Naviglio

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Per Grazia Ricevuta,  Recensioni

    Alessandro La Scola (zì Glisànde) (30.1.1900 – 27.3.1975)

    di Carlo Di Nitto

    (30.1.1900 – 27.3.1975)

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Riceviamo e con immenso piacere pubblichiamo.

    Un simpatico aneddoto della vita marinara del Comandante Alessandro La Scola da Gaeta.
    Il comandante Alessandro La Scola era un cugino di mia nonna: lo chiamavamo zio per rispetto. Era una persona di poche ma penetranti, sagge parole; abile uomo di mare, l’ultimo discendente di una famiglia gaetana di antiche tradizioni marinare.
    Il comandante La Scola era rimasto famoso negli ambienti della Compagnia di Navigazione “Tirrenia” perché durante la guerra, mentre era di guardia in plancia su una nave sociale che trasportava truppe sul fronte nord africano, si accorse che un siluro dirigeva verso di loro. Dopo aver tentato inutilmente di accostare, valutata l’impossibilità di evitare l’urto con l’ordigno, nonostante le manovre diversive, si sporse dall’aletta di plancia e, non potendo fare altro, sputò in segno di disprezzo verso la scia del siluro. Il siluro a questo punto si inabissò, passando miracolosamente sotto la chiglia e lasciando indenne la nave.
    Fu fortuna, fu per grazia ricevuta o non era ancora giunto il momento del Giudizio?
    Questa testimonianza l’ho raccolta dal compianto, indimenticabile Direttore di Macchine, capitano superiore D.M. Giulio Schvarcz .
    In questa fotografia, appartenente alla raccolta di famiglia e risalente alla fine degli anni ‘40, zio Alessandro è in divisa di Primo Ufficiale. Era nato il 30 gennaio 1900 ed è scomparso il 27 marzo 1975.
    Lo ricordo con profonda nostalgia.

  • Che cos'è la Marina Militare?,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni

    Michele Santucci (27.3.1949 – 6.4.2015)

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (27.3.1949 – 6.4.2015)

    Cari Amici,
    Michele Santucci nasceva il 27.3.1949 ed è venuto a mancare il 6.4.2015, gravemente malato a causa delle onde elettromagnetiche del radar SPQ5 (*), quello sperimentale imbarcato sul Castore.

    MICHELE SANTUCCI in una posa recente - ww.lavocedelmarinaio.com
    Addio Michele,
    Lutto www.lavocecelmarinaio.comanche se molti di noi, come me, non ti conoscevano, mi sento di dire a nome di tutta la grande famiglia dei marinai, che occuperai per sempre un posto speciale nei nostri cuori.
    Anche se la tua vita non e’ stata lunga l’hai sicuramente vissuta intensamente e fuori dal comune, una vita straordinaria come la tua fine terrena, tra cielo e mare, tra i sogni e i ricordi indelebili, tracciati nell’onda, lungo la scia, fra i flutti…  
    Un abbraccio grande, profondo e trasparente, a te e ai tuoi cari, come quel mare che ci portiamo dentro e che nessuno mai potrà inquinarci.
    Adesso che sei salpato per l’ultima missione, risposa in pace, nel grande mare di Nostro Signore e perdona i loro e nostri peccati.

    Marinaio Michele Santucci - www.lavocedelmarinaiocom(*) https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/02/spq5/

  • C'era una volta un arsenale che costruiva navi,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    27.3.1975, viene consegnata la nave AGIP Ravenna

    a cura Antonio Cimmino

    … a Castellammare di Stabia c’era un arsenale che costruiva navi, e adesso?

    OMAGGIO A VINCENZO DI NITTO (*)

    La nave petroliera AGIP Ravenna, della SNAM S.p.A. (Società Nazionale Metanodotti), fu impostata il 26 novembre 1973.

    Fu varata il 15 giugno 1974 presso il Cantiere navale di Castellammare di Stabia (FINCANTIERI).


    Fu consegnata il 27 marzo 1975.

    Caratteristiche tecniche
    – dislocamento: 8.108 tonnellate;
    – lunghezza f.t. 171,61 metri;
    – lunghezza fra Pp 161,55 metri;
    – larghezza: 25,56 metri;
    – altezza di costr.ne: 14,48 metri;
    – pesc. max: 10.93 metri.
    – motore: 1 – GNT 5 col – 780 rpm – 1 elica.

