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    3.4.1941, viene affondata regia nave Manin

    di Antonio Cimmino


    Il 2 aprile 1941 cinque cacciatorpediniere (Battisti, Sauro, Manin, Leone e Pantera) salparono da Massaua. Auto affondatosi il Battisti per un’avaria, i rimanenti 4 cacciatorpediniere furono attaccati, ad ondate successive, da 70 bombardieri Bristol Ben e aerosiluranti Fairey Sworfish. Dopo strenua difesa con le mitragliere di bordo di piccolo calibro (13,2,mm.), il Manin fu centrato da 2 bombe da 224 chili, fu immobilizzato e si preparò all’auto affondamento. Con l’esplosione lo scafo si capovolse, spezzandosi in due ed affondò.

    Persero la vita, in fondo al mare, circa 35 uomini dell’equipaggio.
    Era il 3 aprile 1941.

    PER GRAZIA RICEVUTA
    Fra i superstiti ci fu il Marinaio cannoniere O. Valentino Vuolo, matricola 28508, successivamente decorato con medaglia di Benemerenza Volontari di Guerra.

    Caratteristiche tecniche regio cacciatorpediniere Manin
    Cacciatorpediniere varato a Fiume il 1° maggio 1927.
    Dislocamento: 1.580 tonn.
    Lunghezza: 90,7 metri.
    Larghezza: 9,2 metri.
    Immersione: 3,7 metri.
    Apparato motore: 3 caldaie, 2 turbine, 2 eliche.
    Potenza: 38.000 HP.
    Velocità: 35 nodi.
    Armamento: 4 cannoni da 102/45 mm., 4 cannoni da 40/39 mm., 6 tubi lanciasiluri da 533 mm, 52 mine.
    Equipaggio: 145 uomini.
    Motto: Foco sopra foco s’ha da vincere o morir.
    Fu affondato il 3 aprile 1941 da un attacco aereo inglese presso Gedda (Mar Rosso) mentre tentava, con altre unità, un’incursione su Port Sudan.

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    3.4.1944, affonda il panfilo reale Iela

    di Carlo Di Nitto

    Il regio panfilo reale italiano “Iela” dislocava 329 tonnellate. 
Costruito nel cantiere inglese Dunlop & Co. di Glasgow, era stato varato il 25 aprile 1891 con il nome di “Mira”.
    Nel 1897 era stato acquistato dal Principe di Piemonte Vittorio Emanuele di Savoia (futuro Re Vittorio Emanuele III) e da lui rinominato “Iela” (Elena in montenegrino) in onore della moglie Elena di Montenegro.
    Il 31 luglio 1900 i principi ereditari si trovavano in crociera sul regio panfilo nel mar Ionio quando, portata dalla regia torpediniera 140, giunse la notizia che il re Umberto II era stato assassinato a Monza. Nel momento in cui il comandante della torpediniera riferì, sull’attenti e salutando militarmente, che recava “un importante plico per Sua Maestà”, i principi di Piemonte compresero che il Re era morto e che loro erano diventati il Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena d’Italia.
Il panfilo nel 1912 passò in carico alla regia Marina Italiana, nel 1915 fu venduto ad un armatore greco e fu rinominato ”Constantinos Togias”, nel 1922.
    Nel 1933 cambiò nuovamente nome in “Sifnos”. 
Nel 1941 il “Sifnos” fu catturato dalle truppe di occupazione tedesche e utilizzato in servizio con le isole dell’Egeo.
    Venne affondato a Suda (isola di Creta) il 3 aprile 1944 durante un attacco di aerosiluranti alleati.

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    Arrigo Petacco (Castelnuovo Magra, 7.8.1929 – Porto Venere, 3.4.2018)

    di Pancrazio “Ezio”Vinciguerra

    (Castelnuovo Magra, 7.8.1929 – Porto Venere, 3.4.2018)

