Curiosità

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    10.4.1876, inizia la campagna idrografica di nave Washington

    Mario Veronesi (*)

    La prima nave idrografica italiana

    Costruito alla Seyne (Forges et Chantiers de la Mediterranée), varato nel 1854 con il nome di Helvetie . Acquistato a Marsiglia da Angelo Bertani per conto della Marina siciliana nel 1860. Ad inizio giugno 1860, durante l’impresa dei Mille, la nave venne acquistata dalla Marina dittatoriale siciliana di Giuseppe Garibaldi che la ribattezzò Washington e la impiegò per il trasporto delle truppe. Il contratto d’acquisto fu firmato a Marsiglia l’8 giugno 1860 da parte dei delegati garibaldini Paolo Orlando e Giuseppe Finzi, con il cittadino statunitense William de Rohan come acquirente fittizio. Sotto il Regno d’Italia disciolta la Marina dittatoriale siciliana, il Washington, entrò in servizio, il 17 marzo 1861, nella neocostituita Regia Marina, come pirotrasporto ad elica. Partecipa alla guerra in Adriatico del 1866 come prima nave ospedale italiana, con una dotazione di 100 letti,  cinque medici, un farmacista, un cappellano e 20 infermieri. A differenza delle navi ospedale del XX secolo, tuttavia, il Washington, che era qualificato come “ospedale navigante aggregato all’armata”, pur essendo dotato di sistemazioni ed attrezzature mediche, rimaneva a tutti gli effetti una nave ausiliaria. Proseguendo negli anni successivi al servizio trasporto materiali per la Regia Marina, sino al 1876, anno in cui venne attrezzato ed armato per il servizio idrografico. Anche durante il periodo di impiego come idrografica, non mancherà di mostrare la propensione agli atti di salvataggio come nel caso del terremoto di Ischia, del settembre 1883.
    Il 10 aprile 1876 il Washington al comando del del C.F. Carlo Rossi iniziò quella lunga e laboriosa attività nel campo dell’idrografia e delle scienze nautiche che lo resero benemerito nella nostra Marina in questo importante servizio. Da quell’anno il  Washington percorse il Mediterraneo ed i mari del vicino medio oriente, per la raccolta degli elementi geodetici, topografici e di scandaglio, occorrenti per l’elaborazione delle carte nautiche e dei portolani dei mari nazionali e coloniali. Nella sua prima campagna idrografica, mosse da La Spezia il 25 aprile, toccando diversi luoghi, ma rimanendo nelle acque nazionali, concluse questa sua prima campagna  sempre a La Spezia il 19 ottobre.
    Nel 1894, partenza da La Spezia il 6 agosto, al comando del  C.F. Gaetano Cassanello per l’annuale campagna, con rientro nel porto ligure il 2 ottobre. Sarà l’ultima campagna idrografica dall’ormai anziana unità.

    Con la fine della diciannovesima campagna il vecchio  Washington chiuse anche le sue interrotte attività di nave idrografica della Marina che aveva costituito per tanti anni una magnifica scuola di addestramento e di lavoro nel settore specifico del servizio idrografico, per i comandanti e per gli ufficiali dedicatisi in questi studi. Un poderoso rendiconto cui sono legati la storia e lo sviluppo della produzione cartografica marina nazionale, per l’eccellenza di metodi, scrupolosità di lavoro ed esattezza d’esecuzione. Nel 1895, sostituito da altre unità più corrispondenti alle esigenze sempre più progredite del servizio idrografico, il  Washington disarmò, iniziando in quell’anno nell’arsenale di La Spezia, i lavori di trasformazione e di adattamento per essere adibito quale deposito semoventi di torpedinieri.  Espletando questo nuova attività  sino al 1904, anno in cui venne disarmato con regio decreto del 25 luglio e radiato.

    Caratteristiche tecniche
    Scafo in ferro – lunghezza m. 62,10; larghezza m. 8,72
    Immersione a prua m, 3,00, a poppa m. 4,20
    Dislocamento 1058 tonnellate
    Un elica, forza della macchina 340 cavalli
    Carico normale di carbone 180 tonnellate
    Equipaggio: 81 uomini, 8 ufficiali (annuario 1890).

    (*) per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra
    …la prima nave ospedale della regia Marina.

