Marinai di una volta

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    Pietro Giliberti (San Michele di Serino, 2.12.1922 – Mare, 23.1.1943)

    di Emilio Giliberti

    (San Michele di Serino, 2.12.1922 – Mare, 23.1.1943)

    Marinaio Fuochista nato a San Michele di Serino il  2dicembre 1922 imbarcato sul regio rimorchiatore Luni risultò disperso in mare il 23 gennaio 1943.

    Regio rimorchiatore Luni
    di Claudio Confessore
    Diritti riservati dell’autore per gentile concessione a www.lavocedelmarinaio.com

    I rimorchiatori d’altura da 900 HP della Classe “Luni”, costruiti nei Cantieri della Società Cooperativa di produzione Sampierdarena, avevano un dislocamento di 448 tonnellate, una velocità di 12,5 nodi, un equipaggio di 30 uomini e come artiglieria 1 pezzo da 57/43. Erano caratterizzati da due fumaioli, uno per ciascuna caldaia.

    Rimorchiatore d’altura LUNI

    Costruiti a cavallo della Grande Guerra erano in servizio anche nella Seconda Guerra Mondiale. Nella sottonotata tabella sono riportati i dati sintetici della storia delle unità della Classe:

    Il regio rimorchiatore Luni è stato impiegato in varie basi sia durante la Grande Guerra che nella Seconda Guerra Mondiale. Nel 1943 era dislocato principalmente a Messina e ha operato prevalentemente nel Mediterraneo Centrale eseguendo numerosi interventi in occasione dei soccorsi alle nostre unità impegnate sulle rotte dei convogli con l’Africa settentrionale.

    Questo articolo, che nasce da una richiesta di notizie da parte del signor Mario Piscino, parente di Alfonso Pappalardo imbarcato sul rimorchiatore d’Altura Luni, sarebbe stato sterile senza accennare ai vari eventi avvenuti in tempi ed in luoghi diversi sia al rimorchiatore che ad altre unità militari e civili che poi saranno coinvolti nell’evento dell’affondamento del Luni del 23 gennaio 1943. Questo è il motivo per cui si è reso necessario iniziare dalla Prima guerra mondiale, accennando alla ritirata di Caporetto e alla necessità di trasferire più a sud il Monitore Cappellini, per poi arrivare alla Seconda guerra mondiale accennando alla nascita dei siluri a lenta corsa inglesi tipo Chariots, alla scomparsa ed il ritrovamento del sommergibile HMS P311, agli attacchi britannici ai nostri porti con l’Operazione Principal, al danneggiamento del mercantile Viminale a Palermo, all’impiego di Ultra, allo scontro navale del 16 gennaio 1943 tra la Forza Q britannica e un convoglio scortato dalla Torpediniera Perseo ed infine all’affondamento del Luni.

    Coincidenze? No, come spesso accade molti avvenimenti di guerra si intrecciano con altri, a volte più conosciuti, e collegare fra di loro i vari eventi permette di avere un quadro d’insieme che migliora la comprensione della guerra sul mare.

    Prima Guerra Mondiale ed il soccorso al Monitore Cappellini
    Tra i vari eventi che hanno coinvolto il rimorchiatore Luni nella Prima Guerra Mondiale si evidenzia quello relativo al Monitore Cappellini (1). Il mattino del 15 novembre 1917, a seguito del ripiegamento italiano dopo la rotta di Caporetto, il Luni prese a rimorchio il pontone armato Cappellini per trasferirlo ad Ancona, l’altro pontone armato, il Faa’ di Bruno fu rimorchiato dal Titano. La navigazione, con la scorta di quattro Torpediniere, fu tranquilla sino alle 23:00 circa quando, all’altezza di Pesaro, il tempo incominciò a peggiorare e si sollevò un forte vento da est/nordest che fece divenire il mare tempestoso.
    Nella notte tra il 15 ed il 16 novembre il Cappellini iniziò ad imbarcare acqua e nonostante le misure prese la situazione con il tempo peggiorò ed il Monitore iniziò a traversarsi. Il Luni tentò di avvicinare il pontone verso la costa, lontana meno di due miglia, ma si ruppero i cavi che tenevano in posizione i due pezzi da 381 che ruotando verso sinistra provocarono un forte sbandamento. Il Luni non poteva più far nulla, mollò i cavi di rimorchio e fece rotta su Ancona, dopo aver buttato in acqua alcuni salvagenti (2).