    PER GRAZIA RICEVUTA

    Arrigo Petacco, storico e autore di molti saggi, ha pubblicato “La croce e la mezzaluna: Lepanto 7 ottobre 1571” (Mondadori 2005). La narrazione dell’epica battaglia, minuziosamente narrata, trasferisce al lettore un documento di elevato impatto per comprendere come il valore della storia sia da tributare all’azione degli uomini. Il libro di Petacco, oltre che di grande attualità, rappresenta un contributo importante alla reciproca conoscenza forse non facile, ma necessaria, tra due diverse culture.
    Più di quattro secoli fa, la Lega Santa Europea sconfiggeva in mare a Lepanto i Turchi. Una svolta nella storia del vecchio continente. La battaglia durò solo cinque ore, cinque ore che cambiarono il nostro destino: l’Europa non diventò una provincia turca e il Mediterraneo non si trasformò in un lago musulmano.
    A Lepanto nel 1571, l’Europa vittoriosa conservò la sua indipendenza e la sua tradizione. I turchi che sembravano invincibili, furono costretti ad arrestare la loro espansione verso occidente. L’Impero Ottomano e la Lega di Stati Europei, a Lepanto si giocarono tutto, per questo lo scontro non fu lungo ma straordinariamente violento.
    Si dice che la flotta cristiana e quella turca in battaglia assunsero rispettivamente le formazioni della croce e della mezza luna. Il coraggio sovraumano con cui i Cavalieri di Malta difesero la loro croce, la più odiata dei musulmani, fanno da sfondo all’eroismo di molti e all’avidità di alcuni. Nella battaglia servì anche l’ingegno umano per l’espediente del grasso spalmato sui ponti delle navi cristiane in modo da far scivolare i turchi all’arrembaggio.

    C’era fra i combattenti cristiani un soldato d’eccezione si chiamava Miguel Cervantes. Nel Don Chisciotte della mancia, qualche anno più tardi racconterà in forma allegorica e onirica il tramonto degli ideai cavallereschi che proprio a Lepanto ebbero l’ultima straordinaria consacrazione.
    Nell’anniversario della vittoria navale di Lepanto riportata dalla flotta cristiana e attribuita all’intercessione di Maria, fu istituita da papa Pio V la preghiera del santo Rosario.
    In realtà l’origine storica della preghiera risale al Medioevo un tempo questo in cui i salmi costituivano il punto di riferimento principale per chi pregava, ma rappresentavano anche un ostacolo insuperabile per coloro che non sapevano leggere.


    Si pensò allora di aggiungere alla preghiera dell’Ave Maria i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati, uno dopo l’altro come grani di una collana divenendo quindi una preghiera per tutti, semplice ma profonda. Più tardi, nel 2002- 2003, san Giovanni Paolo II nell’anno del Rosario aggiunse alla preghiera del Rosario i misteri della luce che ci fanno contemplare alcuni momenti significativi della vita pubblica di Gesù.


    Occorre non disperdere questa preziosa eredità ritornando a pregare in famiglia e a pregare per le famiglie. La famiglia che prega unita, resta unita.

    Battaglia di Lepanto
    Lo stendardo di Pio V e la Canzone dei Trofei di Gabriele D’Annunzio. 

    a cura Carlo Di Nitto
    Lo Stendardo di Pio V (o meglio, quello che ne resta) che sventolò a Lepanto sulla galea ammiraglia della squadra pontificia comandata da Marcantonio Colonna e da questi donato alla Cattedrale di Gaeta al suo ritorno da Lepanto.
    Così viene ricordato da Gabriele d’Annunzio nella sua:

    “Canzone dei Trofei”

    “O Gaeta, se in Sant’Erasmo sei
    a pregar pe’ tuoi morti, riconosci
    il Vessillo di Pio ne’ tuoi trofei,
    toglilo alla custodia perché scrosci
    come al vento di Lepanto tra i dardi
    d’Ali, mentre sul molo tristi e flosci
    sbarcano i prigionieri che tu guardi
    e che non puoi mettere al remo.”

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    Il siluro

    a cura Virginio Trucco

    Il siluro è un ordigno esplosivo dotato di propulsione autonoma, di dispositivo atto a farlo esplodere per contatto o in prossimità di un bersaglio. Una volta lanciato sopra o sotto la superficie dell’acqua opera immerso, la sua versatilità gli permette di essere lanciato da piattaforme di superficie, subacquee ed aeree.

