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    Stanislao Esposito (Avellino, 15.10.1898 – Mare, 15.6.1942)

    di Ottaviano De Biase (*)

    (Avellino, 15.10.1898 – Mare, 15.6.1942)

    ..una vita per il mare.

    Conseguito la licenza ginnasiale, l’ancora quindicenne Stanislao Esposito nell’autunno del 1913 entrava all’Accademia Navale di Livorno.
    Dopo quattro anni di studi (1 ottobre 1917) uscì col grado di Guardiamarina nel Corpo dello Stato Maggiore della Regia Marina. Seguì il primo imbarco sulla nave F. Gioia. Durante la I° Guerra Mondiale fu destinato prima sulle navi da battaglia Caio Duilio e Giulio Cesare e poi sulle cacciatorpediniere Quarto, Mirabello e Poerio. Seguirono i primi riconoscimenti. Il 15 maggio 1918, ad esempio, il Comando della IV Divisione Navale, per il breve periodo trascorso in zona di guerra, lo autorizzò a fregiarsi, sul nastrino delle fatiche di guerra, delle prime due stellette. Il 1 ottobre 1918 fu promosso Sottotenente di Vascello. Quella a Tenente di Vascello gli arrivò l’8 dicembre 1921. Sempre nel 1921 fu destinato a Venezia ove conseguì l’abilitazione al tiro antisiluranti e antiaereo e il 3 dicembre dello stesso anno il brevetto di idoneità al servizio tiro. Due specializzazioni che gli consentirono di coprire incarichi sempre più di responsabilità. Nel 1923 lo ritroviamo a Smirne, in missione presso il Consolato Generale d’Italia in Turchia. Nel 1924 proseguì sulle navi Ferruccio, Marsala e San Giorgio, impegnate nelle operazioni militari prima in Albania e successivamente in Africa settentrionale. Terminate le due missioni, il Ministro della Regia Marina lo autorizzò a fregiarsi della medaglia Campagna d’Africa e ad apporre sul nastrino la fascetta con l’indicazione SOMALIA SETTENTRIONALE 1925-27. Contemporaneamente fu raggiunto dalla nomina a Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, il cui Decreto è datato 27 marzo 1924.
    L’11 giugno del 1926 ritornò sulla nave Ricasoli con l’incarico di Ufficiale in 2^. Il 7 gennaio 1927 passò sul Doria; proseguì il 2 febbraio sull’incrociatore Giulio Cesare; l’11 aprile, sul Savoia; il 1 giungo ritornò prima sul Cesare e il successivo 17 agosto sul Doria. Il 21 novembre assunse il comando del sommergibile F-19; il 22 dicembre passò a guidare l’F-15. Nel 1928 assunse il comando dell’F-13, dell’H-8 e dell’H-3. A partire dal 27 aprile 1929 guidò i sommergibili H-4, H-2 e il Torricelli. Dal 31 luglio al 31 marzo del 1929 assunse il comando del Reparto Tecnico Armi e Armamenti di Venezia. Promosso Capitano di Corvetta, dal 1 aprile al 27 maggio del 1930 assunse l’incarico dell’Ufficio Tecnico del Genio Navale di Fiume. Il 3 agosto dello stesso anno gli fu assegnato il comando del Doria, il successivo 27 maggio quello dell’incrociatore Zeno. Il 20 giugno proseguì sul Da Verrazzano e successivamente sul Vivaldi. L’11 luglio 1931, in Venezia, sposò la signorina Maria Giuseppina Massa. Il 1 settembre 1932 passò a comandare il Settembrini. Il I° maggio 1934 fu nominato membro ordinario del Comitato dei Progetti delle Navi. Incarico che lasciò il 4 marzo del 1935 per andare a guidare nave Gange. Promosso Capitano di Fregata, il successivo 3 dicembre proseguì sul Bari ove prima coprì l’incarico di Comandante in 2^ e a partire dal 15 settembre 1936 quello di Sottocapo di Stato Maggiore del Comando di Divisione. Sullo stesso incrociatore partecipò al conflitto Italo-etiopico del 1935-1936.
    Al compimento del 25.mo anno di onorato servizio, il Ministero della Regia Marina lo autorizzò a fregiarsi della Croce d’Oro, istituita con Real Decreto il precedente 8 novembre 1900 e la medaglia commemorativa per le Operazioni compiute, appunto, nella Campagna d’Africa Orientale, nonché la nomina (29 ottobre 1936) a Cavaliere dell’Ordine Coloniale della Stella d’Italia, con facoltà di fregiarsi delle relative insegne.
