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    13.2.1861, le vittime e i caduti dell’assedio di Gaeta

    foto Carlo Di Nitto

    GAETA, 13 FEBBRAIO 1861 – Quando la Patria Napolitana 
    aggredita e sconfitta non si arrese (segnalato da Antonio Ciano)

    Dopo novantaquattro giorni di duro assedio compiuto esclusivamente con un continuo ed estenuante bombardamento che comportò lo sparo su Gaeta di oltre 160.000 colpi, di cui molti a granate con spolette esplodenti a massima carica; dopo l’avvelenamento delle condotte idriche di Monte Conca, situate al di là delle linee piemontesi, e la conseguente epidemia di tifo scoppiata tra le truppe e la popolazione assediata, nonostante la determinazione di militari e cittadini di proseguire comunque nella resistenza, S.M. il Re Francesco II decise di porre fine all’eroica difesa militare del Regno.
    Resistere ancora alla devastante guerra mossa senza scrupoli e con disonore da quell’armata di invasori che senza alcuna dichiarazione di guerra aveva assaltato come predoni uno stato ricco, indipendente e pacifico, avrebbe solo accresciuto le sofferenze di quegli uomini e di quelle donne che, comunque, avrebbero difeso fino all’estremo sacrificio la loro antica Patria Napolitana.
    D’altronde l’incredibile pioggia di bombe che giorno e notte martoriava i contrafforti, i palazzi, le chiese e le case dell’antica e splendida città di Gaeta, era il “naturale effetto” della nuova concezione di guerra, introdotta dalla “rivoluzione ateo-liberale”, fedelmente rispettata dalla soldataglia del Savoia.
    Non aveva senso secondo gli assedianti piemontesi, scomunicati portatori di un’etica militare aberrante, fare una guerra basata sulle antiche regole cavalleresche che impedivano agli eserciti di coinvolgere la popolazione civile.
    L’ordine era di prendere Gaeta, al di là dell’onore militare, delle “linee di avanzamento” o di assalti alle mura, costi quel che costi alla città ed ai suoi abitanti. E così fu.
    In quei tre mesi di inferno Gaeta subì una devastazione senza misura e senza precedenti da parte di un nemico che mai osò spingersi fin sotto le mura della Piazzaforte né, tanto meno, cercò di conquistare attraverso una leale battaglia. Gli “eroi” scesi dal nord a depredare e saccheggiare preferirono mettersi al sicuro dietro le colline e bombardare alla cieca, giorno e notte, la nostra gente, la nostra Patria, la nostra civiltà uccidendo, bruciando e distruggendo tutto.
    La ferocia e l’odio di chi veniva a spogliarci in nome di una falsa unità, raggiunse l’apoteosi durante le trattative per la capitolazione di Gaeta.
    Mentre gli ufficiali dei due schieramenti stavano espletando le procedure di firma del documento di resa, il Cialdini ordinò di fare fuoco a volontà e senza sosta accrescendo all’inverosimile l’intensità del bombardamento. La risposta che egli freddamente diede a chi gli faceva notare l’inutilità e le responsabilità di fronte a Dio ed agli uomini di quella strage senza senso fu: “Sotto le bombe si tratta meglio”. E a chi ancora riferiva del tragico coinvolgimento di civili inermi, ospedali e feriti egli replicava: “Le mie bombe non hanno occhi”. Fu così che il 13 febbraio del 1861 un’immensa ed infernale pioggia di proiettili di ogni calibro e potenza investì la città, le case, le strade, gli ospedali, le chiese, i monumenti, la gente e l’intera linea di resistenza di terra dove ormai ogni difesa si era mitigata in attesa degli ambasciatori.
    Tale evenienza consentì agli invasori di esporsi al di fuori dei loro trinceramenti e di meglio puntare le loro potenti artiglierie rigate. In una salve infernale colpirono in pieno la piccola Batteria Transilvania, tenuta dai giovanissimi eroi della Nunziatella, e fu strage. La violenta esplosione travolse anche la vicina Batteria Malpasso, con il contiguo deposito delle polveri da sparo, uccidendo tutti i militari, compresi i giovanissimi eroi.
    Finalmente alle 18.30 dello stesso giorno le batterie degli assedianti improvvisamente si tacitarono per consentire agli ambasciatori borbonici di rientrare nella Piazzaforte a notificare l’atto di resa.
    A questo punto sembrava tutto compiuto, ma non è così. Nuovi elementi stanno oggi emergendo nella faticosa e difficile ricerca storica sull’Assedio di Gaeta che, pertanto, appare tutt’altro che scontata.
