Che cos'è la Marina Militare?

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    Intelligence ed Enigma

    di Claudio53

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    Nella Seconda Guerra Mondiale l’intelligence ha svolto un ruolo fondamentale fra gli opposti schieramenti. I risultati più rilevanti furono ottenuti da parte del Regno Unito tramite il centro di crittoanalisi di Betchley Park che mise a segno importanti risultati che influenzarono l’esito del conflitto. Solo alla fine degli anni sessanta iniziarono a filtrare le prime notizie sul lavoro svolto presso Betchley Park, che trovarono conferma negli anni settanta e ottanta quando molti documenti su Ultra Secret furono declassificati e resi di dominio pubblico.
    Enigma era una macchina elettromeccanica con cui si cifravano e decifravano i messaggi. Brevettata il 23 febbraio 1918 dal tedesco Arthur Scherbius (brevetto n° DE 416219), per costruirla fu preso a modello il principio del disco cifrante descritto dall’italiano Leon Battista Alberti, architetto, filosofo, matematico, umanista, vissuto nel 1400 a Genova. La macchina fu commercializzata in ambito civile a partire dal 1923, per contrastare lo spionaggio industriale, ma non ebbe molto successo.
    Dopo aver scoperto che durante la Grande Guerra la Gran Bretagna aveva decriptato i codici tedeschi a seguito dell’affondamento di una nave germanica, la Kriegsmarine nel 1926 e l’Esercito e l’Aeronautica tedeschi nel 1929 adottarono Enigma per le comunicazioni segrete, apportando al modello commerciale modifiche tecniche per migliorarne la inviolabilità.
    L’impiego di una macchina cifrante non passò inosservato ed incominciarono ad interessarsi all’argomento i servizi intelligence delle altre nazioni. I servizi segreti francesi nel novembre del 1931 riuscirono a corrompere un funzionario dell’Ufficio cifra tedesco, Hans Thilo Schmidt nome in codice Asche (cenere), che passò loro sia il manuale di istruzioni per la macchina Enigma che il manuale delle istruzioni; elementi fondamentali per la cifratura Enigma. Contemporaneamente i servizi segreti polacchi, convinti che la prima Nazione ad essere invasa in caso di Guerra sarebbe stata la loro, erano riusciti ad intercettare una valigia diplomatica contenente una macchina Enigma e chiesero alla Francia il materiale in loro possesso per tentare di violarne il codice. Iniziò così in Polonia un meticoloso lavoro che nel 1932, impiegando matematici ed ingegneri guidati dal matematico Marian Rejewski, portò alla progettazione di una macchina chiamata Bomba che simulava il funzionamento di una macchina Enigma a 3 rotori e che consentì di decrittare il 75% dei messaggi intercettati. Tra il 1938 ed il 1939 però i tedeschi fecero modifiche sostanziali alla macchina cifrante che azzerarono quasi completamente i successi dei polacchi; i rotori impiegati erano sempre tre ma questi venivano scelti fra 5 tipi diversi.
    Alla vigilia dell’invasione della Polonia fu effettuata a Pyry, vicino Varsavia, una riunione tra esperti di crittografia britannici, francesi e polacchi; quest’ultimi illustrarono quanto fatto da loro e consegnarono i progetti della “Bomba” ai britannici ed ai francesi.
    Mentre la Francia non impiegò mai il materiale ricevuto, l’intelligence britannica creò una speciale sezione che aveva il suo centro operativo a Bletchley Park dove fu organizzata un’attività di decifrazione su vasta scala delle comunicazioni radio tedesche per violare le chiavi di codifica di Enigma con l’aiuto di grandi matematici, come Alan Turing, che per velocizzare la decrittazione dei messaggi riprogettò una nuova e più potente Bomba (la “Bomba di Turing”).
    Ma come funzionava Enigma? L’aspetto, come già detto, era quello di una macchina da scrivere con una tastiera ed un quadrante con delle lettere che si accendevano ad ogni battito di tasto, con la particolarità che un tasto accendeva altre lettere tranne che quella battuta. Le lettere dell’alfabeto riportate erano 26 ed il sistema era a due vie, cioè se un operatore premeva il tasto “A” sulla prima tastiera e si accendeva la lettera “M”, premendo il tasto “M” si accendeva il tasto “A”. Quindi due operatori in possesso della stessa macchina potevano cifrare e decifrare un messaggio.
    Fra la pressione del tasto A e l’accensione della lettera M c’erano dei congegni elettromeccanici ed elettrici che consentivano di modificare (cifrare o decifrare) ciò che veniva battuto.

