Marinai di una volta

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    18.3.1945, affonda la regia nave Arturo

    a cura Antonio Cimmino


    Il regio torpediniere Arturo, classe Ariete, fu varato a Sestri e fu catturato dai tedeschi il 9.9.1943 mentre si trovava in allestimento a Genova.
    Fu completato come TA-24 (Torpedoboote Ausland, torpediniere straniera).

    Fu successivamente affondata dai cacciatorpediniere inglesi Meteor e Looknout nel Golfo di Genova il 18.3.1945.

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    18.3.2015, Mario De Luca

    di Mario De Luca

    Quelli di seguito sono i link dove Mario De Luca ha lasciato una scia del suo passaggio in questo diario di bordo. Mario carissimo, adesso riposa in pace fra i flutti dell’Altissimo, sono certo che questo nuovo mondo è ancora più bello di quello di un marinaio, emigrante di poppa, con il cuore rivolto a Napule.
    (Pancrazio “Ezio” Vinciguerra)

    https://www.lavocedelmarinaio.com/2014/03/sabotaggio-e-incendio-del-fella-30-marzo-1941/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/06/paolo-emilio-thaon-di-rivel-il-duca-del-mare/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/02/a-proposito-dei-18-000-prigionieri-italiani-in-australia/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/05/il-conte-rosso/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/01/i-mercantili-in-guerra/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/12/tu-puoi-diventare-uomo-di-mare/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2011/06/napoli-10-giugno-1940-2/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2010/11/era-napoli-la-mia-citta-4-dicembre-1942/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2013/02/le-promesse-da-marinaio/
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2015/03/18-3-2015-addio-mario-de-luca/

    Era Napoli, la mia città (4 dicembre 1942)
    Pubblicato il 29 novembre 2010
    di Mario De Luca (*)

    “Caro Ezio,
    sono molto commosso. La mia storia e molto lunga e complicata, penso che non c’è abbastanza spazio per raccontarla nei dettagli. Qualcuno potrebbe ricordare, sentirsi male, ed io non voglio.
    Posso però riassumerti a grandi linee quello che accadde quel giorno per noi indimenticabile…purtroppo!…
    Si fu una brutta esperienza da quel lontano 10 giugno 1940, io avevo solo 12 anni.
    Come ogni giorno, ormai da troppo tempo, verso le ore 16.00 e per sei o sette ore, andavamo giù al ricovero. Il ricovero era un posto squallido, puzzolente, dove già da tempo si rifugiavano i più poveri della città anche quando non c’era la guerra.
    Io abitavo al primo piano del palazzo con la mia famiglia.
    La RAF, sorvolava tutta Napoli per cercare bersagli da bombardare e le incursioni aeree continuarono per circa due anni. Anche gli americani, due anni più tardi, incominciarono con le loro incursioni aeree a bombardare quello che era rimasto della mia città.
    Mi ricordo quel giorno per ché mi trovavo al porto e l’incrociatore Nunzio ATTENDOLO fu affondato proprio li, ed io vidi tutto.
    Loro, gli americani, si stabilirono nella mia città fino alla fine della guerra,mentre i “germanesi” cercavano di bombardare il porto pieno di navi alleate. E’ una lunga storia. La città era in rovine ed io abitavo fuori al porto al centro dell’azione.”
    Oggi non abito più lì …vivo in Florida.
    P.s. QUEL GIORNO 4 DICEMBRE 1942 ERA LA FESTA DI “SANTA BARBARA”. Mario

    Tu puoi diventare uomo di mare
    Con ciò non voglio dire che i ragazzi nati e vissuti nei paesi del retroterra non possono, al pari, dedicarsi alle arti marittime. Solamente intendo far risaltare la tua posizione di privilegio rispetto a quelli a tale riguardo, in quanto tutti gli elementi materiali e spirituali necessari ad infondere nei giovani l’amore per il mare, se per te sono a portata di mano, sono forse sconosciuti o quasi ai ragazzi che vivono, per esempio, nel cuore del Piemonte o della Lombardia.