    Era venerdì del 1° giugno 1866 quando il piroscafo a elica Washington fu modificato in nave ospedale capace di contenere un centinaio di posti letto destinati ai degenti. 
La nave era appartenuta ai francesi con il nome di Helvetie ed aveva un equipaggio composto cinque medici, un farmacista, un cappellano e 20 infermieri.

    Nella primavera del 1876 cambiò stato d’uso in nave idrografica e, anche durante questo tipo di impiego, fu utilizzata in opere di salvataggio come nel caso del terremoto di Ischia del settembre 1883. 
Dal 1897 fu impiegata come deposito torpedini a La Spezia.
    Venne definitivamente radiata il 25 luglio 1904.

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    Quando Francesco Caracciolo e Giovanni Bausan umiliarono Horatio Nelson

    di Antonio Cimmino e Carlo Di Nitto

    Un mese prima dell’instaurazione della Repubblica napoletana, all’arrivo dei francesi in città il 21 dicembre 1798, il re Ferdinando IV con tutta la famiglia e i suoi ministri, scappò da Napoli a Palermo imbarcandosi sul Vanguard, vascello al comando di Orazio Nelson. Il monarca del Regno delle Due Sicilie preferì la nave inglese al Sannita, il vascello napoletano comandato dall’ammiraglio Francesco Caracciolo. La consistente flotta borbonica, su subdolo suggerimento inglese, fu fatta incendiare nel porto di Napoli e nell’arsenale di Castellammare di Stabia, per non farla cadere nelle mani dei francesi.

    La traversata fu caratterizzata da una violenta tempesta che si protrasse fino all’imbocco della rada di Palermo. Nelson non riusciva a governare la nave per entrare in porto. Caracciolo, invece, con perfetta padronanza della situazione attraccò con un’ardita manovra a Palermo. Egli mandò Giovanni Bausan di Gaeta, comandante della corvetta Aurora che si trovava in rada, in aiuto della nave inglese in difficoltà. Il Bausan con una piccola imbarcazione sfidando i marosi, si portò sul Vanguard e, assunto il comando, lo pilotò fino al molo. Il re, che aveva preferito il grande ammiraglio inglese, suggeritogli anche dal ministro John Acton, elogiò pubblicamente il suo ammiraglio davanti ad un Nelson furibondo. Caracciolo si congedò dalla Marina e tornò a Napoli ove fu convinto ad aderire alla Repubblica assumendo il comando della sua piccolissima flotta composta di qualche fregata e barche cannoniere. Anche Bausan seguì il suo ammiraglio nella sfortunata avventura repubblicana.


    La perizia marinaresca del Caracciolo che aveva umiliato il baldanzoso Nelson considerato il miglior ammiraglio del Mediterraneo, generò un odio profondo dell’inglese nei confronti del napoletano.
    Quando la Repubblica fu sconfitta nel mese di giugno del 1799, il Caracciolo fu processato per tradimento e condannato a morte. A presiedere la corte marziale fu proprio Nelson che non volle ascoltare la richiesta del Caracciolo di essere fucilato. Egli per oltraggiarlo lo fece impiccare al pennone dell’albero di trinchetto della corvetta Minerva, la nave che era stata comandata proprio dal Caracciolo. Al marinaio che, piangendo indugiava a mettergli il cappio intorno al collo Caracciolo lo esortò dicendogli “Sbrigati: è ben grazioso che, mentre io debbo morire, tu debbi piangere”.

    Dopo l’impiccagione il corpo, per ulteriore sfregio, venne gettato in mare. Solo dopo alcuni giorni il cadavere, gonfio d’acqua, riemerse sotto il vascello Foudroyant, la nave ammiraglia di Nelson ove era ospite Ferdinando IV, da poco arrivata dalla Sicilia. Alla spettrale scena assistette anche Emma Hamilton l’amante di Nelson e l’ambasciatore inglese William Hamilton.