    Seconda Guerra Mondiale – Operazione “Principal”
    L’evento dell’affondamento del rimorchiatore Luni è indirettamente collegato all’operazione britannica chiamata in codice “Principal” eseguita il 3 gennaio 1943 nel porto di Palermo con l’impiego di siluri a lenta corsa “Chariots” (3).
    Dislocati in Mediterraneo per attaccare la flotta italiana, il piano originario britannico del primo impiego dei Chariots in Mediterraneo prevedeva l’attacco simultaneo alle navi ormeggiate nei porti di Palermo, Cagliari e La Maddalena. Successivamente, furono esclusi sia il porto di Cagliari, non essendoci in rada alcuna unità ormeggiata di rilevanza bellica, e l’azione nel porto di La Maddalena perché le avverse condimeteo non avevano reso possibile una buona ricognizione e il persistere del brutto tempo poteva influire negativamente sulla sicurezza dei Chariots.
    In particolare, per quanto riguarda il porto di  La Maddalena – in cui normalmente erano ormeggiati in rada gli Incrociatori Gorizia e Trieste – la sorveglianza preventiva fu assegnata al sommergibile HMS P311(4) (Comandante Tenente di Vascello Richard Douglas Cayley) che doveva impiegare per la missione due Chariots, dei tre che aveva a bordo, e precisamente il numero 17 ed il 18, mentre il terzo, impiegabile come riserva, era probabilmente contraddistinto dal numero di fiancata 10.
    Del battello si persero le tracce ma, grazie al ritrovamento del suo relitto ad opera del subacqueo italiano Massimo Domenico Bondone avvenuto nel maggio del 2016, oggi sappiamo che rimase vittima dello sbarramento minato posato vicino a Tavolara (5). Tra le 71 vittime dell’equipaggio vi erano anche i 10 componenti dei due Chariots (6).

    Sommergibile P 311 – Royal Navy

    L’azione fu, quindi, condotta solo contro il porto di Palermo e la partenza da Malta dei sommergibili destinati all’operazione avvenne il 28 dicembre 1942. Si trattava dei battelli trasportatori HMS Trooper (N91 – Comandante Tenente di Vascello Wraith) e HMS Thunderbolt (N25 – Comandante Capitano di Corvetta Crouch) a cui era stato aggregato il sommergibile Unruffled (Comandante Tenente di Vascello Stevens), con compiti di assistenza e recupero operatori.