    Poiché tu, ragazzo del litorale, di qualunque punto del litorale, sei circondato indubbiamente da una infinità di segni, piccoli e grandi, che ti parlano delle nostre glorie marinare antichissime, antiche e recenti. Lo stesso porto o porticciolo a pochi passi dalla tua abitazione o dalla tua scuola, può essere stato, un tempo, famoso per approdi o partenze. Può essere stato sede di arsenali marittimi importantissimi. Può avere ispirato a qualche tuo lontano concittadino ardimenti ed audacie navali che sono passate alla storia.
    Dimmi, di quale paese se tu della costa? Di quale paese che non sia uno di quelli come Genova, Venezia, Napoli, Amalfi e tanti altri la cui tradizione marittima è fin troppo nota in tutto il mondo? Sei di Rimini, di Fano, di Molfetta, di Civitavecchia, di Messina, di Sorrento? Ebbene, sappi che Rimini fu una importantissima base di operazioni navali durante la seconda guerra punica; che Fano fece parte della Pentapoli marittima ai tempi dell’Impero d’Occidente; che Molfetta ha posseduto e possiede i più audaci pescatori
    …il volere è potere, nulla è difficile volendo, non chi comincia ma chi persevera, sono motti di celebri italiani del passato.
    Tu puoi diventare uomo di mare.
    Una piccola storia della mia gioventù trascorsa a Napoli durante la Seconda Guerra Mondiale. Allo scoppio della guerra, il 10 giugno 1940, avevo solo 12 anni e abitavo in un appartamento locato fuori al porto. Per sei mesi la RAF faceva incursioni aeree sulla città quasi ogni giorno. Solo di notte non bombardavano alcun bersaglio. Ogni incursione durava circa sei o sette ore alla volta io andavo giù al primo piano che si usava come ricovero.
    Sei mesi più tardi la RAF incominciò a bombardare il porto e le fattorie industriali. Queste incursioni aeree sono durate per quasi due anni. Napoli era diventata la base della Regia Marina Militare dove scortavano i convogli delle navi mercantile dirette in Nord Africa. Quel tragico giorno, 4 Dicembre 1942, il giorno della festa di Santa Barbara, parecchie navi erano in porto con tutti i marinai a bordo per festeggiare la Santa protettrice di tutti noi.
    Era quasi mezzogiorno; tutto d’un tratto, senza nessun preavviso di sirene, circa 90 aerei americani cosiddetti “liberator” lanciavano i loro siluri in un incursione sul porto e nelle vicinanze della città.
    L’incrociatore Nuzio Attendolo insieme ad altre navi furono colpite ed affondate, circa 900 i morti tra marinai e civili.
    Io stavo a casa le bombe cadevano a destra e sinistra non so come non sono morto anch’io quel giorno, la mano di Dio…
    Quando arrivarono gli alleati a Napoli la RAF faceva solo sporadiche incursioni ed il porto era pieno di navi americane da guerra e da carico. Le successive settimane i tedeschi effettuarono anche loro le incursioni aeree sulla città ormai ridotta in rovine.
    La mia città era ferita in ogni angolo solo macerie, morte e fame.
    Sono rimasto fino alla fine della guerra poi sono emigrato in Florida dove sono ritornato a vivere in pace ma mi manca Napoli, la mia città.

