Curiosità

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    Marconi e il Titanic

    di Marino Miccoli

    Con piacere ho accolto l’invito dello stimato Manuel Muttarini (Gold Associate Member della prestigiosa Titanic Historical Society) (*) a scrivere un breve articolo che trattasse di quelle che furono le reazioni e le opinioni espresse dal grande scienziato italiano inventore del telegrafo senza fili Guglielmo Marconi in occasione del drammatico affondamento del transatlantico Titanic avvenuto la notte del 14 aprile 1912.

    Occorre premettere che è stata l’apprezzata professionalità di uno stenografo a far sì che il trentottenne Guglielmo Marconi non si trovasse sul transatlantico Titanic il giorno del suo affondamento. Egli con la moglie era stato invitato dalla White Star Line a partecipare al viaggio inaugurale di quella meravigliosa quanto tristemente famosa nave ma egli, a causa delle numerose pratiche cartacee da sbrigare e della sua conoscenza dell’abile e svelto stenografo che prestava servizio sul Lusitania, preferì imbarcarsi tre giorni prima su quest’ultimo transatlantico per raggiungere New York.
    Apprese della grande sciagura quando, sbarcato negli Stati Uniti, seppe che a Cape Race (una località situata in Terranova, sulla costa atlantica del Canada, vicino alle rotte transatlantiche) era stato captato un radiomessaggio che lasciava supporre essere avvenuto un grave disastro in mare.
    Quando il Carpathia attraccò al molo 54 di New York carico dei naufraghi del Titanic, Marconi si recò subito dai radiotelegrafisti per apprendere direttamente da loro quello che era successo. Parlò con Thomas Cottam del Carpathia e con Harold Bride marconista in seconda del Titanic (il primo marconista J. G. Phillips era perito nel naufragio). Si fece un’idea di quello che era avvenuto e da subito sentì di dover intervenire in favore dei marconisti che erano stati ingiustamente criticati, soprattutto difese l’operato di Phillips, il giovane che guadagnava 30 dollari al mese e che era voluto rimanere stoicamente al suo posto, nonostante il Comandante del Titanic lo avesse dispensato da ogni responsabilità.
    Sebbene Guglielmo Marconi fosse fiero del comportamento dei marconisti, era però amareggiato perchè convinto che si sarebbero potute salvare molte più vite. In particolare, leggendo il libro che la signora Degna Marconi Paresce (figlia del grande scienziato italiano) ha pubblicato alcuni anni addietro veniamo a conoscenza che egli affermò: “Certe navi non poterono ricevere la richiesta d’aiuto del Titanic perché stavano ricevendo il bollettino delle ultime notizie da Cape Cod. Se a bordo ci fossero sempre due marconisti, uno avrebbe potuto badare al notiziario e l’altro avrebbe dovuto stare all’ascolto di eventuali segnali di pericolo, senza con questo interferire sui messaggi a lunga distanza”.

    In seguito l’attenzione di Marconi si concentrò sull’opportunità di dotare le scialuppe di salvataggio di un apparecchio rice-trasmittente di facile uso, affinché anche un uomo profano in materia potesse azionarle; finalmente nel 1926 una lancia così attrezzata del Royal National Lifeboat Institution riuscì a comunicare con una base a terra distante 185 miglia.
    In merito al fatto che il Carpathia aveva ritrovato i naufraghi del Titanic a notevole distanza dalla posizione originariamente segnalata (a ben 34 miglia di distanza…) egli sostenne la necessità di istituire dei radio-fari sulle coste dell’oceano, in modo tale da impedire errori di localizzazione di tale gravità che poi nei fatti si traducevano in un elevato numero di vite umane perdute.
    Egli evidenziò inoltre la necessità di dotare le grandi navi di linea di stazioni rice-trasmittenti più potenti, che fossero così in grado di collegarsi con entrambe le rive dell’oceano.
    L’illustre scienziato italiano fu senz’altro gratificato allorquando i superstiti dell’affondamento si recarono in massa da lui in albergo per manifestargli tutta la loro gratitudine e riconoscenza per la sua invenzione; durante quella commovente visita gli donarono una medaglia d’oro su cui era raffigurato Apollo, il nume profetico e splendente della sua bellezza. Guglielmo Marconi li ringraziò commosso.
    Anche noi siamo e dobbiamo essere grati al grande scienziato italiano perché nella storia recente dell’umanità la sua invenzione è stata di importanza capitale per la salvezza di un numero incalcolabile di vite umane. Consideriamo ciò un motivo di orgoglio in più per noi di essere Italiani.