    Il 20 marzo 1938 gli fu affidato il comando della nave Scirocco. Il 3 giugno 1938 fu insignito dell’alta onorificenza di Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Il successivo 6 dicembre del ’38, il Ministero della Regia Marina lo autorizzò a fregiarsi del distintivo commemorativo per aver partecipato alle operazioni militari compiute all’estero.
    Dal 3 maggio 1940 guidò le prove in mare dell’incrociatore Garibaldi; quelle del Trento a partire dal 18 maggio al 25 maggio 1940. L’8 novembre 1940 fu promosso Capitano di Vascello.
    Il successivo 13 dicembre fu decorato con la Croce al Merito di Guerra. Il 14, gli fu concessa la medaglia commemorativa per la Campagna di Spagna. Tale riconoscimento si ricollega a quello rilasciato dal Ministro della Marina spagnola il precedente 24 febbraio, con La Cruz de 2° Classe del Merito Naval Blanca. Stesso giorno, in Roma, fu insignito della medaglia di Benemerenza per i volontari di guerra. Cinque giorni più tardi il re Vittorio Emanuele III lo nominò Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, con facoltà di fregiarsi delle insegne previste.
    Il 26 maggio 1941 assunse il comando del Da Recco ove coprì anche l’incarico di Capo Squadriglia. Al seguito di una rischiosissima operazione militare, il Comando in Capo del Dipartimento Marittimo del Basso Tirreno, con sede in Napoli, in data 13 dicembre 1941 gli concesse la Medaglia di Bronzo. Dalla motivazione si spiega anche il perché: Ufficiale superiore di brillante qualità militare, capo convoglio in acque fortemente insidiate dal nemico, dirigeva con prontezza di decisione e particolare perizia marinaresca le operazioni di disincaglio e di rimorchio in porto lontano di un piroscafo carico di esplosivo, gravemente danneggiato da siluro nemico ed incagliato sui bassifondi di Kerknnah. Con la sua opera tenace e fattiva portava a buon esito l’impresa nonostante le condizioni particolarmente ardue per la notevole distanza dalle basi, la ripetuta offesa nemica e l’avverso stato del mare. Dimostrava particolare abilità e competenza nonché sereno sprezzo del pericolo.
    La proposta per una medaglia era sta iniziativa dell’equipaggio del rimorchiatore Ciclope, impegnato, unitamente al Da Recco, nella difficile operazione di disincaglio e di rimorchio.
    Il 21 dicembre 1941, il Kommandos Italien des Deutschen Marine, in namen des Fuhrers und Obersten Befehlshabers der Deutschen Wehrmacht si congratulava ufficialmente per l’intelligenza tattica dimostrata alla guida del cacciatorpediniere Da Recco, impegnato in appoggio al convoglio stracarico delle truppe tedesche diretto in Africa Orientale. In un solo anno, il Comandante Esposito condusse il Da Recco in 21 missioni di guerra e in 7 di esercitazioni.
    Il 1 febbraio 1942, dopo una brillante operazione navale, il Ministro della Regia Marina gli conferì un Encomio Solenne. Questa la motivazione: Comandante di Cacciatorpediniere, capo scorta di convoglio attaccato con siluro da sommergibile nemico, dirigeva tempestivamente e efficacemente la manovra dei piroscafi e la caccia a.s., conducendo in porto incolume il convoglio. (Mar Jonio, I° febbraio 1942).
    Il 18 febbraio 1942 gli fu concessa la Croce al Merito di Guerra. Il riconoscimento è accompagnato dalla seguente motivazione: Comandante interinale la X.ma Squadriglia CC.TT., partecipava alle operazioni di guerra per la conquista di Valona, a protezione delle navi maggiori, distinguendosi per slancio, sprezzo del pericolo, ed abilità militare e marinaresca.