    Dello stesso argomento sul blog
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2016/06/il-processo-allammiraglio-francesco-caracciolo/

    A proposito di Giovanni Bausan
    di Carlo Di Nitto

    Il gaetano Giovanni Bausan avrebbe poi avuto occasione, in altre e diverse circostanze, di umiliare i superbi inglesi con la sua perizia marinaresca. Di seguito il quadro, conservato nella Reggia di Caserta; raffigurante il re Gioacchino Murat che, sul ponte della fregata Cerere, si congratula con il Bausan e i suoi marinai, vittoriosi sui “figli di Albione, dopo la seconda battaglia del “Canale di Procida” del 26 giugno 1809. Il dipinto è opera del pittore Guillame – Desirè Descamps.

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    La nave G.I.S.

    di Francesco Venticinque

    La nave G.I.S. (Gruppo Intervento Subacqueo) era un’imbarcazione utilizzata nel dopoguerra per i recuperi navali bellici presenti nel fondale del porto di Messina. Il suo equipaggio era composto prevalentemente da personale civile con la qualifica di padrone marittimo, conduttore meccanico, marinaio attrezzista, sommozzatore e palombaro.
    All’inizio anni 1950 le operazioni di bonifica furono compiute e fu sciolto il gruppo denominato “Recuperi Navali” .

     


    La G.I.S. venne utilizzata, per trasporto vario, dalla banchina di Marinarsen Messina (antistante il Parco Pompieri) alla banchina civile (denominata Molo Colapesce) e viceversa, in particolare per il trasporto delle maestranze civili operanti a Marinarsen Messina o presso i Comandi di Marisicilia le quali optavano per questa possibilità di movimentazione anziché affrontare a piedi o in bicicletta i 3 km (zona Falcata) che dividevano il loro posto di lavoro con la città.


    Nella foto è visibile l’operazione di attracco al molo Colapesce e lo sbarco delle maestranze.

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    I MAS di Varazze

    di Mario Veronesi (*)

    La storia di Varazze è anche una storia di cantieristica, di lavoro e di competenze navali, fondamentale per la città. Attualmente è in corso un progetto che prevede l’abbattimento della palazzina degli ex Cantieri Baglietto e del vicino capannone, per poi creare una nuova struttura ed un piazzale sul lato mare. Sembrerebbe la solita notizia pubblicata sui quotidiani locali, riguardante una riqualificazione edilizia, ma per noi marinai non è così.
    Cosa significano e cosa centrano i cantieri Baglietto di Varazze con la campagna di Russia?  La risposta è semplice, qui si costruirono i MAS che furono inviati in Russia, sul Mar Nero e sul lago  Ladoga  con il contingente della Regia Marina.
    Abbiamo la documentazione che quattro MAS classe 500, della XII Squadriglia, precisamente i numeri: 526-527-528-529, costruiti in questo cantiere, ognuno con dieci uomini di equipaggio, con relativo staff di supporto per un totale di 99 uomini (17 ufficiali, 19 sottufficiali e 63 tra sottocapi e comuni), al comando del capitano di corvetta Giuseppe Bianchini, partirono il 25 maggio 1942, da La Spezia. Il contingente iniziò la sua marcia di trasferimento verso il lago Ladoga, con l’assistenza di una ditta di trasporti eccezionali, la Società Fumagalli di Milano, i MAS furono caricati su pianali da carico che, trainati da autocarri, mossero via terra: Brennero, Innsbruck, Stettino. Qui caricati sul piroscafo tedesco Thielbeck, MAS ed equipaggi attraversarono il Mar Baltico fino ad Helsinki,  da qui le imbarcazioni furono trainate fino a Viipuri e, tramite canali navigabili, a Punkasalmi,  per poi essere caricate su pianali ferroviari e movimentate fino a Lahdenpohja sul lago Ladoga. Il viaggio durò in tutto 26 giorni per 3.105 chilometri di percorrenza. L’unità divenne sua volta parte del “Distaccamento navale internazionale K”  formato il 17 maggio 1942 da tedeschi, italiani e finlandesi e sotto il comando del colonnello E. Jarvinen dell’esercito finlandese, impegnato contro il flusso dei rifornimenti sovietici verso Leningrado assediata. Con l’approssimarsi della stagione invernale, durante la quale il Ladoga ghiacciava completamente, il 29 ottobre i MAS italiani furono ritirati dal lago e trasferiti, in parte tramite canali navigabili e in parte per ferrovia, fino alla base di Reval in Estonia dove giunsero il 19 novembre. In seguito allo sfavorevole andamento delle operazioni militari nel Mediterraneo, fu deciso di non prolungare ulteriormente la presenza del distaccamento italiano e tra il 5 e il 25 giugno 1943 la Squadriglia fu sciolta e i MAS ceduti alla Marina Finlandese, con cui rimasero in servizio fino al 1961.
    Il cantiere nasce nel 1854 per opera di Pietro Baglietto e costruisce piccoli scafi, gozzi e canotti, tra il 1910 e il 1920 nel  cantiere operava una nicchia specifica: la progettazione e la costruzione di imbarcazioni d’intervento rapido, ovvero i MAS (Motoscafo Armato Silurante).  Nel 1932 Baglietto presentò il MAS 431, detto “tipo Baglietto 1931”. Questa costruzione sperimentale in legno di 16 metri e 16 tonnellate di dislocamento con due motori a benzina Fiat di 750 cavalli raggiunse i 45 nodi. Questa unità fu il concentrato di tutte le competenze tecniche accumulate da Baglietto.  Sul finire del 1935 fu iniziata la costruzione di una serie di unità  denominate 500 (MAS 501 + 525) sviluppata dal progetto del 431. Grazie ad una nuova carena a due gradini e all’impiego dei nuovi motori a scoppio “Isotta Fraschini” del tipo “Asso 1000”, di derivazione aeronautica, motore prodotto per vari modelli successivi con potenze crescenti, dai 1000 hp del modello 181, ai 1500 hp del modello 185 sovralimentato del 1943. Che consentirono di raggiungere velocità dell’ordine di 47 miglia orarie ottenendo il record mondiale per la categoria. Di grande rilievo anche i siluri Withehead, costruiti nel silurificio di Fiume, ed i congegni di lancio laterale tipo “Minisini”, dal loro inventore ammiraglio Eugenio Minisini. Di tipo pneumatico hanno la caratteristica di essere molto semplici e leggeri e quindi specificamente adatti, per l’impiego sulle piccole siluranti, permettendo di raddoppiare i punti di tiro senza ricorrere ai pesanti ed ingombranti tubi di lancio.
    Tra il 1935 e l’entrata in guerra dell’Italia nel giugno del 1940, furono poste in cantiere tre successive serie di MAS del tipo “500”, con caratteristiche migliorative, per un totale di 46 unità. Di cui dal numero (526 al 535 ) costruiti nei cantieri Baglietto.