    Chariot Mk I – Royal Navy

    Chariot Mk II – Royal Navy

    La notte fra il 2 ed il 3 gennaio i due battelli trasportatori misero in mare, al largo del capoluogo siciliano, 5 Chariots (numeri di fiancata 15 e il 22 dal Thunderbolt e 16, 19 e 23 dal Trooper). I Chariots 15, 16 e 22 fallirono la missione e andarono persi a causa di avarie varie e/o problemi con gli autorespiratori degli operatori, l’equipaggio del Chariot 23 (Tenente di Vascello Greenland e Sottufficiale Ferrier) riuscì ad collocare la carica principale sotto la chiglia dell’Incrociatore leggero Ulpio Traiano, il cui allestimento era quasi ultimato, nonché furono applicate delle cariche secondarie sotto gli scafi del Cacciatorpediniere Grecale, della Torpediniera Ciclone e del piroscafo Gimma. Infine, l’equipaggio del Chariot 16 (Sottotenente di Vascello Dove e Sottufficiale Freel) posizionò la carica sotto lo scafo della motonave Viminale (7).
    Fu proprio la carica piazzata sotto il Viminale ad esplodere per prima alle 05:45, causando la lacerazione del timone, danni all’elica, la rottura del dritto di poppa, lo sfondamento di diverse lamiere sopra la linea di galleggiamento e gravi danni alla banchina Vittorio Veneto, mentre la carica piazzata in corrispondenza del locale della motrice poppiera sotto l’Ulpio Traiano esplose alle 07:58 causando il rapido affondamento dell’Incrociatore, che si spezzò in due, danni alla banchina cantieri, la morte di 5 persone (4 operai italiani ed 1 tedesco) e ben 21 feriti. Le altre cariche non detonarono perché non armate correttamente dagli operatori.
    Il sommergibile HMS Unruffled riuscì a recuperare solo due operatori al termine dell’attacco, uno dei sommozzatori morì e tutti gli altri furono presi prigionieri. Da parte italiana fu anche recuperato integro uno dei Chariots (forse il n. 15).

    HMSM Thunderbolt – Royal Navy

    I risultati dell’Operazione Principal furono subito noti agli inglesi grazie alla ricognizione aerea eseguita il giorno dopo e alla decrittazione, nella famosa centrale di Bletchley Park, di un messaggio tedesco inviato l’8 gennaio 1943 con la cifratura di ULTRA a firma del Generale Kesselring che ordinava di prendere “ulteriori misure di sicurezza “dopo l’attacco britannico. Successivamente, i britannici vennero a conoscenza anche di un rapporto, datato 9 maggio 1943, in cui l’Ammiraglio Romolo Polacchini riassumeva i particolari dell’attacco.
    L’azione inglese mise in evidenza la necessità di rivedere l’organizzazione della difesa del porto di Palermo che era affidata al “Comando Difesa Porto” del Regio Esercito coadiuvato dalla Regia Marina che nella zona portuale si avvaleva della Regia Capitaneria”.
    Sull’accaduto fu avviata una inchiesta che portò alla elaborazione di una “Relazione sul forzamento del porto di Palermo nella notte sul 3 gennaio” firmata il 21 gennaio 1943 dal Comandante Militare Marittimo della Sicilia, Ammiraglio di Divisione Gustavo Stazzeri. Tale documento, oltre a ricostruire la dinamica dell’azione degli incursori britannici come percepita dai difensori, passava al vaglio l’organizzazione della difesa di Palermo. Nella relazione si lamentava la mancata conoscenza che elementi nemici fossero dotati di mezzi speciali, che non tutte le postazioni di vigilanza possedevano un telefono, che la qualità e preparazione del personale era molto scadente e che i nemici avevano operato indisturbati per 4-5 ore.
    Anche il Regio Esercito fece la sua relazione e si scatenò tra le due Forze Armate il solito e prevedibile scarico di responsabilità.
    Per far cessare le inutili e sterili polemiche e definire meglio le rispettive competenze tra le varie Forze Armate fu deciso di avviare il 19 marzo 1943 uno studio congiunto tra Esercito e Marina dal titolo “Azione di sabotaggio nel porto di Palermo – Organizzazione antisabotaggio nei porti”, allo scopo di identificare le cause del fallimento della organizzazione della difesa portuale e sanare i conflitti di competenza nell’interno dei porti nazionali. Lo studio, dopo una analisi realistica dell’accaduto evidenziava “sorprendentemente” che le disposizioni già in vigore “se esattamente interpretate ed integralmente applicate, consentono, nel loro insieme, di conferire alla difesa dei porti quel carattere unitario ricercato ed effettivamente indispensabile per il suo efficace funzionamento, non meno che la precisa nozione delle relative responsabilità”. In definitiva, la strada scelta fu quello di autoassolversi per quanto accaduto, dovuto anche ad un “complesso di circostanze favorevoli al nemico”, e finiva con il suggerire solo alcune raccomandazioni per integrare quanto già in vigore.

