Pittori di mare

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    24.3.1928, varo del regio sommergibile Giovanni Bausan

    di Adriano Di Nitto, Carlo Di Nitto e Antonio Cimmino (*)

    Caratteristiche tecniche
    Cantiere: C.N.T. – Monfalcone
    Impostazione: 20.1.1926
    Varo: 24.3.1928
    Consegna: 15.9.1929
    Consegna bandiera di combattimento: 4.11.1929
    Disarmo: 18.5.1942
    Radiazione: 18.10.1946
    Dislocamento. 880,178 t (in superficie) – 1058,093 t (in immersione)
    Dimensioni: Lunghezza 68,2 mt – Larghezza 6,088 mt – immersione  4,848
    Apparato Motore : 2 Motori Diesel Tosi – 2 Motori Elettrici C.G.E.
    Potenza: motori a scoppio: 2700 hp – motori Elettrici: 1100 hp
    Velocità massima: 15 nodi (superficie) – 8,2 nodi (immersione)
    Autonomia: 4200 miglia a 9 nodi (superficie) –  8,2 miglia a 8,2 nodi (immersione)
    Armamento: 4 Tls da 533 mm Ant. – 2 Tls da 533 mm Post.  – 1 cannone da 102/35 mm – 2 mitragliere da 13,2 mm 168 proiettili per cannone
    Equipaggio: 5 ufficiali, 44 (tra sottufficiali e marinai)
    Motto: ” Per maria per hostes” (Per i mari in cerca del nemico)
    fonti bibliografiche e fotografiche:
    “Sommergibili italiani” – di A. Turrini/O.Mozzi – U.S.M.M.

    Consegna della bandiera di combattimento al regio sommergibile “Giovanni Bausan” avvenuta a Gaeta il 4/11/1929.
    Foto scattata da Torquato Ciacchi e per gentile concessione della famiglia nella persona di Giovanna Ciacchi.
    Per curiosità, la Madrina del sommergibile “Giovanni Bausan” fu la signora Riccio-Alleva, mentre il comandante che la accolse fu il Capitano di Corvetta Fontana.


    Giovanni Bausan
    di Antonio Cimmino e Carlo Di Nitto

    …e l’ammiraglio Francesco Caracciolo.

    Un mese prima dell’instaurazione della Repubblica napoletana, all’arrivo dei francesi in città il 21 dicembre 1798, il re Ferdinando IV con tutta la famiglia e i suoi ministri, scappò da Napoli a Palermo imbarcandosi sul Vanguard, vascello al comando di Orazio Nelson. Il monarca del Regno delle Due Sicilie preferì la nave inglese al Sannita, il vascello napoletano comandato dall’ammiraglio Francesco Caracciolo. La consistente flotta borbonica, su subdolo suggerimento inglese, fu fatta incendiare nel porto di Napoli e nell’arsenale di Castellammare di Stabia, per non farla cadere nelle mani dei francesi.

    La traversata fu caratterizzata da una violenta tempesta che si protrasse fino all’imbocco della rada di Palermo. Nelson non riusciva a governare la nave per entrare in porto. Caracciolo, invece, con perfetta padronanza della situazione attraccò con un’ardita manovra a Palermo. Egli mandò Giovanni Bausan di Gaeta, comandante della corvetta Aurora che si trovava in rada, in aiuto della nave inglese in difficoltà. Il Bausan con una piccola imbarcazione sfidando i marosi, si portò sul Vanguard e, assunto il comando, lo pilotò fino al molo. Il re, che aveva preferito il grande ammiraglio inglese, suggeritogli anche dal ministro John Acton, elogiò pubblicamente il suo ammiraglio davanti ad un Nelson furibondo. Caracciolo si congedò dalla Marina e tornò a Napoli ove fu convinto ad aderire alla Repubblica assumendo il comando della sua piccolissima flotta composta di qualche fregata e barche cannoniere. Anche Bausan seguì il suo ammiraglio nella sfortunata avventura repubblicana.


