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Le P250

di Giuseppe Procopio (*)

Racconti e ricordi che tornano.

Un po’ di tempo fa, scesi in spiaggia, alcuni marinai del luogo avevano messo in mare la loro barca.
Uno di loro era intento ad avviare il motore fuori bordo dopo aver collegato il serbatoio del carburante. Tirava la classica cordicella, provò più volte, ma il motore non si avviava e,  tra  imprechi e piccole volgarità colorite tipiche dei marinai, provava e riprovava. Poi aprì il coperchio, diede una veloce controllata,  sistemò la regolazione del flusso carburante e si augurò a voce alta che tutto fosse a posto. Richiuse il tutto e ritentò.
Con soddisfazione il motore si avviò e in poco tempo con gli altri marinai, guadagnarono il largo…Li osservavo attentamente e nella mia mente fece capolino un ricordo di esperienze simili vissute a bordo di nave Vesuvio durante le comandate delle squadre SAM e SAP, quando per esercitazione si dovevano o meglio si cercava di mettere in moto le P250.
Le pompe Barellabili (trasportabili), che avevano in dotazione, un motore a scoppio e una cordicella, erano simili alla piccola imbarcazione di quei marinai. Una struttura tubolare cubica, o quasi, conteneva una pompa aspirante e un motore che la azionava. La  usavamo, di massima,  quando non era possibile usare le pompe EMU in quanto queste avevano bisogno della corrente elettrica e anche locali attrezzati specie in casi di emergenza.
In estrema sintesi per l’accensione occorreva una cordicella che, come quella del motore della lancia, serviva dunque a fare avviare il motore.  Ebbene, quella pompa non si era mai avviata al primo colpo… e anche noi bordo imprecavamo con piccole volgarità tipiche dei marinai, e si provava e riprovava, proprio come quel marinaio…
Un po’ di manutenzione e la P250 si avviava . Non senza le perplessità dell’Ufficiale Tecnico in comando…
Non avevo molta dimestichezza, ero appena imbarcato ed era un po’ come ritornare a scuola ed imparare per gradi una nuova materia. Come componente del reparto Genio Navale tutto questo era il mio pane quotidiano.
Certi episodi di vita vissuta a bordo ancora oggi mi danno un senso di felicità, vissuti  nel tempo e tramandati agi nuovi arrivati, un patrimonio per certi versi indelebile, una solida eredità che rafforza e tempra il carattere dei marinai.
C’è un proverbio che recita “tenta e ritenta, sarai più fortunato”.
Sembrava proprio scritto per i marinai di tutto il mondo.

(*) Per conoscere gli altri suoi articoli digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

Un commento

  • Giuseppe

    UN giorno lo farò pubblicherò i miei ricordi. Dei 18 anni imbarcato sulla stessa nave.

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