    La Regia Marina aveva  bisogno di unità più importanti per il contrasto anti sommergibile e la sorveglianza costiera. Baglietto raccolse la sfida ed elaborò un nuovo progetto: VAS, Vedetta Anti Sommergibile, detta “tipo Baglietto 68”, unità appositamente studiate per la caccia a.s. nelle acque costiere e dotate di un forte numero di bombe da getto, apparati idrofonici e due lanciasiluri da 450 mm. Con uno scafo di 28 metri, che venne prodotto dal 1942 al 1943 in 48 esemplari, di cui 14 realizzati a Varazze da Baglietto e gli altri da differenti cantieri.
    La Regia Marina giunse infine a sviluppare una terza serie, derivata dal tipo “Baglietto” con allungamento dello scafo a 34 metri (anziché 28), struttura in acciaio, con un dislocamento di 90 tonnellate, la cui realizzazione fu affidata all’Ansaldo di Genova e furono costruite nel cantiere Cerusa di  Voltri. Le prime quattro furono equipaggiate con motori diesel Fiat 1212 di tipo ferroviario, che equipaggiavano le littorine, adatti all’impiego marino. Alla data dell’armistizio, solo le prime sei unità erano state consegnate alla Regia Marina, e furono tutte requisite dai tedeschi e incorporate nella Kriegsmarine. Durante la guerra, Baglietto, oltre ai MAS e ai VAS costruì altri scafi per le necessità della Regia Marina.

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    Il batiscafo Trieste

    di Antonio Cimmino

    …Montaggio e collaudo nel cantiere navale di Castellammare di Stabia.

    Il batiscafo Trieste costruito in Italia, progettato in Svizzera e in servizio presso la marina militare degli Stati Uniti d’America dal 1958 al 1971, fu varato il 26 agosto 1953 presso i cantieri navali di Trieste.