    Transatlantico fotografato a Napoli, dalla coperta del Regio Esploratore Alvise da Mosto, sullo sfondo appare il Vesuvio al tramonto (foto d’epoca degli anni ’30)

    (*)
    Cari Ezio e Marino,
    Vorrei che prima di questo splendido saggio aggiungeste questo pezzettino dedicato a voi.
    Ho conosciuto Ezio Vinciguerra qualche anno fa. Chiedendogli umilmente uno scambio di Link. Ho trovato ben altro di un sito. Una persona vera, sincera e amichevole. Ho cominciato a postare per tutti voi le mie ricerche. Mi avete dato la forza di continuare. Ogni parola scritta sul mio sito, è stata scritta su un’iphone e spedita al mio webmaster Stefano a cui devo molto. Molte notti con ore piccole, molte foto di persone scomparse, molte note della mia armonica dedicate a quella sciagura da sempre mi danno la forza di approfondire in modo semplice..Qualche Domenica fa, il signor Miccoli, con la sua gentilezza e cultura mi ha informato di una vicenda che non conoscevo cosi bene. Cosi l’articolo che leggerete tra breve sarà sul mio sito con una dedica al signor Miccoli a cui devo molto. Caro Marino spero di ricevere ancora suoi articoli e le stringo la mano per avermi illuminato con il suo sapere.

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    Reale Marina Albanese e la cannoniera Illiria

    di Guglielmo Evangelista (*)
    foto da internet

    guglielmo-evangelista-f-p-g-c-a-www-lavocedelmarinaio-comLa Marina Militare albanese fu istituita fin dal 1912 non appena venne proclamata l’indipendenza del paese. Tuttavia, praticamente per molto tempo esistette solo sulla carta e anche più tardi, fino all’occupazione italiana, fu qualcosa di piuttosto evanescente, quasi del tutto priva di una vera flotta, anche se piccola.
    La prima nave militare (definirla da guerra sembra una forzatura) che inalberò la bandiera albanese fu il grosso panfilo austroungarico Taurus ex Nirvana, (un nome bellissimo per una nave destinata ai viaggi di piacere) da 1300 tonnellate del quale si servì il primo ed effimero sovrano, Guglielmo di Wied, per raggiungere l’Albania nel 1914.