    Esposito al comando dell’incrociatore Trento
    Uscito indenne dalla battaglia della Sirte, il Trento rientrò, col resto della flotta, alla base navale di Taranto. Pochi giorni dopo, esattamente il 1 aprile 1942, ci fu il passaggio di consegna tra il Capitano di Vascello Antonio Toscano, cedente, e il pari grado Stanislao Esposito, accettante.

    La battaglia di “Mezzo Giugno”
    Notizie riservate davano un grosso convoglio inglese, partito da Alessandria d’Egitto, atteso nel porto di Malta. Era costituito da ben diciassette mercantili, opportunamente divisi in due gruppi. Il convoglio che proveniva da Est era scortato da otto incrociatori, ventisette cacciatorpediniere, quattro corvette, due dragamine; mentre quello in arrivo da Ovest da ben due portaerei, quattro incrociatori, diciassette cacciatorpediniere, quattro corvette e due dragamine. Tredici sommergibili erano attenti ad intercettare la squadra navale italiana. Aerosiluranti e vari bombardieri erano pronti a partire dalle basi aeree di Malta e dell’Egitto.
    La sera del 14 giugno, mentre le forze aeree italiane e tedesche lanciavano i primi attacchi, affondando un mercantile, uscivano da Taranto le corazzate Littorio e Vittorio Veneto, gli incrociatori Trento, Gorizia, Garibaldi, Duca di Aosta e nove cacciatorpediniere. Gli inglesi, che erano provvisti di radar, attuarono le loro contromisure, rallentando opportunamente la velocità dei due convogli, lasciando ai soli aerosiluranti e bombardieri il compito di fronteggiare l’avanzante minaccia italiana.
    Il Trento fu colpito e immobilizzato alle cinque del mattino con un siluro, lanciato da un veloce aerosilurante Bristol Beaufort che si era portato audacemente a soli duecento metri dalla prua. Il cacciatorpediniere Camicia Nera cercò di proteggere il Trento con una cortina nebbiogena, mentre venivano in aiuto anche i caccia Pigafetta e Saetta. Fu anche fatto partire da Messina un rimorchiatore d’alto mare. Sul Trento, ormai non più governabile, agli ordini del Capitano di Vascello Esposito, si lavorava intensamente per contrastare l’avanzare degli incendi, per proteggere e spostare le munizioni in pericolo… I meccanici in particolar modo cercavano di attivare almeno una delle macchine, unica possibilità per potersi allontanare con i propri mezzi. Troppo tardi. Anche se il Pigafetta aveva già preso a rimorchio l’incrociatore, il fumo dell’incendio non del tutto domato, con le prime luci del mattino fu avvistato dal gruppo di sommergibili inglesi P.31, P.34, P.35. Il sommergibile P.35 (Umbra), guidato dal Tenente di Vascello Maydon, portatosi a distanza di tiro, lanciò contro lo scafo inerme ben due siluri. Uno lo centrò in pieno, provocando una seconda e più devastante esplosione. Ormai divenuto inevitabile l’affondamento, al Pigafetta non restava che sganciare i cavi di traino. Sul Trento, intanto, secondo le migliori tradizioni della Regia Marina, Stanislao Esposito decise di rimanere al suo posto di comando, scomparendo con essa negli abissi.
    Il gesto di affondare con la propria nave è scritto negli annali della storia navale, azione che suscitò ammirazione anche nel nemico inglese. Riguardo le considerazioni fatte da Indro Montanelli in L’Italia della disfatta, dei 1151 membri dell’equipaggio ne sarebbero morti ben 723, tra ufficiali, sottufficiali e marinai. Fonti diverse si attestano intorno ai circa 600 morti.

    Telegramma di cordoglio
    Roma, 21 giungo 1942. Il Sottosegretario di Stato per la Marina, inviava alla signora Maria Giuseppina Massa il seguente telegramma: Ho il dolore di comunicarVi che il Vostro congiunto, Capitano di Vascello Stanislao ESPOSITO, deve considerarsi disperso nel corso di un’azione di guerra. La Regia Marina, per mio mezzo, Vi prega di accogliere le più profonde espressioni di cordoglio.

    Riconoscimenti e attestazioni varie
    – Medaglia d’Argento al Valor Militare sul campo
    Determinazione del 1 settembre 1942: Comandante di cacciatorpediniere ha compiuto, in qualità di Capo scorta convogli, numerose missioni sulle rotte della Libia, dell’Albania e mediterraneo, e altre missioni ha successivamente compiuto al comando di Incrociatore. Animatore instancabile della sua gente, spirito ardente è stato di sereno coraggio e di grande tenacia, nello sventare le continue insidie e i diversi tentativi di offesa nemica, faceva rifulgere le sue elevate virtù” (Mediterraneo Centrale, maggio 1941 – maggio 1942).