    Seconda Guerra Mondiale – Affondamento del Rimorchiatore Luni
    A seguito dell’Operazione Principal fu deciso di trasferire il mercantile passeggeri Viminale a Taranto per le riparazioni. Il piroscafo partito da Palermo effettuò una sosta a Messina da dove proseguì la sua navigazione con la scorta della Torpediniera Perseo (8), la nave officina Quarnaro, 4 VAS (Vedette Anti-Sommergibile) e con l’assistenza dei rimorchiatori Luni, Costante e Salvatore.
    Alle 8:20 il sommergibile britannico HMS Unbending (9) (Comandante Tenente di Vascello John Dennis Martin), in pattugliamento nell’area dello Stretto di Messina, lanciò tre siluri da 1830 metri di distanza. Due colpirono il Viminale (10) ed uno colpì il Luni, che esplose e affondò al largo di Capo dell’Armi in posizione 37°52’N e 015°45’E. Di seguito i nominativi delle 28 vittime dell’equipaggio del rimorchiatore Luni:

    Il Perseo reagì immediatamente, prese contatto con l’ecogoniometro e contrattaccò lanciando sul battello P37 ben 57 bombe di profondità che, pur non colpendo il sommergibile, esplosero vicino allo scafo ed arrecarono gravi danni e costrinsero il battello prima a cercare di sottrarsi alla caccia avvicinandosi ai bassi fondali per confondere il suo eco con quello di costa e poi, finita l’azione italiana, a trasferirsi a Malta per riparare i danni. All’azione antisommergibile parteciparono anche il Quarnaro, le quattro VAS ed un idrovolante giunto sul luogo dell’evento. Frattanto, il Viminale nuovamente danneggiato, e con parecchie vittime a bordo, fu portato dagli altri rimorchiatori ad incagliare vicino a Porto Salvo.

    Regia Torpediniera Perseo

    Regia Nave Quarnaro

    Piroscafo Viminale

    Il secondo da sinistra è Alfonso Pappalardo
    La tomba di Alfonso Pappalardo a Cetara

    Note:
    (1) Il Monitore Alfredo Cappellini era ancorato presso il porto di Grado per bombardare la linea ferroviaria e le infrastrutture triestine; con la rotta di Caporetto venne prima trasferito a Venezia e successivamente rimorchiato verso Ancona.

    (2) Dell’equipaggio del pontone perirono il comandante Pesce e 68 tra ufficiali, sottufficiali e marinai, mentre solo quattro uomini (il Sottocapo cannoniere Fernando Aldrovandi, il Cannoniere Filippo Dagnino, il Torpediniere Domenico Lorusso ed il Marinaio Gennaro Trulli) riuscirono a salvarsi. I corpi delle vittime vennero sepolti nel cimitero delle Grazie, a Senigallia.

    (3) I Chariots Mk I erano mezzi d’assalto simili ai siluri a lenta corsa della Regia Marina italiana e sono stati costruiti dalla Royal Navy dopo aver recuperato intatti due mezzi speciali italiani. Furono impiegati per la prima volta, con esito negativo, contro la Corazzata tedesca Tirpitz, alla fonda nel fiordo norvegese di Trondheim. Successivamente i Chariots furono inviati in Mediterraneo per colpire le basi nemiche in Italia ed in Africa. Il Chariot Mk II, operativo verso la fine della guerra, non aveva più gli operatori a “cavallo” del siluro ma essendo di dimensioni maggiori permetteva che gli operatori fossero seduti all’interno (spalla a spalla).