    La perizia marinaresca del Caracciolo che aveva umiliato il baldanzoso Nelson considerato il miglior ammiraglio del Mediterraneo, generò un odio profondo dell’inglese nei confronti del napoletano.
    Quando la Repubblica fu sconfitta nel mese di giugno del 1799, il Caracciolo fu processato per tradimento e condannato a morte. A presiedere la corte marziale fu proprio Nelson che non volle ascoltare la richiesta del Caracciolo di essere fucilato. Egli per oltraggiarlo lo fece impiccare al pennone dell’albero di trinchetto della corvetta Minerva, la nave che era stata comandata proprio dal Caracciolo. Al marinaio che, piangendo indugiava a mettergli il cappio intorno al collo Caracciolo lo esortò dicendogli “Sbrigati: è ben grazioso che, mentre io debbo morire, tu debbi piangere”.

    Dopo l’impiccagione il corpo, per ulteriore sfregio, venne gettato in mare. Solo dopo alcuni giorni il cadavere, gonfio d’acqua, riemerse sotto il vascello Foudroyant, la nave ammiraglia di Nelson ove era ospite Ferdinando IV, da poco arrivata dalla Sicilia. Alla spettrale scena assistette anche Emma Hamilton l’amante di Nelson e l’ambasciatore inglese William Hamilton.


    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2016/06/il-processo-allammiraglio-francesco-caracciolo/

    A proposito di Giovanni Bausan
    di Carlo Di Nitto

    Il gaetano Giovanni Bausan avrebbe poi avuto occasione, in altre e diverse circostanze, di umiliare i superbi inglesi con la sua perizia marinaresca. Di seguito il quadro, conservato nella Reggia di Caserta; raffigurante il re Gioacchino Murat che, sul ponte della fregata Cerere, si congratula con il Bausan e i suoi marinai, vittoriosi sui “figli di Albione, dopo la seconda battaglia del “Canale di Procida” del 26 giugno 1809. Il dipinto è opera del pittore Guillame – Desirè Descamps.

    (*) per conoscere gli altri articoli degli autori digita sul motore di ricerca del blog i loro nome e cognome.

  • C'era una volta un arsenale che costruiva navi,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Pittori di mare,  Recensioni,  Storia

    23.3.1846, varo della pirofregata Carlo III

    di Antonio Cimmino

    …a Castellammare di Stabia c’era un arsenale che costruiva navi, e adesso?

    La pirofregata a ruote Carlo III, varata a Castellammare di Stabia il 23 marzo 1846, la sera del 4 gennaio 1857, mentre era in rada a Napoli in partenza per Palermo, improvvisamente prese fuoco e scoppiò il suo carico di munizioni e polvere da sparo, provocando la morte di 38 uomini dell’equipaggio.

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    20.3.1928, la regia nave posacavi Città di Milano salpa da La Spezia

    di Carlo Di Nitto

    La regia nave posacavi Città di Milano (2^), dislocava 5380 tonnellate. Ex germanica “Grossherzog Von Oldemburg” era stata varata il 21 ottobre 1905 nei Cantieri tedeschi Schichau di Danzica e consegnata all’Italia nel 1919 in conto risarcimento danni di guerra. Entrò in servizio nella Regia Marina il 1° agosto 1921.
    Verso la fine del 1927, venne prescelta come nave appoggio logistico ed organizzativo alla spedizione artica del dirigibile “Italia”, comandata dal generale Umberto Nobile. Sottoposta a lavori di adattamento per l’impresa, consistenti nel rafforzamento dello scafo mediante ricopertura di lastre d’acciaio, fu opportunamente equipaggiata con attrezzature scientifiche, telegrafiche e meteorologiche. Con l’equipaggio integrato da alpini, scienziati e studenti universitari, il 20 marzo 1928 partì dal porto di La Spezia diretta alle isole Svalbard in Norvegia.