    Enigma - www.lavocedelmarinaio.com

    Internamente alla macchina Enigma venivano inseriti dei rotori che su un lato avevano 26 lettere dell’alfabeto oppure, in altre versioni, un numero da 1 a 26 e dall’altro lato dei pioli elettrici. Lettere/numeri e pioli erano collegati internamente al rotore tra loro secondo un determinato schema non modificabile dall’operatore.
    Mentre il modello commerciale aveva solo tre rotori, quelli militari ne avevano 5 tra cui ne venivano scelti 3 in base ad un cifrario giornaliero.
    I 3 rotori erano predisposti per essere uniti fra loro meccanicamente ed elettricamente e potevano muoversi secondo un meccanismo tipo contatore in cascata: ad ogni 26 scatti del primo rotore si aveva uno scatto del secondo e ad ogni 26 del secondo si aveva uno scatto del terzo. Questo incrementava le possibili combinazioni per cui, tornando al nostro esempio, premendo il tasto A una seconda volta non si accendeva più la lettera M ma un’altra lettera, ad esempio la G, e ripremendo nuovamente la A, per effetto della rotazione dei rotori, un’altra lettera ancora e così via.

    Rotori macchina Enigma - www.lavocedelmarinaio.com

    Per cifrare e decifrare un messaggio era quindi necessario che gli operatori delle stazioni trasmittenti e riceventi posizionassero inizialmente i rotori nella stessa identica maniera.
    Nel cifrario di cui abbiamo parlato precedentemente, oltre ai rotori da impiegare, era necessario che fosse indicata anche la posizione di partenza dei tre rotori giornalieri.
    Non contenti di tali modifiche, per incrementare ulteriormente la cifratura, le Forze Armate tedesche aggiunsero, nascosto da un pannello sul frontale della macchina, 26 prese elettriche, corrispondenti alle lettere. Mediante 13 cavetti che avevano alle estremità 2 spinotti, era possibile collegare due lettere fra di loro consentendo la sostituzione di una lettera con un’altra, ovvero una permutazione, facendo aumentare di molto le possibili combinazioni. Anche i collegamenti da effettuare erano riportati nel cifrario giornaliero.