    Come si potrà notare, l’art. 2 dell’atto di capitolazione entra in forte contraddizione con l’evenienza che la mattina del 14 febbraio le truppe di assedio fossero ancora impegnate nella costruzione di una nuova e possente batteria a 6 canoni rigati tipo “cavalli” nei pressi di Montesecco, a meno di 800 metri dalla Fortezza.
    Se, poi, si analizzano alcune stampe e foto di quei giorni si notano combattimenti anche nei pressi della Torre di Orlando, posta sulla sommità di Monte Orlando, che, secondo il citato art. 2 della capitolazione, doveva essere consegnata ai piemontesi senza colpo ferire.
    Il compianto Don Paolo Capobianco, citando il regolamento delle Piazze militari del Regno delle Due Sicilie, che accreditava la potestà di resa delle stesse esclusivamente al Re, sosteneva la tesi di una illegittimità di firma nel documento di resa da parte degli ufficiali borbonici.
    In pratica, quanto sottoscritto dai Comandanti della Piazzaforte di Gaeta, doveva essere firmato o, comunque, ratificato dal Re, cosa che di fatto non avvenne mai.
    Ciò dato, quasi sicuramente Torre d’Orlando non si arrese e per prenderla fu necessario conquistarla “metro per metro”. Certamente, per ovvi motivi di propaganda e per non alimentare le voci sull’illegittimità dell’intera spedizione, l’evento fu tacitato e cancellato dai giornali militari e dalle cronache.
    Solo così si spiega il perché degli spari anche nei seguenti giorni 14, 15 e 16 febbraio, il perché della presenza della bandiera Borbonica che, nonostante le “cronache militari piemontesi affermino altro”, il 16 ancora sventolava su alcuni spalti del colle e perché alcuni giornalisti e incisori del tempo ritraggono scene di guerra nei pressi di Torre di Orlando. Per non parlare di alcuni cronisti esteri che il 17 febbraio scrivono: “… si ode il fragore solitario del cannone”.
    Quanto accadde a Gaeta dopo la resa militare potrebbe sembrare di poco conto, ma in realtà è estremamente importante dal punto di vista del Diritto Internazionale ed avvalora l’illegittimità dell’intera operazione comandata dai Savoia.
    Se, infatti, l’invasione fu un’azione di pirateria internazionale in grande stile, ovvero un’aggressione militare ad uno stato libero ed indipendente con l’avallo delle potenze del tempo, ogni atto discendente senza l’accettazione del legittimo governo fu, di fatto, un atto illegittimo.
    Allora, che valore poteva avere un documento di resa con tali premesse? Chi e come avrebbe fatto rispettare quanto sottoscritto? Chi il giudice di un’azione di per se già fuori da ogni regola? L’Inghilterra, la vera mandante, oppure la Francia, la sua fiancheggiatrice?
    L’assedio certamente cessò, i militari si fermarono, anche se qualcuno, come abbiamo visto, probabilmente continuò fino alla fine, ma la Patria rappresentata dall’augusto Sovrano S.M. Re Francesco II di Borbone non si arrese. Mai.
    Nessun trattato o atto di capitolazione dispone una tale evenienza. Lo stesso Re nel lasciare Gaeta diede un arrivederci. E ciò è quanto basta.
    E’ questo in realtà il grande valore di Gaeta, questo il vero messaggio che la Città Martire porta inciso sulle sue mura ancora intrise del sangue dei nostri Eroi.
    Cap. Alessandro Romano
    ________________________________________
    A Gaeta, dove è indelebilmente marchiata la nostra identità di popolo, ogni anno è innalzata con amore la Bandiera del Regno delle Due Sicilie, così come avviene nel contempo in tutte le parti del mondo dove si trovano i figli più fedeli di una Patria immortale.
    Infatti, il 13 febbraio è il giorno dell’Orgoglio Identitario e si espone, ovunque ci troviamo, il Sacro Simbolo della Nostra Terra e della Nostra antica Civiltà, il Vessillo dinastico del Regno delle Due Sicilie.
    Il 12 febbraio del 2017, è stato inaugurato il GIARDINO DELLA MEMORIA, su proposta di Pino Aprile,l’autore di “ TERRONI” e di “CARNEFICI” dove a pag. 461 ha scritto:” Se l’Italia non farà il sacrario, qualcun altro lo farà a Gaeta, a Pontelandolfo, a Casalduni, ad Auletta, a Bronte,a Castellammare del Golfo, o ad un altro dei luoghi del nostro martirio. Arriveranno migliaia di terroni, ognuno con una pietra e con un fiore; e faremo da soli, se non si volesse fare insieme. E su ogni mattone, il nome di un paese distrutto o di Concetta Biondi, di Angelina Romano, di Ninco Nanco, di Nicolò Lombardi, di Michelina Di Cesare, di Matteo Negri…o di soldati morti a Fenestrelle.

