattiene la sua vita
    E rimanda a noi lo spirito
    Con l’inerte suo corpo.


    Nave Aurelio Visalli
    di Capitaneria di Porto di Messina Autorità Marittima dello Stretto

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome. Giorgio Gianoncelli è deceduto il 7.9.2022.