    – Medaglia d’Oro a Valor Militare
    Sua Maestà il Re, su proposta del Ministro della Marina, in data 25 giugno 1947, conferiva al Capitano di Vascello Stanislao Esposito di Vincenzo e di Elisa Piciocchi, la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
    Determinazione del 23 novembre 1942: Ufficiale superiore di elevate qualità professionali e militari affermava, quale comandante di squadriglia di C.T., in numerose, ardue missioni di scorta, in acque costantemente insidiate dia mezzi aeronavali nemici, alte doti di ardimento, perizia e coraggio. Al comando di incrociatore partecipava con una formazione navale ad una missione bellica di particolare importanza durante la quale il nemico, benché forte di numero e di mezzi, era costretto a ripiegare, rifiutando il combattimento. Colpita la sua unità dall’offesa aerosilurante, conservava ammirevole calma e presenza di spirito e impartiva precise, tempestive disposizioni per impedire il propagarsi di un grave incendio scoppiato in un gruppo di caldaie, prodigandosi, durante lunghe ore, con fervore e abnegazione per assicurare la parziale efficienza della nave e infondendo nuovo ardore all’entusiastica collaborazione degli ufficiali e dell’equipaggio con la sua alta parola e il suggestivo esempio. Mentre al suo posto di comando impartiva gli ordini per rimettere in moto le macchine, in parte ripristinate, ulteriore offesa subacquea colpiva l’unità, provocandone l’immediato affondamento in seguito ad esplosione di un deposito di munizioni. Superbo esempio di virtù militari e di prode spirito guerriero, scompariva eroicamente con la sua nave, dividendo con essa l’estrema sorte gloriosa, mentre sul mare già risuonava l’eco della vittoria conseguita sul nemico da altre navi della Patria. – Mediterraneo Orientale, 14-15 giugno 1942.

    La città di Avellino al suo eroe ha dedicato una strada, quelle che costeggia Piazza Aldo Moro, dal lato di Via Colombo e Via Tagliamento e una lapide commemorativa posta sul frontale del palazzo non lontano dalla chiesa del Rosario, in cui egli vide la luce per la prima volta nel 1898.
    (Articolo apparso nel 2010 sul Corriere dell’Irpinia)

    (*) per conoscere gli altri scritti dell’autore digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    14.10.1913, impostazione del regio rimorchiatore Luni

    di Claudio Confessore
    Diritti riservati dell’autore per gentile concessione a www.lavocedelmarinaio.com

    I rimorchiatori d’altura da 900 HP della Classe “Luni”, costruiti nei Cantieri della Società Cooperativa di produzione Sampierdarena, avevano un dislocamento di 448 tonnellate, una velocità di 12,5 nodi, un equipaggio di 30 uomini e come artiglieria 1 pezzo da 57/43. Erano caratterizzati da due fumaioli, uno per ciascuna caldaia.

    Rimorchiatore d’altura LUNI

    Costruiti a cavallo della Grande Guerra erano in servizio anche nella Seconda Guerra Mondiale. Nella sottonotata tabella sono riportati i dati sintetici della storia delle unità della Classe:

    Il regio rimorchiatore Luni è stato impiegato in varie basi sia durante la Grande Guerra che nella Seconda Guerra Mondiale. Nel 1943 era dislocato principalmente a Messina e ha operato prevalentemente nel Mediterraneo Centrale eseguendo numerosi interventi in occasione dei soccorsi alle nostre unità impegnate sulle rotte dei convogli con l’Africa settentrionale.

    Questo articolo, che nasce da una richiesta di notizie da parte del signor Mario Piscino, parente di Alfonso Pappalardo imbarcato sul rimorchiatore d’Altura Luni, sarebbe stato sterile senza accennare ai vari eventi avvenuti in tempi ed in luoghi diversi sia al rimorchiatore che ad altre unità militari e civili che poi saranno coinvolti nell’evento dell’affondamento del Luni del 23 gennaio 1943. Questo è il motivo per cui si è reso necessario iniziare dalla Prima guerra mondiale, accennando alla ritirata di Caporetto e alla necessità di trasferire più a sud il Monitore Cappellini, per poi arrivare alla Seconda guerra mondiale accennando alla nascita dei siluri a lenta corsa inglesi tipo Chariots, alla scomparsa ed il ritrovamento del sommergibile HMS P311, agli attacchi britannici ai nostri porti con l’Operazione Principal, al danneggiamento del mercantile Viminale a Palermo, all’impiego di Ultra, allo scontro navale del 16 gennaio 1943 tra la Forza Q britannica e un convoglio scortato dalla Torpediniera Perseo ed infine all’affondamento del Luni.