    Prese elettriche machina Enigma - www.lavocedelmarinaio.com

    Una macchina Enigma con tutte le predette predisposizioni tecniche che abbiamo elencato consentiva di ottenere 15 milioni di milioni di possibilità di combinazioni.
    In definitiva per impiegare per cifrare o decifrare un messaggio l’operatore, dopo aver aperto il cifrario in corrispondenza del mese e giorno interessato, doveva:
    • prelevare i tre rotori indicati;
    • inserire i rotori nella macchina nell’ordine stabilito (Walzenlage);
    • regolare gli anelli dei rotori sulla tripletta di lettere segnate (Ringstellung);
    • collegare i cavetti con gli spinotti secondo lo schema previsto (Steckerverbindungen).
    La macchina era alimentata da una batteria da 4 volts ed aveva un interruttore di accensione a 4 posizioni: spento, luminosità normale, luminosità ridotta e alimentazione esterna. Quando la batteria era scarica era possibile collegare Enigma ad una fonte di energia esterna, tramite due morsetti posti vicino all’interruttore elettrico. Si poteva per esempio collegare alle batterie di un camion che erano composte da un insieme di elementi da due volts.
    A questo punto la macchina era pronta a cifrare (o decifrare) un messaggio che veniva trasmesso suddividendo o raggruppando il testo a gruppi di 5 lettere in modo da non far distinguere la lunghezza delle singole parole trasmesse.
    All’inizio della Guerra venne adottata dalla Kriegsmarine una macchina Enigma in versione navale chiamata dai britannici M3 identica a quella impiegata dall’Esercito e dall’Aeronautica tedesca con i 5 rotori tradizionali ma con cifrari della Marina. In seguito, nel 1942, furono aggiunti ulteriori 3 rotori, di esclusivo uso della Kriegsmarine. Quando questo venne scoperto da Bletchley Park tale tipo di macchina fu contraddistinta dalla sigla M4. I rotori aggiuntivi erano più sottili in modo che due di loro potessero sostituire un rotore tradizionale. Ciò consentiva di impiegare la stessa macchina che poteva funzionare a 3 rotori (scegliendoli fra 5) ma anche di criptare e decriptare i messaggi impiegando sulla macchina ben 4 rotori (scegliendo fra gli 8 rotori in dotazione, due fra i 5 normali e due fra i 3 esclusivi per la Marina), ovvero aumentando considerevolmente le combinazioni possibili.
    Nel compilare i messaggi venivano inseriti nel testo anche segnali brevi (codegroups) che consentivano di contrarre il testo e di conseguenza di ridurre anche il tempo di trasmissione. In questo modo si rendeva anche meno intercettabile l’individuazione della posizione, in mare o a terra, delle stazioni trasmittenti che poteva essere effettuata mediante triangolazioni della direzione di intercettazione (coincidente con la direzione dove il segnale era più intenso).
    I libri dei segnali maggiormente usati erano quelli relativi all’avvistamento dei convogli (Kurzsignalheft) e quello per i messaggi meteo (Wetterkurzschlüssel). In pratica si trattava di libri in cui erano contenute sigle che i comandi e/o le unità si scambiavano in mare per dare ordini, per avvistamenti, per rapporti sul nemico e quant’altro necessario. La Marina usava ben 14 diversi cifrari di cui il principale era quello che a Bletchley Park chiamavano Dolphin impiegato sia per i sommergibili che per le navi di superficie sia in acque metropolitane che in Atlantico.
    A rendere più complesso il sistema, la messaggistica fra le unità della Kriegsmarine prima di essere trasmessa veniva criptata prima con una chiave “Allgemein” e poi con un’altra, “Offizier”. Infine, anche per i cifrari furono prese delle precauzioni; erano stampati su carta rossa, con un inchiostro rosso che al contatto con l’acqua era solubile.

    Cifrario - www.lavocedelmarinaio.com

    Tra gli Stati Maggiori tedeschi, dopo un primo utilizzo della macchina Ultra, fu impiegata una diversa macchina cifrante, molto più evoluta, che impiegava un solo operatore ed aveva 12 rotori: la Lorenz. Per far fronte alla nuova esigenza e poter essere aiutati nel decriptare cercando tutte le combinazioni possibili non era più sufficiente la Bomba di Tuning e fu costruita una macchina ancora più potente usando la tecnologia a valvole. In tal modo è nato “Colossus” il primo calcolatore al mondo.
    Tutto quanto rappresentato complicava notevolmente il compito dell’intelligence britannica e per facilitare il lavoro del personale di Bletchley Park l’Ammiragliato britannico, con il Servizio Intelligence, pianificò delle operazioni per cercare di impossessarsi di unità nemiche, o in combattimento o con azioni mirate, in modo da recuperare a bordo la macchina Enigma e relativi cifrari il cui possesso avrebbe fortemente abbreviato il pesante lavoro di decodifica dei messaggi cifrati tedeschi da parte del gruppo di crittografi britannici.
    L’operazione principale prese il nome di “Primrose” e fu pianificata principalmente per catturare un U-Boot con gli apparati crittografici e relativi codici. Tali operazioni consentirono di recuperare il 12 febbraio 1940 i rotori VI e VII da un componente dell’equipaggio dell’U-Boot U-33, il 30 aprile 1940 un testo in chiaro ed il corrispondente testo cifrato sul rimorchiatore tedesco Schiff 26 e l’8 maggio 1941 una macchina completa sull’U-Boot U110.