    Fu demolita il 31 luglio 2002.

    (*) Per saperne di più digita, sul motore di ricerca del blog, il suo nome e cognome.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    Raimondo Restivo (Savona, 18.12.1948 – Moncalieri, 27.3.2019)

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

     

    Ciao Raimondo,
    con la tua amicizia e la quotidiana compagnia, i tuoi commenti sempre pertinenti, mi/ci hai insegnato che l’ascolto è come fare un viaggio in mare.
    I marinai, è risaputo, amano viaggiare, e tu che oggi salpi per la tua missione, per attraccare la barca nel porto della misericordia dell’Altissimo, ci hai spronato ad interagire con altre culture, e grazie ai tuoi suggerimenti siamo diventati più tolleranti a tutto, tranne che alle inutili tentazioni.
    Ci hai insegnato ad osservare bene, in ogni latitudine e longitudine nel mondo, i nostri difetti, affermando che non ci sarebbe più tempo per trovare quelli degli altri e che non ci sarebbe più motivo per fare le guerre.
    Hai lasciato una scia indelebile in questa navigazione terrena e noi vogliamo ricordarti in quella banca della memoria dei Marinai di una volta, dei marinai per sempre, che tu hai sempre sostenuto.

    Adesso sono certo che ti incontrerai con tu zio Raimondo (*) e da lassù pregherete e veglierete su noi.
    Riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo. Sentite condoglianze alla Famiglia.
    Ezio

    Messa di suffragio
    Chiesa S. Vincenzo Ferreri,
    V. Juglaris 1 Moncalieri

    (*) Raimondo Restivo, mio zio (Savona, 30.3.1922 – giugno 1943)
    di Raimondo Restivo


    …riceviamo e con immenso orgoglio e grande commozione pubblichiamo.

    Ciao Ezio,
    Raimondo Restivo, mio zio, era nato a Savona il 30 marzo 1922. Di lui sappiamo che è stato imbarcato sul regio sommergibile Barbarigo  in qualità di radiotelegrafista. Dopo varie missioni, perdeva la vita con il resto dell’equipaggio nel 1943 a causa dell’affondamento da parte di unità della marina britannica. 
    Caro Ezio ho omesso altre informazioni di carattere personale perché penso che siano comuni a molti giovani di quel periodo …fammi sapere se va bene.

    Ciao Raimondo carissimo e stimatissimo,
    innanzitutto grazie per averci reso partecipe di questa commozione “comune a molti giovani di quel periodo” ma che noi non dimentichiamo e li celebriamo nella banca della memoria per non dimenticare il loro sacrificio.
    Grazie anche per il tuo impavido e misericordioso cuore fraterno di Marinaio per sempre.
    Ezio


    Il regio sommergibile Barbarigo
    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Sul tragico destino del regio sommergibile Barbarigo ci sono ancora tante cose da scrivere, che non si conoscono, che pongono quesiti…
    L’unica certezza è che con il sommergibile scomparvero il comandante De Julio, 6 altri ufficiali e 52 fra sottufficiali e marinai.
    Costruito presso i Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone, fu impostato il 6 febbraio 1937, varato il 12 giugno 1938 e consegnato il 19 settembre dello stesso anno
    Il Barbarigo faceva parte del secondo gruppo di battelli destinati al Giappone unitamente ai regi sommergibili Torelli e Cagni. Salpò il 16 giugno 1943 con a bordo tre militari italiani destinati alla base in estremo oriente, e 130 tonnellate di materiale bellico. Al ritorno, il carico avrebbe incluso 110 tonnellate di gomma e 35 tonnellate di stagno, costringendo il battello al rifornimento di carburante in mare.
    Alla fine della navigazione lungo la rotta di sicurezza in compagnia del Torelli, i due battelli si separarono. Il Barbarigo non diede più notizie e si può desumere che sia andato perduto a causa d’avaria, mina o forse azione bellica nemica, anche se quest’ultima ipotesi non può essere confermata dalla documentazione alleata.
    Terminò così la vita operativa di uno dei più famosi, anche se controversi battelli della flotta atlantica. (BETASOM).
    In base agli accordi con la Marina germanica, il Barbarigo fu destinato, nella primavera del 1943, ad essere trasformato in unita trasporto materiali strategici. Ultimata la trasformazione e al comando del tenente di vascello Umberto De Julio, il 16 giugno salpò da Bordeaux per Singapore con 130 tonnellate di materiali e 5 miliardi di Lire. Dopo la partenza, non diede più sue notizie. Si ritiene che l’unità sia affondata tra il 16 ed il 24 giugno, in un punto sconosciuto dell’Atlantico, per cause ignote. Non ci furono superstiti.
    E’ stato verosimilmente affondato il 19 giugno 1943 da aerei dell’USAAF.
    Fu radiato il 18 ottobre 1946.