    Coincidenze? No, come spesso accade molti avvenimenti di guerra si intrecciano con altri, a volte più conosciuti, e collegare fra di loro i vari eventi permette di avere un quadro d’insieme che migliora la comprensione della guerra sul mare.

    Prima Guerra Mondiale ed il soccorso al Monitore Cappellini
    Tra i vari eventi che hanno coinvolto il rimorchiatore Luni nella Prima Guerra Mondiale si evidenzia quello relativo al Monitore Cappellini (1). Il mattino del 15 novembre 1917, a seguito del ripiegamento italiano dopo la rotta di Caporetto, il Luni prese a rimorchio il pontone armato Cappellini per trasferirlo ad Ancona, l’altro pontone armato, il Faa’ di Bruno fu rimorchiato dal Titano. La navigazione, con la scorta di quattro Torpediniere, fu tranquilla sino alle 23:00 circa quando, all’altezza di Pesaro, il tempo incominciò a peggiorare e si sollevò un forte vento da est/nordest che fece divenire il mare tempestoso.
    Nella notte tra il 15 ed il 16 novembre il Cappellini iniziò ad imbarcare acqua e nonostante le misure prese la situazione con il tempo peggiorò ed il Monitore iniziò a traversarsi. Il Luni tentò di avvicinare il pontone verso la costa, lontana meno di due miglia, ma si ruppero i cavi che tenevano in posizione i due pezzi da 381 che ruotando verso sinistra provocarono un forte sbandamento. Il Luni non poteva più far nulla, mollò i cavi di rimorchio e fece rotta su Ancona, dopo aver buttato in acqua alcuni salvagenti (2).

    Seconda Guerra Mondiale – Operazione “Principal”
    L’evento dell’affondamento del rimorchiatore Luni è indirettamente collegato all’operazione britannica chiamata in codice “Principal” eseguita il 3 gennaio 1943 nel porto di Palermo con l’impiego di siluri a lenta corsa “Chariots” (3).
    Dislocati in Mediterraneo per attaccare la flotta italiana, il piano originario britannico del primo impiego dei Chariots in Mediterraneo prevedeva l’attacco simultaneo alle navi ormeggiate nei porti di Palermo, Cagliari e La Maddalena. Successivamente, furono esclusi sia il porto di Cagliari, non essendoci in rada alcuna unità ormeggiata di rilevanza bellica, e l’azione nel porto di La Maddalena perché le avverse condimeteo non avevano reso possibile una buona ricognizione e il persistere del brutto tempo poteva influire negativamente sulla sicurezza dei Chariots.
    In particolare, per quanto riguarda il porto di  La Maddalena – in cui normalmente erano ormeggiati in rada gli Incrociatori Gorizia e Trieste – la sorveglianza preventiva fu assegnata al sommergibile HMS P311(4) (Comandante Tenente di Vascello Richard Douglas Cayley) che doveva impiegare per la missione due Chariots, dei tre che aveva a bordo, e precisamente il numero 17 ed il 18, mentre il terzo, impiegabile come riserva, era probabilmente contraddistinto dal numero di fiancata 10.
    Del battello si persero le tracce ma, grazie al ritrovamento del suo relitto ad opera del subacqueo italiano Massimo Domenico Bondone avvenuto nel maggio del 2016, oggi sappiamo che rimase vittima dello sbarramento minato posato vicino a Tavolara (5). Tra le 71 vittime dell’equipaggio vi erano anche i 10 componenti dei due Chariots (6).

    Sommergibile P 311 – Royal Navy

    L’azione fu, quindi, condotta solo contro il porto di Palermo e la partenza da Malta dei sommergibili destinati all’operazione avvenne il 28 dicembre 1942. Si trattava dei battelli trasportatori HMS Trooper (N91 – Comandante Tenente di Vascello Wraith) e HMS Thunderbolt (N25 – Comandante Capitano di Corvetta Crouch) a cui era stato aggregato il sommergibile Unruffled (Comandante Tenente di Vascello Stevens), con compiti di assistenza e recupero operatori.