    (foto www.lavoceditaranto.it)

    Breve storia
    Inizialmente denominato Torpedine, derivato dal latino Torpere (essere rigido o paralizzato) il termine fu utilizzato la prima volta da Robert Fulton, che così battezzo la carica di polvere nera rimorchiata dal suo sommergibile Nautilis nel 1800-1805, il termine passò poi ad indicare tutti gli ordigni esplosivi operanti sotto la superficie dell’acqua. Dirette antenate del siluro, furono le torpedini ad asta, congegni esplosivi posizionati su un asta lunga una decina di metri posti a prua di un battello più o meno inclinati, destinati ad esplodere contro l’opera viva di un battello, provocando una via d’acqua tale da provocarne l’affondamento o quanto meno l’inutilizzo per un dato periodo di tempo. Detto congegno fu utilizzato per la prima volta dai Confederati contro le unità dell’unione che mantenevano il blocco dei loro porti, furono montate sul sommergibile Hunley e sulle pirobarche del tipo David. Il problema di detti ordigni era che anche il veicolo attaccante veniva investito dall’esplosione subacquea riportandone gravi danni, pertanto questo doveva essere spendibile, cioè economico e facilmente rimpiazzabile.

    (foto Sandro Ferruglio)

    Il primo siluro moderno, si deve ad un ufficiale della K.u.K Kriegsmarine ( Imperial Regia Marina) il Fiumano Giovanni Luppis, che nel 1860 nel porto di Fiume presento all’Imperatore un ordigno galleggiante manovrato tramite funi da utilizzare nella difesa costiera. Solo nel 1864, quando Luppis si associò con l’ingegnere Inglese Robert Whitehead, i due riuscirono a perfezionare l’arma, Whitehead introdusse molti cambiamenti rendendo l’arma subacquea, con tutti i miglioramenti, il prototipo fu presentato alla Commissione Navale Imperiale nel 1866, ricevendo un contratto per il suo sviluppo. Whitehead, impianto un silurificio a Fiume ( silurificio che continuo la propria produzione sino al termine del secondo conflitto mondiale) riuscendo nel 1870 ad arrivare ad una gittata di circa 1000m e la velocità di 6 nodi, nel 1881 il silurificio esportava in dieci paesi. Continuando a lavorare sull’apparato motore azionato da aria compressa, Whitehead continuò a migliorare le gittata dell’arma e la velocità passo progressivamente dai 6 nodi iniziali a 30, nel 1890 inserì all’interno del siluro un giroscopio, che assieme all’adozione di due eliche controrotanti stabilizzava la corsa dell’arma. Nel 1877dietro il pagamento di 15.000 sterline da parte dell’Ammiragliato Inglese, per assicurarsi i futuri sviluppi dell’arma, Whitehead apri un secondo stabilimento in Inghilterra.
    Nello stesso periodo al fine di affrancarsi dal monopolio di Whitehead, iniziavano a nascere silurifici nazionali, dove si sperimentavano miglioramenti al siluro, iniziavano cosi a differenziarsi le prestazioni e nascevano vari tipi di siluri, pur conservando le linee di base dell’arma.
    Nonostante le modifiche, il siluro di tipo Whitehead, rimase pressoché invariato sino alla Seconda Guerra Mondiale, quando i tedeschi misero in servizio i primi siluri elettrici. L’arma era costituita da un cilindro, di lunghezza e diametro variabili a seconda del uso e delle richieste del committente, con ad un estremità un ogiva contenente l’esplosivo ed i congegni d’innesco, inizialmente riempita di fulmicotone, poi via via esplosivi sempre più potenti (tritolo, tritonital, ecc.), all’estremità opposta anch’essa affusolata, si trovavano gli organi di propulsione, inizialmente fu installata una sola elica poi sostituita da due controrotanti al fine di compensare la forza deviante data dal senso di rotazione dell’elica, e di governo anche in questo caso prima fissi e poi con l’introduzione di appositi dispositivi divenuti mobili. All’interno del cilindro si trovava un serbatoio di aria compressa, inizialmente a 25 atmosfere e successivamente si arrivò anche a 250 atmosfere, che attraverso in riduttore di pressione andava ad alimentare un motore a due o tre cilindri, che metteva in movimento le eliche, dato che il salto di pressione generava problemi di congelamento, si pensò di introdurre un sistema di riscaldamento del motore, all’inizio si trattò di un semplice circolo di acqua di mare intorno al motore, dato che questo riscaldamento provocando un espansione dell’aria migliorava le prestazione, si passo ad un riscaldatore dell’aria alimentato ad alcool e successivamente ad introdurre un combustibile nell’aria al fine di provocarne l’accensione e un ulteriore espansione. Il problema di questo apparato motore era la generazione di scie, che rilevata dal bersaglio gli permetteva di mettere in atto manovre evasiva al fine di evitare i siluri, in genere si portava la prua parallela alle scie, al fine di far scorrere i siluri lungo le fiancate e comunque offrire una minore superficie d’impatto, inoltre nel caso di lancio da un sommergibile permetteva di rilevarne la posizione. L’introduzione dei giroscopi associati a piatti idrostatici, permise al siluro di autogovernarsi, permettendogli di mantenere la rotta e profondità impostate al momento del lancio.