    Bibliografia consigliata
    – I sommergibili negli Oceani, Ufficio Storico della Marina Militare – Roma 2002.
    – I sommergibili italiani, Ufficio Storico della Marina Militare – Roma 1963.
    – La Marina e l’8 settembre, Ufficio Storico della Marina Italiana – Roma 2002.
    – Storia della Marina – Fabbri Editore Milano 1978.

  • Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    27.3.1930, entra in servizio la regia nave Nicolò Zeno

    di Carlo Di Nitto

    Cacciatorpediniere dal 1938

    Il regio esploratore “Nicolò Zeno”, classe “Navigatori”, dislocava 2600 tonnellate a pieno carico. Costruito nei Cantieri Navali del Quarnaro di Fiume, fu impostato il 5 giugno 1927 e varato il 12 agosto 1928. Fu consegnato ed entrò in servizio nella Regia Marina il 27 marzo 1930. Il 5 settembre 1938 venne declassato a cacciatorpediniere e gli fu attribuita la sigla ZE.
    Subito dopo la consegna, venne sottoposto a grandi lavori di modifica delle sovrastrutture. Al termine rientrò in squadra iniziando la sua attività in Mediterraneo e partecipando a tutte le principali esercitazioni della flotta.
    Negli anni 1936 e 1937 partecipò attivamente alle operazioni della guerra civile spagnola.
    Declassato a cacciatorpediniere, fu dislocato nelle acque dell’Egeo.

    Nel gennaio 1940, entrò in arsenale a Taranto per grandi lavori di ammodernamento e modifiche allo scafo.
    Dopo l’inizio delle ostilità svolse servizi di squadra con compiti di scorta alla V e alla VIII divisione, partecipando alle fasi iniziali della Battaglia di Punta Stilo. In un secondo momento effettuò azioni di bombardamento contro le coste albanesi. Successivamente venne destinato in prevalenza al servizio di scorta ai convogli mercantili.
    Negli anni che seguirono effettuò 181 missioni su tutte le rotte del Mediterraneo centrale, dello Ionio e dell’Egeo percorrendo 57.856 miglia. Si caratterizzò nella difesa contraerea delle navi scortate, con l’abbattimento di numerosi aerei nemici. Il 18 dicembre 1941, durante un attacco aereo, dovette lamentare la perdita di due componenti dell’equipaggio. Si distinse anche nella caccia ai sommergibili, nel salvataggio di naufraghi, nella posa di mine e nel trasporto veloce di truppe.
    Il 28 febbraio 1943 durante una posa di mine, a seguito di una collisione con il gemello “Da Noli”, subì gravi danni e, il 15 marzo successivo, dovette trasferirsi a La Spezia per i lavori di ripristino.
    Alla proclamazione dell’armistizio era ancora impossibilitato a muoversi e, per impedirne la cattura da parte tedesca, venne autoaffondato in porto.
    Fu ufficialmente radiato dal quadro del Naviglio Militare il 27 febbraio 1947.
    Il suo motto fu: “Più oltre”.
    ONORE AI CADUTI!