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    13.2.1915, Francesco La Rosa

    di Franco La Rosa

    – S.O.S. RICHIESTA NOTIZIE –

    Ciao Ezio carissimo,
    ti faccio dono delle foto di quel che resta di mio zio Francesco La Rosa (mi sono state affidate da mio padre che mi ha voluto chiamare come Lui). Quello che so di mio Zio è che è nato a forse a Civitavecchia il 13.2.1915 e, di questo quadro con le decorazioni, non so nemmeno quali onorificenze gli siano state tributate e perché…


    Dal berretto si evince che sia stato membro del regio sommergibile Balilla, altro non so.
    Mi piacerebbe, col tuo aiuto e con l’aiuto dei lettori del tuo blog, conoscere la storia nella regia Marina di mio Zio e del regio sommergibile Balilla.
    Confido in te e in voi.
    Franco

    Da sinistra:
    – croce al merito di guerra (il gladio non è pertinente. Dopo la prima concessione veniva apposta una coroncina reale sul nastro per un massimo di tre).
    – medaglia commemorativa Francese della Grande Guerra.
    – medaglia commemorativa dell’unità d’Italia 1848-1918.
    – L’ultima è la medaglia commemorativa 1^Guerra Mondiale con due anni in territorio di guerra.
    Per quanto riguarda la quartultima non riesco a distinguerla perché il nastrino non mi sembra appropriato (lungo comando) e la medaglia non riesco a vederla bene. Comunque se vuole dati più esaustivi può rivolgersi all’Archivio di Stato della provincia di nascita dove conservano tutti i ruolini. In via subordinata all’Ufficio documentazione della Direzione del personale della Marina. È sempre un piacere leggerti!
    Francesco Prestipino (13.2.2019)

    Grazie Francesco Prestipino mi ha fatto cosa graditissima ricevere queste preziosissime informazioni che farò recapitare a Franco La Rosa
    Un abbraccio a voi tutti grande come il mare della Misericordia e grande come il vostro cuore caritatevole di Marinai per sempre.
    Ezio (14.2.2019)

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    Carlo Alberto Vandini (Modena 5.11.1930 – 13.2.2020)

    di Salvatore Bianco e Gianfranco Iannetta (*)

    (Modena 5.11.1930 – 13.2.2020)

    … riceviamo e con immenso orgoglio pubblichiamo.

    Carissimo Ezio,
    ho appreso solamente solamente oggi che l’ammiraglio Carlo Alberto Vandini è deceduto il 13 febbraio 2020. Ho chiesto alla figlia Maria Luisa Vandini se potevo comunicarlo a te perché desidererei che questa dolorosa notizia fosse pubblicata su i Gruppi dei quali se tu l’Amministratore.  Mi ha dato il suo consenso specificando che aveva fatto pubblicare il suo necrologio sul Messaggero di Roma e anche che l’ammiraglio non desiderava fiori alla sua morte, ma per chi poteva, opere di bene.


    Fra i suoi incarichi principali voglio ricordare che è stato Comandante in Capo della Squadra Navale, Comandante del Dipartimento Marittimo Militare di Taranto e anche di Napoli.
    Ha assunto anche l’incarico di Comandante della Squadra Navale del Sud Europa (COMNAVSOUTH) ed in questo periodo ha anche assunto l’incarico di Presidente del Consiglio Militare Sezione Marina e di Superconsiglio (tutte e tre le forze armate essendo ufficiale Ammiraglio più anziano dei tre presidenti dei consigli di forza armata). So che era nato a Modena il 5 novembre 1930 ed era sposato con Gabriella Thaon de Revel (morta qualche anno fa) ed è stato tumulato accanto a Sua moglie a Ternavasso, Poirino Torino.
    Per favore mi puoi avvertire quando fai uscire la notizia su l’ammiraglio Vandini. Negli incarichi da Lui svolti non ricordo bene se è stato il Comandante di Cincnav. Per gli altri che ti ho menzionato sono sicuro in quanto ero il suo Segretario particolare prima a Navsouth e dopo a Maridipart Napoli
    Per quanto sopra ti chiedo cortesemente, anche se con ritardo, di pubblicare la notizia della Sua dipartita.
    Assai grato.