    Per saperne di più
    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    Mentre si trovava nella città partenopea il 4 dicembre 1942, giorno di Santa barbara, vi fu un bombardamento da parte dei B-24 americani partiti dall’Egitto che arrivarono indisturbati sulla città in quanto scambiati per una formazione di Ju 52 tedeschi, sganciando le loro bombe da oltre 6000 metri di altitudine, nel tentativo di colpire le navi da battaglia presenti in porto.
    Le bombe mancarono il bersaglio principale, ma vennero colpite altre navi militari presenti.
    L’Eugenio di Savoia ebbe 17 morti e 46 feriti e danni alla parte posteriore dello scafo in 40 giorni. Il Montecuccoli venne colpito da una bomba al centro nave proprio dentro il fumaiolo che venne disintegrato lasciando al suo posto un cratere, ma la protezione della corazzatura riuscì a salvare la nave che ebbe 44 morti e 36 feriti ed ebbe bisogno di ben sette mesi di lavori.
    Il Muzio Attendolo venne colpito al centro da una o due bombe e venne danneggiato sotto la linea di galleggiamento, mentre diversi incendi scoppiarono nella parte posteriore della nave. Quando gli incendi vennero domati la nave non era stata ancora messa in salvo, ma un allarme di un nuovo attacco aereo, rivelatosi poi falso, fece sospendere le operazioni di soccorso che quando ripresero era ormai troppo tardi, in quanto la nave si era inclinata affondando. Alla fine tra l’equipaggio si contarono 188 morti e 46 feriti. Anche tra l’equipaggio della corazzata Littorio vi fu un morto, mentre tra le 150 e le 250 vittime vi furono tra la popolazione.

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    Dino Buglioni (Camerino, 18.3.1921 – Mare, 9.2.1943)

    di Andrea Grelloni

    (Camerino, 18.3.1921 – Mare, 9.2.1943)


    Per la stesura di questo articolo ci tengo a ringraziare Gualberto Ferretti, ex sommergibilista e presidente della locale ANMI (Associazione Nazionale Marinai d’Italia) di Porto Potenza Picena, per le preziose informazioni confidatemi su Dino Buglioni, al cui eroismo e sacrificio questo contributo è dedicato.

    A primo impatto può apparire un fatto alquanto insolito inoltrarsi nell’entroterra del maceratese, a ridosso della dorsale appenninica, ed imbattersi di fronte ad un monumento in stile marinaresco.
    Il mare è lontano da queste terre, dove il paesaggio è caratterizzato in gran parte da montagne e rilievi collinari, a limite lo si può intravedere dalle cime più alte dei monti, in quelle limpide giornate prive di foschia che permettono allo sguardo di spingersi a chilometri e chilometri di distanza.
    Eppure, recandosi presso il piccolo borgo fortificato di Castel Santa Maria, nel comune di Castelraimondo, almeno con l’ausilio dell’immaginazione, è possibile respirare un po’ di aria marittima.
    Infatti, poco fuori le sue mura si trova una lapida commemorativa, con tanto di ancora appoggiata sul suo basamento, che attraverso le parole incise nel marmo ricorda la storia di un equipaggio di marinai che durante la Seconda guerra mondiale persero tragicamente la vita a bordo del sommergibile Malachite.
    Nella lastra spiccano anche le generalità di uno dei membri di quel valoroso manipolo; si tratta del sottocapo Dino Buglioni, ed è proprio lui a rappresentare il trait d’union che lega in maniera così indissolubile il mare alla montagna.

    Per conoscere la sua vicenda personale, insieme a quella del Malachite, bisogna andare parecchio a ritroso nel tempo ed addentrarsi negli eventi della storia italiana del secolo scorso.
    Dino Buglioni nacque il 18.3.1921 a Camerino da una famiglia di umili origini, forgiando la sua giovinezza secondo i valori del dovere e del sacrificio.
    Il destino di questo giovane ragazzo sembra già segnato a rimanere confinato nella sua terra, ma in testa ha altre ambizioni ed è il mare la fonte della sua aspirazione, così, motivato da una grande volontà di servire il suo Paese, appena sedicenne, si arruolò nella Regia Marina Militare in qualità di allievo elettricista.
    Superato il corso di base, fu inviato a bordo di un’unita di superficie dove ottenne la qualifica di sottocapo, finché con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 viene imbarcato a bordo del sommergibile Malachite.
    Quello del sommergibilista è un compito assai arduo e rischioso, per il cui adempimento è richiesta un’alta specializzazione tecnica, un grande coraggio e un forte spirito di adattamento, dovendo operare in spazi limitati ed in condizioni di elevata pressione psicologica.