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    La nave tuttavia se ne ritornò subito a Pola e restò austriaca con la sua brava bandiera bianca e rossa; dopo il 1918 divenne l’italiana Marechiaro, nel 1928 ribattezzata Aurora. Era classificata cannoniera nonostante le sue caratteristiche e continuasse ad essere utilizzata come yacht, andando perduta nel settembre 1943.
    Quando l’anno successivo, sotto l’incalzare della prima guerra mondiale e dei disordini interni il principe di Wied dovette abbandonare il paese, fu ancora un panfilo-cannoniera ad ospitarlo, l’italiano Misurata che lo condusse a Venezia, ma senza alzare bandiera albanese.
    In quei primissimi tempi di autonomia venne utilizzata anche la cannoniera Herzegovina che altro non era se non un piccolo mercantile noleggiato da un armatore austriaco che venne armato con un cannone da montagna (!) e che operò durante i disordini di quel periodo bombardando la zona di Kavajë. Dopo essersi incagliato costituì un facile bersaglio per gli avversari che lo danneggiarono gravemente. A questo punto il proprietario, che fino ad allora aveva probabilmente finto di essere all’oscuro del suo impiego militare, cominciò ad essere seriamente preoccupato e pensò bene di pretenderne la restituzione.
    4Scoppiò poi la prima guerra mondiale, il paese venne occupato e perché si riparlasse di navi militari albanesi bisognò aspettare il 1925 quando arrivarono lo Shqipëri e lo Skënderbeg. Erano i due dragamine ex tedeschi da 200 tonnellate FM 16 e FM 23 che come tante altre piccole navi suscettibili di uso commerciale dopo il conflitto era stato venduto in Romania. Erano armati con un cannone del rituale calibro tedesco da 88 millimetri, ma dopo pochi anni scaddero rapidamente e divennero pressoché inservibili.
    Sorte e impiego migliore ebbero quattro MAS tipo ELCO , replica di un modello statunitense riprodotto in un gran numero di unità e molte delle quali prestarono servizio nella Regia Marina.
    Le navi albanesi erano state costruite in Italia dalla S.V.A.N. nel 1927 e non avevano siluri dato che sostanzialmente era previsto il loro impiego solo come navi pattuglia destinate alla vigilanza anticontrabbando. Tre furono acquistati direttamente dal governo albanese e un quarto dall’Italia per conto dell’Albania. Portavano i nomi di Durrës, Sarandë, Vlorë e Tiranë.
    Dislocavano 46 tonnellate ed erano armati con un cannone da 76 mm.
    La Marina Militare aveva un’unica sede a Durazzo e da questa dipendevano le Capitanerie di Porto di Shëngjinit (Sant’Alessio), Durazzo, Valona e Sarandë. Come molte istituzioni civili e militari albanesi aveva un’autonomia che era limitata dal controllo (più o meno benevolo a seconda delle situazioni e dei momenti) dell’Italia, in un continuo alternarsi di proclamazioni di amicizia e di malumori. Nella seconda metà degli anni ’30 il comandante della marina era un italiano, il capitano di Corvetta Taddei e altro nostro personale era destinato alla stazione radio e ad alcune batterie.
    L’organico comprendeva 17 (o 10) ufficiali e 140 fra sottufficiali a marinai.
    Dopo l’occupazione dell’Albania da parte dell’Italia nel 1939 il Regio Decreto dell’8 maggio 1940 n. 903 regolò l’immissione nei corpi e nei ruoli della Regia Marina del personale albanese.
    I M.A.S. vennero assegnati al servizio marittimo della Guardia di Finanza. Sopravvissuti al conflitto, due unità vennero cannibalizzate per fornire pezzi di ricambio alle altre due che restarono in attività fino al 1971.