    Carriera
    Entrato in Accademia Navale il 29 ottobre 1948
    Guardiamarina luglio 1952
    Sottotenente di Vascello luglio 1953
    Tenente di Vascello gennaio 1957
    Capitano di Corvetta gennaio 1963
    Capitano di Fregata dicembre 1968
    Capitano di Vascello dicembre 1974
    Contrammiraglio dicembre 1979
    Ammiraglio di Divisione febbraio 1983
    Ammiraglio di Squadra agosto 1986

    Onorificenze
    Cavaliere di Gran Croce Ordine Merito Repubblica Italiana
    Medaglia Mauriziana al merito di 10 lustri di carriera militare
    Medaglia NATO Sharp Guard
    Medaglia d Argento 15 anni lunga navigazione Marina Militare
    Croce d Oro con stelletta per anzianità di servizio 40 anni

    Corsi frequentati
    Corso Normale 1948 – 1952
    Corso Superiore 1954 – 1955
    Corso abilitazione a 1955
    Corso specializzazione DT 1957 1958
    32^ Sessione CASD 1980 1981

    Incarichi principali
    . da luglio 1952 al dicembre 1952 – Incrociatore Montecuccoli  Sottordine Artiglieria
    . da dicembre 1952 a settembre 1953 – Corvetta Alabarda Ufficiale al dettaglio
    . da settembre 1953 al giugno 1954 – Corvetta Bombarda Ufficiale di rotta
    . da novembre 1955 a dicembre 1956 – Corvetta Orsa Direttore di tiro
    . da settembre 1958 a settembre 1959 – Fregata Centauro Direttore di Tiro
    . da settembre 1959 a aprile 1960 – Cacciatorpediniere Indomito 2 direttore di tiro
    . da settembre 1961 a ottobre 1962 – Comandante in tempi successivi del Dragamine Edera e delle Corvette Danaide e Driade
    . da novembre 1962 a agosto 1963 – Cacciatorpediniere Impetuoso 1 direttore del tiro
    . da agosto 1963 a novembre 1965 – Aiutante di Bandiera del Capo di Stato Maggiore della Marina Ammiraglio di Squadra Ernesto Giurati
    . da novembre 1967 a luglio 1969 – Incrociatore Lanciamissili Garibaldi 1 direttore del tiro
    . da ottobre 1972 a settembre 1973 – Fregata Canopo Comandante
    . da settembre 1974 a settembre 1977 – Ambasciata d’Italia a Washington Addetto Navale
    . da ottobre 1977 a ottobre 1978 – Incrociatore Vittorio Veneto Comandante
    . da novembre 1978 a settembre 1980 – STAMADIFESA 3° Reparto Capo Ufficio Operazioni
    . da luglio 1981 a ottobre 1983 – COMNAVSOUTH Napoli Senior Italian Officer
    . da ottobre 1983 a ottobre 1984 – COMDINAV 4 Comandante
    . da ottobre 1984 a ottobre 1988 – MARIPERS Direttore Generale
    . da ottobre 1988 a marzo 1991 – MARIDIPART TARANTO Comandante in Capo
    . da aprile 1991 a gennaio 1994 – MARIDIPART Napoli Comandante in Capo e COMNAVSOUTH Napoli Comandante
    . da aprile 1991 a novembre 1993 – Consiglio Superiore di Forza Armata Vice Presidente e poi Presidente
    . da dicembre 1992 a novembre 1993 – Consiglio Superiore delle Forze Armate Presidente
    . da novembre 1993 collocato in congedo assoluto per limiti di età.