    Nel corso della guerra il Malachite partecipò a numerose e diversificate missioni nel Mar Mediterraneo, consistenti nel trasporto di truppe e materiali bellici, nel pattugliamento nonché in azioni offensive, fino al giorno del suo affondamento.
    Nel febbraio del 1943, di ritorno da una missione in Algeria dove si era recato per sbarcare un gruppo di incursori, il Malachite, che si trovava in prossimità delle coste meridionali della Sardegna in procinto di attraccare presso il porto di Cagliari, fu intercettato da un sommergibile nemico, l’olandese Dolphin per la precisione, che con un siluro riuscì a centrarlo nella zona poppiera e nel giro di un minuto colò a picco.
    Dei quarantotto membri dell’equipaggio soltanto in tredici riuscirono a mettersi in salvo e tra questi non vi era Dino Buglioni che con il Malachite si inabissò nelle profondità marine senza più fare ritorno nella sua amata Castel Santa Maria, dove oggi quella lapide ne ricorda il supremo sacrifico.

    Dino Buglioni
    21/09/2008

    A nome dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, porgo il saluto alle Autorità Civili, Religiose e Militari, alle Rappresentanze delle Associazioni d’Arma e Combattentistiche, a tutti i graditi ospiti e sopra tutti a Voi ragazze e ragazzi delle Scuole Elementari e Medie che sarete le donne e gli uomini di domani, madri e padri del futuro.
    Quella di oggi è la dodicesima volta che ci ritroviamo in Castel Santa Maria per ricordare il sacrificio di milioni di italiani per unire l’Italia e consegnarci, poi, un’Italia libera e democratica.
    Sicuramente per oggi avevate altri progetti, altri programmi.  Questo piccolo sacrificio, di cui siete artefici, non è sicuramente lo stesso che fecero i vostri nonni e le persone che hanno dato la vita per l’Onore dell’Italia e la sua Bandiera. Il passato va ricordato e valorizzato come salda radice che affonda nella realtà di ieri, per consentire al tronco di oggi di mettere nuove gemme e nuovi virgulti per il domani. Queste gemme e questi virgulti siete Voi, cari ragazzi. A voi spetta l’onere e l’onore di continuare sul percorso tracciato dai vostri nonni e bisnonni, magari migliorarlo e perfezionarlo, in modo che simili orrori non vengano più a mortificarci il cuore e l’anima. E’ preoccupante la caduta di tensione verso i valori della Patria e dell’identità nazionale che porta a relegare cerimonie come questa, nella dimensione del “nostalgico”: una di quelle rievocazioni retoriche del “bel tempo andato”. Non c’è dubbio che gli incontri tra veterani assomigli un po’ alle rimpatriate tra vecchi compagni di scuola, ma con una differenza davvero non trascurabile che nulla toglie al piacere del ritrovarsi: quello di un forte presidio del rigore e del dovere della memoria. Qui ogni analogia finisce e con essa ogni rischio di caduta in un malinteso spirito nostalgico che, in genere, tende a contrapporre il bel tempo antico ad un presente preferibilmente dipinto con toni apocalittici.
    La guerra, sia per chi vince sia per chi è sconfitto, porta solo lutti e distruzione!
    Se essere giovani, non è soltanto una condizione generazionale, ma anche una inestinguibile propensione ad affrontare la vita con slancio e con spirito positivo, allora dobbiamo dire che la manifestazione di oggi è un’occasione veramente straordinaria per esprimere questo sentimento e questo senso giovanile della vita. Esser giovani nello spirito avendo l’età rispettabile del veterano, significa sempre e prima di tutto rifiutare questo atteggiamento persino quando esso, basandosi su dati di fatto, può trovare negli eventi dell’attualità una qualche consistente  ragione. Il compito, diremmo la missione, del veterano è la quinta essenza del pensare positivo. E’ il mettere la propria esperienza al servizio dei giovani che affrontano oggi, nel mutato spirito dei tempi, difficoltà non dissimili nella sostanza a quelle che hanno affrontato le vecchie generazioni. Quando si riesce a svolgere questa azione di supporto, mettendo a frutto davvero il privilegio e il saper vivere che deriva dall’esperienza, allora si dà un contributo fondamentale alla crescita della società e alla capacità dei giovani di assicurarle un futuro migliore.
    Per essere vissuta e capita dai giovani di oggi la rievocazione del passato non deve cadere nella retorica, ma si deve riproporre con la semplicità, il rigore, il senso della misura di chi, raccontando la propria esperienza, vuole contribuire alla formazione delle generazioni dei propri figli e dei propri nipoti.
    Il nostro dovere è quello di non soccombere alla nostalgia, che pure è un sentimento degno e rispettabile, ma di ricercare e di trovare nella nostra storia, nei volti e nella gesta degli uomini che l’hanno nobilitata, le ragioni che rendono le nostre radici e la nostra identità sempre più solide e forti.