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    Più complessa e avventurosa fu la storia della nave più nota della marina albanese, l’Iljiria l’unica che fece parte della nostra marina con il nome italianizzato di Illiria.
    L’Illiria è una di quelle navi che io chiamo “militi ignoti”, cioè quelle unità che per la loro natura o per altre vicende contingenti, pur avendo fatto parte a buon diritto, spesso a lungo, della Marina Militare, non hanno lasciato traccia. Niente retorica, niente medaglie.
    Moltissimi marinai, più o meno giovani, dicono con orgoglio: “Io c’ero!” riferendosi agli incrociatori, ai sommergibili, ai più umili dragamine.
    Ma quanti possono dire:”Ero sull’Illiria?”.
    Nessuno. Non ci sarebbe neppure da stupirsi se nessuno, fra coloro che sono più attempati, l’abbia mai vista e tantomeno notata.
    La nostra nave nacque in Francia, a Le Havre, venendo terminata a gennaio 1918 con il nome di Lamproie.
    Faceva parte di una serie di navi pattuglia cacciasommergibili della classe Gardon. Si trattava di nove navi costruite seguendo i piani di pescherecci d’alto mare in modo da poterle rivendere facilmente una volta tornata la pace e diventate esuberanti per le esigenze della marina.
    Prestò servizio per circa un anno e nel 1919, insieme a due unità della stessa classe, fu venduta il 4 maggio agli armatori Lascaret & Dupuis di Marsiglia mantenendo lo stesso nome e passando poi sotto altri proprietari finchè nel 1934 fu venduta a un ricco belga che l’ammodernò dotandola di motore diesel e trasformandola in yacht con il nome di White Diamond.
    Nel luglio del 1938 la nave venne acquistata dal governo italiano e il mese successivo fu ceduta all’Albania, sembra come regalo di nozze per il re Zog che aveva sposato la contessa Géraldine Apponyi de Nagyappony.
    Fu probabilmente un buon affare per l’Italia: essendo una nave vecchia fu pagata poco ma essendo stata recentemente ristrutturata come nave da diporto poteva fare la sua figura in compiti di rappresentanza e infatti il re albanese ne fece i panfilo reale battezzandolo Iljiria.
    Cannoniere e panfili erano nel destino della marina albanese.
    Con l’occupazione dell’Albania nell’aprile del 1939 la nave venne catturata e il 1° giugno 1939 venne iscritta nei quadri del naviglio militare come cannoniera Illiria.
    L’Illiria non andò lontano dall’Albania e restò nell’Adriatico orientale adibita a nave tuttofare: pattugliamenti, trasporti occasionali di personale e materiale, servizi di rappresentanza.
    L’8 settembre del 1943 si trovava a disposizione del Comando Marina di Spalato nella ex Jugoslavia occupata, nella zona che, assieme a Cattaro, era stata costituta in effimera provincia italiana.
    Poté raggiungere Brindisi senza inconvenienti facendo in quel porto qualche servizio ma nel febbraio del 1944 si portò a Taranto dove, praticamente subito, venne disarmata restando inattiva.
    Essendo una nave appartenente ad uno degli stati occupati dalle potenze dell’Asse era presumibile che, come quelle poche con la stessa provenienza che si erano salvate, sarebbe stata subito restituita come accadde per le unità ex francesi e jugoslave oppure restituita più tardi in ottemperanza al trattato di pace.
    Invece, stranamente, la nave rimase in Italia e formalmente in servizio, rimanendo però ferma a Taranto in stato di abbandono fino al momento della radiazione avvenuta il 1°giugno 1958.
    Sembrerebbe che sia diventata albanese anche un’altra nave italiana benché portò la nostra bandiera per poco tempo.
    Nel 1941, dopo l’occupazione della Jugoslavia, la Regia Marina entrò in possesso di parecchie unità, fra le quali i posamine della classe Malinska. Si trattava di piccole navi, non recenti, con il dislocamento di 125 tonnellate e una velocità i soli 9 nodi: dopo l’8 settembre 1943 quelle superstiti vennero restituite alla Jugoslavia e, fra queste, l’Ugliano, ex Marjan che subito dopo il conflitto sarebbe stato ceduto all’Albania. Il condizionale è d’obbligo perché la notizia è riportata solo in vecchie edizioni del Flottentaschebuch e da nessun’altra fonte.

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    Il Marinaio Perico Daniele, di Ponte San Pietro (BG), ricercato

    di Gaetano Magenta


    … riceviamo e pubblichiamo nella certezza che il nostro apporto di ricerca alla Banca della Memoria, per non dimenticare il sacrificio dei nostri predecessori, sia apprezzato dai lettori di buona volontà.

    25 gennaio 2018,
    Carissimo Ezio,
    stiamo cercando un Marinaio della seconda guerra mondiale nativo di Ponte San Pietro (BG).
    Da ricerche effettuate conosciamo due nomi ma non sappiamo chi dei due è Marinaio e quindi chi è il nostro “ricercato”:
    – PERICO DANIELE N. 22/09/1919 MORTO 27/11/1942;
    – PERICO LODOVICO N. 14/101920 MORTO 04/03/1944.
    Alla luce di questo, ti chiedo se è possibile sapere chi dei due è il Marinaio? Su che nave era imbarcato e ogni altra notizia che tu riusciresti a reperire.
    Ti sono grato solo per il tuo tempo che vorrai dedicarci e ti abbraccio
    Magenta Gaetano