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    Abele Parmentola

    a cura Antonio Cimmino

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    Abele Parmentola nasce a Castellammare di Stabia (NA) il 31.8.1907.
    Iscritto nelle liste delle Genti di Mare al n. 16675 era un marinaio (matricola 41559/H) che ebbe una vita avventurosa in Estremo Oriente. Di lui sappiamo che fu imbarcato:
    – sul regio incrociatore Venezia (16.3.1927 – 11.5.1927);
    – sulla regia cannoniera fluviale Caboto (12.5.1927 – 15.7.1927);
    – sul regio esploratore Libia (11.7.1927 – 31.5.1929);
    – sulla regia motonave Romolo (1.6.1929 – 13.7.1929) che lo riportò in Italia.
    Fu congedato dalla Regia Marina i 16.7.1929.

    31.8.1907 Abele Parmentola - www.lavocedelmarinaio.com

    SIAMO ALLA RICERCA DI SUE ULTERIORI NOTIZIE E FOTO.

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    29 agosto 1913, viene istituito l’ufficio storico della Marina Militare




    Il 29 agosto 1913 fu istituito un ufficio storico al quale furono affidati compiti di studio e di ricerche a carattere storico e culturale per la conservazione e l’arricchimento del patrimonio culturale e delle tradizioni della Marina Militare.

    Nascita ufficio storico della Marina (decreto attuativo) foto USMM
    Oggi l’ufficio, inquadrato nell’ambito dell’Ufficio per la Comunicazione (U.Com.), oltre alla conservazione di documenti storici, cura la pubblicazione di volumi attinenti la storia e sovraintende/coordina i Musei storici e la Biblioteca centrale della Marina Militare.
    L‘Ufficio Storico è ubicato a Roma in Via Taormina 4 e, per la consultazione di tutta la documentazione, è aperto al pubblico dal lunedì al venerdì, previo appuntamento telefonico, ai numeri 06/36807233 oppure 06/36807226 (per l’Archivio Storico) – 06/36807234 (per l’Archivio Fotografico). 
L’ufficio storico della Marina non effettua ricerche relative al passato militare di una persona. Tali notizie possono essere richieste a:
Direzione Generale del Personale Militare – Viale dell’Esercito, 186 – (00143) ROMA 
5° Reparto – 12ª Divisione – 2ªSezione (Ufficiali), tel. 06/517050192 
5° Reparto – 12ª Divisione – 4ªSezione (Sottufficiali e Truppa), tel. 06/517050188.

    Ufficio-Storico-della-Marina-Militare-Copia
    Per ulteriori informazioni:
    http://www.marina.difesa.it/storiacultura/ufficiostorico/Pagine/default.aspx

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    28.8.2009, Franco Papili un signore dei mari e d’altri tempi salpava per l’ultima missione

    di Pancrazio “Ezio” Vinciguerra

    Banca della memoria - www.lavocedelmarinaio.com

    Alla memoria dell’ammiraglio Franco Papili salpato per l’ultima missione il 28 agosto 2009.