    Il Sottocapo Elettricista “Dino Buglioni”
    La sua storia nella Regia Marina, anche se breve, è stata intensa. E’ durata soltanto cinque anni. Comincia da questa graziosa località di montagna, quando riceve la notizia che è stato accettato, come allievo elettricista, nella Regia Marina Militare. Correva l’anno 1937 ed Egli aveva appena sedici anni. Un forte giovincello, ancora imberbe, che aveva già nel cuore i valori di cui oggi si sono perse le tracce.  Dopo un anno di studi, superato il corso da elettricista, Dino, viene inviato a bordo di una Unità di superficie, sulla quale riceve i galloni di Sottocapo. L’Italia entra in guerra e il nostro Buglioni viene trasferito a bordo del Regio Sommergibile “Malachite”. Affronta, con successo, molte missioni, ma nel febbraio del 1942 al rientro da una missione in Nord Africa,  a 3 miglia a Nord di Capo Spartivento, vicino Cagliari, mentre era in superficie, viene individuato da un sommergibile olandese, il Dolphin, che lancia quattro siluri, tre dei quali vengono schivati dal Malachite ma il quarto lo colpisce affondandolo. Dei 52 uomini di equipaggio si salvano solo dodici marinai, ma tra questi non c’è Dino. Avrebbe compiuto 21 anni solo una settimana dopo l’affondamento. Quanto dolore, quanta costernazione, quale dramma, quante lacrime versate dalla mamma per l’unico fiore della sua casa. “Statti contenta” le avrà scritto Dino, che chi muore per la Patria e la Sua Bandiera, non muore mai. Certo è così! Il suo ricordo vivrà sempre, e fintanto ci saranno uomini che della memoria faranno un insegnamento per il futuro, la guerra non albergherà più nei nostri cuori. Il passato, è la garanzia dell’avvenire. Il Suo ricordo Vi ispiri, cari ragazzi, coraggio e fermezza nell’affrontare i compiti che la vita oggi vi affida, per missioni di pace e di fratellanza.  “Non torneremo mai! Tante le sofferenze ed il supremo sacrificio. Siamo i figli di tutta l’Italia. Siamo tanti. Sacrificati e dimenticati. Offesi dal lungo pesante silenzio. Abbiamo fatto il nostro dovere. Vi abbiamo insegnato ad amare la Patria. Se non ci ricordate Voi, noi siamo morti invano per l’Italia”.