    (4) L’HMS P-311 (Classe T serie 3) fu costruito a Barrow nei cantieri della Vickers Armstrong ed è entrando in servizio nella Royal Navy il 7 agosto 1942. Designato con la sigla P 311 era in attesa che gli fosse assegnato ufficialmente il nome di Tutankhamen. Il relitto è stato ritrovato nel maggio 2016, giace ad una profondità di quasi 90 metri, a circa 5 miglia a est dell’isola di Tavolara.

    (5) Le notizie e le immagini sul ritrovamento del P 311 sono disponibili su Internet dove si trova anche il filmato realizzato al link: (https://www.youtube.com/watch?v=QNYW5CttCXY) ed in cui si vede il suo scafo quasi integro ma con un danno a prua causato sicuramente dall’esplosione di mina.

    (6) I nominativi dei 10 operatori dei Charliots erano i seguenti: Lt. Henry Winter, RN – Lt. Edward Talbot Stanley, DSC, RN – Lt. Robert Henry Hugh Brunner, RN – Lt. John Dennis Martin, DSC, RN – Lt. Jack Whitton, DSC, RN – Lt. Paul Charles Chapman, DSO, DSC, RN – Lt. Anthony James Sumption, DSC, RNVR – Lt. Alan Flockhart Esson, RNR – T/Lt. Richard George Wade, RNVR – Lt. Oliver Lascelles, DSC, RN.

    (7) Transatlantico di 8657 t costruito nel 1925, di proprietà della Società Anonima di Navigazione Lloyd Triestino con sede a Trieste, iscritta nel Compartimento Marittimo di Genova n° 1743.

    (8) Il 16 gennaio 1943 la Torpediniera Perseo, mentre scortava la motonave D’Annunzio da Tripoli a Palermo, era stata coinvolta in un duro scontro navale con la Forza Q britannica composta dai cacciatorpediniere Kelvin, Nubian e Javelin e dagli incrociatori leggeri Dido ed Euryalus. Il D’Annunzio fu affondato ed il Perseo, approfittando del mare mosso alimentato dal forte vento di tramontana, riuscì ad allontanarsi e a riparare a Lampedusa dove sbarcò 20 morti.

    (9) Sommergibile P37 della classe U della Royal Navy britannica in linea dal settembre 1941. Rimase in servizio sino a dicembre del 1949, venduto fu poi demolito nel maggio 1950.

    (10) Il 27/01/1943 il Viminale fu di nuovo trasportato a Messina. Il 25/07/1943 mentre era in corso il suo rimorchio per Napoli, fu affondato da motosiluranti statunitensi della 15^ Squadriglia a circa 12 miglia a Sud di Capo Vaticano. Giace ad una profondità di 108 metri in posizione 38°44’N-015°50’E.

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    A Guido Scelsi e Mario Calderara, marinai in volo

    a cura Francesco Carriglio (*)
    www.augusta-framacamo.net 

    I primi piloti di aereo della Marina

    In questo nuovo progetto per l’Italia di inizio ‘ 900 si distinse un marinaio: il Tenente di Vascello Guido Scelsi che può essere considerato uno dei primi piloti di dirigibile.
    Guido Scelsi, già pilota di dirigibile, consegue, primo fra gli italiani, il brevetto di pilota di idrovolante presso la scuola europea Curtiss di Juan-Les-Pins, all’epoca unica scuola esistente della specialità.
    Già il giorno lunedì 30 agosto del 1909 a Vigna di Valle, dopo un’ascensione di esame, il tenente di vascello Guido Scelsi aveva conseguito il brevetto di pilota di dirigibile stabilendo il primato di primo ufficiale di Marina a conseguire l’abilitazione alla guida del “più leggero dell’aria”.
    Ammiraglio di divisione, cavaliere dell’ordine militare di Savoia, croce al merito di guerra, commendatore dell’ordine della Corona d’Italia, ufficiale dell’ordine dei santi Maurizio e Lazzaro. Pioniere del volo, pilota di dirigibile, aerostiero, pilota di aeroplano.
    Fu il propugnatore dell’ammodernamento e potenziamento della linea degli idrovolanti della Regia Marina mediante la riproduzione in serie degli idrovolanti austro ungarici L (Lohner); di uno di essi nel 1915 fu incaricato di valutarlo in volo dopo la cattura da parte delle forze italiane.