    Ezio-Pancrazio-Vinciguerra-www.lavocedelmarinaio.com_10Nella mia carriera di uomo di mare, mi sono posto tante volte questa domanda: ma chi è veramente un Signore dei mari?
    È colui che entra in punta di piedi, senza invadere lo spazio sacro dell’altro, senza condizionare l’unicità, l’originalità, l’individualità, senza imposizioni o richieste faziose e interessante e falsa retorica militare.
    È colui che sta vicino con la vocazione di comunicare fiducia, stima, ottimismo, incoraggiamento ad andare avanti, a cavalcare il successo, a riconoscere i propri errori, a raggiungere traguardi sempre più alti, senza invidia e timore di essere superato perché sa di aver agito nel rispetto del Giuramento per servire la Patria con onore.
    È colui che fa tutto per l’altro, senza risparmiarsi, senza rendiconti, con l’unico desiderio di condividere il proprio “tutto” al parigrado, superiore o subalterno.
    E’ colui che ripone per l’equipaggio lo spirito di conservazione per quel semplice ma primordiale valore che è l’amore per la vita in questa Gerusalemme terrena.
    E’ colui che verrà ricordato ai posteri perché vive nella Gerusalemme eterna.
    Ognuno raccoglie ciò che semina e il male, come il bene, tornano sempre indietro …anche a distanza di tempo.
    Franco Papili - www.lavocedelmarinaio.comOrfano di padre, sottufficiale di Marina, disperso in mare durante la 2^ guerra mondiale, Franco Papili entrò in Accademia Navale nel 1947. Il suo primo incarico fu quello di Ufficiale di rotta delle corvette Gru e Scimitarra. Successivamente si specializzò nel servizio di artiglieria e divenne il primo Direttore del Tiro Missili dell’incrociatore Garibaldi (unità trasformata ed adattata al lancio di missili balistici). Comandante di nave Gaggia e Gabbiano, fu prescelto nel 1969, come Comandante in 2^, all’allestimento di nave Vittorio Veneto (nuova ammiraglia della Squadra Navale). In seguito fu comandante di nave Carabiniere, ebbe incarichi presso la NA.T.O. del Sud Europa e, da Capitano di Vascello assunse nel 1979 il comando del Vittorio Veneto. Oltre agli incarichi presso lo Stato Maggiore della Marina, assunse nel 1983, il comando della 2^ Divisione Navale e, successivamente quelli di Comandante dei dipartimenti di Ancona e La Spezia. Concluse la sua carriera come Presidente del Consiglio Superiore delle Forze Armate.
    Sempre vicino all’A.N.M.I ed ai suoi marinai, salpò per l’ultima missione dalla sua Castellammare di Stabia il 28 agosto 2009, assistito amorevolmente dalla moglie Luciana.
    Uomo di raffinata cultura, gli equipaggi lo ricordano perché amava ripetere:
    la Marina è la mia famiglia e i Marinai sono i miei figli”.

    Papa Luciani e amm.Papili (Foto Ciro Laccetto per www.lavocedelmarinaio.com) Copia

    IN RICORDO DELL’AMMIRAGLIO FRANCO PAPILI
    di Antonio Cimmino

    Antonio-Cimmino-per-www.lavocedelmarinaio.com_1Non ho avuto la fortuna e l’onore di conoscere l’Ammiraglio di Squadra Franco Papili.
    Venerdì 20 marzo 2012 ho avuto il piacere di incontrare la Signora Luciana sua moglie e molti marinai che sono stati imbarcati, principalmente sull’incrociatore Vittorio Veneto agli ordini del Comandante Papili.
    Una giornata indimenticabile! Tutto è iniziato con la deposizione di un fascio di fiori sulla tomba dell’Ammiraglio nel cimitero di Castellammare di Stabia. I suoi vecchi sottoposti mi hanno concesso l’alto onore di recitare la Preghiera del Marinaio. Che emozione! Molti occhi erano lucidi, qualcuno si è messo sull’attenti. Capo Bassanelli, preso dai ricordi che affioravano a fiotti, ha detto anche, rivolto, alla foto dell’Ammiraglio: ”Comandi!”
    C’erano Mario Sicignano, Antonio Corsi, Pietro Rossi, Capo Buondonno, Pompeo Funzione, Luigi Diana e tanti altri di cui non ricordo il nome. Ero l’unico estraneo del gruppo ma, preso empaticamente, mi sono subito inserito, accolto fraternamente come solo i marinai sanno fare.
    Subito dopo abbiamo invaso la casa della Signora Luciana che ci ha accolto amorevolmente. Ognuno ha dato stura a ricordi e aneddoti che mi sono appuntato nella mente. Verso le 12,00 sotto una pioggia dirotta ci siamo recati a visitare la Caserma Cristallina, ovvero ciò che resta dell’edificio posto in Via Duilio presso il cantiere navale stabiese, ove molti di loro hanno soggiornato durante l’allestimento del Veneto.
    Da loro ho appreso che l’Ammiraglio era stato severo ma giusto, come un buon pater familias che pensa al futuro dei suoi figli. Per alcuni è stato veramente un padre perché, arruolati a 16-18 anni, hanno trovato in lui una guida e un faro nella vita militare e non solo.
    Mario Sicignano ha ricordato scherzosamente il “posto di lavaggio ad oltranza” che il Comandante del Veneto chiedeva al suo equipaggio per mantenere in perfetta efficienza la bella unità o quando, fu sorpreso a leggere un fumetto e gli fu inflitta una punizione perché “ sorpreso a leggere pubblicazioni amene”.
    Filippo Bassanelli ricordava a Donna Luciana il caffè che lei offriva “alla napoletana e con tre C”, forte e bollente.