    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2020/02/9-2-1943-affondamento-regio-sommergibile-malachite-2/

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    Mario Calderara (Verona, 10.10.1879 – 18.3.1944)

    a cura Francesco Carriglio (*)
    www.augusta-framacamo.net 

    (Verona, 10.10.1879 – 18.3.1944)

    Parallelamente allo sviluppo degli aeromobili, «decollano» e si affermano anche  Mario Calderara, Crocco, Ricaldoni e altri. Tutti ufficiali di Marina e dell’Esercito egualmente entusiasti della nuova arma. Ma, almeno all’inizio, la loro istruzione e la loro abilità derivava solo dalla pratica e dalle innate capacità ma era giunto il tempo in cui la preparazione degli uomini doveva trovare adeguata regolamentazione.

    Mario Calderara nasce a Verona il 10 ottobre 1879, giovanissimo vuole seguire le sorti di Icaro e dei suoi successori, e ci riesce.
    L’Italia, all’inizio del ‘900, è in pieno clima pionieristico e il 12 settembre 1909, viene conferito sul campo al Sottotenente di Vascello Mario Calderara il brevetto di Pilota di Aereo n° 1. È il primo brevetto di pilotaggio d’Italia e la Regia Marina ne è fiera.

    Nel gennaio 1910, sul campo romano di Centocelle, nasce la prima scuola per piloti; la dirige  Mario Calderara. Si conclude così il momento storico del volo dilettantistico: da questo momento tutto procederà con l’imprimatur ufficiale, grazie soprattutto alla assoluta dedizione di questi pionieri. Non appena i nuovi mezzi iniziarono a muovere i «primi voli», parallelamente ne fu valutato il loro impiego operativo.


    Mario Calderara è deceduto il 18.3.1944.

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    18.3.2022, viene consegnata nave Thaon di Revel

    a cura Pancrazio”Ezio” Vinciguerra
    Foto Renato Ruffino

    Nave Paolo Thaon di Revel è un pattugliatore d’altura che prende nome dal Grande Ammiraglio e Duca del Mare (*)
    Prima di sette unità navali (i successivi saranno consegnati nel 2022, 2023, 2024 con due unità, nel 2025 e nel 2026)  è stato varato 15 giugno 2019 nello stabilimento Fincantieri di Muggiano (La Spezia) e consegnato alla Marina Militare il 18.3.2022.
    Rientra nel piano di rinnovamento della flotta deciso e avviato nel maggio 2015 nella cosiddetta ”Legge Navale”.
    Rappresenta una nuova generazione di nave con capacità di assolvere a molteplici compiti in grado di impiegare imbarcazioni veloci tipo RHIB (Rigid Hull Inflatable Boat) sino a una lunghezza di oltre 11 metri tramite gru laterali o una rampa di alaggio situata all’estrema poppa. Dotata di impianto combinato diesel e turbina a gas (CODAG) e di un sistema di propulsione elettrica, con capacità di fornire acqua potabile a terra e  di fornire corrente elettrica a terra per una potenza di 2000 kw.

    Caratteristiche tecniche
    Lunghezza:132,5 metri
    Velocità: 31 nodi circa
    Equipaggio: 171

    Grand’Ammiraglio Paolo Thaon di Revel Duca del Mare
    di Giorgio Gianoncelli (*)

    (Torino, 10.6.1857 – Roma, 24.3.1948)

    Nasce a Torino il 10.6.1857, figlio del Conte Ottavio discendente da antica famiglia nizzarda dedita alla politica, alle armi e al servizio della monarchia sabauda. Il Conte Ottavio è Ministro delle Finanze del Regno sabaudo e firmatario dello Statuto Umbertino.
    Paolo Emilio Thaon di Revel all’età di nove anni è orfano del padre; frequenta la scuola in un istituto privato poi nel collegio salesiano Val Salice, retto da Don Bosco. All’età di dodici anni è mandato a Genova al collegio barnabita di Sant’Anna per prepararsi alla Scuola di Marina.
    L’8 luglio 1873 all’età di 14 anni entra alla Scuola di Marina sulla fregata ad elica “Vittorio Emanuele” e scrive alla madre “Farò una crociera, dopo la quale vi dirò francamente se la Marina è di mio gradimento o no”. La crociera di scuola dura dal 15 luglio al 2 novembre 1873 e tocca i porti di Plymouth, Portsmouth, Brest, Cherbourg, Lisbona e Gibilterra.
    Pare proprio che la Marina sia stata di suo gradimento visto che il 1° dicembre 1877 è nominato Guardiamarina ed è destinato sulla regia nave “Affondatore” con base a Napoli.