    Guido Scelsi è deceduto a Roma il 21 ottobre 1954.

    (Verona, 10.10.1879 – 18.3.1944)

    Parallelamente allo sviluppo degli aeromobili, «decollano» e si affermano anche  Calderara, Crocco, Ricaldoni e altri. Tutti ufficiali di Marina e dell’Esercito egualmente entusiasti della nuova arma. Ma, almeno all’inizio, la loro istruzione e la loro abilità derivava solo dalla pratica e dalle innate capacità ma era giunto il tempo in cui la preparazione degli uomini doveva trovare adeguata regolamentazione.

    Mario Calderara nasce a Verona il 10 ottobre 1879, giovanissimo vuole seguire le sorti di Icaro e dei suoi successori, e ci riesce.
    L’Italia, all’inizio del ‘900, è in pieno clima pionieristico e il 12 settembre 1909, viene conferito sul campo al Sottotenente di Vascello Mario Calderara il brevetto di Pilota di Aereo n° 1. È il primo brevetto di pilotaggio d’Italia e la Regia Marina ne è fiera.

    Nel gennaio 1910, sul campo romano di Centocelle, nasce la prima scuola per piloti; la dirige  Mario Calderara. Si conclude così il momento storico del volo dilettantistico: da questo momento tutto procederà con l’imprimatur ufficiale, grazie soprattutto alla assoluta dedizione di questi pionieri. Non appena i nuovi mezzi iniziarono a muovere i «primi voli», parallelamente ne fu valutato il loro impiego operativo.

    Mario Calderara è deceduto il 18.3.1944.

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    13.6.1919, entra in servizio la regia nave Enrico Cosenz

    di Carlo Di Nitto

    Il regio cacciatorpediniere “Enrico Cosenz”, classe “La Masa”, ex nave Agostino Bertani, dislocava a pieno carico 875 tonnellate. Fu impostato il 23 dicembre 1917 e varato il 6 giugno 1919 nei Cantieri Odero di Sestri Ponente ed era entrato immediatamente in servizio il 13 giugno successivo.
    Il “Cosenz”, originariamente portava il nome di “Agostino Bertani” (sigla BR). Nel 1919, appena entrato in attività,  venne impiegato nelle acque del golfo del Quarnaro all’epoca dell’impresa fiumana di Gabriele d’Annunzio. Schieratosi con i Legionari fiumani del movimento dannunziano, si trasferì da Trieste a Fiume.
    Alla soluzione della crisi fiumana (gennaio 1921) l’unità rientrò a Pola e cambiò il nome in “Enrico Cosenz” assumendo la sigla CS.
    Nel 1929 venne declassato a Torpediniera.
    Durante il periodo bellico 1940-43 svolse una notevole attività di scorta al traffico, dapprima verso l’Africa settentrionale poi nel basso e medio Tirreno, disimpegnando negli ultimi tempi anche servizio di protezione al traffico tra l’Italia ed i mari Adriatico ed Egeo.

    Il 25 settembre 1943 fu gravemente danneggiato per collisione con il piroscafo Ulisse che doveva scortare in Italia. Entrò nel vicino porticciolo croato di Lagosta per effettuare riparazioni alla falla che si era aperta nel locale macchine. Durante la permanenza a Lagosta subì diversi attacchi aerei da parte tedesca e fu colpito e ulteriormente danneggiato. Le bombe provocarono gravi incendi non domabili con i mezzi di bordo. Sbarcato quindi l’equipaggio, venne autoaffondato il 27 settembre 1943 nel centro del porto per evitarne la cattura da parte delle truppe germaniche. Nell’evento subì alcune perdite fra i componenti dell’equipaggio.
    Aveva svolto 165 missioni di scorta di cui 14 di ricerca e caccia antisommergibili e 4 di posa mine, oltre a 41 missioni di vario genere, percorrendo otre 65.000 miglia e stabilendo un primato fra le siluranti.
    Il suo motto fu “QUIS CONTRA NOS?” (Chi contro di noi?)
    Onore ai Caduti!