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    Branda calda

    foto internet

    Una singolare branda calda
    di Enzo Arena

    Era sera tardi, quasi notte, in una Torino quasi deserta e tre sommergibilisti, con zaino a seguito, si aggiravano in cerca della foresteria Sottufficiali dell’Esercito.
    Che ci facevano a Torino tre Sommergibilisti?
    Perché questa “gente di mare un po’ particolare” cercava una caserma dell’Esercito?
    A Torino c’è la Fiat, la Fiat costruiva centrali di lancio per siluri ed i Sommergibili lanciano i siluri.
    Ecco il legame, ecco cosa ci facevano a Torino tre sommergibilisti.
    Il mattino dopo iniziava il corso sulla nuova centrale di lancio e noi tre eravamo stati mandati a frequentare quel corso.
    C’è collaborazione tra le forze armate e poiché a Torino non ci sono caserme della Marina, i nostri comandi avevano chiesto collaborazione all’Esercito che, come sempre, si era reso disponibile ad ospitarci.
    Qualcosa però non aveva funzionato.
    “Buona sera”, ci accolse il maresciallo quando aprì il portone e subito dopo, tra il meravigliato ed il preoccupato aggiunse: “Ma siete in tre?”
    “Certamente che siamo in tre, perché…qual è il problema?”
    “Il problema è che oggi è Domenica, è quasi notte e io aspettavo solo due militari di Marina. Due mi avevano detto…non tre”
    “C’è una sola stanzetta con due lettini. Uno di voi purtroppo deve andare a cercarsi un albergo.”
    Il Maresciallo, poverino, era più preoccupato e dispiaciuto di noi. Forse pensava che avremmo dovuto tirare a sorte per spartirci due posti letto oppure pensava che il meno anziano in grado sarebbe andato a cercarsi l’albergo.
    Ci guardammo in faccia e tutti e tre, senza parlarci, avevamo pensato subito la stessa cosa.
    “Non si preoccupi Maresciallo, ci dia la chiave della stanza e vada pure a dormire che ora decidiamo noi il da farsi”… ed il maresciallo, tranquillizzato se ne andò a dormire.
    Non esiste tra i Sommergibilisti la paura del disagio, non esiste tra i Sommergibilisti l’anzianità di grado, non esiste neanche lontanamente il pensiero che uno possa essere separato dal gruppo.
    Avevamo pensato tutti e tre la stessa cosa e, appena il Maresciallo si allontanò, sparirono subito i comodini che separavano i due letti. Furono uniti i due lettini in modo che diventasse un unico letto matrimoniale, fu cambiata la disposizione di lenzuola e coperte e dopo 10 minuti sembrava un’altra stanza.
    In tre in un letto matrimoniale non si dorme bene ma si dorme comunque meglio di quando si è in navigazione a bordo di un sommergibile.
    Era anche quella una branda calda ma un po’ particolare.
    Mancava il Nostromo o il Capo Silurista che ti venisse a svegliare per montare di guardia. Invece di un cuscino in due avevamo due cuscini in tre e al mattino appena svegli avremmo anche potuto lavarci la faccia.
    Al mattino, dopo aver rimesso tutto a posto, andammo a salutare il Maresciallo che non ci domandò come avevamo trascorso la notte.
    Eravamo insonnoliti alla prima lezione sulla centrale di lancio dei siluri, avevamo commentato tra noi che…”questa ci mancava” e dicevamo che non avremmo dovuta raccontarla ai colleghi per via dello sfottò conseguente ma sapevamo dentro di noi che l’avremmo raccontata e che ci saremmo fatti un sacco di risate.

    Ad un recente raduno, un caro amico e collega che non vedevo da trent’anni , nell’abbracciarmi mi disse davanti a mia moglie:
    “Ti ricordi quando abbiamo dormito nello stesso letto?”
    “Branda calda?” disse mia moglie che di “brande calde” aveva sentito parlare.
    “No!” Rispondemmo in coro con una fragorosa risata: “Letto a due piazze… ma c’era un altro in mezzo”.

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    Giuseppe Corti

    di Carlo di Nitto

    (Ponza, 24.2.1892 – Gaeta, 20.6.1969)

    11 febbraio 1918 – 11 febbraio 2023

    105° anniversario della Beffa di Buccari. Con l’occasione desidero ricordare “Uno dei Trenta di Buccari” il Marinaio Giuseppe CORTI (Ponza, 24.2.1892 – Gaeta, 20.6.1969) che riposa a Gaeta.

    Siamo trenta d’una sorte,

    e trentuno con la morte. (…)

    Siamo trenta su tre gusci

    su tre tavole di ponte:

    secco fegato, cuor duro,

    cuoia dure, dura fronte,

    mani macchine armi pronte

    e la morte a paro a paro, (…)

    Tutti tornano, o nessuno.