    (foto internet)

    I progressi del siluro, portarono alla nascita di due nove categorie di naviglio, prima le torpediniere, piccole navi che all’inizio dislocavano 35/40 tonnellate, per passare poi alle 400/500 tonnellate, si trattava di piccole navi molto veloci armate inizialmente solo di siluri, impiagate per l’attacco a formazioni navali, per contrastare queste unità nacque il cacciatorpediniere, nave veloce, con un dislocamento inizialmente attorno alle 400/600 tonnellate per arrivare in alcuni casi a superare le 1000 tonnellate, armato di cannoni di piccolo calibro a trio rapido e siluri, atto a contrastare le torpediniere ed in alcuni casi a sostituirle. Anche il sommergibile che iniziava ad apparire nelle varie marine fece del siluro la sua arma principale. Durante la Prima Guerra Mondiale, il siluro ricevette ulteriori miglioramenti, soprattutto nelle dimensione delle teste in guerra che furono aumentate al fine di operare contro le nuove unità da guerra più pesantemente corazzate e nei dispositivi di accensione. Dato lo sviluppo dell’arme aerea, si iniziò a sperimentare il lancio dei siluri anche dagli aerei.

    (foto www.betasom.it)

    Durante la seconda guerra mondiale, i tedeschi introdussero per primi i siluri elettrici, che nonostante i costi di produzione e la maggiore manutenzione, avevano il grande pregio di non produrre scia. Agli inizi degli anni 60 apparvero i primi siluri filoguidati, dove tramite un filo guida ed una apposita consolle un operatore poteva guidare il siluro direttamente sul bersaglio, seguirono i siluri autoguidati, che tramite sistemi di rilevamento del motore e sonar attivi, che li guidavano sul bersaglio, furono sviluppati siluri più piccole che presero la denominazione di leggeri, per esser lanciati da mezzi aerei o essere portati in zone di ricerca da missili (sistemi: ASROC Americano; MALAFON Francese, IKARA Australiano e il SS-N-14 Silex Russo) oppure venivano usati come mine, sistema CAPTOR, dove il passaggio di un unità navale attivava il rilascio del siluro. Con i continui miglioramenti delle prestazioni dei sommergibili, vennero aumentate le velocità dei siluri, ad oggi alcuni siluri pesanti raggiungono velocità superiori ai 50 nodi, al siluro Russo SHKVAL, grazie all’uso della supercavitazione viene accreditata la velocità di 200 nodi.

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    Altorico Palazzese, (Colonnella (TE), 2.4.1939 – Latina, 16.12.2018)

    di Aldo Palazzese

    (Colonnella (TE), 2.4.1939 – Latina, 16.12.2018)

    … riceviamo e con immensa commozione ed orgoglio pubblichiamo.


    Caro Ezio,
    è con grande piacere che ti invio queste foto di mio padre Altorico Palazzese.
    Era nato a Colonnella (TE) il 2/4/1939. E’ stato in Marina tra il 1° agosto 1955 ed il 1° agosto 1961, corso Meccanici e Motoristi 1955/1957 presso le scuole C.E.M.M. a La Maddalena.

    Il suo primo imbarco fu sull’incrociatore Duca degli Abruzzi.

    Dal 1958 è stato imbarcato sulla fregata Castore (F553) allora appena consegnata alla Marina Militare dai Cantieri Tosi di Buffoluto (TA). Su questa unità ci rimase per 52 mesi fino al congedo avvenuto il 1° agosto 1961. Fu nominato Sergente all’atto del congedo.

    E’ deceduto a Latina il 16.12.2018.

    Ti invio anche la storia della Nave Castore F533.