    Chariot Mk I – Royal Navy

    Chariot Mk II – Royal Navy

    La notte fra il 2 ed il 3 gennaio i due battelli trasportatori misero in mare, al largo del capoluogo siciliano, 5 Chariots (numeri di fiancata 15 e il 22 dal Thunderbolt e 16, 19 e 23 dal Trooper). I Chariots 15, 16 e 22 fallirono la missione e andarono persi a causa di avarie varie e/o problemi con gli autorespiratori degli operatori, l’equipaggio del Chariot 23 (Tenente di Vascello Greenland e Sottufficiale Ferrier) riuscì ad collocare la carica principale sotto la chiglia dell’Incrociatore leggero Ulpio Traiano, il cui allestimento era quasi ultimato, nonché furono applicate delle cariche secondarie sotto gli scafi del Cacciatorpediniere Grecale, della Torpediniera Ciclone e del piroscafo Gimma. Infine, l’equipaggio del Chariot 16 (Sottotenente di Vascello Dove e Sottufficiale Freel) posizionò la carica sotto lo scafo della motonave Viminale (7).
    Fu proprio la carica piazzata sotto il Viminale ad esplodere per prima alle 05:45, causando la lacerazione del timone, danni all’elica, la rottura del dritto di poppa, lo sfondamento di diverse lamiere sopra la linea di galleggiamento e gravi danni alla banchina Vittorio Veneto, mentre la carica piazzata in corrispondenza del locale della motrice poppiera sotto l’Ulpio Traiano esplose alle 07:58 causando il rapido affondamento dell’Incrociatore, che si spezzò in due, danni alla banchina cantieri, la morte di 5 persone (4 operai italiani ed 1 tedesco) e ben 21 feriti. Le altre cariche non detonarono perché non armate correttamente dagli operatori.
    Il sommergibile HMS Unruffled riuscì a recuperare solo due operatori al termine dell’attacco, uno dei sommozzatori morì e tutti gli altri furono presi prigionieri. Da parte italiana fu anche recuperato integro uno dei Chariots (forse il n. 15).

    HMSM Thunderbolt – Royal Navy

    I risultati dell’Operazione Principal furono subito noti agli inglesi grazie alla ricognizione aerea eseguita il giorno dopo e alla decrittazione, nella famosa centrale di Bletchley Park, di un messaggio tedesco inviato l’8 gennaio 1943 con la cifratura di ULTRA a firma del Generale Kesselring che ordinava di prendere “ulteriori misure di sicurezza “dopo l’attacco britannico. Successivamente, i britannici vennero a conoscenza anche di un rapporto, datato 9 maggio 1943, in cui l’Ammiraglio Romolo Polacchini riassumeva i particolari dell’attacco.
    L’azione inglese mise in evidenza la necessità di rivedere l’organizzazione della difesa del porto di Palermo che era affidata al “Comando Difesa Porto” del Regio Esercito coadiuvato dalla Regia Marina che nella zona portuale si avvaleva della Regia Capitaneria”.
    Sull’accaduto fu avviata una inchiesta che portò alla elaborazione di una “Relazione sul forzamento del porto di Palermo nella notte sul 3 gennaio” firmata il 21 gennaio 1943 dal Comandante Militare Marittimo della Sicilia, Ammiraglio di Divisione Gustavo Stazzeri. Tale documento, oltre a ricostruire la dinamica dell’azione degli incursori britannici come percepita dai difensori, passava al vaglio l’organizzazione della difesa di Palermo. Nella relazione si lamentava la mancata conoscenza che elementi nemici fossero dotati di mezzi speciali, che non tutte le postazioni di vigilanza possedevano un telefono, che la qualità e preparazione del personale era molto scadente e che i nemici avevano operato indisturbati per 4-5 ore.
    Anche il Regio Esercito fece la sua relazione e si scatenò tra le due Forze Armate il solito e prevedibile scarico di responsabilità.
    Per far cessare le inutili e sterili polemiche e definire meglio le rispettive competenze tra le varie Forze Armate fu deciso di avviare il 19 marzo 1943 uno studio congiunto tra Esercito e Marina dal titolo “Azione di sabotaggio nel porto di Palermo – Organizzazione antisabotaggio nei porti”, allo scopo di identificare le cause del fallimento della organizzazione della difesa portuale e sanare i conflitti di competenza nell’interno dei porti nazionali. Lo studio, dopo una analisi realistica dell’accaduto evidenziava “sorprendentemente” che le disposizioni già in vigore “se esattamente interpretate ed integralmente applicate, consentono, nel loro insieme, di conferire alla difesa dei porti quel carattere unitario ricercato ed effettivamente indispensabile per il suo efficace funzionamento, non meno che la precisa nozione delle relative responsabilità”. In definitiva, la strada scelta fu quello di autoassolversi per quanto accaduto, dovuto anche ad un “complesso di circostanze favorevoli al nemico”, e finiva con il suggerire solo alcune raccomandazioni per integrare quanto già in vigore.