    26 gennaio 2018
    Buongiorno Magenta carissimo,
    sono in grado di dare delle risposte al tuo/vostro quesito.
    Mi occorre sapere quanto segue:
    – se avete da mandarmi qualche foto in vostro possesso di Perico Daniele e Perico Lodovico per un eventuale articolo sulla banca della memoria de lavocedelmarinaio.com;
    – in che rapporti siete con il Comune citato perché anche in questo caso potrei far scaturire un eventuale articolo citando i caduti. Quanto precede per un eventuale cerimonia di A.N.M.I. Bergamo a cui penso tu sei un associato.
    In attesa di risposta e materiale ricevi un abbraccio grande come il mare.

    26 gennaio 2018
    Carissimo Ezio,
    sono stato dal 2009 al 2014 il Presidente del Gruppo A.N.M.I. di Bergamo  MOVM “Ugo Botti”.
    Ieri  il Presidente del Gruppo di Ponte S. Pietro mi ha chiesto di fare delle ricerche in merito ad un certo “PERICO” di Ponte S. Pietro senza dirmi altro perché altro non conoscevano. Dopo una breve ricerca da me effettuata su un data base del Ministero della Difesa sono riuscito ad avere quei due nominativi ma non conoscevano il grado e la specialità se Esercito o Marina.
    Non abbiamo altro materiale neanche fotografico ed il Comune è in difficoltà per reperire altro.
    Ora veniamo allo scopo.
    Il gruppo di Ponte S. Pietro ha in fase di ultimazione la costruzione di un monumento che sarà inaugurato il 15/04/2018. Il Gruppo sta stilando un giornalino per l’occasione con i nominativi e le storie dei marinai del Paesino e l’unico “ignoto” è appunto questo Perico.
    Spero di essere stato chiaro. Se tu avessi del materiale in più te ne saremmo veramente grati.
    Ti abbraccio
    Magenta Gaetano

    Egregio Magenta, ti rispondo con qualche notizia in più.
    1 – SECONDA GUERRA MONDIALE
    I Marinai deceduti di Ponte San Pietro sull’Albo d’Oro della Marina risultano i seguenti 2:

    Marò Specialista del Tiro Perico Daniele nato il 22/9/1919 a Ponte San Pietro (BG)
    Imbarcato sulla regia nave Crispi è deceduto il 27/11/1942 durante un bombardamento da parte di aerei britannici durante una attività di scorta in Egeo. Non è disperso per cui dovrebbe essere seppellito o nel cimitero di Ponte San Pietro o da altra parte. Notizie dettagliate sul Cacciatorpediniere Crispi possono essere lette al seguente link: https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Crispi_(cacciatorpediniere)

    Secondo Capo Cannoniere Rota Colombo nato il 11/6/1908 a Ponte San Pietro (BG)
    Non è chiaro purtroppo se era imbarcato sulla regia nave Pola o era destinato a terra a Pola (Istria) – probabilmente quest’ultima – deceduto in prigionia in Germania il 09/9/1944. Forse la salma è rientrata in Italia.

    Inoltre posso dare notizie su questi altri due caduti di Ponte San Pietro:
    Soldato Cavalli Alberto, nato il 20 settembre 1914 a Ponte San Pietro (BG)
    Figlio di fu Pietro e Consonni Teresa – matricola 1726 – deceduto a Danzig/Danzica (voivodato di Pomerania) il 26 gennaio 1945 – sepolto a Bieleny/Varsavia (Polonia) – Cimitero Militare Italiano d’Onore – posizione tombale: ossario di sinistra – fila 4 – tomba 59.
    Soldato Perico Lodovico, nato il 14 ottobre 1920 a Ponte San Pietro (BG)
    Internato nello Stammlager III b – matricola 300677 – deceduto a Salchendorf/Siegen (nord Reno-Westfalia) il 4 marzo 1944 alle ore 11.00 / presso il Kommando 3064 – causa della morte: polmonite e flebite – sepolto l’8 marzo 1944 nel cimitero di Salchendorf – riesumato e traslato a Francoforte sul Meno (Germania) – Cimitero Militare Italiano d’Onore – posizione tombale: riquadro o – fila 11 – tomba 22.