    Nave Castore (F533)

    Caratteristiche Tecniche
    Fregata CASTORE – FZ – F553
    Motto “Ardisco ad ogni impresa”
    Impostazione 13/3/1955
    Varo 8/7/1956
    In servizio dal 14/7/1957 fino alla fine degli-anni ’80
    Affondata il 30 marzo 2001 al largo di Civitavecchia mentre veniva rimorchiata in Turchia per essere demolita
    Dislocamento: standard 1680 tonn. normale 2137 tonn.
    Dimensioni: Lunghezza F.t. m.103,14; Larghezza m.12; Immersione p.c. m.3,83
    Apparato motore: 2 caldaie Poster Wheeler; 2 gruppi turboriduttori F.Tosi, BP e condens. Ansaldo Potenza:22.000-HP
    Velocità: 26 nodi
    Combustibile: 400 tonn. dinafta
    Autonomia: 3.020 miglia a 12nodi; 2.860 miglia a 18 nodi; 1250 miglia a 26 nodi
    Armamento iniziale: 4 cannoni da 76/72 mm.  in due torri binate; 4 mitragliere da 40/70 mm. in due imp. binati; 2 lanciarazzi trinati da 105mm.; 2 lanciasiluri A.S. da 503 mm. (fino al 1963); 4 lanciabas Menoncorti (fino al 1963); 2 impianti trinati lanciasiluri A.S. Mark 32 (dal1963).
    Dopo la trasformazione: 3 cannoni da 76/72 mm.  Oto Melara in tre torrette singole; 2 Lancia-lanciarazzi-trinati da 105 mm.;  1 Lanciabas lungo trinato Menon; 2 impiantii lanciasiluri trinati A.S. Mark 32
    Equipaggio: 13Ufficiali,  222 Sottufficiali e Comuni