    Seconda Guerra Mondiale – Affondamento del Rimorchiatore Luni
    A seguito dell’Operazione Principal fu deciso di trasferire il mercantile passeggeri Viminale a Taranto per le riparazioni. Il piroscafo partito da Palermo effettuò una sosta a Messina da dove proseguì la sua navigazione con la scorta della Torpediniera Perseo (8), la nave officina Quarnaro, 4 VAS (Vedette Anti-Sommergibile) e con l’assistenza dei rimorchiatori Luni, Costante e Salvatore.
    Alle 8:20 il sommergibile britannico HMS Unbending (9) (Comandante Tenente di Vascello John Dennis Martin), in pattugliamento nell’area dello Stretto di Messina, lanciò tre siluri da 1830 metri di distanza. Due colpirono il Viminale (10) ed uno colpì il Luni, che esplose e affondò al largo di Capo dell’Armi in posizione 37°52’N e 015°45’E. Di seguito i nominativi delle 28 vittime dell’equipaggio del rimorchiatore Luni:

    Il Perseo reagì immediatamente, prese contatto con l’ecogoniometro e contrattaccò lanciando sul battello P37 ben 57 bombe di profondità che, pur non colpendo il sommergibile, esplosero vicino allo scafo ed arrecarono gravi danni e costrinsero il battello prima a cercare di sottrarsi alla caccia avvicinandosi ai bassi fondali per confondere il suo eco con quello di costa e poi, finita l’azione italiana, a trasferirsi a Malta per riparare i danni. All’azione antisommergibile parteciparono anche il Quarnaro, le quattro VAS ed un idrovolante giunto sul luogo dell’evento. Frattanto, il Viminale nuovamente danneggiato, e con parecchie vittime a bordo, fu portato dagli altri rimorchiatori ad incagliare vicino a Porto Salvo.

    Regia Torpediniera Perseo

    Regia Nave Quarnaro

    Piroscafo Viminale

    Il secondo da sinistra è Alfonso Pappalardo
    La tomba di Alfonso Pappalardo a Cetara

    Note:
    (1) Il Monitore Alfredo Cappellini era ancorato presso il porto di Grado per bombardare la linea ferroviaria e le infrastrutture triestine; con la rotta di Caporetto venne prima trasferito a Venezia e successivamente rimorchiato verso Ancona.

    (2) Dell’equipaggio del pontone perirono il comandante Pesce e 68 tra ufficiali, sottufficiali e marinai, mentre solo quattro uomini (il Sottocapo cannoniere Fernando Aldrovandi, il Cannoniere Filippo Dagnino, il Torpediniere Domenico Lorusso ed il Marinaio Gennaro Trulli) riuscirono a salvarsi. I corpi delle vittime vennero sepolti nel cimitero delle Grazie, a Senigallia.

    (3) I Chariots Mk I erano mezzi d’assalto simili ai siluri a lenta corsa della Regia Marina italiana e sono stati costruiti dalla Royal Navy dopo aver recuperato intatti due mezzi speciali italiani. Furono impiegati per la prima volta, con esito negativo, contro la Corazzata tedesca Tirpitz, alla fonda nel fiordo norvegese di Trondheim. Successivamente i Chariots furono inviati in Mediterraneo per colpire le basi nemiche in Italia ed in Africa. Il Chariot Mk II, operativo verso la fine della guerra, non aveva più gli operatori a “cavallo” del siluro ma essendo di dimensioni maggiori permetteva che gli operatori fossero seduti all’interno (spalla a spalla).