    Se non torna uno dei trenta

    torna quella del trentuno,

    quella che non ci spaventa,

    con in pugno la sementa

    da gittar nel solco avaro.

    (…)

    Versi di Gabriele d’Annunzio

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    Licio Visintini (Parenzo, 12.02.1915 – Gibilterra, 8.12.1942)

    a cura Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    (Parenzo, 12.02.1915 – Gibilterra, 8.12.1942)

    Fondatore della Squadriglia dell’Orsa Maggiore è una delle figure più importanti nel panorama dell’Eroismo Italiano.

    Noi piccolissimi vogliamo colpirvi audacemente nel cuore e in ciò che costituisce il vostro maggior orgoglio. E attendiamo, da questo gesto, che il mondo si decida una buona volta a comprendere di che stoffa sono gli Italiani. ”
    Nel secondo tentativo di forzamento della base di Gibilterra, effettuato nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1942, partendo dal piroscafo Olterra, opportunamente trasformato in base operativa, si portò ad attaccare la corazzata inglese Nelson, ma nella fase più delicata della missione, e quando aveva già superato le più difficili ostruzioni, trovò la morte accanto al suo fedele compagno, Sottocapo Palombaro Giovanni Magro, nella deflagrazione di cariche esplosive lanciate in mare dalle imbarcazioni di vigilanza agli sbarramenti foranei.
    Questa la motivazione della Medaglia D’oro al Valor Militare alla Memoria:
    «Ufficiale il cui indomito coraggio era pari alla ferrea tenacia, dopo lungo difficile e pericoloso addestramento violava, una prima volta quale operatore di mezzi d’assalto subacquei, una delle più potenti e difese basi navali nemiche, costringendo l’avversario a nuove e severissime misure protettive. Inflessibilmente deciso ad ottenere risultati più cospicui, si sottometteva a nuova ed intensa preparazione, in una vita clandestina e di clausura, fino al momento in cui con sovrumano disprezzo del pericolo ed animato da sublime amor di Patria, ritentava l’impresa, nonostante il nemico avesse predisposto tutto quanto la tecnica poteva escogitare per opporsi all’ardimento dei nostri uomini. Penetrato una seconda volta nella base avversaria vi incontrava eroica morte, legando il suo nome alle tradizioni di gloria della Marina italiana. — Gibilterra, 8 dicembre 1942»

    Tra il 7 e l’ 8 dicembre 1942, si immergeva per l’ultima volta nelle gelide acque di Gibilterra – insieme al suo superbo ed inseparabile “coppio” Giovanni Magro – uno dei più straordinari e coraggiosi palombari della Xª Flottiglia MAS: il Tenente di Vascello Licio Visintini.
    Due straordinari combattenti, palombari eccezionali, elementi di spicco della leggendaria “Squadriglia dell’Orsa Maggiore” che beffò, a più riprese e tanto a lungo, la perfida Albione a Gibilterra.

    Nel secondo tentativo di forzamento della base di Gibilterra, effettuato nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1942, partendo dal piroscafo Olterra, opportunamente trasformato in base operativa, si portò ad attaccare la corazzata inglese Nelson, ma nella fase più delicata della missione, e quando aveva già superato le più difficili ostruzioni, trovò la morte accanto al suo fedele compagno, Sottocapo Palombaro Giovanni Magro, nella deflagrazione di cariche esplosive lanciate in mare dalle imbarcazioni di vigilanza agli sbarramenti foranei.

    secondo-capo-palombaro-magro-giovanni-www-lavocedelmarinaio-com


    A Licio Visintini è stata intitolata una nave

    Caratteristiche tecniche
    Tipo: 
Corvetta antisom – Classe De Cristofaro;
    Impostazione: 12. 09. 1963;
    Varo 30.05. 1965;
    Completamento 10. 08. 1966;
    Peso: 940 td, 1019 td, 80,25 x 10,25 x 2,72 m.;
    Alimentazione: 2 motori diesel e 2 motori elettrici, 2 eliche, 8300 CA, 23 nodi;
    Armamento: 2-76/62, 3 tls-305, 11 cb.
10. 08. 1966 
;
    Dismessa: 01. 04. 1992.
    Il 31.3.1994 fu messa in disponibilità in disarmo e destinata a diventare nave bersaglio per incursori subacquei alla Spezia.
    Il 31.12. 2004 fu radiata definitivamente.

    Il 31.12. 2004 fu radiata definitivamente.

     

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