    Segue una brillante carriera, oltre che sulle navi anche con incarichi di rappresentanza presso la Corona. Con il grado di Tenente di Vascello è alla casa militare del Principe Eugenio di Savoia – Carignano e nel 1896 da Capitano di Corvetta è chiamato a rivestire l’incarico di Aiutante di Campo effettivo del Re Umberto di Savoia, incarico che mantiene fino al 29 luglio 1900, giorno in cui il Re è ucciso a Monza. Rientrato nei ranghi tra imbarchi e incarichi a terra, nel 1910 è nominato Contrammiraglio e Vittorio Emanuele III lo chiama al Quirinale suo Aiutante Effettivo di Campo, incarico che lascia dopo otto mesi causa la guerra Italo Turca – 1911/12 -, per la quale si imbarca al comando della seconda divisione della Squadra formata dagli regi incrociatori “Garibaldi”, “Ferruccio”, “Marco Polo” e “Varese”.

    Thaon di Revel nel marzo 1913 è nominato Capo di Stato Maggiore della Regia Marina e conserva tale incarico fino ai primi mesi dell’anno 1915.
    Entrata l’Italia nella prima guerra mondiale, sostenne l’impiego dei treni armati e dei MAS; un suo piano condusse alle azioni concluse con l’affondamento delle corazzate austriache Santo Stefano e Viribus Unitis. Dopo la rotta di Caporetto sostenne il mantenimento della linea del Piave e della Laguna di Venezia. Sul finire della guerra condusse il bombardamento di Durazzo e organizzò la rapida occupazione delle isole e delle coste dell’Istria e della Dalmazia. Senatore dal 1917, passa al Comando della piazzaforte di Venezia no all’anno 1917, anno in cui riprende il Comando generale della Regia Marina ed è lui a firmare l’Ordine del Giorno della Vittoria Navale presso il Comando Navale di Brindisi la sera del 3 novembre 1918.


    Dall’ottobre 1922 entrò nel cosiddetto primo governo nazionale in qualità di Ministro della Marina; da questa carica rassegnò le dimissioni nel maggio 1925. Fu fatto Duca del Mare il 24 maggio 1924 e nominato Grande Ammiraglio il 4 novembre 1924. Fu presidente del Senato dal 1943 al 1944.

    Morì a Roma il 24 marzo 1948, le sue spoglie riposano nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma, accanto a quelle del generale Armando Diaz (Duca della Vittoria).

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    Franco Vetturini (17.3.1946 – 6.1.2024)

    (17.3.1946 – 6.1.2024)