    Il batiscafo, progettato dallo scienziato svizzero August Piccard, era formato da due elementi: lo scafo ed una sfera di acciaio spessa più di 12 centimetri. Lo scafo era stato costruito nel cantiere navale di Monfalcone, mentre la sfera, in due pezzi,  era stata fusa dalla Società Fucine di Terni. La professionalità delle maestranze del cantiere navale stabiese e la profondità del Golfo di Napoli presso le isole di Capri e Procida, furono determinati per l’assemblamento ed il collaudo dell’originale battello atto a scendere a miglia di metri nelle profondità del mare.
    Piccard e il figlio, suo assistente, trovarono una entusiastica collaborazione nei tecnici ed operai nei difficili lavori di saldature delle due semisfere e nell’adattamento allo scafo.
    Le due componenti del battello erano destinate a compiti ben precisi. Lo scafo, di forma cilindrica ( 18 metri di lunghezza e 3,5 di larghezza), conteneva sei serbatoio di cui 4 riempiti di benzina per aerei, più leggera dell’acqua e perciò deputata alla spinta idrostatica al galleggiamento, mentre gli altri 2 serbatoio, erano destinati a riempirsi d’acqua per permettere l’immersione. Questi ultimo due erano staccabili dallo scafo per permettere un rapido affioramento in caso di necessità.
    A zavorrare il Trieste c’erano anche diverse tonnellate di sfere di acciaio, elettromagneticamente attaccate allo scafo e sganciabili all’occorrenza.
    Alla sommità, era sistemata una torretta per l’accesso alla sfera sottostante. Questa, adeguatamente accessoriata, era atta a contenere un equipaggio di due uomini; essa permetteva la loro sopravvivenza con un sistema di areazione simile a quello montato successivamente sulle navicelle spaziali. Una specie di oblò in plexiglas permetteva di guardare all’esterno.
    Tra i tecnici della Navalmeccanica che collaboravano con Piccard, c’era anche l’ing. Armando Traetta, nativo di Laterza e cittadino di Castellammare di Stabia. Egli era un decorato con medaglia di argento e di bronzo al valor militare quale ufficiale del genio navale durante la seconda guerra mondiale. Antesignano degli ambientalisti stabiesi, era anche docente presso l’I.T.I. “Leonardo Fea”, una scuola creata dall’I.R.I. Navalmeccanica all’interno del cantiere per preparare i futuri periti navali.
    Il batiscafo l’11 agosto 1953, fece la sua prima prova di immersione nel porto di Castellammare e dopo due settimane, la prova in acqua profonde al largo di Capri scendendo ad una profondità di 3.400 metri; successivamente, il 30 settembre al largo di Ponza.
    Dopo diversi anni di attività nel Mar Mediterraneo, il Trieste fu acquistato dalla Marina degli Stati Uniti nel 1958 per 250.000 dollari.
    La Marina USA assunse Piccard come consulente e portò il Trieste nel porto di San Diego. Il batiscafo il 23 gennaio 1960,, nell’ambito del Progetto Nekton, scese fino alla profondità di 10.911 metri nel Challenger Deep, la parte più profonda della Fossa delle Marianne.
    A bordo c’era il Auguste Piccard, figlio dello scienziato e il tenente Don Walsh della Marina USA. Il Trieste impiegò 4 ore e 48 minuti per la discesa ad una velocità di 0,9 metri al secondo.
    Attualmente il Trieste è esposto nel Museo Navale della U.S. Navy di Washington.

    Curiosità
    La canzone “La Fossa” del compositore danese Stevan Holm è un omaggio alle immersioni Fossa delle Marianne.
    Il Trieste compare notevolmente in romanzo del 2008 The straordinario evento di Pia H. dello scrittore  canadese Nicola Vulpe.


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    Marinaio e macchina per cucire

    di Carlo Di Nitto

    Una nave era ed è come una piccola città, con le sue attività e le sue necessità quotidiane risolte dai suoi “piccoli” marinai artigiani.

    In questa simpatica cartolina pubblicitaria, databile agli anni ’20 dell’appena trascorso secolo, vediamo rappresentati marinai della Regia Marina intenti a confezionare bandiere seduti dietro due macchine per cucire Singer. Lo avreste mai pensato? Oggi sarebbe inimmaginabile, ma erano altri tempi …