    2 – GRANDE GUERRA
    N.B. Può darsi che sul monumento ai Caduti siano riportati nominativi di Caduti che erano residenti a Ponte San Pietro ma non vi erano nati oppure, viceversa, non sono riportati nominativi di Caduti nati a Ponte San Pietro ma residenti in altri comuni. Gli Albi d’Oro sono stati compilati per Comune di nascita.

    3 – VARIE
    Risulta concessa la sotto notata medaglia, nel 1938, al Maresciallo che comandava la Stazione Carabinieri.
    Maresciallo Capo Di Pietro Giorgio
    Medaglia d’Argento al Valor Militare
    Motivazione:
    “Comandante stazione distaccata, unitamente a militare dipendente inseguiva due rapinatori armati di fucile a canne mozze che affrontava con determinazione e sprezzo del pericolo in conflitto a fuoco nel corso del quale rimaneva mortalmente ferito. Luminoso esempio di elevate virtù morali e di dedizione al dovere, testimoniato con l’olocausto della vita.” Ponte San Pietro (Bergamo), 14.06.1938.
    Un abbraccio grande come il mare e grande come il cuore solidale dei Marinai di una volta, i Marinai per sempre di Bergamo e dintorni.
    P.s. Siamo a vostra disposizione per ogni eventuale conferenza “a tema” da effettuarsi il 14 aprile p.v. a Ponte San Pietro.

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    Angelo Parona e Karl Doenitz

    di Giovanni Presutti (*)


    Breve storia di due 
    uomini di mare alleati 

    Nel periodo antecedente l’8 settembre 1943, la Germania e l’Italia erano alleate. Nel 1940 venne realizzata la base per un gruppo di “Sommergibili Atlantici”, denominata BETASOM presso il porto di Bordeaux (Francia occupata), sulla costa atlantica (l’acronimo Betasom ricordava Bordeaux e sommergibili). Al comando della base era designato il contrammiraglio Angelo Parona, alle dirette dipendenze di Supermarina.
    Per l’impiego, coordinato con il gruppo di sommergibili tedeschi nella guerra in Atlantico, le relative disposizioni erano emanate dall’ammiraglio Karl Doenitz, comandante del gruppo teutonico.