    A casa della Signora Luciana

    Nei giorni successivi, anche obbedendo al desiderio dei marinai, mi sono recato spesso a casa della Signora Luciana per ritirare libri da donare al Gruppo A.N.M.I. di Castellammare e, principalmente, per ascoltare, davanti ad un buon caffè, i ricordi dell’Ammiraglio Franco.
    La Signora Luciana aveva conosciuto il suo Franco durante la sua permanenza a Castellammare durante la costruzione e l’allestimento del Veneto, sposandosi nel 1971. L’Ammiraglio ci tenne a precisare che il primo posto nel suo cuore era la Marina ma, poi, fece posto alla sua dolce metà.
    In un Capodanno festeggiato bordo del Vittorio Veneto con Ufficiali e loro consorti, l’Ammiraglio Papili disse ad un suo sottoposto:
    – ”Vai a chiamare i marinai di comandata e falli salire in quadrato, non è giusto che solo noi stiamo a festeggiare”.
    I marinai timidi ed impacciati stavano seduti a paratia. Allora il Comandante li invitò a far ballare le signore. Un ragazzo napoletano offrì il suo braccio alla Signora Luciana che gli chiese cosa ne pensasse del Comandante. Il marinaio rispose:
    – ”è molto severo ma lo è con tutti, senza preferenze, ma…perché me lo chiedete?”
    Immaginarsi la meraviglia quando seppe che aveva parlato proprio con la moglie del suo Comandante. Aveva, però, detto la verità. Tutti erano uguali per Papili, senza distinzione di grado o di categoria, tutti dovevano adoperarsi, ognuno per la parte di propria competenza, per l’efficienza e l’efficacia della nave.
    Franco Papili era un marinaio di altri tempi ma anche un uomo profondamente buono sotto un aspetto burbero.
    Si è saputo che per anni aveva aiutato economicamente un operaio dell’Arsenale di Taranto per mantenere un figlio all’università e solo dopo la sua morte, questo operaio ha raccontato della silenziosa e cristiana generosità dell’Ammiraglio. Mi hanno raccontato che quando si accorgeva che un suo marinaio non usciva in franchigia, g chiedeva il perché e scoprendo che era per motivi economici, spesso gli “ordinava” di accettare dei soldi.
    Durante l’allestimento del Veneto a Castellammare, la padrona di un vicino ristorante andò a lamentarsi con Papili perché i marinai alloggiati in caserma, andavano dietro alle sue numerose figlie. L’ ammiraglio senza scomporsi le disse:
    – ”Io alle diciassette libero i miei tori, alle sue vacche ci pensi lei!”.
    Gli aneddoti sono decine e decine, questi solo alcuni di quelli che ho raccolto personalmente e che mi ricordo
    Pochi ufficiali sono stati tanto amati dai loro sottoposti. Quanto è andato in quiescenza, il suo rapporto con la Marina non si è interrotto, si è sempre occupato dell’ANMI ed ha sempre accolto paternamente i suoi marinai quando andavano a fargli visita.
    Già da anni ma, principalmente con il senno del poi, i suoi marinai vedevano nel loro Comandante un vero “ al amir rahl”, un “Signore del mare” che con mano ferma, giusta e paterna, ha guidato la rotta della loro nave e della loro vita. Ultimo esemplare di una Marina che ormai non c’è più. Un pezzo di storia che scompare con lui.
    Con il Presidente Aldo Verdoliva ed il Vice Mario Sicignano del Gruppo stabiese, entrambi ex Sottufficiali già alle dipendenze di Papili, si è deciso, accogliendo le numerose richieste di moltissimi marinai, di istituire per il prossimo anno sociale un memorial day for Ammiraglio Papili a Castellammare di Stabia. Resta solo il rammarico di non aver conosciuto questo grande Marinaio!