    Dopo la perdita del dirigibile “Italia” e di parte del suo equipaggio, dalla nave “Città di Milano” si attivarono le procedure di coordinamento, ricerca e soccorso che permisero il salvataggio dei superstiti, passati alla storia delle esplorazioni polari come i “naufraghi della Tenda Rossa”.
    Tornata in Italia il 20 ottobre 1928, a conclusione della spedizione, riprese la sua normale attività svolgendo numerose campagne di posa e di manutenzione di cavi telegrafici e telefonici.
    Allo scoppio della seconda guerra mondiale, la notte tra il 10 e l’11 giugno 1940, prese parte alla nostra prima operazione di guerra sul mare interrompendo i cavi telefonici che collegavano Gibilterra con Malta.
    Dopo la proclamazione dell’armistizio, il 9 settembre 1943, venne autoaffondata nel porto di Savona, per non farla catturare dei tedeschi. Il relitto, recuperato a fine aprile 1948, venne demolito a Vado Ligure nei mesi successivi.

    …riceviamo e pubblichiamo (ore 21.10. del 7.2.2019)

    Ciao Ezio,
    volevo essere d’aiuto, in merito all’auto affondamento della regia nave Città di Milano, di una confessione che mi aveva fatto un Marinaio imbarcato su quella nave. Si chiamava De Maria o Di Maria di Genova poi potrai Tu verificare quale dei due cognomi è quello giusto, e adesso proverò a dirti cosa è successo tra l’8 e il 9 settembre del 1943 nel Porto di Savona da quello che mi ha raccontato Di Maria iscritto all’A.N.M.I. di Genova.
    Come tu saprai dall’8 settembre del 1943 è successo di tutto e non solo a Savona, c’era molta confusione, per farla breve nel porto, oltre ai Marinai della Regia Marina, c’erano quelli tedeschi della Kriegsmarine, si conoscevano e c’era anche un sano cameratismo tra loro ed è per questo che non c’è stato nessun atto di forza da parte della Kriegsmarine per impossessarsi della nave (questo naturalmente l’8 settembre). Sempre dal racconto del Di Maria pare che gli stessi marinai della Kriegsmarine avevano avvisato che il giorno 9 reparti della Wermacht avrebbero fatto un colpo di mano per impossessarsi della nave, cosa che poi avvenne il giorno successivo. Mi raccontava che quel giorno successe di tutto nel Porto di Savona, fischiavano pallottole da tutte le parti, l’equipaggio della Città di Milano ha risposto al fuoco con le armi che aveva, ma la superiorità tedesca era nettamente superiore. E’ stato allora che il Di Maria insieme ad un altro Marinaio (che non ricordo il nome) sono scesi in sala macchine per aprire le valvole per l’auto affondamento, operazione avvenuta con successo.
    I tedeschi della Wermacht erano molto arrabbiati, fortunatamente per i marinai della Città di Milano, quelli rimasti (parecchi avevano disertato, non so se tu voglia scriverlo), sono stati fatti prigionieri da quelli della Kriegsmarine che li hanno trattati bene, prima di internarli nei campi di prigionia. 
    Spero di essere stato d’aiuto nell’aggiungere un’altra pagina della storia dei Marinai di una volta, sicuramente il Marinaio Di Maria è stato l’artefice dell’auto affondamento della regia nave Città di Milano!
    Vedi se riesci a correggere qualcosa, come ti ho già scritto non sono bravo a scrivere, ma  ci ho messo tutte le emozioni che il Di Maria mi ha trasmesso raccontandomi questa storia! 
    Ti auguro una serena serata e come dici sempre Tu:  
    Un abbraccio grande come il mare della Misericordia
    Giorgio Andreino Mancini

    Buongiorno Giorgio,
    accipicchia mi sono commosso. 
Innanzitutto ti dico che sei molto più bravo a scrivere di quanto tu pensi semplicemente perché hai scritto con la voce del cuore e di un Marinaio di una volta di cui ti prometto che cercheremo di conoscere la sua storia e il suo volto 
con l’aiuto di altri amici e colleghi nel blog.
    Nella certezza e consapevolezza che la storia siamo noi, con la nostra memoria storica, con i racconti tramandati, mi auguro che i lettori leggano, confermano ed aggiungano altro, per questo nostro amore incondizionato per il mare e per la Marina che abbiamo servito in tempi diversi ma da “Marinai di una volta e quindi da Marinai per sempre”
 .
    Tuo Ezio
    P.s. Siamo sulla rotta giusta, la rotta della solidarietà che farà attraccare la nostra nave, Nave Gerusalemme al Porto dell’Altissimo …marinai di una volta!
    Pancrazio “Ezio”
    (ore 10.28 del 8.2.2019)