    Angelo Parona (1889-1977)
    Le vicende della vita vollero che alcune vicissitudini del nostro ammiraglio rimanessero legate alla storia de La Maddalena.
    “Una prima volta” quando, sotto il suo comando, l’eroico comandante del regio sommergibile Calvi, il maddalenino Primo Longobardo, ebbe l’ordine di compiere la missione che lo vide immolarsi con la sua unità la notte del 14 luglio 1942, sotto le stelle dei Tropici. Dalla tragedia del “Calvi” scaturì un aneddoto che lascia pensare sulla percezione extrasensoriale. La corvetta inglese che aveva colpito il nostro sommergibile ne raccolse i pochi naufraghi. Via radio la notizia arrivò alla nave capo-flottiglia inglese ove furono traslocati diversi nostri uomini i quali vennero trattati con grande cortesia dal comandante J.S. Dalison. Questi, offrendo loro da fumare, aprì un portasigarette d’argento, all’interno del quale era inciso “Con fraterna amicizia – Primo Longobardo”. Dalison, che portava sempre con sé, quasi come un talismano, il portasigarette regalatogli da Longobardo diversi anni prima in Cina, quando i due ebbero rapporti di cordiale amicizia, rimase tormentato per lungo tempo al pensiero di aver combattuto, sia pure senza volerlo, quel suo amico italiano.
    Nel 1949 in Canada, durante una partita di pesca, il portasigarette di Dalison cadde nel lago e scomparve nelle acque limacciose. L’uomo rimase profondamente scosso, lasciò i compagni di pesca e ripartì subito alla guida della sua automobile. Qualche ora dopo fu ritrovato morto con l’auto schiantata contro un albero.
    “Una seconda volta” quando, dopo aver comandato per 13 mesi le forze subacquee in Atlantico, Parona, col grado di ammiraglio di divisione, passò al comando della 3^ divisione incrociatori pesanti rimasta a Messina. Innalzava le sue insegne a bordo del regio incrociatore Gorizia. In seguito all’iniziativa dell’offensiva aerea contro i nostri porti da parte degli anglo-americani sbarcati nel nord Africa, il le regie navi Gorizia e Trieste si trasferirono nelle acque dell’arcipelago de La Maddalena. Il Gorizia nella baia di Porto Palma (Caprera) e il Trieste nella rada di Mezzo Schifo, tra La Maddalena e Palau.
    In questi specchi d’acqua, il 10 aprile 1943 alle 13,45, i due incrociatori vennero colpiti di sorpresa da 32 bombardieri quadrimotori degli Alleati che provocarono molti morti e feriti.
    Il Trieste, colpito da numerose bombe che lo devastarono, affondò alle 16,13 rovesc iandosi sul lato dritto. Nel dopoguerra lo scafo fu recuperato e rimorchiato alla Spezia per essere demolito.
    Il Gorizia, benché gravemente danneggiato, poté lasciare La Maddalena per La Spezia, dove finì i suoi giorni. Mentre il Bolzano, della stessa divisione, scampò alla tragedia perché si trovava alla Spezia per lavori di manutenzione.
    Il 2 maggio 1943, l’ammiraglio Parona indirizzò una commovente lettera a Filippo Impagliazzo (sottufficiale di Marina addetto al Compendio Garibaldino di Caprera quale custode di casa Garibaldi con annesso museo garibaldino. Impagliazzo svolgeva anche il compito di capoposto del piccolo distaccamento di marinai dislocato nello stesso Compendio per la guardia d’onore alla locale tomba di Garibaldi). La lettera dell’ammiraglio conteneva espressioni di rammarico per la dolorosa perdita delle sue “belle navi”e ringraziamenti per le molte cortesie ricevute dal sottufficiale nel periodo di permanenza a La Maddalena e non mancò di accennare alla simpatica compagnia di Impagliazzo nelle “belle passeggiate venatorie fatte a Caprera”.

    Karl Doenitz (1891-1980)
    Entrato in marina nel 1910, dopo essere stato comandante di sommergibili durante la Prima Guerra Mondiale e comandante di incrociatori, nel 1935 fu preposto alla ricostruita flotta subacquea del Reich. Continuò a spingere per la costruzione di altri U-Boot e per il loro sviluppo tecnologico.
    Nella seconda guerra mondiale fu primo e maggiore responsabile dell’organizzazione offensiva dei sommergibili contro la flotta mercantile degli Alleati.
    Combatté con gli U-Boot “La Battagliadell’Atlantico” e tentò di assediare il Regno Unito bloccando i convogli navali carichi di rifornimenti che giungevano dagli Stati Uniti.
    Per le benemerenze acquisite, il 30 gennaio 1943 fu nominato Grande Ammiraglio e Comandante supremo della flotta in sostituzione di Erich Raeder. Le speranze di ripresa dell’offensiva sottomarina, cui quella nomina sembrava preludere, andarono completamente deluse nei mesi successivi, grazie ai nuovi sistemi di lotta antisommergibile adottati dagli Alleati. Doenitz conservò tuttavia la fiducia di Hitler che, nell’imminenza della catastrofe, lo designò come suo successore.
    Dopo che Hitler il 30 Aprile 1945 si suicidò, il 1° maggio, a Flensburg, Doenitz assunse i poteri di Capo dello Stato e del Governo del Reich divenendo l’ultimo condottiero della Germania nazista.
    Il 7 maggio successivo, costretto a capitolare, trattò la resa finale dell’8 maggio e governò fino al suo arresto per ordine degli Alleati.
    Fu processato come criminale di guerra e condannato il 1° ottobre 1946 a dieci anni di reclusione.