    Tomba dell'Amm.Papili

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    28.8.1944, i 7 Marinai di Gaeta a Buchenwald e la principessa Mafalda di Savoia

    di Carlo Di Nitto 

    Banca della memoria - www.lavocedelmarinaio.com

    …”Quando sentimmo l’annuncio della morte della principessa Mafalda e della sua sepoltura a Weimar, provammo tutti sorpresa ed emozione ma pensammo anche che era nostro dovere fare qualcosa per onorare la Sua memoria”.

    Mafalda di Savoia - www.lavocedelmarinaio.com
    Il dovere. Questo evidenziava il nostro indimenticabile socio fondatore Corrado Magnani, quando raccontava come, con altri sei Marinai di Gaeta, aveva individuato e restituito all’umana pietà la tomba della principessa Mafalda di Savoia, morta nel famigerato “Lager” di Buchenwald il 28 agosto 1944.

    Francobollo in onore di Mafalda di Savoia - www.lavocedelmarinaio.com
    Il campo dove era sepolta Mafalda era un riquadro di terra spoglia, a zolle, con paletti numerati e senza quasi alcun segno di attenzione umana. Dal custode avevamo saputo che la tomba era contraddistinta con il numero 262. Per essere sicuri estraemmo il paletto e verificammo che recava scalfito un nome: Mafalda. Per noi, quello fu un momento di intensa commozione. Mafalda non era più una principessa: era una come noi, una donna sfortunata, una deportata che non ce l’aveva fatta. Decidemmo di adornare come meglio possibile quella tomba. Barattando con pane, farina ed alcuni marchi, ci procurammo una croce, delle catenelle ed una lapide che collocammo sulla tomba di Mafalda”. La Repubblica Italiana, nel 1995, ha dedicato un francobollo a Mafalda di Savoia e alla sua triste vicenda tragicamente terminata in un campo di sterminio nazista.
    La salma della principessa fu traslata nel 1951 nel piccolo cimitero di famiglia a Kronberg. Quella croce ancora oggi è collocata sulla tomba di Mafalda. Sotto la croce c’è sempre la lapide con la dedica “A Mafalda di Savoia, i marinai della città di Gaeta“.

    i 7 marinai di Buchenwald (f.p.g.c. Carlo Di Nitto a www.lavocedelmarinaio.com)
    Ne ricordiamo i nomi:

    – Sottocapo segnalatore MAGNANI Corrado;

    – Cannoniere MITRANO Antonio;

    – Marò RUGGIERI Antonio;

    – Fuochista COLARUOTOLO Giovanni;

    – Cannoniere PASCIUTO Erasmo;

    – Marò AVALLONE Giosuè;

    – Nocchiere FUSCO Apostolo.

    Nelle vie di Gaeta, ancora incontriamo l’amico Fusco e, nonostante gli anni trascorsi, i suoi occhi brillano di commozione nel ricordare quei lontani, tragici, indimenticabili eventi.
    Gli altri amici Magnani, Mitrano, Pasciuto, Ruggieri, Avallone e Colaruotolo purtroppo non sono più con noi. Ci piace però immaginarli, ritornati giovani Marinai, vigilare in Cielo sulla “mite, dolce, gaia principessa Mafalda”.
    Nel 2005, la Principessa Mafalda d’Assia, nipote di Mafalda di Savoia, accogliendo l’invito del nostro Gruppo ANMI, è venuta a Gaeta per salutare la Città e ringraziare personalmente i tre Marinai, all’epoca ancora viventi. Siamo stati onorati di averla nostra ospite.

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    Noi, Marinai di Gaeta, sulla scia del loro esempio, ci auguriamo di aver recepito l’insegnamento e di essere, come essi, capaci di trasmettere ai nostri figli gli ideali di lealtà, di onore, di amor patrio che da sempre contraddistinguono gli Uomini di Mare.
    Onore a Mafalda di Savoia, martire Italiana.
    Onore ai Marinai di Buchenwald.
    Viva Gaeta, viva la Marina, viva l’Italia.

    Lettera di ringraziameto di Mafalda d'Assia di Savoia (p.g.c. Carlo Di nitto a www.lavocedelmarinaio.com)