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    Alberto Banfi (Pinerolo, 18.3.1903 – Roma, 28.1.1958)

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Pinerolo, 18.3.1903 – Roma,  28.1.1958)

    Nacque a Pinerolo (Torino) il 18 marzo 1903. Orfano di Ufficiale Superiore degli Alpini caduto alla testa del Battaglione “Val Varaita” durante il primo conflitto mondiale, nell’immediato dopoguerra entrò Allievo all’Accademia Navale di Livorno e nel 1923, al termine dei regolari corsi, conseguì la nomina a Guardiamarina, prendendo imbarco su unità siluranti di superficie.
    Promosso Sottotenente di Vascello nel gennaio 1925, Tenente di Vascello nel marzo 1928 e Capitano di Corvetta nel maggio 1936, ebbe il comando del cacciatorpediniere Borea e, dal gennaio 1940, il comando della 1^ Squadriglia Torpediniere ad Augusta, con insegna sull’Airone. L’11 ottobre 1940, durante una missione di intercettazione di forze navali nemiche nelle acque del Canale di Sicilia, sostenne un intenso ed aspro combattimento contro soverchianti forze navali nemiche e l’Airone al suo comando, inesorabilmente centrato dalle batterie dell’incrociatore inglese Ajax, affondò a circa tre miglia a Sud Est di Capo Passero.Trascinato nei gorghi e riportato a galla da una grossa bolla d’aria, gravemente ferito, fu tratto in salvo e poi ricoverato in un ospedale nazionale.
    Ripreso il servizio attivo nell’ottobre 1941, nel 1947 venne collocato, a domanda, nell’ausiliaria e nel marzo 1953 promosso Capitano di Vascello.
    Mori a Roma il 28 gennaio 1958.

    Fu insegno della  Medaglia d’oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
    Comandante di una squadriglia di torpediniere, nel corso di una ricerca notturna nei pressi di una base avversaria, riuscito a conseguire l’agognato contatto col nemico, con pronta, abile, audacissima manovra portò la squadriglia all’attacco spingendo con cosciente aggressività la propria torpediniera a ravvicinatissima distanza da un incrociatore inglese contro il quale lanciava tutti i siluri, aprì il tiro dei suoi cannoni ed infine quello delle mitragliere.
    Inflisse così al nemico danni considerevoli mentre la sua silurante, fatta segno alla preponderante reazione del fuoco avversario, veniva ripetutamente colpita. Gravemente ferito e visto vano ogni tentativo inteso a provvedere alla salvezza della torpediniera, dispose il salvataggio dei superstiti. Dopo aver con essi inneggiato al Re non li seguì sulla silurante accorsa per raccoglierli, ma volle dividere con i moribondi e con i feriti più gravi l’estrema sorte della sua nave che si inabissava.
    Riportato alla superficie del mare dall’onda stessa che lo aveva sommerso, in uno sforzo sovrumano delle sue già provate energie, riusciva a riunire i superstiti rifugiatisi su zattere. Sopravvenute condizioni di tempo avverse guidò i naufraghi inspirando in tutti, con la sua esemplare forza d’animo, calma e serenità. Ricuperato infine dopo 36 ore da unità nazionali, egli volle e seppe ancora essere di aiuto alla sua gente dando le direttive opportune perché tutti potessero essere salvati.
    Luminoso esempio di eroico ardimento, di elevatissime virtù militari e di ammirevole spirito di abnegazione”.
    Canale di Sicilia, 12 ottobre 1940.
    Fonte Marina Militare.