    Generalità
    Dopo l’entrata in vigore del trattato di pace, che impose la consegna a nazioni ex nemiche o la demolizione di un elevato numero di unità navali la Marina Militare Italiana sì trovò di fronte all’urgente problema del rinnovamento ed ampliamento delle esigue ed in massima parte usurate forze navali.
    Nel 1950 un primo modesto programma di ammodernamento e di nuove costruzioni venne presentato in Parlamento per l’approvazione della prima parte, di cui facevano parte gli “Avviso scorta”, studiati interamente dal Comitato progetti navi della Marina Militare, che rappresentavano un tipo di nave completamente nuovo per le nostre forze navali e che si possono considerare come le prime unità costruite nel dopoguerra guerra con criteri veramente moderni.
    Il via alle costruzioni venne dato nel 1951, ma l’inizio vero e proprio si ebbe soltanto il 15 Maggio 1952 con la posa sullo scalo dei Cantieri Navali di Taranto dei primo troncone prefabbricato di nave “Canopo” il “Centauro” prototipo della serie venne invece impostato a Livorno nei Cantieri Arnaldo, il 17 Maggio dello stesso anno la costruzione delle due navi paragonabili nelle caratteristiche e nell’armamento ai più recenti tipi contemporanei di “DE” americani ed alle fregate Francesi della classe “Le Corse”, procedette con grande lentezza.
    Lo scafo nudo e vuoto del Centauro venne varato il 4 Aprile del 1954, dopo circa due anni di permanenza sullo scalo, mentre quello del “Canopo” scendeva in mare dopo tre anni, il 2 Febbraio del 1955.
    Anche l’allestimento non fu più spedito; la verità era che la mancanza di fondi, dovuta alle difficoltà economiche del dopo guerra nel quale ancora si dibatteva l’Italia, pesò su tutte le costruzioni navali di quel periodo.
    Un aiuto venne dagli Stati Uniti, che alla fine del 1953 ordinarono altre due unità gemelle classificandole DE 10290 e DE 1021; queste, a costruzione finita vennero assegnate all’Italia, che le denominò rispettivamente “Cigno” e “Castore” nonostante fossero state impostate una con due e l’altra con tre anni di ritardo rispetto alle gemelle del programma Nazionale, Cigno e Castore, costruite off-shore, furono consegnate alla Marina Militare contemporaneamente al Centauro ed al Canopo; anzi il Cigno addirittura prima. L’iscrizione di queste quattro unità nei quadri del navigli militare avvenne in tempi successivi:
    Centauro e Canopo classificati con definizione prettamente Italiana come avviso scorta, vennero iscritti il 15 Novembre 1951, prima della costruzione, con decreto P.R. riportato dalla G.U. annata 1952 dispensa n°15, Cigno e Castore vennero invece iscritti al momento della loro consegna alla Marina. Il Cigno fu anch’esso classificato come avviso scorta e iscritto il 7 Marzo 1957. A partire dai 10 Aprile 1957 le prime tre unità entrate in servizio cambiarono la classificazione da avviso scorta a fregate A/S, con decreto del P.R. datato 13 Maggio 1957 e riportato sul G.U. annata 1957 dispensa n°17. Pertanto il Castore, consegnato per ultimo, entrò in servizio subito con la classifica di “Fregata Antisom” e iscritto nei quadri del naviglio militare in data 14 luglio 1957. Prime unità di costruzione post bellica, di disegno completamente nuovo, di linea gradevole ma piuttosto tozza, con scafo “flush deck” e prora a cutter, le fregate della classe Centauro non hanno una velocità molto elevata, ma buone doti di manovrabilità ed ottime qualità marine. Partendo dall’altra prora a cutter delle corvette della classe Albatros ma con forme piene, il ponte di coperta corre continuo, con ampio cavallino, fini alla poppa, che è piuttosto stretta ed affilata con specchio inclinato e leggermente tondeggiante.
    Notevole, dal punto di vista della sicurezza, è la compartimentazione dello scafo. Tra un compartimento e l’altro, come del resto in tutte le nuove costruzioni, sono state abolite le porte, in modo da evitare punti di indebolimento delle paratie stagne che dividono fra loro i vari locali. Questo fatto ha anche portato ad una maggiore robustezza strutturale ; infatti ogni paratia diventa in questo modo, non solo stagna ma continua nel senso della resistenza.
    Lo scafo a bordi arrotondati, e completamente privo di oblò, i quali potrebbero costituire un’eventuale via d’acqua quando l’unita, per una qualsiasi ragione, dovesse trovarsi in condizioni critiche di galleggiabilità e di stabilità. Non solo: l’abolizione degli oblò ha reso più resistenti le murate evitando altresì l’ingresso all’interno dello scafo di eventuali nebbie radioattive dovute ad esplosioni nucleari.