    La radio è la musica che abbiamo dentro
    di 
    Franco Vetturini

    Carissimo Ezio,
    adesso ti racconto una piccola fase della mia vita . Da ragazzo il mio sogno era la Meccanica avevo appena finito la le scuole Elementari. Mio padre mi diceva:
    – “se vuoi andare a lavorare nella Ferrari a Maranello devi studiare da ingegnere meccanico”.
    Io gli risposi  di si però poi non l’ho fatto. Mi sono iscritto alla Scuola Radio Elettra e ho preso il diploma per la radio che avevo ho montato.
    E’ da quel momento che la musica é entrata nelle mia vita.
    Guadagnati i primi soldi, e mi sono comperato una radio con giradischi e andavo a ballare, poi ho comprato una radiolina per andare allo stadio Adriatico per sentire le partite, e poi ancora un’altra radiolina quando sono partito in Marina. Quest’ultima l’avevo sistemata in mezzo ai tubi, nel posto letto, più precisamente al terzo posto sotto il piano di coperta per sentire la Musica.
    Adesso ne ho una sul comodino e mi sveglio con la Musica, ne ho una vicino al computer, una in bagno, una nella macchina di mia figlia non si sa mai e una persino nel piccolo stanzino dove ho tutti gli attrezzi …e la musica a volontà.
    Mi  manca quella che ho costruito nel mio  piccolo laboratorio dove sviluppavo le foto.
    P.s. Mia moglie un giorno mi chiese:
    – “ ma perché in macchina  hai tolto la radio?
    Io gli risposi per la sicurezza a non distrarmi mentre guidavo
    Ezio ti ho raccontato le storie delle mie Radio per ascoltare la musica, spero di non averti annoiato. Ah dimenticavo: le due radio che avevo da ragazzo… mia figlia mi ha detto:
    – “Babbo queste radio per tè hanno un valore inestimabile però adesso le tramandi a tua figlia”.
    Ho dovuto dire si anche se sono radio da collezione, anche se sono funzionanti.
    Grazie Ezio del tempo che mi dedichi ciao Franco.
    Ascolta sempre la musica che hai dentro…non perderla mai!

    Emigrante di poppa e motorista navale Alpino
    di Franco Vetturini

    Caro Ezio ho letto il tuo libro Emigrante di poppa.
    Il  libro l’ho condiviso anche con mia moglie perché quando mi e arrivato il libro, il giorno prima, mia moglie era uscita dall’ospedale e così  mi ha  chiesto se lo leggevo anche a lei.
    Ho iniziato la lettura a puntate per non farla stancare.
    Ezio sei riuscito a mettere insieme, con i ricordi, la storia della tua adolescenza e gioventù.
    Bello il racconto del televisore, di Carosello e quello di Franco e Ciccio, il trattore, i cazzotti che ai rifilato, e anche la passione della musica che forse e un fono che ti ha trasmesso tuo padre.
    Un grazie anche da parte di mia moglie perché sono stati dei momenti di “ricordi” anche per noi.
    Ezio auguri per la passione che hai per la musica che ai e hai sempre avuto. Ti ringrazio per la bella dedica nei miei confronti, sei un Amico.
    Ci hai commosso quando sulla poppa della nave vedevi allontanarsi la tua amata Sicilia per poi arrivare al C.A.R. della Marina Militare di Taranto, sono dei momenti tristi.

    Adesso ti racconto, con poche parole, anche la mia partenza da Pescara per Taranto.
    Eravamo in 20 ragazzi, era il lontano novembre 1966, durante il viaggio passavano donne e uomini che vendevano mozzarelle, trecce, bevande calde. Abbiamo mangiato quel ben di Dio perché erano cosi appetitosi e perché eravamo certi che non li avremmo più mangiati. La Mattina quando siamo arrivati alla Stazione d Taranto era li pronto un Camion della Marina Militare che ci portò a Maridepocar.
    Forse sul libro  mi sono allargato troppo ma volevo dare un’idea a chi leggerà dopo di me consigliandolo che è un bel regalo che fai alla gente di mare e non solo.
    Un saluto anche da parte di mia Moglie siamo appena rientrati da una visita in ospedale.
    Ciao un saluto di vero cuore Franco.

    Marinaio per sempre
    di Franco Vetturini
    Carissimo Ezio,
    ti mando una poesia che scrisse Giuseppe Garibaldi sulla sua Caprera e  che io ho riscritto dietro una foto quando ero alla Maddalena per prendere il brevetto da Motorista Navale nel lontano Gennaio 1967. Se ti fa piacere la puoi anche pubblicare, io l’ho messa sul Sito di Nave Alpino F580-68 73.
    Ti saluto di vero Cuore. Franco

    Caprera 29 Gennaio 1967

    è l’ermo anelante cercai sul derelitto
    lido della Sardegna a te trovai Caprera
    venturosa OH! Caro scoglio rifugio amato
    dal mio cuor qual donna Amata!…..

    Giuseppe Garibaldi