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    13 giugno, in ricordo di Raffaele Vingiani, marinaio di Sant’Antonio da Padova

    di Vincenzo Antonio Vingiani



    PER GRAZIA RICEVUTA

    Raffaele Vingiani, mio padre, era associato alla Sezione Mutilati di guerra di Castellammare di Stabia (Napoli), percepiva due pensioni di guerra che devolveva, per grazia ricevuta, all’Orfanotrofio di S. Antonio di Padova, in quanto sosteneva che una volta affondato la sua nave, nel Mediterraneo, naufrago tra le onde, gli apparve S. Antonio che lo rassicurò dicendogli che da li a poco sarebbero arrivati i soccorsi e infatti, dopo un po’, una nave raccolse i naufraghi e mio padre fu curato dalle numerose ferite in un ospedale militare di Bengasi.

    Incrociatore Montecuccoli copia
    Venni a conoscenza di queste notizie grazie al Presidente dei Mutilati di Guerra, intervenuto al funerale di papà con il loro gagliardetto. Diversamente non l’avrei saputo.
    Era il 29 agosto del 1994.
    Papà, a ciascuno dei cinque figli, ha imposto come secondo nome quello di Antonio o meglio al primo maschio Giovanni Antonio (il nome del nonno paterno); alla secondogenita Maria Antonia (il nome della nonna materna) a me, terzogenito, Vincenzo Antonio per onorare il nonno materno e poi, una volta assolto al doveroso omaggio ai nonni, al quartogenito l’ha chiamato solo Antonio.
Io ho fatto la Prima Comunione da Donna Sciurella (*) sempre per onorare il Santo e il mio vestito da alto ufficiale della Marina fu donato a qualche famiglia bisognosa, ovviamente sempre a nome di Donna Sciurella, che mantenne l’anonimato…

    (*) Donna Sciurella – Fiore- era una signora che gestiva una cappella privata dedicata a Sant’Antonio. Era tollerata dalla chiesa ufficiale per il gran numero di devoti di Castellammare che si recavano a pregare. Curava anche le prime comunioni dei meno abbienti e organizzava pranzi per i poveri specialmente il 13 giugno.

    …riceviamo questa segnalazione e pubblichiamo con la precisazione che ci contraddistingue.

    Caro Ezio, relativamente all’emozionante racconto “13 giugno Raffaele Vingiani”, ti volevo evidenziare che potrebbe trattarsi della regia nave  Trento, affondato il 15 giugno 1942? Un carissimo saluto
    Carlo Di Nitto

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    L’orecchino d’oro dei marinai

    a cura Antonio Cimmino

    L’usanza di portare un orecchino d’oro ai tempi della marineria velica, serviva a mostrare di aver doppiato Capo Horn.
    L’orecchino si poteva portare a destra o sinistra se si era lasciati il Capo a dritta o a sinistra, quindi con maggior rispetto verso chi lo porta a destra, dato che lo aveva superato controvento.
    Secondo un’altra tradizione circa l’usanza dell’orecchino, era quella che sarebbe servito di ricompensa a chi avesse seppellito il marinaio defunto.


    Nella tradizione frase si potevano portare fino a quattro orecchini, ognuno rappresentante un grande Capo (Capo Horn, Capo di Buona Speranza, Capo Leeuwin, Capo Finisterre).
    Più orecchini stavano quindi ad indicare maggiori competenze e anni in mare.