    Le sovrastrutture, armonicamente disposte, hanno su queste navi un notevole sviluppo, constano di un voluminoso cassero centrale spostato verso proravia che prosegue verso poppa in una lunga e larga tuga e sormontato da una costruzione a due piani. Per la prima volta, dopo molti anni, ricompaiono su unità di modesto tonnellaggio, due fumaioli, dì non grandi dimensioni, che, disposti simmetricamente rispetto alla prora ed alla poppa contribuiscono a dare una certa eleganza e sveltezza alla linea non troppo slanciata di queste fregate. Le sistemazioni interne sono molto curate, anche se una certa deficienza di spazio si fa sentire a causa del voluminoso apparato motore a vapore, delle forme stellate della prora e della poppa e del numero di apparecchiature ed automatismi installati. Questi ultimi non certo sviluppati come sulle unità di più recente costruzione, hanno consentito di ridurre il numero degli uomini imbarcati, richiedendo però per ognuno di essi una specializzazione più spinta. L’equipaggio è alloggiato in tre locali, uno a poppa e due a prora sottocoperta e sotto copertino, gli uomini dormono in cuccette ribaltabili. La mensa equipaggio, organizzata tipo tavola calda, è ubicata sulla sinistra del cassero centrale ed e raggiungibile sia dai locali prora sia da quelli di poppa senza uscire in coperta.
    I sottufficiali hanno i loro camerini da uno o più posti, alcuni all’interno del cassero, altri sottocoperta i in mediatamente a proravia dei locale caldaie di prora, ed il loro quadrato si trova nella tuga in coperta a centro nave immediatamente a proravia del secondo fumaiolo.
    I camerini degli ufficiali sono invece ubicati, parte sulla dritta del cassero centrale e parte, compreso l’alloggio del comandante ed il quadrato, nel piano inferiore della tuga sovrapposta al cassero stesso.
    I principali locali di comando, per il governo della nave sia in navigazione che in combattimento, si trovano distribuiti nella sovrastruttura principale. Anteriormente a questa tuga si ha il ponte di comando, molto ampio ed aperto, per la protezione del personale di guardia dal vento e dai colpi di mare, lo stesso è dotato di schermi aerodinamici vetri abbassabili e, nella centrale, di un tettino in plexiglas che lascia ampia visibilità superiore.
    La timoneria chiusa si trova al centro della grande plancia dietro la timoneria, nel piano superiore della tuga, abbiamo la Centrale Operativa di Combattimento C.O.C le Stazione operativa radar.
    Al piano inferiore, sotto il ponte di comando la centrale Antisom e più a poppavia la stazione R.T. principale, Centrale AS-SIOC Antisom servizio informazioni operazioni combattimento.
    La centrale di tiro di tiro principale è posta sotto coperta a centro nave, mentre una stazione di tiro secondaria trova posto nella piccola tuga posta a poppavia del secondo fumaiolo.
    Caratteristica di queste fregate è il grande albero a tripode che sorge anteriormente al primo fumaiolo e che, oltre a sostenere le antenne dei radar ed una piattaforma con proiettore e dotato di un m pennone per la manovra delle bandiere da segnalazione largo quanto l’intera nave.
    Un altro albero più picciolo s’innalza dalla sovrastruttura a poppavia del fumaiolo del secondo fumaiolo. Data la non eccessiva velocità operativa di queste navi, un solo timone semi compensato di ampia superficie e sufficiente a conferire loro buone qualità manovriere.
    Le ancore di posta sono due, a marre articolate tipo Hall, e come su tutte le unità di piccolo tonnellaggio manovrabili da un solo argano elettrico posto sull’estrema prora.
    L’apparato motore è costituito da due gruppi di turbine a vapore Ansaldo, indipendenti fra loro e posti in due compartimenti stagni separati ed agenti ognuno su un’elica mediante ingranaggi di riduzione. Ogni gruppo si compone di un a turbina ad alta pressione che ha incorporata la palettatura di crociera e di una turbina di bassa pressione che ha incorporata la palettatura per la marcia indietro.
    II vapore necessario al funzionamento delle turbine è prodotto da due moderne caldaie POSTER WHEELER, la cui temperatura di esercizio è di 410°c e la pressione di 43atm. La potenza complessiva sviluppata dall’apparato motore è di 22.000HP, capace di imprimere all’unità una velocità massima di circa 26 nodi. Detta velocità non è molto elevata ma è sempre tale di consentire a queste unità di avere la necessaria prevalenza sul convoglio scortato, Per maggiore sicurezza e per poter continuare la navigazione anche con una sola elica, in caso di colpo a bordo l’apparato motore e diviso in due gruppi distinti ed autosufficienti. Il gruppo più a proravia, che agisce sull’elica di dritta, consta di una caldaia la cui canna fumaria finisce nel fumaiolo prodiero e di un gruppo turbo riduttore posti in due locali separati e contigui. Il gruppo di sinistra è analogo al precedente e la canna fumaria sfoga nel fumaiolo poppiero.
    A centro nave, infine, fra i locali e dei due gruppi si trova la centrale elettrica principale che alimenta rutti i circuiti di bordo per mezzo di tre diesel alternatori Mayback per una potenza complessiva erogata di 200Kw. I locali abitati delle sovrastrutture possono essere ventilate mediante normale circolazione d’aria: ognuna delle quattro fregate è dotata anche di un’impianto di condizionamento completo a ciclo chiuso o aperto per tutti i locali abitati ed operativi, che unitamente ad un’impianto di lavaggio esterno ed ad un sistema automatico di allarme e rivelazione, permette alle navi di permanere ed operare in zona di ricaduta radio attiva. Pur trattandosi, in fondo, di navi di transizione, esse sono provvedute di apparecchiature radar ed ecogoniometriche di notevole sensibilità i cui dati vengono elaborati dalla Centrale Operativa di Combattimento, dalla centrale di tiro e della centrale antisom, che permettono una costante valutatone della situazione, sia nell’aspetto generale operativo che in quello specifico della minaccia nelle varie forme.