    Considerazioni
    La canonica storiografia italiana del Novecento, relativa agli avvenimenti di guerra, non riporta una infinità di rivoli di storia minore, apparentemente meno importanti e quindi sottaciuti. I rivolidispersi, contengono talvolta anche significativi aneddoti che avrebbero offerto una più integrale conoscenza della storia, fornendo quindi la possibilità di una disamina critica più completa della realtà dei fatti.
    Una parte di storia minore è presente nella memoria di ormai rari sopravvissuti  che la tramandano oralmente. Molta letteratura è contenuta invece su sgualciti diari giacenti in cassetti di vecchi mobili. Se gli anziani  non raccontano più storie é perché molti giovani di oggi non vogliono o non sanno ascoltare, e il silenzio di questi vegliardi decreta la morte culturale di un prezioso patrimonio di storia.

    (*) per saperne di pù sull’autore dell’articolo, digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    24.11.1911, in ricordo di Dante De Lutti

    di Carlo Di Nitto

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    carlo-di-nitto-per-www-lavocedelmarinaio-com_Dante De Lutti fu un sottotenente di vascello facente parte dell’equipaggio della Regia Corazzata “Napoli”. Fu ferito e scomparve disperso in combattimento contro forze nemiche nell’Uadi di Derna il 24 novembre 1911 durante la guerra italo-turca. La “Napoli” era da diversi giorni nella rada di Derna, quando si rese necessario affiancare le forze terrestri durante una ricognizione lungo il torrente (Uadi) Derna, fuori dai trinceramenti. Venne disposta la formazione di una colonna con parte dell’equipaggio che affiancasse i reparti dell’esercito. Durante la ricognizione gli italiani vennero attaccati da numerosi gruppi di Arabi armati. Gli attacchi furono respinti anche con la baionetta e il De Lutti guidò con ardimento più volte i suoi uomini all’attacco. Con l’approssimarsi della notte si decise di rientrare nei trinceramenti e il drappello condotto dal De Lutti, che aveva perduto alcuni uomini e che trasportava i feriti, rimase isolato dal grosso della colonna e venne ripetutamente attaccato dal nemico. De Lutti cadde ferito e, nel buio, fu perduto di vista dai suoi marinai. Cercato invano, di lui non si ebbe più notizia né fu possibile recuperarne la salma per la presenza di numerose forze di arabi nel luogo dove era stato visto l’ultima volta. Alla sua memoria fu decretata la medaglia d’argento al valor militare per l’ardimento dimostrato durante i combattimenti.
    Era nato il 16 aprile 1886.

    dante-de-lutti-www-lavocedelmarinaio-com

    Piccola, quasi sconosciuta ma gloriosa unità
    La regia nave Dante De Lutti  fu una cannoniera di 370 tonnellate di dislocamnto a pieno carico, 13 nodi di velocità, 36 uomini d’equipaggio. Armata con due cannoni da 76/40 mm. e due mitragliere da 13,2 mm.
    Era stata costruita nei cantieri Mitsubishi Dockyards & Co. Ltd. di Nagasaki come piropeschereccio d’altura Tomiye Maru N. 2.
    Acquistata dalla Regia Marina, fu armata e impiegata dal 1917 come dragamine G 34.
    Riclassificata nel 1921 cannoniera di scorta e rinominata “Dante De Lutti”, venne impiegata pure per il servizio fari.
    Nel periodo 1925-1927 venne utilizzata anche come nave idrografica.
All’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la De Lutti, entrò a far parte del Gruppo Navi Ausiliarie Dipartimentali della base di Tobruk. 
Fu affondata il 5 luglio 1941 a circa due miglia ad ovest di Ras Tajunes, sulla costa libica, dal sommergibile britannico Triumph, nel corso di un impari combattimento mentre cercava di difendere un minuscolo convoglio costiero che stava scortando. Rispondendo al fuoco forse riuscì a danneggiare il battello nemico.
    Onore ai suoi Caduti!

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