  • Curiosità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Racconti,  Recensioni,  Storia

    Piroscafi di una volta e ‘mbracàta di omini e di fimmìni

    di Orazio Ferrara (*)

    Per tutto il Novecento fino agli anni Cinquanta le navi, che arrivavano a Pantelleria, dovevano necessariamente gettare l’ancora in rada e aspettare l’arrivo di una barca (poi motolancia, famosa quella dell’Agenzia Rizzo-Busetta) su cui trasbordare merci e passeggeri. Quest’ultimi scendevano sulla barca o motolancia tramite una scaletta volante, predisposta al momento lateralmente al fianco della nave. Si capisce che bastava un mare leggermente mosso per rendere il tutto difficoltoso e laborioso, oltreché estremamente pauroso per i malcapitati che non sapessero nuotare (problema che non si poneva affatto per i Panteschi).

    Invece nell’Ottocento i piroscafi, che si fermavano in rada a Pantelleria, erano del tutto sprovvisti di qualsivoglia scaletta volante, che, seppure malagevole, rappresentava pur sempre una comodità, soprattutto per i passeggeri di sesso femminile. Si ricorreva allora alla famigerata imbragata (in dialetto ‘mbracàta) per sbarcare o imbarcare i passeggeri. Operazione che dir pittoresca è dir poco.
    Nel linguaggio marinaresco e portuale l’imbragata era l’insieme di colli merci o persone o anche singolo animale, che si manovravano da bordo di una nave con un mezzo di sollevamento (il bigo di carico, una specie di gru) per sbarcarli o imbarcarli.
    Questa operazione richiedeva particolare esperienza e abilità per chi era addetto alle relative manovre volanti, in quanto un errore poteva far andare a sbattere l’imbragata di merci o peggio di passeggeri contro la fiancata della nave, con conseguenze disastrose che è facile immaginare.

    L’imbragata consisteva in un grosso sacco cilindrico di tela o di iuta molto resistente, a volte con un fondo di assi di legno, nel predetto sacco trovavano posto di norma quattro o cinque persone, poi tramite le funi del bigo di carico esso, allo sbarco, veniva calato lentamente sulla piccola imbarcazione affiancata alla nave. Logicamente si effettuava l’operazione inversa nel caso d’imbarco.
    Il rigido moralismo dei costumi di quel tempo non permetteva assolutamente che potessero essere presenti nel sacco dell’imbragata allo stesso momento uomini e donne frammischiati, in quanto durante le manovre il sacco tendeva a stringersi e i corpi venivano schiacciati l’uno contro l’altro. La cosa era stata risolta facendo carichi dello stesso sesso ovvero una ‘mbracàta di omini o una ‘mbracàta di fimmìni.
    Dell’arrivo di un piroscafo nella rada di Pantelleria sul finire dell’Ottocento (agosto 1896) abbiamo un resoconto di un inviato de L’Illustrazione Italiana. Il piroscafo è il “Principe Oddone”, proveniente da Marsala e prima ancora da Palermo. Purtroppo dell’imbragata non vi è cenno alcuno, sebbene sia stata sicuramente effettuata in quanto si parla di imbarco di emigranti e asinelli locali (assai richiesti per la loro resistenza in Tunisia). Comunque riportiamo il brano per la particolare atmosfera di un’epoca ormai andata.

    “Alle due e mezza (pomeridiane, ndr) vediamo appressarsi un’isola; il Principe Oddone getta finalmente l’ancora ed eccoci davanti alla Pantelleria, da dove ci giungono a bordo asinelli e pecore numerose, e dove la nostra ora di fermata in alto mare passa fugace nel modo più lieto, al parapetto del vapore, a vedere il tirar su e giù con una corda, dai viaggiatori e dalle eleganti viaggiatrici italiane e straniere che venivano in Tunisia, i canestri d’uva carnosa, splendida, dagli acini grossi come prune, uva di cui tutti noi – viaggiatori di prima e di seconda – si fece una vera scorpacciata!
    Alle tre e mezza il vapore toglie l’ancora – dopo aver caricato ivi altri emigranti ed asinelli famosi di Pantelleria – e dopo aver viaggiato, con un mare il più tranquillo, ancora altre dodici ore, alle due di notte il piroscafo s’arresta. Molti escono dalle cabine, salgono in coperta sotto un cielo splendidamente stellato. Ed in mezzo al silenzio della notte, lontano scorgiamo una miriade di fiammelle rifrangentisi nel mare calmo. Siamo davanti alla Goletta…”.

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.