    All’entrata in servizio le apparecchiature elettroniche di scoperta presentavano delle diversità rispetto alle attuai i identiche per tutte le unità della serie Centauro e Canopo avevano un radar americano ASP/NS 6 per scoperta aeronavale con copertura fino a 250 Km. Cigno e Castore costruite off-shore montavano invece un radar Microlambda di costruzione nazionale.
    Nei 196° l’apparecchiatura è stata uniformata e da allora tutte e quattro le unità della classe montavano il radar ASP/ NS 6. Oltre al radar principale si aveva in una coffa più sopraelevata quasi in testa all’albero, un radar Selenia di costruzione nazionale di scoperta in superficie su bassi siti fino a circa 9 Km. Nel 1964 questo tipo di radar è stato sostituito con uno Jason di tipo più moderno.
    L’apparecchiatura ecogoniometrica per la ricerca dei sommergibili immersi costa di un sonar panoramico ad alta frequenza di costruzione americana, tipo AN/SQS-11A, il cui proiettore sporge sotto la chiglia verso prora entro un bulbo carenato
    Per quanto riguarda l’armamento, possiamo dire che nonostante il lungo periodo di allestimento di queste navi, l’adozione di armi moderne antiaeree e antisom fece si che alla loro entrata in servizio le fregate della classe “Centauro” erano navi senz’altro all’altezza dei tempi e perfettamente idonee alla scorta dei convogli. L’armamento antiaereo e navale comprendeva : 4 cannoni da 76/62 mm AA Oto Melara, i cannoni da 76, in una sistemazione binata a canne sovrapposte che, geniale nella concezione, non ha però dato i risultati di praticità sperati e che non sarà quindi ripetuta su nessuna altra unità, erano armi modernissime progettate per un’eventuale complesso a quattro canne mediante accoppiamento di unità binate.
    Il caricamento era completamente automatico e continuo, con elevata frequenza di tiro: 60 colpi al minuto, Rispetto al tipo SMP 3 imbarcato sulle corvette della classe Albatros e da cui questi derivano, presentando soltanto l’innovazione del caricamento continuo per mezzo di apposite norie a qualsiasi elevazione, ciò che consentiva la più elevata cadenza di tiro.
    Le due torrette abbinate erano asservite ad una centrale D.T. tipo NSG con radar di tiro MLT 4 ed ad una colonnina di direzione tiro. 4 mitragliere antiaeree Breda-Bofors da 40/70 mm. in impianti binati posti su apposite piazzole a destra e sinistra della tuga centrale a poppavia del secondo fumaiolo, i due impianti di mitragliere antiaeree erano asserviti elettronicamente a due colonnine di punteria Galileo OG 1 poste in apposite piazzole nella tughetta poppiera, immediatamente a poppavia del secondo fumaiolo
    Queste armi però, benché ottime e di funzionamento preciso e sicuro, furono le ultime ad essere imbarcate su unità di notevole tonnellaggio. Esse infatti ritenute ormai superate per la relativa efficacia dimostrata dal tiro antiaereo ravvicinato contro i moderni reattori, non compariranno mai più su navi nuove, avendo la Marina Militare Italiana adottato come calibro antiaereo il 76 mm 2 Lanciarazzi trinati da 105 mm telecomandali per il tiro notturno, a completamento dell’armamento antiaereo e navale, i due impianti si trovano sul cassero centrale, uno per lato, immediatamente a proravia del ponte di comando.
    L’armamento antisom all’entrata in servizio, era composto di: 1 lanciabas lungo trinato tipo Menon, posto a prora sul cassero immediatamente a poppavia delta torre da 76 mm. 4 Lanciabas Menon corti, disposti in coperta due per lato quasi a centro nave, ma leggermente spostati verso poppavia. 2 Guide fisse per il lancio di siluri antisom da 553 mm. posta sulla tuga fra i due fumaioli, una a dritta ed una sinistra denominata tuga siluri. 1 tramoggia da 10 bombe torpedini da getto, posta ad estrema poppa al centro dello specchio. IL lanciabas trinato da 305 mm., progettato e costruito interamente in Italia, deriva dal Limbo Inglese e può lanciare una salva di tre grosse bombe antisom ad una distanza massime di 1500m, sparate le tre cariche l’arma va ad una massima elevazione di 90° e viene automaticamente ricaricata, mentre le spolette vengono ricaricate direttamente dalla Centrale Antisom, in base ai dati forniti dall’ecogoniometro, la gittata viene regolata mediante variazioni della potenza della carica di lancio, l’arma piuttosto ingombrante, e racchiusa in una torretta brandeggiante da cui sporgono le ire lunghe canne. I lanciabas pirici Menon posti sui due lati della nave, sono stati sostituiti insieme alle due guide lanciasiluri poste sulla tuga centrale. su tutte e quattro le unità, negli anni 1963/64con due lanciasiluri trinati antisom tipo Mark 32 posti sui due lati della nave nella posizione di centro nave dove antecedentemente erano piazzati i lanciabas corti Menon nel 1966 venne dato corso ad un programma di ammodernamento e trasformazione delle quattro unità che rimasero in servizio fino alla metà degli anni ’80.