    (4) L’HMS P-311 (Classe T serie 3) fu costruito a Barrow nei cantieri della Vickers Armstrong ed è entrando in servizio nella Royal Navy il 7 agosto 1942. Designato con la sigla P 311 era in attesa che gli fosse assegnato ufficialmente il nome di Tutankhamen. Il relitto è stato ritrovato nel maggio 2016, giace ad una profondità di quasi 90 metri, a circa 5 miglia a est dell’isola di Tavolara.

    (5) Le notizie e le immagini sul ritrovamento del P 311 sono disponibili su Internet dove si trova anche il filmato realizzato al link: (https://www.youtube.com/watch?v=QNYW5CttCXY) ed in cui si vede il suo scafo quasi integro ma con un danno a prua causato sicuramente dall’esplosione di mina.

    (6) I nominativi dei 10 operatori dei Charliots erano i seguenti: Lt. Henry Winter, RN – Lt. Edward Talbot Stanley, DSC, RN – Lt. Robert Henry Hugh Brunner, RN – Lt. John Dennis Martin, DSC, RN – Lt. Jack Whitton, DSC, RN – Lt. Paul Charles Chapman, DSO, DSC, RN – Lt. Anthony James Sumption, DSC, RNVR – Lt. Alan Flockhart Esson, RNR – T/Lt. Richard George Wade, RNVR – Lt. Oliver Lascelles, DSC, RN.

    (7) Transatlantico di 8657 t costruito nel 1925, di proprietà della Società Anonima di Navigazione Lloyd Triestino con sede a Trieste, iscritta nel Compartimento Marittimo di Genova n° 1743.

    (8) Il 16 gennaio 1943 la Torpediniera Perseo, mentre scortava la motonave D’Annunzio da Tripoli a Palermo, era stata coinvolta in un duro scontro navale con la Forza Q britannica composta dai cacciatorpediniere Kelvin, Nubian e Javelin e dagli incrociatori leggeri Dido ed Euryalus. Il D’Annunzio fu affondato ed il Perseo, approfittando del mare mosso alimentato dal forte vento di tramontana, riuscì ad allontanarsi e a riparare a Lampedusa dove sbarcò 20 morti.

    (9) Sommergibile P37 della classe U della Royal Navy britannica in linea dal settembre 1941. Rimase in servizio sino a dicembre del 1949, venduto fu poi demolito nel maggio 1950.

    (10) Il 27/01/1943 il Viminale fu di nuovo trasportato a Messina. Il 25/07/1943 mentre era in corso il suo rimorchio per Napoli, fu affondato da motosiluranti statunitensi della 15^ Squadriglia a circa 12 miglia a Sud di Capo Vaticano. Giace ad una profondità di 108 metri in posizione 38°44’N-015°50’E.

    Pietro Giliberti (San Michele di Serino, 2.12.1922 – Mare, 23.1.1943)
    di Emilio Giliberti

    (San Michele di Serino, 2.12.1922 – Mare, 23.1.1943)

    Marinaio Fuochista nato a San Michele di Serino il  2dicembre 1922 imbarcato sul regio rimorchiatore Luni risultò disperso in mare il 23 gennaio 1943.

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    13.10.1907, tanti saluti da Augusta dalla Regina Elena

    a cura
    Carlo Di Nitto (A.N.M.I. Gaeta)
    Roberto Tento (A.N.M.I. Milano)

    13 ottobre 1907, saluti dalla regia nave Regina Elena - f.p.g.c. Carlo Di Nitto a www.lavocedelmarinaio.com

    (Fotografia Comerio – Milano collezione privata Carlo Di Nitto – p.g.c. a www.lavocedelmarinaio.com – diritti riservati)

    La regina Elena con l'equipaggio della regia nave Duca degli Abruzzi - www.lavoce delmarinaio.com (f.p.g.c. collezione Roberto Tento)

    La Regina Elena, con parte dell’equipaggio della nave a lei intitolata (Foto Roberto Tento p.g.c. a www.lavocedelmarinaio.com)

    La Regina Elena e famiglia a bordo della regia nave Duca degli Abruzzi diretti in Portogallo - www.lavocedelmarinaio.com (f.p.g.c. Roberto Tento)

    La Regina Elena e la sua famiglia
    a bordo della regia nave Duca degli Abruzzi diretti in Portogallo 
    (foto Roberto Tento p.g.c. a www.lavocedelmarinaio.com)